Il Muro di Ghiaccio (Poitiers 732)


 

La battaglia di Poitiers (o di Tours) del 17 Ottobre 732 trova certamente un posto più che speciale nella storia comune franco-tedesca contemporanea perché essa è il primo grande atto di guerra del Regno Franco (comprendente sostanzialmente gli attuali territori belgi, francesi, lussemburghesi, olandesi e tedeschi) che abbia rilevanza europea e che, di fatto, segni la storia del nostro continente ricacciando per sempre gli arabi nella penisola iberica oltre il confine naturale dei Pirenei: tutti gli studiosi franco-tedeschi sono sempre stati concordi fin dai secoli scorsi su questo punto. In realtà l’esercito arabo non era certamente di conquista, più adatto per la sua conformazione tattica alle rapide incursioni con lo scopo di far bottino e poi ritornare in luoghi più sicuri. L’esercito franco per converso era preparato al combattimento campale grazie anche alla coscrizione obbligatoria in caso di difesa del territorio nazionale minacciato da invasione ed era una perfetta macchina da guerra, tutti sapevano esattamente cosa dovevano fare ed erano tutti dotati d’armamento pesante.

In realtà anche la tecnologia raggiunta nella costruzione d’armi consentiva ai Franchi di avere un certo vantaggio verso le altre popolazioni e verso gli altri eserciti dell’Europa continentale.
Raffinate e pratiche, tutte le armi erano piccole opere d’arte e spesso i loro ritrovamenti ne hanno messo in luce questi aspetti normalmente poco conosciuti. In più i Franchi usavano bene spesso il vantaggio d’avere delle ampie frontiere e delle truppe stanziate in ogni angolo del proprio territorio che potevano essere richiamate abbastanza velocemente e addirittura piombare sugli avversari di sorpresa e da molte posizioni diverse.

 

Miniatura di Carlo Martello tra due paggi

Diamo ora un rapido sguardo dapprima agli schieramenti contrapposti: quello di Carlo Martello e quello di Abd al-Rahman.

Da parte franca si poteva schierare circa 70000 fanti, eterogenei dal punto di vista etnico, formati da franchi veri e propri difesi dal classico scudo a goccia pesante ed armati di ascia bipenne, dai discendenti dei Goti (Alemanni, Bavari e Sassoni) armati di lancia media o lunga e dai germanici delle foreste interne completamente dipinti di nero con la mazza come arma. La cavalleria pesante era minima perché solo i nobili potevano permettersi il lusso del mantenimento, quindi, anche se le fonti non sono precise non dovevano essere più qualche centinaio o al massimo un migliaio.

Da parte araba i soldati schierati dovevano essere circa 80000 di cui pochissimi arabi veri e propri, la maggior parte della cavalleria era berbera mentre le fanterie e gli arcieri erano dei califfati europei e nordafricani. L’esercito arabo usava la tattica sciita che prevedeva attacchi rapidi con successive rapide ritirate continue allo scopo di sfibrare l’avversario.

 

Battaglia di Poitiers 732

I fanti leggeri franchi si predisposero lungo l’antica via romana che va da Poitiers a Tours nelle adiacenze dei fiumi Clain e Vienne mentre la fanteria pesante seguiva un’unica linea a sbarrare la strada compatta e statica. La cavalleria intramezzava questa linea fantesca con pochi squadroni, mentre il grosso stava in seconda schiera alle due estreme oltre alla classica formazione nascosta nei boschi adiacenti. Era uno schieramento d’attesa indubbiamente né poteva essere differente.

Gli arabi arrivarono schierando al centro la fanteria e gli arcieri e la cavalleria berbera ai due lati apertamente ma nell’aria era inconfondibile l’odore dei cammelli adibiti al trasporto che sostavano in seconda linea e che erano molto temuti dai cristiani perché facevano imbizzarrire i cavalli. Per una settimana le posizioni rimasero quelle iniziali e nessuno sembrava muoversi per attaccare: era una fase di studio.

Furono gli arabi a rompere gli indugi con cariche di berberi che cozzarono violentemente più volte contro la linea dei fanti franchi cercando di aprire qualche varco: la risposta dei cristiani fu quello che i cronisti (e così riportato in Scriptores Rerum Germanicarum in usum scholarum dei Monumenta Germaniae Historica) chiamarono in tono epico il Muro di Ghiaccio…

I fanti pesanti franchi protetti dai giganteschi scudi a goccia non si mossero minimamente e non sfaldarono di fronte all’attacco nemico, ma anzi contrattaccarono abbattendo con le lance e le asce gli avversari mal protetti e senza corazza. Essi furono i veri eroi della battaglia, freddi, precisi, duri, formarono un vallo umano impossibile a superarsi e respinsero sul nascere ogni possibile velleità delle truppe arabe.

