La battaglia di Carre (53 a.C.)

Lo scontro armato di Carre si svolse il 9 giugno del 53[1] a.C. nei pressi del centro abitato di Carre[2] [al giorno d’oggi Harran (Turchia)] fra i reparti militari della Repubblica romana, capeggiati da Marco Licinio Crasso (Roma, 115/114-Carre, 53 a.C.), e le truppe partiche guidate dal generale Rostam Surena-Pahlavi[3] (84-52 a.C.). Il combattimento si risolse in una autentica catastrofe[4] per i contingenti romani in Medio Oriente.

PRESUPPOSTI
Marco Licinio Crasso

L’evento bellico ebbe luogo per volontà di Crasso (componente del primo triumvirato), che era desideroso di conseguire uno splendido successo militare[5] allo scopo di non perdere notorietà e il favore popolare rispetto agli altri due triumviri (Cesare[6] e Pompeo). Per questo motivo si accinse ad invadere l’impero partico. Il casus belli venne offerto dai contrasti dinastici[7] fra Mitridate ed Orode (figli del sovrano partico Fraate III), che, successivamente al decesso del genitore, si contesero il trono. Mitridate invocò l’appoggio dei Romani.

Crasso stabilì di introdursi nelle aree soggette alla giurisdizione partica[8] dal deserto siriano a mezzogiorno anziché dai monti armeni a settentrione, stupendo Surena, ed iniziò a procedere con un esercito di circa 32.000 soldati, 4.000 uomini a cavallo e 4.000 ausiliari, mentre il comandante partico aveva a disposizione 1.000 militi catafratti[9] e 9.000 cavalieri armati d’arco. Al posto di avanzare sino a Seleucia[10] (in greco antico Σελεύκεια), tenendosi vicino al fiume Eufrate[11] per assicurarsi un fianco protetto ed acqua in abbondanza [come gli era stato consigliato soprattutto da Cassio[12] (Roma, 87/86-Filippi, 42 a.C.), questore delle sue unità militari], il generale romano volle percorrere il deserto siriano per affrontare in uno scontro armato risolutivo la parte più consistente dei reparti militari avversari.

Rostam Surena-Pahlavi

Al contrario, stando a Plutarco[13] (Cheronea, 46/48-Delfi, 125/127 d.C.), la scelta di percorrere il deserto venne presa in seguito al colloquio di Crasso con tre aristocratici parti che, facendosi vedere mutilati in modo spaventoso, lo persuasero del loro desiderio di vendicarsi del monarca per il sopruso patito, suggerendogli di utilizzare un percorso alternativo per sorprendere le truppe partiche presenti nel deserto. Colpito profondamente dalla ferocia con la quale i tre erano stati seviziati, il comandante romano credette a quanto gli avevano raccontato e si incamminò verso luoghi spopolati e desolati. Non era a conoscenza che, in effetti, i patrizi si erano mutilati di propria spontanea volontà per turbare ed ingannare Crasso. Mentre i contingenti romani procedevano con lentezza ed in modo faticoso nel deserto, i Parti, non ritenendo opportuno combattere i Romani in campo aperto, cominciarono ad aggredirli con i loro cavalieri armati d’arco, che uccidevano numerosi legionari, per poi scappare prima che i medesimi riuscissero ad opporre resistenza. Eppure questa tattica, invece di impensierire Crasso, lo persuase che i Parti fossero dei vigliacchi, non in grado di battersi apertamente con i Romani.

SVOLGIMENTO DELLO SCONTRO ARMATO
Zone interessate nella spedizione di Crasso.

Infine i Parti stabilirono di attaccare l’esercito romano, affaticato dal cammino nel deserto. All’inizio il generale romano dispose i fanti al centro e gli uomini a cavallo sulle ali, ma successivamente volle disporre le sue forze armate a quadrato: uno schieramento di difesa contro le unità militari partiche composte perlopiù di combattenti a cavallo. I Parti effettuarono una carica con i loro uomini a cavallo, che tuttavia non ebbe successo e pertanto indietreggiarono. In quell’istante preciso intervennero i cavalieri armati d’arco, che con il loro ininterrotto lancio di dardi causarono molte perdite ai reparti militari romani e li spinsero a condurre un’azione offensiva. Il fianco sinistro dello schieramento capeggiato da Publio, figlio di Crasso, assalì con tutti i suoi militi (1300 Galli a cavallo ed otto unità militari) ed i rapidi cavalieri parti, armati d’arco, retrocedendo proseguirono a scagliare saette[14][15], inducendo l’ala avversaria ad allontanarsi dal resto delle truppe.

