Mario e Silla |
La sua adolescenza corrispose ad una serie di eventi drammatici che caratterizzarono la storia di Roma: la guerra sociale (tra il 91 e l’88 a.C. fra i Romani e gli alleati Italici) e la guerra civile tra Mario e Silla (iniziata nell’88 e terminata nell’82 con la dittatura di quest’ultimo). Nell’81 Silla impose al giovane Cesare di divorziare dalla moglie Cornelia, figlia di Cinna (uomo della fazione dei popolari, odiato dall’aristocrazia), ma questi oppose un netto rifiuto. Dovette allontanarsi da Roma e nella Sabina fu catturato da uomini di Silla e rilasciato per 12.000 denari. Grazie all’intervento di parenti ed amici presso il dittatore, questi – pur non volendo – perdonò il giovane patrizio ribelle e pronunciò la famosa frase:« non avete senno se non vedete che in quel giovane ci sono molti Marii». Cesare comprese che era opportuno lasciare Roma e vi ritornò solo alla morte di Silla, avvenuta nel 78 a.C. Nel 75 decise di studiare presso la famosa scuola di Molone di Rodi. Purtroppo fu catturato dai pirati e dopo aver pagato un riscatto di 300.000 denarii, liberato, raccolse una piccola flotta. Riuscì a sconfiggerli e a farli crocifiggere.
Cicerone denuncia Catilina in Senato |
Cesare, da giovane, ebbe una vita dissoluta e spensierata, come tanti altri virgulti aristocratici. Secondo le malelingue di allora i suoi debiti erano vicini ad otto milioni di sesterzi. La sua carriera politica iniziò nel 69 come questore. Nel 63 divenne Pontefice Massimo, avendo la meglio su personaggi più anziani e più famosi di lui. È opportuno ricordare che il 63 fu un anno delicato per Roma, l’anno della congiura di Catilina. Questi aveva cercato di ottenere il consolato, ma l’oligarchia si era opposta. Pertanto decise di prendere il potere, ricorrendo a metodi violenti, ma venne scoperto e condannato a morte. Nel dicembre del 63 Cesare in Senato si dimostrò favorevole alla prigione a vita piuttosto che alla condanna a morte. Inoltre si diffusero voci di una sua partecipazione alla congiura, ma molto probabilmente erano prive di fondamento. Nel 61 ottenne il governo della Spagna ulteriore, dove si mise in luce sconfiggendo in Lusitania (l’odierno Portogallo) diverse tribù ribelli. Grazie al governo della provincia sopra menzionata, poté pagare numerosi creditori. Quindi a quarant’anni con intelligenza e molta spregiudicatezza era vicino a ciò che desiderava più di ogni altra cosa, il consolato.
Pompeo |
Il triumvirato fu voluto molto probabilmente dallo stesso Cesare. Egli propose a Pompeo e Crasso favori in cambio dell’appoggio al consolato: a Crasso una serie di appalti e a Pompeo la distribuzione di terre ai suoi soldati veterani. Nel 59 Cesare divenne, finalmente, console ed immediatamente propose una legge agraria per offrire terre ai soldati pompeiani. Riuscì nell’intento solo grazie alla pressione dei veterani di Pompeo e a numerosi tumulti che scoppiarono nella città eterna. Con un secondo provvedimento vennero ritenute valide le decisioni prese da Pompeo in Oriente e con un terzo furono riconosciuti a Crasso diversi appalti. Per l’anno seguente al consolato, Cesare ottenne il governo della Gallia Cisalpina, della Gallia Narbonense e dell’ Illirico. Comprendeva, a giusta ragione, che era necessario riprendere la politica di colonizzazione, tralasciata dall’aristocrazia da un secolo, per distribuire terre non solo ai veterani ma anche a molti nullafacenti di Roma. Infatti questi disadattati pesavano sull’erario ed erano sempre in tumulto. Cesare riuscì a diminuire fortemente il proletariato urbano, offrendo terre a 150.000 persone.
