Donna poliedrica ed anticonformista, Cristina fu molto intelligente ed interessata ai libri antichi e ai manoscritti, alla storia, alla religione, all’alchimia e alle scienze nonché all’arte e alla filosofia. Durante gli anni del suo regno (divenne regina di Svezia dal 1632, ma con effettivi poteri dal 1650 al 1654), profuse ogni energia affinché Stoccolma potesse diventare l’«Atene del nord». Mentre la Svezia era sempre più influenzata dalla Controriforma, Cristina si sentì sempre più vicina alla cultura mediterranea e fece di tutto per lasciare la sua terra natia, oramai così lontana dai suoi interessi e dalla sua cultura fieramente contraria al luteranesimo.
Cristina (Stoccolma, 18 dicembre 1626 – Roma, 19 aprile 1689) venne alla luce nel castello di Tre Kronor e sin dalla sua nascita gli astrologi constatarono una rara congiunzione di astri che preannunciavano come la fanciulla sarebbe divenuta una delle regnanti più importanti nel vecchio continente. Era figlia del re Gustavo II Vasa (1594 – 1632), che salì sultrono in Svezia dal 1611 al 1632 e di Maria Eleonora del Brandeburgo (1599 – 1655). Il re, sebbene desiderasse un figlio maschio, fu comunque molto contento di accogliere la novella nata al punto tale che scrisse in una lettera poco dopo la nascita: «Diventerà intelligentissima, ci sta rendendo tutti pazzi di lei!». Diverse fonti ci informano che Gustavo Adolfo fu sempre molto affezionato alla figlia ed ella lo contraccambiava con la massima dedizione ed affetto. Non riuscì ad avere mai, invece, un rapporto sereno con la madre, che si ritenne colpevole di non aver messo al mondo un figlio maschio.
Gustavo II Adolfo trovò la morte nella battaglia di Lützen il 6 novembre 1632, durante la guerra dei trent’anni. Cristina, unica erede, diventò regina a soli 6 anni, venendo soprannominata la «Regina bambina». Per dodici anni, durante la sua minore età, la Svezia fu sottoposta ad un Governo di Reggenza presieduto dal Gran Cancelliere del Regno Axel Oxenstierna. Cristina ebbe un’educazione conforme al proprio status edal suo delicato ed importante ruolo. Il teologo Johannes MatthiaeGothus fu il suo tutore e le impartì lezioni di religione, filosofia, storia, greco e latino. Il cancelliere Oxenstierna amava parlare con lei di strategie politiche e desiderò insegnarle la storia degli scritti di Tacito. Cristina studiava giornalmente e con profitto dieci ore algiorno e volle imparare lo svedese, il tedesco, l’olandese, il francese e l’italiano, mettendo in mostra un’ intelligenza unica e straordinaria, non solo per la sua epoca. Oxenstierna disse più di una volta, orgoglioso della quattordicenne regina: «Non è come tutte le altre donne» e che «aveva una luminosa intelligenza». Antoine de Beaulieu, francese, insegnò danza a Cristina. Il Governo di Reggenza chiese a Cristina di occuparsi pienamente del governo della Svezia una volta che avesse compiuto i sedici anni, ma ella volle aspettare i diciotto anni, così come suo padre aveva fatto prima di lei. Nel 1644 ellaassunse pieni poteri, anche se la sua incoronazione fu posticipata a motivo della guerra con la Danimarca e pertanto uno dei suoi primi atti fu proprio quello di stipulare la pace con quella nazione, ottenendo le isole di Gotland e Ösel, oltre ad alcune regioni norvegesi come lo Jämtland e lo Härjedalen. Il cancelliere Oxenstiernacomprese molto presto che Cristina aveva progetti politici molto dissimili dai suoi, orientati alla pace.