Battaglia di Carre

Dopo accerchiarono e attaccarono i contingenti romani con i combattenti catafratti a cavallo, sino a sterminarli e ad ammazzare Publio[16]. Al calar della notte i Romani raggiunsero i loro alloggiamenti provvisori fortemente demoralizzati. Crasso, intuendo che non poteva più combattere i nemici con un esercito notevolmente scoraggiato, abbandonò il campo durante la notte, con il rischio di consegnare tutti i soldati feriti all’avversario. Il piano riuscì e i Romani trovarono rifugio nella città fortificata di Carre[17]. Lì tuttavia, anziché resistere attendendo reparti e mezzi militari e sapendo che i Parti non disponevano di fanti sufficienti per assediare il centro abitato, il comandante romano prese la decisione di dirigersi verso l’alleato armeno a settentrione, stando a Plutarco anche a causa di un consiglio offerto da un traditore (Andromaco). A questo punto si verificò la rottura fra Crasso e Cassio: quest’ultimo difatti, oramai da un po’ di tempo in contrasto con il generale romano sulla conduzione delle operazioni militari, si propose di mettersi in movimento verso la Siria[18], un territorio lontano che difficilmente l’avversario avrebbe previsto come meta. Crasso, scappato verso settentrione, venne subito raggiunto da Surena e ucciso[19] nei pressi del centro urbano di Orfa. Solamente i 10.000 militi guidati da Cassio si salvarono, cercando rifugio in Siria. Poi si sparse la voce che i feriti vennero trucidati, e che al comandante romano, verosimilmente una delle persone più ricche di Roma, fu versato dell’oro liquefatto nella cavità orale per ordine del monarca Orode I, come castigo per la brama di beni materiali che lo aveva indotto ad intraprendere la campagna militare. Le perdite romane ammontarono a 20.000 soldati ammazzati, 10.000 caduti in mano nemica e 4.000 feriti, mentre in campo furono trascurabili.

RIPERCUSSIONI
Il triumvirato: Cesare, Pompeo e Crasso

La dipartita di Crasso permise a Cesare e Pompeo (Roma, 75 più o meno-12 aprile 45 a.C.) di divenire i dominatori assoluti della vita pubblica a Roma. I Parti desiderarono sfruttare l’affermazione militare occupando alcune province romane, giungendo sino in Cilicia e stringendo d’assedio Cassio ad Antiochia[20]. Lì arrivò in soccorso Cicerone[21] (Arpino, 3 gennaio 106-Formia, 7 dicembre 43 a.C.) con delle truppe inviate da Roma: batté i Parti e li obbligò a traversare nuovamente l’Eufrate. Gli stessi cercarono in seguito di invadere la Siria, ma furono vinti in battaglia da Cassio ad Antigoneia. L’inimicizia fra i Romani (e dopo i Bizantini) e i Parti (e dopo i Sasanidi) si protrarrà ancora per 700 anni, sino alla venuta degli Arabi.

Ottaviano Augusto

Successivamente Ottaviano Augusto (Roma, 23 settembre 63 a.C.-Nola, 19 agosto 14 d.C.), diventato Princeps, studiando il modo per realizzare l’occupazione della Germania[22] e per non guerreggiare contemporaneamente con più nemici, si propose di accordarsi con i Parti per rendere sicure le frontiere orientali dell’Impero Romano. La tregua fu sancita nel 17 a.C. da un patto che contemplava la resa dei vessilli delle unità militari di Crasso sconfitte a Carre[23] (che puntualmente accadde) e dei prigionieri romani dei quali, tuttavia, non si ebbero notizie precise. Difatti vi è una ipotesi per cui lo scontro armato avrebbe avviato i primi rapporti sino-romani. Stando a Plinio nel 52 a.C., l’anno seguente al combattimento, 10.000 legionari romani caduti in mano nemica vennero sottoposti dai Parti alla deportazione nella Margiana[24] al fine di prestare aiuto alle milizie poste a difesa della frontiera orientale dell’impero arsacide. Da quel territorio successivamente avrebbero avuto contatti con la dinastia cinese degli Han[25], verosimilmente come combattenti per mestiere e dietro pagamento, insediandosi nel Liqian[26]. Non vi sono tuttavia  reperti archeologici o innegabili elementi genetici comprovanti una relazione diretta fra alcuni piccoli centri abitati del Liqian ed i Romani o perfino i fanti di Carre.