Crasso |
Una volta arrivato nella Gallia Narbonense, dovette affrontare diversi nemici che minacciavano questa provincia romana. Dapprima venne a battaglia con gli Elvezi a Bibracte, sconfiggendoli. Successivamente vinse i Suebi. Intanto alcune popolazioni della Gallia settentrionale desideravano spazzare via l’ingombrante presenza romana. Nel 57 Cesare sottomise i Belgi, i Remi, i Nervii, che resistettero a lungo, e gli Atuatuci. Nel 56 furono sconfitti i Veneti che risiedevano tra la Bretagna e la Normandia, popolo di grandi tradizioni marinare. La Gallia, a questo punto, poteva considerarsi conquistata interamente. Intanto a Roma Pompeo e Crasso desideravano comandi militari di prestigio come quello di Cesare. Pertanto nel 56 a Lucca i triumviri si accordarono per un nuova intesa. Pompeo ottenne un proconsolato in Spagna e Crasso la provincia della Siria con l’obbligo di guerreggiare con i Parti. Invece Cesare mantenne il proconsolato gallico per ulteriori cinque anni, cioè fino al 50. Affinché questa intesa divenisse realtà, Pompeo e Crasso vennero eletti consoli nel 55, grazie all’appoggio dei soldati di Cesare spediti a Roma per votare. Cesare ricercava consenso fra gli ottimati e per questo motivo una parte del tesoro strappato ai santuari ed alle città celtiche venne inviato a Roma per la costruzione della Basilica Giulia e di un nuovo foro. Inoltre il proconsole elargì denaro, favori e così diversi senatori passarono dalla sua parte. Nel 54 Giulia, la figlia di Cesare sposatasi con Pompeo, morì di parto. Pompeo amava molto la moglie e con la sua morte i legami con Cesare si affievolirono. Il 52 fu un anno molto delicato ed irto di pericoli per il generale Cesare. In Gallia una sommossa di notevoli proporzioni rendeva il dominio romano incerto. I Galli stabilirono come loro capo Vercingetorige, re degli Arverni. Sostanzialmente la tattica del comandante gallico fu uguale a quella dei Russi contro Napoleone. In seguito si rifugiò ad Alesia, ritenuta per le sue fortificazioni imprendibile, aspettando numerosi uomini che dovevano aggiungersi al suo esercito. Qui Cesare mostrò tutta la sua abilità ed audacia. Venne scavato un fossato che cingeva d’assedio la città ed edificata una fortificazione per proteggersi dall’esterno. Una volta che il cibo in Alesia scarseggiò, Vercingetorige si arrese. L’insurrezione si poteva considerare terminata e nel 51 vennero sconfitti i ribelli superstiti. Una regione grandissima quale era la Gallia era alfine entrata a far parte dell’Impero romano dopo molto tempo. Molti Galli erano morti e numerosi erano divenuti schiavi.
