Il giardino della salute – Heinrich Schipperges


 

Sinossi:

La medicina medievale è solitamente considerata un miscuglio obsoleto di ciarlataneria e di esoterismo. Heinrich Schipperges, forse il più importante storico europeo della medicina, ha smentito con la sua ricerca quell’immagine stereotipata. Questo libro costituisce infatti un quadro accurato della società medievale osservata sotto il profilo dei concetti di salute e malattia. Le pratiche mediche del tempo si rivelano, per esempio, molto vicine a un genere di medicina “olistica”, una vera e propria “scienza generale della salute” che si riferisce all’uomo nella sua totalità psicofisica.
Di fronte all’esplosione di terribili pestilenze e contagi o a fenomeni di “possessione collettiva” come il “ballo di San Vito”, il medico medievale non perde mai una visione dell’uomo nei suoi cicli vitali all’interno del cosmo, mentre nascono i primi ospedali e le prime facoltà universitarie.
La medicina medievale non può destare soltanto un interesse “antiquario”, ma deve essere riconsiderata – come da molte parti si inizia a fare – un modello da riprodurre avvalendosi delle nuove conquiste scientifiche.
 

Autore: 

Heinrich Schipperges nasce il 17 marzo 1918 a Kleinenbroich, nella Renania Settentrionale, una delle regioni nord-occidentali della Germania; dopo aver interrotto gli studi dal 1937 al 1945 per prestare servizio militare, nel 1951 si laurea in medicina e nel 1952 in filosofia. Quindi svolge per alcuni anni attività clinica, poi, nel 1959, diventa professore incaricato di Storia della Medicina e di Storia della Cultura Araba Medioevale all’Università di Kiel. Nel 1961 viene chiamato alla cattedra – appena istituita – di Storia della Medicina all’Università di Heidelberg e alla direzione dell’annesso Istituto di Storia della Medicina, cariche che ricopre fino al 1986, quando lascia l’insegnamento.

Il contributo di Heinrich Schipperges alla storia della medicina si esprime in oltre seicento pubblicazioni e si può definire indubbiamente importante e originale. Caratteristiche della sua imponente produzione sono lo sforzo di considerare la medicina come un fenomeno culturale non autonomo, ma strettamente collegato agli altri aspetti della cultura, e un’analisi storica sempre sensibile alla dimensione etica, che non si limita all’esame della medicina del passato, ma che prende spesso in considerazione anche quella contemporanea, e addirittura si proietta verso il futuro nel tentativo di identificare tendenze e possibili sviluppi a partire dalla situazione attuale: in questa prospettiva l’attività scientifica di Heinrich Schipperges sulle fonti della medicina del passato acquista una sorprendente puntualità e può spiegare il grande interesse che anche i non specialisti mostrano per la sua opera, interesse testimoniato dal successo editoriale dei suoi circa quaranta volumi.



“Il giardino della salute, la medicina nel medioevo” di Heinrich Schipperges non è quello che si definirebbe un libro da leggere sotto l’ombrellone, e non solo perché il tempo sia inclemente e alquanto balzano in questi giorni, e forse sdraiarsi in spiaggia con un buon libro sia comunque prematuro. Eppure è un saggio molto interessante sia per chi, come me, ama il Medioevo (e sta leggendo dei testi per fare integrazioni al Libro II, seguito al Libro I – La Terra del Tramonto, saga storica sulla Prima Crociata), sia per chi voglia approfondire la storia della medicina, in un periodo che ha ripercussioni molto profonde sulla nostra concezione attuale di salute e malattia, e cura.
Come scritto nella quarta del saggio, la medicina medievale è considerata un miscuglio obsoleto di ciarlataneria ed esoterismo e, come tutti gli stereotipi, quest’immagine ha piantato salde radici nell’immaginario collettivo. Eppure nel saggio si scopre subito, sorprendentemente, la rappresentazione di un uomo, e di un corpo umano, come un microcosmo che riflette il macrocosmo divino, specie nei trattati di Ildegarda di Bingen: monaca del 1100, mistica veggente, erborista, pittrice, musicista e dottore della Chiesa.


Nella tavola sottostante della stessa Ildegarda, ad esempio, l’uomo è posto al centro del mondo, e racchiuso dalla Trinità. L’universo si configura come un’enorme ruota ardente, chiusa da mura d’acqua, pervasa di aria e poggiante sulla terra. C’è quindi una puntuale corrispondenza tra il cosmo e l’uomo: una visione che potremmo definire olistica. L’uomo però ha tradito il patto con Dio, ha perso l’innocenza e non è più in sintonia con il creato; anzi, è il ribelle per eccellenza. Da qui l’insorgere dello stato morboso individuale fino ad arrivare alle terribili pestilenze e ai contagi che falcidiano l’umanità a scadenze storiche.


La vita diventa così un doloroso pellegrinaggio, e compito del medico non è tanto quello di ridonare all’uomo la piena salute, assistendolo dalla nascita all’età adulta fino alla morte, quando di assecondare i processi naturali di guarigione senza forzarli, e di riparare come può uno stato che non potrà mai essere perfetto come prima della caduta. Le professioni sanitarie si ramificano quindi in una miriade di figure, dai chirurghi-barbieri alle ostetriche, dai medici conventuali ai flebotomi e ai farmacisti, fino ad arrivare ai livelli più alti, dove la figura del medico coincide con quella di un vero e proprio filosofo grazie ad una preparazione in discipline non solo di carattere pratico, ma che comprendono grammatica e retorica.

La  pratica terapeutica comincia con la visita e l’anamnesi, in un contatto fisico di cui spesso si è persa traccia ai nostri giorni, focalizzati come sono molti medici sull’esame specialistico, per poi passare all’esame dei prodotti corporei, alla diagnosi e alla prescrizione dei trattamenti, tutti com’è ovvio a base di erbe di cui si ha profonda conoscenza ed esperienza. Si cerca di riparare il corpo ammalato, considerando l’operazione chirurgica solo come extrema ratio. Si sviluppano di conseguenza non solo i moderni enti ospedalieri, passando dal monastero come luogo di accoglienza e di cura a edifici di tipo laico, ma anche le facoltà di medicina universitarie dove si studia sotto la guida di un docente esperto.


Molto importante in questa concezione dell’uomo inserito nei cicli vitali – ed è qui l’altro dato sorprendente – è la prevenzioneDi questa fa parte la raccomandazione della dietetica, del giusto rapporto tra luce e aria, del ritmo fra moto e quiete, delle cure balneari: in una parola di modelli di vita sana da seguire. Il che risveglia in noi la sensazione di concetti moderni, che ci sentiamo ripetere spesso e che per tanti motivi raramente applichiamo.

Immagine dal Museo Didattico
della celebre Scuola Medica Salernitana


Auspicio non solo dell’autore è di riprendere la medicina medievale come modello di naturopatia e supportarla con le più nuove tecniche scientifiche. 

 

Nota: dispiace apprendere che tale notevole saggio sia fuori catalogo e ad oggi quasi introvabile. Mi auguro un ripensamento editoriale affinché storici e nuovi amanti della cultura medioevale possano godere nuovamente di quest’opera. 
I.G.

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