Quando Cristina fu regina a tutti gli effetti, la Svezia fu sicuramente uno dei regni più progrediti ed acculturati d’Europa, di modo che Stoccolma ebbe il nome di «Atene del Nord». Nel 1645 la regina chiese ad Ugo Grozio di raggiungerla a corte per ricevere l’incarico di bibliotecario, ma purtroppo egli perì durante il viaggio verso la Svezia. Inoltre ella designò BenedictBaruch Nehamias de Castro di Amburgo quale suo Fisico ordinario. Nel 1647 Johann Freinsheimfu invitato a corte come classicista. La «Semiramidedel Nord», come venne designata la regina, intrattenne una corrispondenza epistolare con Pierre Gassendi e BlaisePascal volle regalarle una copia delle sue pascaline. Cristina fu molto interessata e studiò il neostoicismo, gli scritti dei padri della chiesa e dell’islam e si procurò una copia del «Trattato dei tre impostori», un’opera allora vietata da molti ambienti perché poneva degli interrogativi e dei seri dubbi su tutte le religioni, oltre ad interessarsi alla storia classica ed alla filosofia. Nel 1646, grazie all’intervento di uno dei suoi migliori amici, l’ambasciatore Pierre Chanut, la regina potè avere una corrispondenza epistolare con il filosofo Cartesio, approfittando dell’opportunità per chiedergli una copia delle sue «Meditazioni metafisiche».
Espresse più volte il desiderio a Cartesio di averlo in Svezia, forzando il filosofo francese a raggiungere Stoccolma il 4 ottobre 1649, dove soggiornò presso l’ambasciatore Chanut ed il 18 dicembre di quello stesso anno Cartesio cominciò ad impartire lezioni private alla regina, parlando amabilmente con lei di filosofia e di religione. Il clima invernale di Stoccolma fu particolarmente rigido in quell’anno ed il 1º febbraio 1650 Cartesio contrasse la polmonite, decedendo dieci giorni più tardi. Altre personalità di spicco che vennero ospitate da Cristina di Svezia furono Claude Saumaise, Pierre-DanielHuet, Gabriel Naudé, Christian Ravis e Samuel Bochart.
In una nazione in cui il luteranesimo aveva messo salde radici, la regina Cristina fu sempre un personaggio «sui generis» e fortemente controcorrente per l’epoca. La Chiesa cattolica, che aveva sempre ritenuto il luterano Gustavo Adolfo II (padre di Cristina) tra i suoi più acerrimi nemici, considerando di fondamentale importanza far passare al Cattolicesimo diversi sovrani protestanti, volle sollecitare fortemente l’atto di abiura della giovane regina, ponendole vicino, sin dal 1650, il gesuita portoghese António Macedo, giunto in Svezia come traduttore dell’ambasciatore del Portogallo. La regina ebbe lunghe ed interessanti discussioni sul Cattolicesimo col gesuita portoghese, esortando altri due gesuiti a raggiungere la Svezia in missione segreta nella primavera del 1652. Paolo Casati, uno dei due inviati, in una missiva al padre generale a Roma ammise che la regina era sul punto di convertirsi al Cattolicesimo. Andando nello specifico la regina era pienamente in sintonia col Cattolicesimo sulla visione del peccato, dell’immortalità dell’anima e del libero arbitrio. Pur essendo cresciuta in un ambiente luterano, nel maggio del 1652 Cristina prese la decisione di divenire cattolica romana. I due sacerdoti immediatamente informarono il cardinale Fabio Chigi ed il re Filippo V di Spagna. Regnando da quasi vent’anni, lavorando quasi dieci ore al giorno, Cristina era oramai fiaccata nell’animo e nel corpo, con una crisi nervosa e con gravi problemi di alta pressione. Nel febbraio del 1652 il dottore francese Pierre Bourdelotandò a Stoccolma per cercare di curarla. Differenziandosi da buona parte dei dottori del suo tempo, egli non fu favorevole adeseguire dei salassi, stabilendo invece un adeguato riposo, bagni caldi e colazioni salutari, essendo contrario alla vita ascetica che Cristina portava avanti.
