Otranto (Yδρούς in greco antico, Hydruntum in latino) è una cittadina (5.622 residenti) che si affaccia sul mare Adriatico, facente parte della provincia di Lecce. Si caratterizza per essere il municipio che sta più a oriente d’Italia. È stato un importante centro abitato messapico, romano, in particolar modo bizantino e gotico, in seguito normanno, svevo, angioino ed aragonese. L’agglomerato urbano è cresciuto vicino alla fortezza dalle dimensioni grandiose e al duomo normanno (edificato nel 1088, che si caratterizza per il mosaico che ricopre il piano di sostegno e di passaggio dell’ambiente interno dell’edificio religioso, creato tra il 1163 e il 1165. Il mosaico raffigura un enorme albero della vita, che mettendo insieme certi eventi descritti nella Bibbia con quelli di argomento non religioso descrive lo svolgimento delle vicende umane nel corso del tempo), che è sede di cattedra vescovile. Località turistica di fama internazionale, nel 2010 fu dichiarata «Patrimonio Culturale dell’Unesco» e «Sito Messaggero di Pace». È inclusa nel circolo «I borghi più belli d’Italia». Tuttora una poderosa struttura muraria circonda il centro storico.
Fortezza di Otranto |
Il proposito del sultano dell’Impero ottomano, Maometto II (Mehmet II), consisteva nel conquistare Otranto, il mezzogiorno d’Italia, raggiungere ed occupare la Francia meridionale per potersi unire con coloro che professavano la religione islamica in Spagna. Il 28 luglio 1480 un complesso di 150 navi militari del sovrano ottomano, partendo da Valona (Albania), e 18.000 militari raggiunsero Otranto per cingerla d’assedio. Le truppe spagnole dislocate nel centro abitato preferirono darsi alla fuga, ritenendo impossibile difendersi da forze nemiche così preponderanti. Gli assalitori ordinarono in modo perentorio di accettare la capitolazione, ma i comandanti Francesco Zurlo e Antonio de’ Falconi per tutta risposta lanciarono in acqua le chiavi della «perla dell’Adriatico». Il borgo si oppose con ogni mezzo agli assalti degli «infedeli», ma la ostinata difesa non poté durare a lungo, considerando anche i frequenti lanci di bombe a cui era sottoposta. Il 29 luglio le milizie poste a difesa della città e i residenti (circa 6.000) si rifugiarono nella roccaforte, rinunciando al centro abitato che venne prontamente occupato dai Turchi. Gedik Ahmet Pascià (Gran Visir originario dell’Albania, generale supremo delle truppe terrestri e marittime) domandò la capitolazione ai cittadini, che la respinsero. Di conseguenza i lanci di bombe ricominciarono. L’undicesimo giorno di agosto, essendo trascorsi 15 giorni di blocco militare, i soldati turchi furono in grado di conquistare il centro abitato e impadronirsi della struttura architettonica fortificata.
Cattedrale di Otranto |
Si verificò una vera e propria carneficina e pertanto ogni individuo di sesso maschile di età superiore ai quindici anni venne ammazzato, invece le persone adulte di sesso femminile (diverse furono pure sottoposte a violenza carnale) ed i bimbi furono resi schiavi. Per buona parte degli storici è veritiera una stima di 12.000 deceduti, includendo coloro che abitavano nelle aree limitrofe ad Otranto, e di 5.000 divenuti schiavi. I sopravvissuti e i sacerdoti trovarono rifugio nel duomo insieme all’arcivescovo Stefano Pendinelli, rivolgendosi a Dio con la mente e con parole al fine di implorarne l’aiuto. Gedik Ahmet Pascià intimò loro di abbandonare la religione cristiana, ma ottenne solamente un fermo diniego. Pertanto i sopravvissuti vennero imprigionati e privati della vita, mentre l’edificio consacrato in cui si celebrava la liturgia cristiana divenne un ambiente adibito al ricovero di animali domestici, come dimostrazione di disprezzo. L’arcivescovo Stefano Pendinelli, di età avanzata e portando gli indumenti pontificali e la croce, venne ammazzato con efferatezza. La sua testa fu troncata dal resto del corpo, posta su una lunga asta munita di una punta metallica e mostrata nelle strade urbane, mentre il corpo venne ridotto in più parti dalle sciabole. Il capo delle milizie poste a difesa della città e della fortezza, Francesco Largo, fu all’opposto tagliato in più parti con la sega quando era ancora in vita. L’artigiano addetto al taglio e alla confezione di abiti di veneranda età, Antonio Pezzulla, aveva guidato gli Idruntini, che il 12 agosto si erano rifiutati categoricamente di aderire alla religione islamica. Il 14 agosto il Gran Visir ordinò di condurre i sopravvissuti sulla «collina della Minerva», situata a breve distanza dal borgo.
