La battaglia di Cinocefale (197 a.C.)

 
Lo scontro armato di Cinocefale o Cinoscefale (197 a.C.)[1] è considerato dagli storici un evento di primaria importanza della seconda guerra macedonica fra Roma e lo stato monarchico di Macedonia, che ebbe luogo in prossimità della località attualmente denominata Karadagh in Tessaglia (Grecia).

PRESUPPOSTI

Filippo V di Macedonia
Con la conquista romana dell’Illiria[2] e l’intesa politico-militare fra lo stato monarchico di Macedonia e Cartagine[3] (precisamente dopo lo scontro armato di Canne) fra le due nazioni intercorrevano rapporti poco amichevoli e il trattato[4] di Fenice[5] del 205[6] a.C. era destinato a non essere più rispettato. Oltre a ciò i Romani avevano timore che nascesse una situazione simile a quella patita con Annibale e che si ripresentassero i pericoli affrontati durante il periodo delle guerre puniche. La Repubblica romana poteva contare, per il combattimento preso in esame in questo articolo, su quasi 33.400 uomini (fra militi romani, fanti della Lega etolica[7] unita da un patto di alleanza con Roma, arcieri cretesi, cavalieri numidi del monarca Massinissa, il quale aveva stipulato una alleanza con Roma, ed elefanti numidi), mentre Filippo V di Macedonia aveva a disposizione 25.500 uomini (tra soldati macedoni, della Tracia, Illiria e Creta, uniti da un patto di alleanza, e cavalieri macedoni).

SVOLGIMENTO DELLO SCONTRO ARMATO

Battaglia di Cinocefale
Il combattimento ebbe luogo, in prevalenza, sulla sommità dei colli nei pressi di Cinocefale dove, all’inizio, si affrontarono le prime unità di militi, equipaggiati con armi leggere, delle forze armate, mentre non era ancora arrivata sui rilievi la restante parte degli eserciti. Filippo divise le sue truppe in due schieramenti, il primo lo sistemò alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Il sopraggiungere di rinforzi romani sui rilievi costrinse i soldati macedoni ad indietreggiare, nella speranza di un soccorso, che arrivò successivamente dallo schieramento di destra, mentre l’altro stava ancora camminando in formazione e a passo cadenzato per sistemarsi sulla vetta dei colli. L’arrivo dello schieramento di destra in soccorso dei reparti militari, equipaggiati con armi leggere, provocò il ripiegamento delle milizie romane in precedenza giunte per difendere i propri soldati.
Tito Quinto Flaminio
Però Tito Quinzio Flaminino[8], a capo delle forze armate romane, dopo aver disposto in schiera le ulteriori due unità militari e gli elefanti davanti allo schieramento sinistro macedone, lo aggredì, e lo stesso, in affanno per il passare dalla disposizione di camminare con passo cadenzato e uniforme a quella dello scontro armato, che si stava verificando proprio in quel brevissimo lasso di tempo, preferì abbandonare il campo di battaglia. Pertanto Flaminino, mentre cercava di raggiungere lo schieramento, mandò in soccorso delle due unità militari (una romana ed una di Italici, la quale aveva stipulato una alleanza con Roma), che stavano ancora indietreggiando davanti allo schieramento di destra, venti manipoli[9] che aggredirono gli avversari dalla loro parte sinistra, portando disordine nella disposizione poco duttile e peculiare degli schieramenti greci. I Macedoni, non essendo più coesi, caddero in balia dell’avversario, venendo trucidati. Gli stessi, ritenendo di non avere più alcuna chance di vittoria, alzarono le picche come segno di resa[10] al nemico, ma i Romani, non capendo il significato di tale azione, seguitarono ad ammazzarli.

RIPERCUSSIONI

Oplita macedone
In seguito alla disfatta militare[11], Filippo dovette lasciare ai Romani la signoria sulla politica greca, privare il complesso delle navi militari del suo stato di uomini ed apparecchiature, consegnare ostaggi al Senato romano e versare una ingente quantità di denaro come risarcimento di guerra[12]. La Macedonia, benché formalmente unita da un patto di alleanza con Roma, diventò un regno marginale per la Repubblica romana. Venticinque anni più tardi il sovrano macedone Perseo causò la terza guerra macedonica con la speranza di ottenere nuovamente l’indipendenza del suo stato monarchico, ma pure nello scontro armato di Pidna (168 a.C.), un totale insuccesso militare macedone, l’esercito romano ebbe la meglio sugli schieramenti greci.
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., Atlante Storico, Rizzoli Larousse, Milano 2004;
C. BADEL – H. INGLEBERT, L’Impero Romano in 200 mappe, Leg, Gorizia 2015;
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S.J. KOVALIOV, Storia di Roma, Pgreco, Roma 2011;
J. MICHELET, Storia di Roma, RL Gruppo Editoriale, Santarcangelo di Romagna 2009;
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A. SPINOSA, La grande storia di Roma, Arnoldo Mondadori, Milano 1998;
A. ZIOLKOWSKI, Storia di Roma, Bruno Mondadori, Milano 2006.
[1] Badel, C.; Inglebert, H. L’Impero Romano in 200 mappe. Gorizia: Leg, 2015, p. 35.
[2] Territorio coincidente attualmente con la zona occidentale della penisola balcanica.
[3] Aa.Vv. Atlante Storico. Milano: Rizzoli Larousse, 2004, p. 82.
[4] Con la pace di Fenice si concluse la prima guerra macedonica.
[5] Antica città le cui rovine sono oggi situate nell’Albania meridionale.
[6] Pani, M.; Todisco, E. Storia romana. Roma: Carocci, 2008, p. 119.
[7] Frediani, A. Le grandi battaglie di Roma antica. Roma: Newton & Compton, 2002, p. 134.
[8] Soldato e politico romano facente parte della gens Quinctia.
[9] Il manipolo, nell’antica Roma, non era altro che una schiera di soldati composta da 100 a 200 uomini.
[10] Frediani, A. Le grandi battaglie di Roma antica. op. cit., p. 139.
[11] Montanelli, I. Storia di Roma. Milano: RCS Libri, 1997, p. 150.
[12] Clemente, G. Guida alla storia romana. Milano: Arnoldo Mondadori, 1985, p. 168.

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