Nel febbraio 1654 la sovrana dichiarò ufficialmente al Consiglio régio di voler abdicare. La conversione al Cattolicesimo non era certamente l’unico motivo della sua abdicazione, in quanto nel corso degli anni la regina aveva intrapreso una politica non ritenuta valida dagli ambienti di governo svedesi. Cristina, molto corteggiata da uomini di cultura cattolici come ad esempio Blaise Pascal, ricevute le assicurazioni necessarie circa la conservazione del proprio status regale, il 23 febbraio 1654 dichiarò di voler abdicare a favore del cugino Carlo Gustavo (nonostante la forte opposizione del senato), ottenendo finalmente la propria libertà. Durante la cerimonia di abdicazione che ebbe luogo al Castello di Uppsala, Cristina indossava le sue piene regalìe cerimoniali che ellaconsegnò definitivamente una per una. Per Brahe, che doveva occuparsi di rimuovere la corona dal capo della regina, non volle farlo per rispetto nei confronti dell’amata sovrana e pertanto ellafece il tutto da sola. Avendo indossato una semplice veste bianca, Cristina volle tenere un breve discorso ai convenuti con voce tremante, salutando tutti e lasciando il trono a Carlo X, che in opposizione era vestito in nero. Per Brahe nei suoi scritti affermò che la regina «appariva essere bella come un angelo». Carlo X, il quale fu incoronato in quello stesso giorno, chiese di nuovo a Cristina di sposarlo ma questa rifiutò decisamente ed abbandonò per sempre la Svezia.
Il 3 novembre 1655 Cristina desiderò fare la propria professione ufficiale al Cattolicesimo nella Hofkirche di Innsbruck per poi inviare una missiva al Papa Alessandro VII ed a suo cugino Carlo X. L’arciduca Ferdinando Carlo d’Austria, che volle pagarle i festeggiamenti, si ritrovò quasi sul lastrico a causa delle esose esigenze dell’ex sovrana svedese e ne fu risollevato solo con la sua partenza realizzatasi l’8 novembre di quell’anno. La venuta dell’ex regina di Svezia nello Stato Pontificio fu un evento ricordato da molte persone. Cristina venneaccolta con grandi onori, feste e grida di giubilo dal nuovo Papa Alessandro VII Chigi e dalla nobiltà romana. Il 20 dicembre di quello stesso anno, l’ex sovrana giunse in Vaticano su una lettiga appositamentedisegnata e realizzata per lei da Gian Lorenzo Bernini del quale divenne grande amica, andando spesso dall’artista nel suo studio. In suo onore fu lo stesso Bernini a restaurare la celebre Porta del Popolo, sulla quale ancor oggi vi è la scritta che esalta il «suo felice e fausto ingresso» nella città di Roma il 23 dicembre 1654, che è collocata sotto il simbolo araldico dei Chigi. Finalmente avendo raggiunto la Basilica di San Pietro, l’ex regina si inginocchiò di fronte all’altare e, il giorno di Natale, ricevette tutti i sacramenti per volontà dello stesso Papa. Per onorare il Pontefice e la Madonna, Cristina ebbe due nomi ulteriori: Alessandra Maria. Inoltre la sua venuta a Roma avveniva durante i festeggiamenti per l’anniversario di Alessandro VII, motivo per favolosi festeggiamenti che la tennero molto occupata fino a quando non si stabilì ufficialmente a Palazzo Barberini, dove Cristina fu accolta trionfalmente da una folla che contava almeno 6000 spettatori oltre che da una lunga processione di cammelli, elefanti abbigliati fastosamente e con torri in legno collocate sulle loro groppe.