Statua di Vercingetorige – Alesia |
Il 7 gennaio del 49 il Senato si rivolse a Pompeo per difendere lo Stato dal proconsole, annullando momentaneamente tutte le garanzie costituzionali. A quel punto Cesare superò il Rubicone – oltre il quale non poteva condurre con sé degli eserciti – e conquistò Rimini, Ancona ed il Piceno. Antonio, il suo fidato generale, occupò Arezzo. Pompeo, intanto, dapprima si rifugiò in Campania e poi in Epiro (gli storici non hanno mai compreso appieno il perché di queste scelte). Cesare decise di inseguire Pompeo in Oriente con dodici legioni, facendo tappa a Brindisi, anche se la flotta era largamente insufficiente per traghettare tutto l’esercito. La battaglia decisiva si svolse a Farsalo, in Tessaglia, il 9 agosto. Pompeo non venne catturato, ma la guerra praticamente si concluse con questa azione. A ottobre Cesare raggiunse Alessandria d’Egitto, dove venne a sapere che Pompeo era stato ucciso (poco dopo gli venne offerta la testa recisa dell’avversario). Soggiornò in Egitto per nove mesi. Il paese era nel caos, dal momento che Tolomeo XIII e Cleopatra si contendevano il trono. Decise allora che entrambi i fratelli avrebbero governato. Anche qui gli storici si interrogano sul perché Cesare abbia soggiornato tanto tempo in Egitto. Molto probabilmente comprese che era necessario controllare una nazione tanto ricca, complessa ed instabile. Non si poteva considerarla una semplice provincia dell’impero. Infine il generale dovette abbandonare il paese per combattere Farnace, re del Ponto (che sconfisse abbastanza facilmente) e i pompeiani in Africa. La spedizione in Africa durò quattro mesi e si concluse con un pieno successo. La battaglia decisiva fu a Tapso, dove i nemici pompeiani vennero sbaragliati.
Statua di Cesare – Roma |
Nel luglio del 46 potè tornare a Roma dove ricevette onori straordinari: la dittatura per dieci anni, una statua da collocare nel tempio di Giove Capitolino, celebrazioni dei trionfi sulla Gallia e sull’Egitto. Grazie al bottino riuscì a donare da 5.000 a 20.000 denarii a testa ai soldati e agli ufficiali. Inoltre a 320.000 proletari regalò cento denarii a testa, giochi gladiatori e rappresentazioni teatrali. In quei mesi a Roma fu attivissimo. Riuscì a collocare 80.000 uomini su terre loro affidate. Con questa politica andava oltre la concezione della città-Stato e faceva in modo che i provinciali pian piano si integrassero nell’Impero di Roma. Inoltre non bisogna dimenticare il varo del calendario a lui dedicato. A novembre dovette andare in Spagna, poiché i figli di Pompeo avevano formato un esercito di grandi dimensioni. Conquistò Adegua e la battaglia decisiva si svolse a Munda nel marzo del 45. La vittoria arrise a Cesare, sebbene l’esito rimase incerto a lungo. I pompeiani persero 30.000 uomini. Sulla via del ritorno in Spagna, come aveva fatto nella Gallia Narbonense, collocò i veterani in diverse colonie e gli abitanti della Gallia Cisalpina divennero cittadini romani. Le provincie dell’impero divenivano sempre più unite all’Italia. Ritornato a Roma dove venne celebrato in ottobre il trionfo spagnolo, il generale si dedicò a preparare una spedizione contro i Parti.
Bruto |
Sicuramente gli ottimati non approvarono il governo dittatoriale di Cesare, che aveva inserito nel Senato molti uomini a lui fedeli per meglio controllarli. Ottenne la dittatura a vita ed un mese a lui intitolato. Venne fatto conoscere un oracolo affermante che i Parti sarebbero stati sconfitti solo da un re. Il 15 febbraio del 44 a.C. Antonio incoronò il generale con un diadema, ma Cesare lo inviò nel tempio di Giove Capitolino. Questo episodio, molto probabilmente preparato ad arte, non rese più tranquilli gli aristocratici. Molti uomini, fra cui Giunio Bruto e Cassio, desiderarono stroncare la vita al generale e stabilirono che il giorno propizio fosse la riunione del Senato del 15 marzo. Calpurnia, moglie di Cesare, ebbe diversi presagi funesti e non voleva che il marito quel giorno andasse in Senato. Il generale decise di andarvi ugualmente e venne ucciso da numerose pugnalate. Gli omicidi non sapevano che Cesare da morto sarebbe divenuto un personaggio celeberrimo, un mito che non sarebbe stato più dimenticato.
BIBLIOGRAFIA
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L. CANFORA, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Laterza, Bari 2002;
M. JEHNE, Giulio Cesare, Il Mulino, Bologna 1999;
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