L’imperatore Claudio nel 43 d.C. aveva deciso di invadere la Britannia con la speranza di aumentare la propria fama e di rimpinguare con i tesori dell’isola i forzieri dell’impero, rimasti quasi del tutto vuoti a causa degli sperperi di Caligola. Alcune popolazioni britanniche, come i Trinovanti, avevano appoggiato l’occupazione di Roma per non essere più dominate da altre tribù. Diversi re britanni inoltre sapevano che in Gallia la dominazione romana era stata foriera di pace, ricchezza e prebende per quei nobili che avevano accettato la presenza ingombrante di Roma. Ben presto i legionari romani si resero conto che le ricchezze dell’isola erano solamente una pia invenzione e le piccole quantità di oro, perle e pellicce prodotte in Britannia si potevano comprare in altre province più vicine a Roma. Nell’isola le sommosse antiromane divampavano ciclicamente. Il governatore Svetonio Paolino aveva sconfitto i Siluri nel Galles e desiderava sconfiggere i druidi dell’isola di Anglesey. I druidi si opponevano strenuamente ai Romani ed erano il fulcro della vita religiosa britannica.
Colchester, in epoca romana Camulodunum, era la sola città dell’ isola ad avere il titolo di «colonia» e qui abitavano i veterani romani che spadroneggiavano su terreni, beni e donne indigene. Era stato costruito un tempio dedicato al culto dell’imperatore. Venivano nominati sacerdoti del tempio, per consuetudine, dei nobili del luogo per far sì che questi si sentissero sempre più legati a Roma. Però con il passare del tempo i disgraziati sacerdoti erano costretti a prosciugare le loro ricchezze per adempiere ai doveri della propria carica, arricchendo commercianti ed usurai romani. I Britanni sapevano di essere disprezzati da persone desiderose solamente di fare profitto in un’isola fortemente piovosa ed acquitrinosa.
Nel frattempo era deceduto Prasutago, re degli Iceni, dal 47 d.C. alleato dei Romani. Per diverso tempo gli stessi utilizzarono dei re soprannominati «clienti» per amministrare province lontane dalla capitale e difficili da raggiungere. Il regno degli Iceni comprendeva le odierne contee del Norfolk e del Suffolk e si trovava in ottima posizione per commerciare con la Gallia. Pertanto alla morte di Prasutago il suo regno risultava ricco e prospero. Il re desiderava che il regno andasse ai suoi familiari, stabilendo come coerede l’imperatore romano. Secondo le sue ultime volontà il regno sarebbe stato diviso tra la moglie, le figlie e l’Impero Romano, a quel tempo guidato da Nerone. Era però consuetudine di Roma permettere l’indipendenza ai regni alleati solo fino a quando fossero vissuti i re «clienti», i quali infatti avevano l’obbligo di trasmettere in eredità a Roma i loro regni. La legge romana, inoltre, ammetteva che fosse valida solamente l’eredità per linea maschile. Così, quando Prasutago esalò l’ ultimo respiro, non si tenne conto dei suoi ultimi desideri ed il regno passò ai Romani, come se fosse stato una preda di guerra. Terre e proprietà vennero requisite e i nobili vennero considerati come schiavi.
Budicca (il cui nome proviene dalla parola celtica «bouda», che significa vittoria per alcuni storici, mentre per altri dovrebbe riferirsi alla dea celtica «Boudiga» e potrebbe collegarsi alla sua carica) viene descritta come una donna molto alta ed attraente, con lunghi capelli rossi. Si ritiene che Budicca appartenesse ad una nobile famiglia. All’età di sette anni andò a vivere con una seconda famiglia, presso la quale rimase fino ai 14 anni. In questo lasso di tempo studiò storia, tradizioni, religione e cultura delle tribù celtiche e le fu insegnata l’arte militare. Attorno al 47 d.C. fece ritorno presso la sua famiglia, che la concesse in moglie all’iceno Prasutago. Alla morte di questi Budicca non poté condividere il comportamento dei Romani, esprimendo il proprio malcontento. La risposta dei Romani consistette nell’ esporla nuda in pubblico, frustandola ed umiliandola, mentre le giovani figlie, eredi del regno, vennero violentate (non tanto perché fossero belle, ma per far sì che non potessero più sposarsi, eliminando così ogni possibile discendenza reale).