Cristina, successivamente, visse a Palazzo Farnese, di fronte alla Chiesa di Santa Brigida, un’altra straordinaria donna svedese che aveva voluto vivere a Roma. L’ex sovrana, compiendo notevoli sforzi, riuscì ad aprire un’accademia, soprannominata Accademia dell’Arcadia, con l’obbligo per ogni partecipante di studiare la musica, il teatro, la letteratura e le lingue. Ogni venerdì l’ex regina intratteneva i visitatori più facoltosi con una serie di discussioni intellettuali. Uno degli appartenenti al circolo dell’Arcadia fu Francesco Negri, un francescano di Ravenna che ebbe l’onore di essere il primo a raggiungere Capo Nord in Norvegia, spedizione che portò a termine per volere della regina, alla quale spedì lettere numerose lungo il suo viaggio interminabile. Un altro francescano che fece parte dell’Accademia fu lo svedese Lars Skytte, il quale, con il nome di padre Lorenzo, divenne confessore della regina per otto anni. Come diplomatico in Portogallo egli aveva conosciuto la dottrina cattolica e si era convertito, desiderando essere trasferito a Roma all’arrivo di Cristina. La ventinovenne ex regina era ancora molto bella e seducente. Tutto questo fece sì che frequentemente nascessero pettegolezzi sulla sua persona, come per la sua duratura amicizia col cardinale Decio Azzolino, che fu segretario dell’ambasciatore in Spagna e responsabile della corrispondenza del Vaticano presso le corti europee. Cristina e Azzolino stavano così spesso insieme che ad un certo punto per tutelare l’onorabilità di entrambi il Papa consigliò al cardinale di voler limitare le sue cortesi visite all’ex sovrana. In una lettera ad Azzolino Cristina gli scrisse in francese di non voler recare offesa a Dio né di volerlo danneggiare con il suo forte legame, ma che tutto ciò «non mi impedirà di volerle bene sino alla morte, e dal momento che la pietà di Dio le impedisce di essere il mio amante, la sollevo dall’essere mio servo, come io dall’essere sua schiava». Questo particolare rapporto della coppia che oramai era quello di due infelici amanti tenuti lontani dalle rispettive condizioni e dalle convenzioni dell’epoca, portò di frequente Cristina a gesti inconsulti ed estremi. L’ex regina andò in Francia, dove fu ricevuta con tutti gli onori da Luigi XIV, ma colpì l’elegante corte di Versailles per i suoi modi schietti e all’apparenza rozzi.
Anna Maria Luisa d’Orléans, duchessa di Montpensier, in una sua missiva così parlava di Cristina: «mi ha sorpreso molto: applaude le parti che le sono piaciute delle rappresentazioni ringraziando Dio per la bravura degli attori, si getta sulla sua sedia, accavalla le gambe e poggia le braccia sui braccioli in maniera poco elegante, assumendo posture che ho visto assumere solo da Travelin e Jodelet, due famosi buffoni di corte… È per tutti gli aspetti unacreatura straordinaria».
Il 15 maggio 1658 Cristina mise di nuovo piede a Roma, ma questa volta non fu accolta trionfalmente. Inizialmente l’ex sovrana visse nel bel Palazzo Rospigliosi, appartenente a Mazzarino, ma successivamente ella volle abitare il Palazzo Riario alla Lungara (oggi Palazzo Corsini alla Lungara), posto in affitto dai Riario nel 1659, ma diventato la sua abitazione definitiva solo dal 1663, il cui grande parco (sede dell’Orto botanico di Roma) raggiungeva il Gianicolo. Il contratto di affitto venne redatto e firmato dal cardinale Azzolino. In questo palazzo Cristina pose la sua piccola e variegata corte e divenne ben presto la sede di intrighi, viaggi diplomatici, feste e avventure galanti, ma anche di importanti relazioni intellettuali (che porteranno nel 1674 alla nascita dell’Accademia Reale, da cui si originò l’Arcadia, alla quale venne aggiunta un’Accademia di Fisica, Storia naturale e Matematica). Nelle sale di rappresentanza del palazzo erano esposti i ritratti del cardinale Azzolino, del Bernini, di Cartesio, dell’ambasciatore Chanut e del dottor Bourdelot, tutti uomini che avevano caratterizzato in qualche modo la vita di Cristina. Azzolinodichiarò all’ex regina di aver parlato a suo favore presso il Pontefice e che quest’ultimo si era convinto ad offrirle una pensione