BIBLIOGRAFIA

  1. BADEL – H. INGLEBERT, L’Impero Romano in 200 mappe, Leg, Gorizia 2015;
  2. CLEMENTE, Guida alla storia romana, Arnoldo Mondadori, Milano 1985;
  3. CLEMENTE, Giulio Cesare, Giunti, Firenze 2012;
  4. FREDIANI, A. Le grandi battaglie di Roma antica, Newton & Compton, Roma 2002;
  5. FREDIANI, A. I grandi generali di Roma antica, Newton & Compton, Roma 2003;
  6. S.J. KOVALIOV, Storia di Roma, Pgreco, Roma 2011;
  7. LOVELLI, (1° Aprile 2014). Caio Giulio Cesare: il conquistatore della Gallia. Recuperato il 19 Aprile 2017, da Storie di Storia: https://www.storiedistoria.com/2014/04/caio-giulio-cesare-il-conquistatore-della-gallia/;
  8. MATYSZAK, P. I grandi nemici di Roma antica, Newton & Compton, Roma 2005;
  9. MICHELET, Storia di Roma, RL Gruppo Editoriale, Santarcangelo di Romagna 2009;
  10. MOMMSEN, Storia di Roma antica, Sansoni, Milano 2001;
  11. MONTANELLI, Storia di Roma, RCS Libri, Milano 1997;
  12. PANI – E. TODISCO, Storia romana, Carocci, Roma 2008;
  13. SPINOSA, La grande storia di Roma, Arnoldo Mondadori, Milano 1998;
  14. TRAINA, La resa di Roma – 9 giugno 53 a.C., battaglia a Carre, Laterza, Bari – Roma 2010;
  15. ZIOLKOWSKI, Storia di Roma, Bruno Mondadori, Milano 2006.

[1] Traina, G. La resa di Roma – 9 giugno 53 a.C., battaglia a Carre. Bari-Roma: Laterza, 2010, p. 73.

[2] Centro urbano di epoca remota della Mesopotamia settentrionale.

[3] Ecco cosa disse Plutarco di quest’uomo: «Surena era un uomo fuori dal comune: per ricchezza, natali e onore secondo solo al re; per coraggio e abilità il migliore dei Parti del suo tempo; per statura e bellezza, senza eguali. Quando viaggiava per il paese mille dromedari portavano i suoi bagagli e duecento carri il suo harem. Mille cavalieri corazzati e ancora più numerosi cavalieri leggeri gli facevano da scorta. Il numero totale dei suoi cavalieri, dei suoi vassalli e dei suoi schiavi era di almeno centomila uomini. Aveva, quale antico privilegio della sua famiglia, il diritto di essere il primo a porre il diadema sulla testa del re durante l’incoronazione». Plutarco, Vita di Crasso. 21.

[4] Spinosa, A. La grande storia di Roma. Milano: Arnoldo Mondadori, 1998, p. 258.

[5] Montanelli, I. Storia di Roma. Milano: RCS Libri, 1997, p. 232.

[6] Si rammenta l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Caio Giulio Cesare: il conquistatore della Gallia; https://www.storiedistoria.com/2014/04/caio-giulio-cesare-il-conquistatore-della-gallia/ [1° aprile 2014].

[7] Pani, M.; Todisco, E. Storia romana. Roma: Carocci, 2008, p. 181.

[8] Clemente, G. Guida alla storia romana. Milano: Arnoldo Mondadori, 1985, p. 211.

[9] Provvisti di armatura che copriva totalmente gli stessi.

[10] Insediamento abitativo sorto per volere di Seleuco I Nicatore all’incirca nel 312 a.C., sulla sponda destra del Tigri.

[11] É, con i suoi 2.760 km, il corso d’acqua più esteso dell’Asia occidentale.

[12] Politico romano. Fu tra gli organizzatori della cospirazione che provocò l’assassinio di Gaio Giulio Cesare nel 44 a.C.

[13] Autore di trattati storici e filosofo dell’antica Grecia.

[14] Questa tecnica è denominata tiro alla partica.

[15] Michelet, J. Storia di Roma. Santarcangelo di Romagna: RL Gruppo Editoriale, 2009, p. 456.

[16] Matyszak, P. I grandi nemici di Roma antica. Roma: Newton & Compton, 2005, p. 127.

[17] Frediani, A. I grandi generali di Roma antica. Roma: Newton & Compton, 2003, p. 272.

[18] Frediani, A. Le grandi battaglie di Roma antica. Roma: Newton & Compton, 2002, p. 213.

[19] Clemente, G. Giulio Cesare. Firenze: Giunti, 2012, p. 124.

[20] Insediamento abitativo di un passato lontano della Siria (attualmente però in Turchia), sulle sponde del fiume Oronte.

[21] Leguleio, politico, autore di opere letterarie e retore romano.

[22] Per gli antichi Romani estesa regione delimitata dal Reno e dall’Elba.

[23] Badel, C.; Inglebert, H. L’Impero Romano in 200 mappe. Gorizia: Leg, 2015, p. 83.

[24] Provincia dell’impero persiano che comprendeva l’attuale Turkmenistan orientale.

[25] Diresse ed amministrò lo Stato cinese dal 206 a.C. al 220 d.C.

[26] Ex contea facente parte dell’odierna provincia di Gansu in Cina.

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