Dopo tali accadimenti nel 60 o 61 d.C. gli Iceni e i loro vicini, i Trinovanti, si sollevarono risolutamente contro i Romani sotto il comando di Budicca, vogliosa di vendicarsi per le violenze subite. La prima meta dei rivoltosi fu la colonia romana di Camulodunum (oggi Colchester). Le autorità locali con grande fatica riunirono duecento soldati, che dovevano occuparsi della difesa della città, dato che le legioni erano in Galles. I lavori per la fortificazione di Camulodunum vennero osteggiati con ogni mezzo dai Britanni, che vivevano in città. Pertanto l’insediamento non poté validamente difendersi (non essendo stato costruito neanche un fossato o un muro difensivo) e i veterani si rifugiarono nel tempio consacrato al «divo» Claudio, non riuscendo ad opporsi all’uccisione di mogli e figli. Furono catturati dopo due giorni. I Britanni distrussero ogni edificio in mattoni o argilla di Colchester. Il futuro governatore, Quinto Petillio Ceriale, alla guida della VIII «Hispana» volle riprendere la città, ma venne sconfitto. Successivamente i rivoltosi raggiunsero Londinium (cioè Londra), importante insediamento commerciale romano, la quale venne data alle fiamme e distrutta. Il governatore Svetonio Paolino non poté difenderla, non possedendo soldati in numero sufficiente per combattere i rivoltosi. Tacito descrive cosa accadde agli abitanti di Londra :«I barbari infatti non si davano a catturare prigionieri per poi venderli, né a far mercato delle prede, ma si avventavano sugli uomini per impiccarli, bruciarli, crocifiggerli, come se, consapevoli di dover scontare un giorno ciò che avevano fatto, volessero vendicarsi fino a che erano in tempo» (Annali, XIV, 33). Non si deve pensare però che Budicca capeggiasse un esercito senza alcuna regola. La regina era ben attenta che le città occupate venissero dapprima depredate per poi essere incediate e distrutte. L’argento ricavato veniva utilizzato per proseguire la ribellione. Identica sorte ebbe in seguito Verulamium (oggi St. Albans). Erano stati trucidati molto probabilmente 70.000 tra Romani e loro alleati. Il governatore Svetonio Paolino poteva disporre della XIV Legione, dei veterani della XX (di nuovo in servizio) e di tutti gli uomini in grado di combattere, che egli aveva radunato ed armato.
I Britanni, con cui Paolino si sarebbe scontrato, non differivano dai guerrieri celti che Cesare aveva combattuto in Gallia. Utilizzavano soprattutto lance e solamente i più facoltosi possedevano armature e spade. I Britanni preferivano duellare a piedi, impiegando carri leggeri in special modo per condurre dei guerrieri in una determinata zona del campo di battaglia più che essere adoperati come strumenti utili per guerreggiare. Gli stessi portavano in battaglia giganteschi mastini, allevati per scontrarsi con i nemici e per cacciare. Consuetudine bizzarra dei Britanni era quella di adoperare il guado per colorare di azzurro parte dei loro corpi prima di iniziare lo scontro bellico, sia per intimorire gli avversari, sia per trarre profitto dalle proprietà antisettiche della pianta, che era di grande utilità nell’ evitare l’ infezione delle ferite.