 

Carlo Martello a Poitiers

Furono ore drammatiche, gli arabi non riuscivano ad attuare i loro piani d’attacco e ritiro perché Carlo Martello aveva impartito ordine ben precisi d’evitare il loro inseguimento: la cavalleria saracena era oramai a corto di fiato e debitamente sfiancata dai continui attacchi. Fu allora che ad un segnale convenuto, un falò, si mosse la cavalleria d’Aquitania nascosta nel bosco adiacente il fianco destro dei musulmani che caricò e mise in fuga gli avversari.

I fanti franchi e i due lati di cavalleria presero ad avanzare uniti travolgendo in maniera netta la fanteria saracena priva di qualsiasi difesa pesante: né vi era nessuno scampo per loro a tarda serata, e sembra che lo stesso Abd al-Rahman fu ucciso a colpi d’ascia dallo stesso Carlo Martello.

Questo da parte degli annalisti e storici franchi.

Gli storici arabi pur non differenziando il risultato (e come potrebbero?) propesero non per la fuga ma per il rientro dei guerrieri musulmani nell’accampamento a protezione dei tesori razziati in Aquitania, scaricando così l’infamia della sconfitta per cupidigia: Allah li avrebbe puniti per non aver combattuto i cristiani ma aver pensato solo alle proprie ricchezze.

Secondo gli storici, i cristiani persero poco più di mille uomini, mentre i saraceni persero almeno l’80% del proprio esercito: non dobbiamo dimenticare che non esisteva la pratica del prigioniero di guerra ed i franchi non fecero sconti sgozzando tutta la truppa catturata ritenuta inutile !

Gli arabi chiamarono così questo teatro dello scontro Balat Ash Shuhada: il lastricato dei martiri della fede.

 

 
Probabilmente la grandezza della vittoria nella battaglia di Poitiers fu enormemente ingigantita dagli annalisti franchi e poi da quelli tedeschi per concedere il lusso di far ergere la loro etnia a salvatrice dell’occidente e porre il successivo Sacro Romano Impero come unico valido interlocutore nei confronti sia della Chiesa Romana sia dell’altro Impero Romano, quello orientale di Bisanzio. I Franchi s’avviarono quindi dopo questa gran vittoria al dominio assoluto sull’Europa occidentale eliminando metodicamente tutte le popolazioni che si opponevano loro e perseguendo la restaurazione dell’Impero Romano, pur se fondato su diversa natura militare e amministrativa: era giusto così, il popolo che più era stato vicino al mondo romano nei secoli precedenti e da cui aveva assimilato tutto (anche la cura del corpo, i franchi erano gli unici barbari che si rasavano quotidianamente) lo sostituiva eliminando ogni traccia di pratica barbarica ed affidandosi al vecchio ideale politico mai superato. 
 
 
 

5 commenti

  1. Susanna Galbarini

    Grazie delle interessanti informazioni storiche….. t'invito a seguire le ri-condivisioni qui e in Facebook ,pagine artistiche con collegamenti alla mia pittura e notizie con informazioni artistiche , cordialmente,pittrice Susanna Galbarini

  2. Gian Luigi Longo

    Una cosa non mi è chiara.Per tattica shiita s'intende come quella affrontata da Alessandro il Grande?Se non ricordo male si trattava di arcieri a cavallo che attaccavano cavalcando in cerchio per non entrare in contatto col nemico e arretrando quando l'avversario voleva chiudere la distanza.Quindi quando è avvenuto "il muro di ghiaccio" se la cavalleria berbera non ha cercato il contatto con la fanteria franca?

  3. In realtà si tratta, a mio giudizio, di una tattica ancora più antica e probabilmente la più semplice da realizzarsi senza usare le lance: veloci incursioni alla ricerca del punto debole nel segmento avversario. Lo scudo a goccia enorme proteggeva il fante franco completamente da qualsiasi arma nemica che non fosse una lancia (da qui probabilmente la definizione Muro di Ghiaccio) ed i questo senso nonostante i ripetuti attacchi non ci fu sfaldamento o sfinimento che era poi l'obiettivo normale di una cavalleria leggera antica o tardo-antica.

  4. Gian Luigi Longo

    Ho fatto un pò di ricerca ed ho concluso che questa famosa tattica scita,derivante dal popolo omonimo affrontato da Alessandro il Grande,consisteva nell'attaccare l'avversario (gli sciti con frecce,i berberi con giavellotti) al fine di provocarlo.Dopodiché avrebbero simulato una ritirata invitando l'avversario all'inseguimento.A questo punto,col fronte nemico in disordine,avrebbero ripreso l'attacco.I franchi ebbero l'ordine di non iniziare l'inseguimento ma di resistere ai giavellotti col famoso "muro di ghiaccio".E qui arriviamo al punto.Il contatto ci fu quando,una volta sfiancati e uccisi con le picche i cavalli,i berberi rimasero per lo più appiedati aprendo lo scontro tra fanterie.Poi arrivò l'intervento della cavalleria franca nascosta ecc ecc.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *