Sparta: la città «dispersa»


 

 

La nascita di Sparta dorica è da collocare nel X secolo a.C., quando si misero insieme almeno quattro piccoli centri abitati separati: Cinosura, Limne, Mesoa e Pitane. Tutto ciò rende evidente perché la città fosse guidata da due sovrani, appartenenti a due differenti casati. Questa caratteristica della «polis greca», presente sin da principio, può spiegare le ragioni della denominazione «Σπάρτη», che significa «dispersa», elemento che fu conservato pure quando la città ebbe la possibilità di esercitare un ruolo egemone sull’intera Grecia. Affermava Tucidide :«se Sparta restasse deserta e rimanessero solo i templi e le fondazioni degli edifici, le generazioni future non crederebbero che la potenza spartana fosse pari alla sua fama … non raccogliendosi la città intorno ad un unico nucleo … , con la sua struttura in villaggi sparsi, secondo l’antico costume greco, parrebbe una mediocre potenza».

 

Le regioni del Peloponneso
Fondamentale per lo sviluppo e crescita in dimensioni di Sparta fu la conquista della Messenia, che si caratterizzava per la fertilità del suolo, avvenuta grazie alle due guerre messeniche. La prima scoppiò per il presunto omicidio del monarca spartano Teleclo (740), imputato ai Messeni. Il conflitto ebbe una durata ventennale, avendo fine con la conquista spartana dell’ultima roccaforte messenica situata sul monte Itome (715 a.C.). Molti nobili messeni si rifugiarono in Arcadia, mentre gli abitanti del territorio menzionato vennero obbligati a consegnare la metà dei beni alimentari prodotti ai loro nuovi dominatori. Il poeta greco Tirteo narrava infatti che :«come asini sotto una pesante soma, (i Messeni) erano costretti a trasportare per i loro padroni la metà di tutte le messi che un campo poteva produrre». Circa cinquanta anni più tardi i Messeni si ribellarono, sfruttando il successo della città di Argo su Sparta nel 669 a.C. nella battaglia di Ilie. La seconda guerra messenica si protrasse per dieci anni e terminò con la definitiva conquista di buona parte della Messenia da parte degli Spartani, che ridussero in schiavitù la sua popolazione. Al contrario i centri abitati della regione bagnati dal mare conservarono una parziale autonomia.

Statuetta guerriero oplita
L’occupazione della Messenia condizionò il modo in cui i Lacedemoni affrontarono in seguito temi e problemi politici specifici. Mentre le «polis greche» occuparono territori posti fuori dalla Grecia per fondarvi delle colonie ed inviare gli abitanti in eccesso, Sparta, con l’eccezione della fondazione di Taranto nel 706 a.C., si concentrò nell’ampliare i suoi possedimenti nel Peloponneso, traendo profitto e denari dal lavoro dei residenti dei territori sottomessi. Da sottolineare che nella seconda guerra messenica le truppe spartane adoperarono per la prima volta gli opliti (soldati di fanteria con armatura pesante), disposti in ordine serrato. L’organizzazione della nazione spartana presente in età classica derivò ampiamente dal modo in cui erano coordinati gli schieramenti oplitici. Dopo aver assoggettato completamente la Messenia, per Sparta i nuovi nemici risultavano l’Arcadia ed Argo. A metà del VI secolo a.C. i Lacedemoni vinsero in battaglia il più influente dei centri abitati dell’Arcadia, Tegea, ma non vollero far diventare la sua popolazione schiava, bensì alleata insieme ad altre «polis» dell’Arcadia. In questo modo si iniziavano a porre le basi per la costituzione della Lega Peloponnesiaca. Sparta divenne, certamente, più forte nel Peloponneso dopo aver sconfitto Argo nel 546 a.C., impossessandosi della Cinuria e dei territori bagnati dal mare sino a giungere a Capo Malea. A metà del VI secolo a.C. la città dorica cominciava ad esercitare un ruolo egemone nel Peloponneso. Nei primi anni del V secolo a.C. Sparta controllava totalmente il Peloponneso e con una serie di operazioni militari cercò di divenire punto di riferimento per le numerose «polis greche». 

