La copertina del romanzo, nell’edizione economica |
Da questo evento delittuoso si dipana tutta la trama della narrazione, in special modo l’inseguimento compiuto dal biondo sicario, e che sembrerebbe essere il Diavolo in persona, deciso a sbarazzarsi dell’inopportuno testimone. Egli semina morte al suo passaggio, attraverso una città in piena espansione e ricostruita molto bene nella sua topografia e nei suoi riti – con luoghi medievali per antonomasia come i grandi mercati, le taverne-bordello, le concerie, le processioni religiose o le cerimonie di arrivo dei potenti, i conventi e i monasteri, o le mura con la sua varia umanità di miserabili e vagabondi accampata a ridosso. Questa città così fiorente è tuttavia dilaniata da oscuri intrighi e lotte per il potere tra la fazione dei nobili, esautorati dall’arcivescovo Konrad, figura potentissima, e quella dell’alta borghesia mercantile in piena ascesa politica e vera garante dell’autonomia di Colonia.
L’autore è particolarmente abile nel tracciare con vivacità il ritratto di una città formicolante, composita ed articolata, e quello psicologico di alcuni personaggi, specie con l’uso dei dialoghi che sembrano essere il suo vero punto di forza. Molto ben delineato mi è sembrato il personaggio di Jaspar Rodenkirchen, monaco eruditissimo dalla lingua affilata, e particolarmente incline a godere delle gioie di Bacco, o lo stesso Jacop la Volpe oppresso dalla rimozione di un’infanzia misera e violenta.
Molto meno convincenti sono altri aspetti, ad esempio l’obiettivo dell’intrigo ordito nelle alte sfere appare chiarissimo anche al lettore meno smaliziato, e in tempi piuttosto rapidi… ma non così ad alcuni personaggi annoverati tra i più intelligenti, il che fa calare di molto la tensione narrativa. Alcuni altri personaggi sono lasciati al loro destino, come la fanciulla Richmodis – un po’ troppo indipendente per l’epoca di cui si parla – di cui Jacop è innamorato, e che lo aiuta a salvarsi in più di un’occasione in quanto il ragazzo ha la capacità di essere sempre nel luogo sbagliato al momento sbagliato.
Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo di Albrecht Duerer (1513) – Staatliche Kunsthalle, Karlsruhe http://www.kunsthalle-karlsruhe.de/ |
Un’altra nota critica è che, nell’edizione economica, c’è una mappa della città cui il lettore dovrebbe fare riferimento quando sono nominate strade, piazze e luoghi, del tutto inservibile a causa del carattere minuscolo e di fondini grigi (mi auguro che nell’edizione lussuosa e di formato più ampio sia più chiara). Questo si nota ancor più a causa delle minuziose descrìzioni degli itinerari nella città, a volte perfino troppo dettagliate.
Tutto sommato, quindi, un buon romanzo storico che è in grado di farci trascorrere ore piacevoli e divertenti, ma che non regge il confronto con “I pilastri della terra” di Ken Follet o “Il nome della rosa” del nostro Umberto Eco.
Buonasera cara Isabel, grazie per aver ripubblicato la recensione sul tuo blog. Il romanzo in questione è un po' come un'occasione mancata. Rispetto a quanto ho già scritto, mi sentirei anche di aggiungere che, sempre verso il finale, l'autore lascia molto i personaggi a se stessi. Io li chiamo "i fili pendenti", come se in un telaio ci fossero dei fili che non sono annodati nella stoffa.
Ah queste notifiche sfuggenti!!
Probabilmente l'autore ha voluto lasciare la "classica" porta aperta per un eventuale prosieguo della storia. Se questo ha poi penalizzato troppo il romanzo in questione è un vero peccato.