Jacques Le Goff: il Medioevo svelato



Jacques Le Goff (1924-2014), studioso di sociologia e agiografia medievale, deceduto a Parigi poco tempo fa, è stato certamente lo storico francese più conosciuto degli ultimi anni, e quello probabilmente più apprezzato anche dal pubblico non specializzato. Il suo punto di forza infatti, oltre alla preparazione e alla serietà accademica, è stata una caratteristica che lo distingue da molti suoi colleghi, la notevole capacità comunicativa; il pubblico medio dei suoi lettori ha molto stimato l’intento, sempre presente nei suoi lavori, di rendere comprensibile alcuni approdi della conoscenza storica anche ai semplici appassionati, riuscendo a raccontarli con una terminologia corretta e al contempo semplice ed efficace.

Mestieri nel Medioevo

Docente nelle Università di Lilla e Parigi, Le Goff dirigeva dal 1962 l’École pratique des hautes études di Parigi. Autore molto prolifico, tra i suoi lavori più importanti possiamo annoverare nel 1957 Gli intellettuali del Medioevo, nel 1964 La civiltà dell’Occidente medioevale, nel 1976 Mercanti e banchieri del Medioevo, nel 1977 Tempo della Chiesa e tempo del mercante, nel 1982 La nascita del Purgatorio e Intervista sulla storia, nel 1983 Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medioevale, Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo nel 2010, per limitarci ad una rassegna rapida delle sue opere. Inoltre con il saggio L’Italia nello specchio del Medioevo del 1974 ha collaborato alla “Storia d’Italia” Einaudi.

Le radici accademiche di Jacques Le Goff sono legate alla seconda generazione della scuola storica francese della rivista Les Annales, promotrice, a partire dagli anni ’30 in Francia, di un nuovo modo di osservare e studiare la storia, costruendone un nuovo “paradigma metodologico” teso ad ampliare notevolmente il campo d’indagine e le possibilità conoscitive proprie dell’indagine storica. Il gruppo di studiosi riuniti attorno alla rivista aveva avuto come pionieri Marc Bloch e Lucien Febvre (per citare due fra le loro opere più famose, I re taumaturghi del primo, pubblicato nell’89 in Italia da Einaudi e Il problema dell’incredulità nel secolo XVI. La religione di Rabelais del secondo, uscito per la stessa casa editrice torinese nel 1978). Questa nuova chiave di lettura allargava i metodi d’indagine propri della vecchia storia di matrice ottocentesca, imprigionata nella fissità dello storicismo (attento solo alle grandi battaglie, ai grandi personaggi ed eventi, teso quindi alla ricerca delle peculiarità) alle nuove scienze sociali, comprendendo appieno l’utilità della loro applicazione nella ricerca storica: antropologia, economia, statistica, sociologia… fino ad arrivare alla dendroclimatologia (!), cioè la scienza che studia l’età degli alberi sulla base degli anelli presenti all’interno del tronco (Bloch condusse uno studio in tal senso, dimostrando come anche una scienza ritenuta fino a quel momento di alcuna utilità per la storia potesse invece esserlo).

La scuola de Les Annales inoltre promosse un’attenzione nuova nei confronti dei tempi storici: se, come detto, fino a quel momento questa materia sembrava ritenere significative solo le cesure brusche, dando vita alla cosiddetta “storia evenemenziale” (dal francese), legata cioè al tempo breve del singolo evento, la scuola francese individuò tre tempi da applicare come una griglia di lettura alla storia, utilizzando il concetto di “struttura”: il primo tempo rimaneva quello breve delle “azioni”; poi v’era quello intermedio, utile per leggere fenomeni di portata cronologica più vasta, come le congiunture economiche, e infine il tempo lunghissimo e quasi immutabile di elementi “soprasegmentali” quali, per citare l’esempio più ovvio, la durata di una mentalità (come la fede nelle capacità di guarigione dei sovrani francesi e inglesi nel Medioevo, argomento del sopracitato testo di Bloch).

Fatta questa premessa contestuale, e tornando a Le Goff, ritengo che uno dei portati fondamentali dei suoi studi sia l’aver scosso, in linea con l’analisi che ho fatto prima della nuova storia francese di matrice “annalistica, l’immagine di una storia ferma e monolitica: Le Goff ad esempio faceva notare che, mantenendo l’idea di una storia “divisa in blocchi”, non si potevano spiegare in modo soddisfacente fenomeni come i roghi delle streghe perduranti fino al ‘600, epoca non certo medievale, e nemmeno, d’altro canto, era possibile e sensato ignorare le rivoluzionarie scoperte compiute in pieno Medioevo, apripista fondamentali per la successiva Età della Rinascita.

La peste nel Medioevo

Un’altra costante che attraversa l’attività di Le Goff è il convinto europeismo: nel 1993 diresse, per conto di cinque editori europei, la collana “Fare l’Europa”, pubblicata nel nostro paese da Laterza. Lo storico francese, nella sua analisi della fondamentale unitarietà dello spazio europeo, ne rintracciava i caratteri distintivi sin dal Neolitico, e ne fondava le fortissime basi nell’Alto Medioevo, nell’originale “civiltà” nata tra la fusione del mondo greco-romano in disfacimento e la nuova linfa dei regni barbarici.

Vorrei concludere questo breve accenno biografico con le parole di Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri, che lo ritraggono in una veste un po’ differente, anche se non tanto: la storica, infatti, raccontando in un articolo  di averlo incontrato a Parma in occasione del conferimento della laurea honoris causa, nomina il librettino “L’Europa raccontata ai ragazzi” del 1995, nel quale ravvisa ancora una volta la capacità di adattamento espressivo e comunicativa dell’autore francese, interessatissimo, da docente vero, a raggiungere anche i più giovani, consapevole che senza toccare quest’obiettivo, la storia, non trasmessa, muore realmente. Il testo infatti si conclude con un monito che dovremmo avere sempre in mente, soprattutto noi docenti di storia, ma che dovrebbe essere preso in esame in maniera doverosa anche da quelli che oggi sono istituzionalmente investiti del compito di farla, l’Europa: “Appassionatevi alla costruzione dell’Europa, ne vale la pena […], e ricordate che non si può fare niente di buono senza la memoria”.

 

6 commenti

  1. Io penso che avesse una rara chiarezza.
    Merito anche di buone traduzioni 
    Filo Becherucci

  2. Si, saper spiegare i concetti con chiarezza è una dote notevole. Per noi italiani le traduzioni certo hanno avuto il loro buon peso. 🙂

  3. Concordo. Le Goff e Duby sono sempre stati i miei punti di riferimento. Le Goff aveva effettivamente la capacità di rendere intuitivi argomenti di difficile comprensione
    Alessandro Chimenti

  4. Consiglio vivamente "Lo sterco del diavolo", testo di Le Goff particolarmente illuminante.
    Alessandro Chimenti

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