consona al suo status. L’ex sovrana volle aprire un teatro personale nel piano superiore del palazzo dove abitava, per poi continuare nel 1671 con l’apertura del primo teatro pubblico di Roma nell’ex carcere di Tor di Nona. Clemente X, divenuto Papa, allarmato per gli effetti che gli spettacoli teatrali arrecavano alla pubblica morale, vietò aperture di nuovi teatri. Con il Pontefice Innocenzo XI le cose andarono di male in peggio. Il nuovo Papa, infatti, era di carattere rigido ed austero, dichiarò ogni spettacolo teatrale fuorilegge, facendo diventare granaio il teatro di Tor di Nona, per quanto molto frequentemente erano presenti alle rappresentazioni diversi cardinali ed esponenti del clero romano e stabilì che le donne non potessero recitare, cantare e vestire abiti scollati, scontrandosi più volte con Cristina che considerava queste restrizioni anacronistiche, permettendo che nel suo teatro personale si continuassero a rappresentare opere teatrali. Sentendosi promotrice dell’arte e della musica, Cristina volle Carlo Ambrogio Lonati e Giacomo Carissimi quali suoi maestri di cappella, Lelio Colista suo liutaio, Loreto Vittori e Marco Marazzolisuoi cantanti e Sebastiano Baldini ebbe l’incarico di librettista. L’ex sovrana fu sempre tollerante in tutta la sua vita ed ebbe alle sue dipendenze anche il sacerdote spagnolo Miguel de Molinos, come suo teologo privato, dal momento che questi era stato incolpato dall’inquisizione per le sue dottrine che stabilivano che il peccato fosse presente nella parte più recondita dell’uomo e che per questo non dipendesse dal libero arbitrio dell’uomo. Cristina gli fornì cibo e gli inviò numerose missive mentre questi era incarcerato a CastelSant’Angelo. Nel febbraio del 1689 alla sessantaduenne Cristina la salute peggiorò notevolmente, dopo aver visitato i templi della Campania, da rendere indispensabile per lei l’unzione degli infermi. Ad un certo punto sembrò quasi che si riprendesse, ma a metà di aprile si aggravò nuovamente a causa di un’infezione batterica che le procurò una polmonite e una febbre alta. Sul letto di morte desiderò redigere una missiva al Papa, supplicandolo di perdonarla per le offese arrecategli. Spirò il 19 aprile 1689, alla presenza del solo cugino, il marchese Michele Garagnani, e del fedele cardinale Azzolino che fu presente al suo capezzale sino alla morte. Quest’ultimo fu l’unico erede, ma rese l’anima quasi due mesi dopo (l’8 giugno 1689) per il dolore e la perdita dell’amata, ricevendo tutti i beni il nipote Pompeo Azzolino. L’immenso patrimonio artistico (e non solo quello), di grande pregio, che abbelliva il palazzo Riario, fu venduto a prezzi irrisori ai nobili romani, mentre il successivo Papa, Alessandro VIII, comprò per pochi spiccioli la splendida biblioteca di Cristina.
L’ex sovrana desiderava essere sepolta in una tomba molto semplice, ma il Papa alla sua morte volle in primis esporla alla pubblica venerazione per ben quattro giorni a Palazzo Riario. La regina fu imbalsamata, avendo fra le mani uno scettro e sul capo una corona. Il suo corpo fu collocato in tre bare, una di cipresso, una di piombo e l’ultima di quercia. La processione del funerale andò dalla chiesa di Santa Maria in Vallicellasino alla Basilica di San Pietro, dove Cristina fu sepolta nelle Grotte Vaticane (una delle tre donne soltanto ad aver potuto ricevere questo privilegio). I suoi intestini furono messi in un’urna separata. Nel 1696 Papa Clemente XI fece realizzare un monumento in onore della defunta sovrana, terminato nel 1702, per commemorare la sua stupenda conversione e per la gratitudine della città di Roma. Questo monumento fu collocato nella basilica vaticana e controllato nell’esecuzione dall’architetto Carlo Fontana.
Celeberrima fu l’interpretazione della regina Cristina da parte della sua connazionale, l’attrice Greta Garbo, nel film «La regina Cristina» del 1933, che sebbene solo parzialmente sia rimasto fedele alla storia della sovrana svedese, all’epoca fu uno strepitoso successo.
Articolo di Giampiero Lovelli presente anche su Storia e Società.
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