Sultan Mehmet II |
In quel luogo furono tagliate le teste di almeno 800 persone, obbligando coloro i quali erano in rapporto di parentela di sangue o acquisita ad essere presenti alle uccisioni. Il primo che venne privato della vita fu Antonio Pezzulla e fu pertanto chiamato «Primaldo». Alcuni individui, che assisterono al suo assassinio, affermarono che il cadavere, dopo l’ omicidio, non cadde al suolo benché i suoi aguzzini facessero di tutto per farlo finire a terra, fino a quando a tutti gli Idruntini non venne inflitto il martirio. A vedere quel che accadeva, un turco denominato «Bersabei» aderì al Cattolicesimo, rimanendo stupito per come gli Idruntini preferissero essere massacrati per la loro confessione religiosa e a causa di ciò fu ucciso infilzato in un palo dai suoi medesimi commilitoni. Fra i martiri di Otranto (813) una speciale menzione merita per l’epica dipartita il dotto monaco, Macario Nachira di Viggiano e di aristocratico casato, ad attestazione della sua adesione religiosa. Grazie alla feroce opposizione della città, le forze armate aragonesi con l’appoggio di milizie pontificie e dei Medici poterono arrivare nel Salento e scongiurare il rischioso piano tendente ad ampliare la sfera di influenza politica ottomana. Trascorsi tredici lunghi mesi la «perla dell’ Adriatico» fu ripresa dagli Aragonesi, capeggiati da Alfonso d’Aragona, figlio del monarca di Napoli. Precisamente l’8 settembre 1481 i turchi abbandonarono il centro abitato, sicuramente pure per la dipartita di Maometto II. La strage degli Idruntini ebbe grande risonanza nella penisola italiana. Numerosi storici vollero ricostruire le fasi dell’assedio e della capitolazione, invece l’autore di componimenti poetici e commediografo Ludovico Ariosto scrisse una rappresentazione teatrale, caratterizzata da uno stile e da un linguaggio realistici, dal titolo «I Suppositi».
Martirio degli 800 di Otranto |
Il 13 ottobre 1481 i cadaveri degli Idruntini uccisi vennero recuperati senza aver subito alterazioni né processi di putrefazione e furono in seguito sepolti nel duomo di Otranto. Nel 1485 alcune parti del corpo, appartenenti a questi testimoni eroici della fede cristiana, professata anche davanti alla morte, vennero inviate a Napoli e sistemate nell’edificio consacrato in cui si celebra la liturgia cristiana di Santa Caterina a Formiello. Le spoglie di questi testimoni eroici della fede cristiana sono fatte oggetto di devozione religiosa in diverse località della Puglia, soprattutto nella Terra d’Otranto, a Bovino (Foggia), a Napoli, Venezia e in Spagna.
Reliquie dei Martiri di Otranto |
Il 14 dicembre 1771 Papa Clemente XIV proclamò ufficialmente beati gli 800 massacrati con metodi feroci sulla «collina della Minerva» e ne permise la devozione. Da quel momento divennero coloro che proteggono Otranto (vengono celebrati con cerimonie e festeggiamenti il 14 agosto di ogni anno). È pure santo patrono del borgo San Francesco da Paola, che un po’ di tempo prima della strage profetizzò la sua caduta nelle mani degli «infedeli». A tal proposito indirizzò una missiva al sovrano con l’obiettivo di sottrarre Otranto ad un pericolo grave ed imminente, ma non vennero seguiti i suoi consigli. Aveva predetto ai membri del suo ordine religioso: «Otranto città infelice, di quanti cadaveri vedo ricoperte le vie; di quanto sangue cristiano ti vedo inondata». Andando a ritroso di duecento anni pure il priore Verdino da Otranto, deceduto nel novembre 1279, dall’abbazia di Cosenza aveva affermato: «La mia patria Otranto sarà distrutta dal dragone musulmano». I martiri idruntini furono dichiarati santi da Papa Francesco il 12 maggio 2013, essendo imputato loro di aver interceduto presso il Signore per far riacquistare la salute alla religiosa clarissa Francesca Levote, colpita da «cancro endometrioide dell’ovaio con progressione metastatica (IV stadio) e grave complicazione dello stato generale».
BIBLIOGRAFIA
F. D’AMBROSIO, Saggio istorico della presa di Otranto e stragge de’ santi martiri, Edizioni dell’Iride, Tricase 2011;
G. GIANFREDA, Storicità del martirio dei martiri di Otranto, Edizioni Del Grifo, Lecce 1991;
G. GIANFREDA, I beati 800 martiri di Otranto, Edizioni Del Grifo, Lecce 2007;
P. RICCIARDI, Gli eroi della patria e i martiri della fede: Otranto 1480-1481, Editrice Salentina, Galatina 2009.
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