È doveroso ricordare che la Britannia fosse da sempre un importante centro religioso per i Galli e gli stessi Britanni. Per questo motivo il governatore Svetonio Paolino, desiderando affrontare i Britanni in un luogo favorevole alle sue truppe (molto probabilmente nelle Midlands), distrusse alcuni luoghi ritenuti sacri della regione, ritenendo che la regina Budicca non sarebbe rimasta spettatrice di tale scempio. Paolino individuò il luogo della battaglia dopo molti sopralluoghi. Condusse il suo esercito in una gola, che alle spalle aveva un bosco molto grande e davanti una lieve pendenza del terreno. Pertanto i Britanni non avrebbero potuto mai accerchiare i Romani e questi non sarebbero potuti fuggire prima di annientare i rivoltosi. Budicca giunse sul luogo in cui avrebbero combattuto gli eserciti insieme alle due figlie, esortando i Britanni a conquistare definitivamente la propria libertà. Ella affermò di non essere lì per conquistare delle terre, ma per punire i Romani per l’umiliazione ricevuta nell’essere stata frustata e per le violenze perpetrate ai danni delle sue figlie. Essendo la regina sacerdotessa, offrì sacrifici alla dea Andraste perché desse la vittoria al suo popolo. Invece il governatore Svetonio Paolino, parlando ai suoi soldati, enumerò dapprima i supplizi destinati ai Romani imprigionati e successivamente evidenziò come, una volta sbaragliato il nemico, le truppe avrebbero potuto razziare ciò che desideravano in Britannia. Lo scontro avvenne nella località di Watling Street (non si conosce l’ esatta ubicazione e gli storici hanno diverse opinioni su dove possa essersi svolta la battaglia), iniziando i soldati romani a lanciare le pesanti lance per poi dirigersi sui Britanni con una formazione a cuneo, aiutati dalla cavalleria, che faceva in modo da sfondare le linee nemiche in quei punti dove maggiore era l’ opposizione. I rivoltosi necessitavano di un certo spazio (circa un metro) per poter utilizzare validamente le lance e le spade, mentre i Romani facevano uso di corte spade mantenendo serrate le loro fila. Pertanto questi ultimi sfruttarono benissimo il poco spazio che avevano a disposizione, trucidando in un primo tempo i Britanni in battaglia e in un secondo momento le loro famiglie. In quel giorno perirono ottantamila Britanni e quattrocento soldati romani. La sommossa era oramai giunta alla sua conclusione. Budicca non trovò la morte in combattimento, ma le carneficine di Colchester, Londra e St. Albans avevano compromesso il suo futuro. Inoltre ella non avrebbe voluto consegnarsi al nemico neanche se fosse stata perdonata. Raggiunse la casa paterna e si suicidò con il veleno. Non si sa bene cosa fecero le figlie, ma è molto probabile che anch’ esse si tolsero la vita. Parecchi Iceni, che non perirono in battaglia, vennero ridotti in schiavitù. Il governatore Svetonio Paolino desiderava annientare completamente questo popolo e per tale motivo venne sostituito. I Romani, da allora, portarono avanti una politica basata sulla ricostruzione, l’armonia e la concordia, che prevedeva la riattivazione del dialogo con l’élite britannica, indispensabile per conservare il possesso dell’isola.
Lo storico Cassio Dione Cocceiano ci fornisce una descrizione piuttosto dettagliata di Budicca :«Era una donna molto alta e dall’aspetto terrificante. Aveva gli occhi feroci e la voce aspra. Le chiome fulve le ricadevano in gran massa sui fianchi. Quanto all’abbigliamento, indossava invariabilmente una collana d’oro e una tunica variopinta. Il tutto era ricoperto da uno spesso mantello fermato da una spilla. Mentre parlava, teneva stretta una lancia che contribuiva a suscitare terrore in chiunque la guardasse».
In epoca medievale della regina Budicca venne perso il ricordo, infatti non è citata in nessuna fonte. Riappare successivamente nel XVI secolo, dopo che ritornarono in auge le opere di Tacito e di Cassio Dione Cocceiano, anche se in un primo momento si credette che la «Voadicea» tacitina e la «Bunduica» dionea fossero due donne differenti. Nel XVII secolo la sua vita fu fonte d’ ispirazione per alcuni scrittori. La sua rinomanza arrivò al culmine durante l’Età vittoriana, quando giunse ad essere un’eroina ed un fondamentale elemento culturale dell’Inghilterra.
La scrittrice inglese Manda Scott ha pubblicato una serie di romanzi storici, che hanno come protagonista Budicca.
Sulla regina degli Iceni è stato dato alle stampe nel 2006 anche il romanzo «La dea della guerra» di Marion Zimmer Bradley e Diana L. Paxson.
Un nuovo romanzo storico su Budicca è stato scritto nel 2011, intitolato «Il vessillo di porpora»,di Massimiliano Colombo.
Numerose canzoni, film e serie televisive hanno tratto ispirazione dalla sua vita. Portando un esempio, la cantautrice Roisin Murphy ha voluto intitolare una canzone «Boadicea». Allo stesso modo si è comportata Enya, nell’album «The Celts ».