Bassorilievo di Cleomene I
Favorì questa evoluzione Cleomene I, sovrano di Sparta all’incirca dal 520 a.C. al 490 a.C. La supremazia nel Peloponneso fu ottenuta grazie ad una serie di successi militari contro Argo (decisivo per gli Spartani fu il vittorioso scontro militare di Sepeia nel 494 a.C.). Fuori dal Peloponneso il monarca spartano operò una distinzione tra la Grecia, che sperava divenisse zona condizionata dalla volontà e dalle scelte spartane, e le rimanenti colonie greche nel Mediterraneo, che riteneva eccessivamente distanti per una presenza militare spartana. Non volle portare aiuto all’isola di Samo e alle città greche dell’Asia minore, benché ricevesse incalzanti sollecitazioni al riguardo. Invece cercò di condizionare le decisioni ed i provvedimenti con cui i governanti ateniesi amministravano lo Stato con una serie di operazioni militari, ma non conseguì alcun risultato positivo. 
Le Termopili in un dipinto di Jacques-Louis David

Sparta non prese parte alla prima guerra persiana, essendo occupata a controllare una sommossa di schiavi. Fondamentale fu l’apporto spartano nella seconda guerra persiana, dove rese più forte la sua posizione a divenire punto di riferimento per le numerose «polis greche». La rinuncia alla vita dei trecento spartani capeggiati da Leonida alle Termopili nel 480 a.C., pur non essendo decisiva militarmente, venne da subito considerata da tutti i Greci come un comportamento coraggioso, di grande nobiltà morale e forza d’animo. La flotta spartana diretta da Euribiade ebbe grandi meriti per il successo di Salamina e il comandante spartano Pausania guidò le truppe greche nello scontro armato di Platea del 479 a.C., che pose fine al conflitto a beneficio dei Greci. Terminate le guerre persiane, crebbe notevolmente la potenza di Sparta in Grecia, che venne presto a contrasto con la politica di acquisizione di nuovi territori, condotta con campagne militari da parte degli Ateniesi. In seguito a diverse contrapposizioni armate dei due eserciti di piccole entità, si pervenne alla sospensione delle ostilità per un periodo di tempo limitato, decisa dalle parti in conflitto nel 445 a.C. Successivamente le «polis greche» parteggiarono per Sparta o Atene, dando inizio alla guerra del Peloponneso (431 a.C. – 404 a.C.), che ebbe come teatro d’azione la Grecia, l’Italia, la Sicilia, l’Africa e l’Asia minore. Fra gli Spartani emersero per le loro doti il comandante Brasida e chi era a capo delle navi militari, Lisandro. La battaglia decisiva fu la contrapposizione armata di imbarcazioni di grandi dimensioni ad Egospotami, che si concluse con il totale annientamento del complesso delle navi militari ateniesi. Atene fu costretta a sopportare dolorose condizioni per giungere ad una situazione di non belligeranza e Sparta poté estendere la propria signoria su tutta la Grecia. La sua popolarità ed il suo prestigio, però, decrebbero ben presto. Sparta, per controllare i suoi nuovi possedimenti, mandò in numerose «polis greche» alti funzionari (chiamati «armosti») con il compito di amministrarle. Ma per esercitare un effettivo dominio sull’intera Grecia, Sparta avrebbe dovuto avere un ampio consenso, non essendo sufficienti pochi soldati spartani oltretutto detestati dalla maggioranza dei Greci, che non erano più preoccupati dell’imperialismo ateniese. Intanto nel 386 a.C. i Persiani vinsero in battaglia navale gli Spartani, obbligandoli a stipulare la pace di Antalcida (comandante delle navi spartane), grazie alla quale l’impero achemenide ebbe nuovamente il dominio sulla Ionia e parte dell’Egeo. Sparta, invece, fu costretta a circoscrivere il suo settore d’azione all’Egeo.

Statua di Leonida
Successivamente Tebe nel 379-378 a.C. non tollerò più gli organismi politici posti dai Lacedemoni per il governo della «polis» e guidata da Epaminonda ebbe la meglio su Sparta nel 371 a.C., nello scontro armato di Leuttra. L’anno seguente Epaminonda dilagò nel Peloponneso e si impossessò della Messenia, territorio di fondamentale importanza per la sopravvivenza della stessa Sparta. Vista la delicata situazione, gli Spartani strinsero un’alleanza con Atene per contrastare Tebe, ma nel 362 a.C. vennero nuovamente battuti da Epaminonda nello scontro armato di Mantinea. In seguito al brillante successo conseguito da Filippo II di Macedonia sugli eserciti greci guidati da Tebe e Atene nello scontro armato di Cheronea avvenuto nel 338 a.C., Sparta, benché diventasse apparentemente indipendente, dovette accettare il predominio macedone. 
Per Sparta il III secolo a.C. si caratterizzò per una forte denatalità, per il deterioramento della condizione economica e per la decadenza delle istituzioni civili. Verso la metà del secolo si contavano solamente settecento Spartani. Erano non più rimandabili misure urgenti che portassero, fra le altre cose, ad un ampliamento del numero dei cittadini. Questa politica venne condotta con solerzia dai re Agide IV e Cleomene III. Quest’ultimo riuscì a conseguire diversi risultati favorevoli, ma il desiderio che Sparta avesse nuovamente una posizione egemone in tutta la Grecia si vanificò quando la Lega Achea insieme ai Macedoni vinse nettamente i Lacedemoni nel 222 a.C. nella battaglia di Sellasia. Con questa disfatta ebbe termine l’indipendenza di Sparta, la quale entrò a far parte dello stato macedone. Il sovrano Nabide fece di tutto per restituire a Sparta indipendenza ed autorità, ma nel 195 a.C. venne battuto dai Romani e Sparta fu obbligata a far parte della Lega Achea. Nel 146 a.C. tutta la Grecia diveniva un possedimento dei Romani. A conclusione del IV secolo d.C. i Goti, capeggiati da Alarico, misero a ferro e fuoco Sparta, annientandola. Nelle vicinanze venne edificato il centro abitato di Mistra.

