Ramses III : il faraone guerriero

 

Ramses III, uomo di grande carattere e desideroso che il suo paese tornasse ad essere una potenza internazionale, governò l’Egitto dal 1184 al 1153 a.C., periodo in cui dovette affrontare numerose difficoltà interne ed esterne. In primis il Vicino Oriente, che era stato messo a soqquadro dalle migrazioni indoeuropee. I «popoli del mare», tale era l’espressione usata dalle fonti dell’epoca, avevano già tentato di invadere l’Egitto, ma il faraone Merenptah li aveva sconfitti. Ramses III sapeva bene che ci avrebbero riprovato e per questo motivo decise di potenziare e rinnovare la flotta. Intanto i «popoli del mare» avevano invaso l’impero hittita, distrutto i porti fenici (si pensi ad Ugarit), devastato la Siria e la Palestina. La stessa Libia era in pericolo. I Libici erano stati da sempre attratti dalla ricchezza dell’Egitto e preoccupati dall’avanzata indeuropea pensavano di invaderlo. Quindi la situazione che dovette affrontare Ramses III era di particolare gravità. Arruolò numerosi mercenari nubiani, libici, asiatici e sherden per potenziare l’esercito.

Ramses III e la sua flotta nella battaglia contro i Popoli del Mare

L’ epoca delle guerre venne aperta dai Libici, i quali non apprezzarono la volontà di Ramses III di far sì che un libico educato in Egitto divenisse il loro capo. Provarono ad invadere l’Egitto, ma furono sonoramente sconfitti. Frattanto i «popoli del mare» decisero di insediarsi nella zona del delta del Nilo, insieme a mogli, figli e bestiame. Il momento era dei più difficili, visto che giunsero sia dal mare che da terra. Le zone di frontiera di terra, ben difese, non erano state conquistate. Quindi Ramses III comprese molto bene che le popolazioni indeuropee avrebbero cercato di invadere l’Egitto soprattutto attraverso il Nilo. Gli arcieri sulle navi egizie assolsero egregiamente al loro compito. La flotta egizia attaccò numerose navi nemiche, distruggendole ed affondandole. Parecchi uomini e donne furono catturati. Il faraone compì una grande impresa, riuscendo a salvare il suo paese ed il suo popolo. Molti secoli dopo i documenti tolemaici esalteranno Ramses III, che conseguì una strepitosa vittoria contro le genti venute dal mare. Ma i pericoli non erano terminati. Nuovamente i Libici marciarono contro Menfi. Ancora una volta vennero sconfitti dal faraone, che fece molti prigionieri che utilizzò come pastori, manovali ed alcuni perfino come soldati nell’esercito egizio.

Il Tempio Medinet-Habu fatto erigere da Ramses III

Dopo aver sconfitto i libici e i «popoli del mare», Ramses III pensò di passare al contrattacco, forse sognò di diventare un conquistatore, prendendo a modello Ramses II. Riuscì a sottomettere quattro città in Siria. Non si sa con sicurezza se Ramses III raggiunse il fiume Eufrate, ma si può supporre che le sue spedizioni in Asia non ebbero grande successo. La Palestina non fu strappata ai Filistei, mentre la Siria rimase una zona instabile. Da tutto questo si può dedurre che l’Egitto non avesse più la forza per dirigere gli eventi internazionali. Oramai il Mediterraneo non era più un mare chiuso, ma utilizzato da diversi popoli per cercare nuove terre. L’ Egitto diventerà sempre più una nazione a se stante, che periodicamente verrà attaccata. In epoca ramesside il Delta rafforzerà notevolmente i rapporti commerciali con le popolazioni abitanti le coste mediterranee, mentre l’Alto Egitto rimarrà chiuso alle influenze straniere, conservando la tradizione. Ramses III volle potenziare il commercio egizio. Pertanto si realizzarono delle spedizioni a Punt (molto probabilmente l’odierna Somalia), vennero utilizzati il rame ed il turchese provenienti dalle miniere del Sinai e le strade del deserto furono controllate dai soldati. Il faraone volle abbellire Tebe, realizzando un tempio a Karnak in onore di Amon-Ra. Il monarca ebbe bisogno dei sacerdoti tebani per conservare il paese unito, ripagandoli con donazioni di bestiame, campi e vigneti. I sacerdoti, occupando le posizioni più importanti dell’Egitto, resero il potere regio sempre più effimero.