Spartiati

Le peculiarità della società spartana, che evidenzierò in questo articolo, hanno reso famosa questa città in tutta la Grecia antica, ma anche presso gli storici vissuti in periodi temporali seguenti. In un momento iniziale a Sparta il potere era completamente nelle mani di due sovrani (diarchia). Per la tradizione fu Licurgo a mantenere la monarchia e ad organizzare la vita politica e sociale della «polis». Aristotele riteneva che Sparta avesse fatto propri i principi della democrazia, dal momento che era amministrata da tutti i membri della collettività, cioè gli «Spartiati» (eredi dei Dori che conquistarono la Laconia e vinsero i Messeni). L’«Apella» era costituita da ogni membro della collettività di Sparta («Spartiati»), che avesse un’età superiore ai trent’anni. Tutti i componenti si incontravano una volta al mese, sceglievano gli efori ed i rappresentanti della «Gherusia», ratificando o bocciando ciò che essa proponeva. La «Gherusia» era formata dai due re e da ventotto «Spartiati», di età non inferiore a sessanta anni e che avrebbero ricoperto questo incarico fino alla loro morte. Di cosa si occupava la «Gherusia»? Di intrattenere relazioni con le diverse nazioni, di definire i termini di un patto che riguardava importanti questioni inerenti gli stati interessati e redigerlo nella debita forma, di comporre l’insieme di norme che regolavano il comportamento etico e sociale degli uomini. Gli efori, invece, erano cinque e verificavano che le norme fossero messe in pratica, la condotta dei membri della collettività e l’opera svolta dai re. Con il passare del tempo le competenze dell’«Apella» (alla quale in origine era attribuito il potere legislativo) andarono scemando a beneficio della «Gherusia» e gli efori tolsero ai re buona parte delle loro capacità di imporre il proprio volere ad altri.

Monte Taigeto

Per poter un uomo o una donna dichiararsi spartano, era necessario che ci fossero alcuni presupposti. Prima di tutto sia il padre che la madre dovevano essere nati in famiglie «spartiati». Coloro che avessero avuto un genitore spartiate e l’altro schiavo venivano definiti «motaci». Costoro possedevano diversi diritti come l’opportunità di poter partecipare al medesimo processo di acquisizione di nozioni e di abilità in particolari campi degli «Spartiati», ma erano sprovvisti dei diritti politici. Per lo storico Plutarco le persone di età avanzata controllavano la condizione fisica dei figli venuti alla luce da padre e madre «Spartiati» e qualora la ritenessero non appropriata, li lasciavano sul monte Taigeto affinché cessassero di vivere. Però l’antropologo greco Tehodoro Pitsios ha evidenziato come le asportazioni di terreno per riportare alla luce monumenti od oggetti compiute sul monte Taigeto hanno permesso di scoprire ossa umane certamente da riferire ad uomini che dovevano avere una età fra i diciotto e i trentacinque anni. A partire dai sei anni gli «Spartiati» si occupavano esclusivamente dell’addestramento militare, vivendo tutti insieme. Compiuti i diciannove anni entravano nell’esercito come opliti, mentre a trenta avevano il permesso di formarsi una famiglia, proseguendo la loro preparazione militare fino alla veneranda età di sessanta anni. Pertanto risultò possibile creare un insieme di uomini istruiti ed equipaggiati per la guerra, i più risoluti ed ordinati di ogni «polis greca». Nella categoria sociale degli «Spartiati» le donne avevano una funzione determinante, occupandosi di controllare e sovrintendere l’opera degli schiavi.

Ilioti al lavoro nelle fucine
Da quanto detto risulta evidente che il ceto sociale più importante fosse quello degli «Spartiati». Un gradino più sotto vi erano i «Perieci» (περι-οίκοι «coloro che vivono nei paraggi»). Indipendenti e non schiavi, non erano soggetti a padroni o a qualsiasi forma di dominio e di costrizione autoritaria. Si occupavano principalmente di commercio ed artigianato. Abitavano in aree soggette all’occupazione spartana, principalmente in centri abitati bagnati dal mare. Sulla nascita dei «Perieci» gli storici hanno opinioni divergenti. Per alcuni gli stessi discenderebbero dai Micenei sconfitti dagli Spartani (che occuparono le zone in cui vivevano i Micenei), per altri sarebbero Messeni che godevano di privilegi sociali, in modo tale da eliminare il rapporto di comunanza, collaborazione ed assistenza tra gli sconfitti. I «Perieci» erano costretti al versamento di diversi tributi a Sparta e non beneficiavano di diritti politici. Gli stessi, qualora ci fossero stati dei conflitti armati, supportavano Sparta rimanendo però in una condizione subordinata. La categoria sociale più svantaggiata era sicuramente quella degli «Iloti». Non potevano rivendicare alcun diritto, essendo stati privati della libertà dagli Spartani. Erano impiegati a coltivare terreni di proprietà dello Stato, ma affidati agli Spartani, con l’obbligo di fornire agli stessi parte del raccolto e diversi litri di olio e vino, in occupazioni nelle dimore degli «Spartiati», aiutandoli nel disbrigo delle incombenze quotidiane, o in attività lavorative artigianali. Secondo lo storico greco Erodoto nel V secolo a.C. la proporzione tra gli «Iloti» e gli «Spartiati» era di sette a uno. La difficile situazione in cui versavano gli «Iloti» e la loro cifra consistente determinavano ribellioni frequenti. Da ricordare fu la sommossa del 464 a.C., alla quale si accompagnò un sisma che danneggiò il centro abitato di Sparta. Gli «Iloti» si rifugiarono sul monte Itome, nella parte centrale della Messenia.
Donna spartana che corre (veste corta apposita)
In questa città le donne beneficiavano di una totale autonomia nel pensiero e nell’azione, autonomia sconosciuta alle persone adulte di sesso femminile nelle restanti «polis greche». Mentre le donne greche vivevano buona parte della loro esistenza recluse in zone della casa a loro destinate, le spartane erano abituate a trascorrere la propria vita in luoghi non chiusi. Sebbene si unissero in matrimonio, non si occupavano della casa né dell’educazione della prole lasciate alle cure delle schiave. Rivolgevano il proprio tempo al canto, al ballo e agli allenamenti di ginnastica, ritenendosi che in questo modo diventassero adulte in buona salute e forti. Così non avrebbero potuto che avere una figliolanza in buona salute e forte. Inoltre frequentavano senza alcun problema gli uomini e passeggiavano con loro. Pertanto i Greci delle altre «polis», per quanto detto precedentemente, evidenziarono le licenze in campo sessuale delle spartane e la loro familiarità con gli uomini. Le stesse potevano astenersi dallo sposare uomini indesiderati.
Rovine di Sparta

Nel centro abitato di Sparta, a differenza delle restanti «polis greche», l’applicazione della mente volta all’apprendimento o alla conoscenza di una qualunque disciplina e la tecnica e pratica dello scrivere, non erano tenute in grande considerazione. Molto probabilmente ai Lacedemoni interessavano poco materie come la filosofia, la storiografia o il genere letterario teatrale. Nondimeno nel VII secolo a.C. vi fu un discreto sviluppo della musica (fondamentale l’ apporto fornito da Terpandro e Taleta) e della lirica (i maggiori rappresentanti furono Tirteo ed Alcmane). Invece nel VI secolo a.C. Sparta conseguì risultati significativi nella scultura grazie a Bathykles ed in architettura per merito di Teodoro di Samo. Nel medesimo secolo oggetti spartani fabbricati con la ceramica, l’ avorio ed il bronzo furono venduti in diverse zone del Mediterraneo. A partire dal V secolo a.C. la città non si distinse più in nessuna delle molteplici discipline e forme di conoscenza. 

BIBLIOGRAFIA

E. BALTRUSCH, Sparta, Il Mulino, Bologna 2002;

D. CAMPANELLA, Nascita, apogeo e caduta di Sparta, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2008;

E. LEVY, Sparta. Storia politica e sociale fino alla conquista romana, Argo Editrice, Lecce 2006;

D. POLITO, Sparta, Leonida Editore, Gallico di Reggio Calabria 2007.


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