Interno del tempio Mrdinet-Habu

Un esempio evidente di disgregazione sociale fu lo sciopero degli artigiani di Deir el Medina, che costruivano ed abbellivano le tombe della valle dei Re. Non ricevettero più regolarmente il cibo dovuto e pertanto smisero di lavorare, volendo anche trasferirsi dal villaggio in cui risiedevano. Gli scioperanti vennero alle mani con la polizia. La mediazione dei sacerdoti fu risolutiva ed il cibo arrivò. Ma dopo un mese si era nella stessa situazione. Tutto ciò evidenzia come l’economia egizia perdesse colpi a causa della sempre maggiore potenza dei sacerdoti.

Ramses III con una delle sue mogli

Negli ultimi anni del regno di Ramses III venne ordita una congiura per sbarazzarsi del faraone. In un papiro presente nel museo egizio di Torino viene utilizzata l’espressione «cospirazione dell’harem». Sembra che a parlare sia lo stesso faraone. Fu sicuramente una situazione molto ingarbugliata ed intricata. Il monarca stabilì che non fosse un tribunale ordinario, ma una corte speciale ad indagare. Molto probabilmente a capo di questo complotto dovette esserci una delle mogli di Ramses III, la quale desiderando che il figlio salisse sul trono, fece ricorso a tutti i possibili mezzi illeciti (fra cui la magia nera). Circolarono delle voci su una possibile congiura e vennero arrestati una trentina di sospetti. Certamente il sovrano fu amareggiato dal comportamento di persone, di cui egli aveva una grande stima, che tramarono per ucciderlo. Il processo terminò con quattro condanne a morte (i colpevoli dovettero suicidarsi), mentre ai restanti furono recisi naso ed orecchie. Pertanto il faraone riuscì a sventare la congiura, seppure all’ultimo momento. Infatti sulla mummia di Ramses III, ritrovata dagli archeologi, non vi sono ferite o abrasioni. Molto probabilmente morì intorno ai sessantacinque anni di età.

Tomba di Ramses III

Il faraone amò moltissimo l’arte militare, la caccia e la vita all’aria aperta. Volle abbellire il palazzo reale con giardini, alberi e fiori. Inoltre ordinò di piantare le viti in diverse province dell’Egitto. Il paese, oramai, non era più una potenza a livello internazionale, ma restava ancora florido economicamente ed avanzato culturalmente.

Come tutti i faraoni, anche Ramses III edificò il suo tempio funerario. Furono necessari circa vent’anni. Tutto ciò dimostra come l’Egitto fosse ancora una nazione sviluppata in campo economico ed evidenzia la professionalità delle maestranze coinvolte nella costruzione. Il tempio era simile ad una fortezza e ben rappresentava l’Egitto di Ramses III, che per molti anni aveva combattuto per difendere la propria indipendenza. Sono presenti diversi dipinti raffiguranti le vittorie del faraone. Si rimane stupiti per la grandezza del tempio funerario, nel quale erano allocati edifici di culto, giardini, botteghe, abitazioni per i sacerdoti. È evidente l’amore del faraone per il colossale, per l’immensità. 

Interno tomba di Ramses III

Ramses III ebbe la fortuna di poter vedere conclusa l’opera monumentale, che sarebbe stata in buone condizioni fino all’editto di Teodosio del 383. Infatti proprio questo editto permise ai Cristiani di risiedere all’interno delle mura, mura aventi la funzione di proteggere il tempio funerario. Gli Arabi peggiorarono la situazione, usandolo come cava. 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

E. BRESCIANI, L’Antico Egitto, De Agostini, Novara 1998;
N. GRIMAL, Storia dell’Antico Egitto, Laterza, Bari 2007;
H. SCHLOGL, L’Antico Egitto, Il Mulino, Bologna 2005;
T. WILKINSON, L’Antico Egitto. Storia di un impero millenario, Einaudi, Torino 2012;

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *