Lettere ai morti nell’Egitto antico – 1


Il culto egizio degli antenati

Dall’Egitto faraonico ci è giunto un cospicuo numero di lettere. Gli argomenti affrontati da questi documenti sono tra i più vari: dall’economia, alla religione, passando per gli affetti familiari o problemi di tipo burocratico. Si tratta, dunque, di fonti d’inestimabile valore sia per la conoscenza di quegli aspetti “quotidiani” che difficilmente trapelerebbero da documenti di diversa natura, sia per approfondire per il dato linguistico; il genere epistolare infatti costituisce una rarissima testimonianza della lingua effettivamente parlata dagli egizi attraverso le varie fasi della loro storia.
Le cosiddette lettere ai morti rientrano pienamente in questa categoria. Si tratta di documenti che presentano lo stile e le formalità tipiche delle più comuni comuni lettere egizie, con la particolarità di essere destinate allo spirito di un defunto. Il genere fu identificato agli inizi del novecento da Gardiner e Sethe, che ne curarono la pubblicazione di un primo corpus; negli anni successivi, tuttavia, è stato identificato un certo numero di nuove lettere, di volta in volta pubblicate singolarmente in diversi articoli scientifici. Si tratta, in realtà di un numero assai esiguo di documenti, circa una ventina, i quali, tuttavia, forniscono informazioni di importanza essenziale sulla vita religiosa dell’Antico Egitto, fornendo nuove e interessanti prospettive sugli aspetti più problematici e stimolanti del settore.
Diffusione geografica e cronologica 

Le più antiche lettere ai morti attualmente note risalgono alla VI dinastia, le più recenti alla  XXI e alla XXVI dinastia. A prima vista si potrebbe ipotizzare un fenomeno attestato lungo tutto l’arco della storia egiziana. Eppure, se si osservano i dati in modo critico, è possibile individuare un nucleo numericamente più ampio e stilisticamente più omogeneo, collocabile tra la fine dell’Antico Regno e la prima metà del Medio Regno. Si tratta di un fattore sicuramente significativo, che merita dunque di essere approfondito per individuare alcune interessanti informazioni riguardo lo sviluppo storico del culto degli antenati egizio.

Dal punto di vista della diffusione spaziale, concentrandosi esclusivamente sul gruppo ristretto appena delineato su basi cronologiche, il fenomeno delle lettere ai morti sembra essere prevalentemente attestato in un’area ben precisa della valle del Nilo. Escludendo le due lettere provenienti da Sakkara, i siti di Assiut, Qau el-Kebir, Naga ed-Deir, Girga, Hu e Dendera delimitano infatti una regione ben circoscritta tra l’Alto Egitto settentrionale e il Medio Egitto (Fig. 1 riquadro rosso).

Si tratta, ovviamente, di un fatto da valutare con una certa cautela. La certezza delle informazioni, soprattutto per quanto riguarda l’esatta provenienza dei reperti, non è delle più alte: spesso una lettera è stata attribuita ad un sito solo in base ad ipotesi piuttosto labili. Inoltre, il caso dei ritrovamenti, un maggior studio sistematico di certe zone a scapito di altre, o fattori climatici e ambientali più o meno sfavorevoli alla conservazione dei reperti sono solo alcune delle cause che possono aver deformato il quadro delineato da questo nucleo –  abbastanza ristretto – di documenti. Tuttavia, quanto rilevato per la diffusione geografica delle lettere ai morti potrebbe offrire interessanti spunti di riflessione se opportunamente confrontato con altri dati.

Risulta sicuramente interessante, ad esempio, che la diffusione geografica dei quasi coevi Testi dei Sarcofagi mostri una situazione assai simile a quella appena delineata. A prima vista, infatti, si potrebbe avere l’impressione di un fenomeno diffuso su tutto il territorio egiziano, eppure una recente analisi di Willems ha individuato tre aree nelle quali le attestazioni di tale tradizione risultano quantitativamente più significative: l’area menfita (con i sarcofagi provenienti dai siti di Abusir e Saqqara), l’area tebana e  la regione medio egiziana compresa tra i siti di Beni Hasan e Qau el-Kebir. In quest’ultima non solo è attestato il maggior numero di documenti, ma la tradizione dei Testi dei sarcofagi risulta più duratura che altrove.

Rappresentazioni tratte dal Libro dei Morti

  

Ci troviamo, dunque, di fronte a un elemento degno di nota, dal momento che la regione compresa tra Beni Hasan e Qau el-Kebir coincide in larga misura con l’area di origine delle lettere ai morti più antiche precedentemente individuata. Tuttavia, un simile dato quantitativo non costituirebbe di per sé un elemento particolarmente interessante, qualora alle tre aree individuate da Willems non corrispondessero anche delle differenze di ti tipo qualitativo. La documentazione proveniente dall’area menfita si mostra, infatti, fortemente debitrice al repertorio dei Testi delle Piramidi, presentando poche formule realmente innovative; è invece ben diversa la situazione osservabile nell’area medio egiziana,  nella quale si riscontra una tradizione piuttosto originale. Non a caso un simile fattore, connesso  al maggior numero di attestazioni e alla maggior durata del fenomeno in questa specifica area, ha indotto alcuni studiosi a identificare il principale centro propulsore dei Testi dei Sarcofagi con lo scriptorium ermopolitano presso il tempio di Thoth.

Le formule dei Testi dei Sarcofagi originarie dell’area medio-egiziana, oltre a mostrare una forte originalità, presentano spesso tematiche piuttosto simili a quelle delle stesse lettere ai morti. Risulta particolarmente interessante, ad esempio, il gruppo 38-41, attestato prevalentemente a Deir el-Bersha. Le tematiche e lo stile di queste  formule, incentrate su complesse situazioni  rituali inerenti al rapporto tra padre/defunto e figlio/erede, possiedono, infatti, non pochi punti di contatto con la temperie religiosa caratteristica delle lettere ai morti. Accettando un simile dato, dunque, si potrebbe ipotizzare, su basi sufficientemente solide, l’esistenza di una tendenza religiosa ben diffusa e sviluppata nell’area medio egiziana, che riconosceva grande importanza ai poteri sovrannaturali dei defunti e ai rapporti vigenti tra questi ultimi e i viventi.

Le analogie tra la diffusione delle lettere ai morti e quella dei Testi dei Sarcofagi risultano interessanti anche da un punto di vista cronologico.  Il nucleo più antico e omogeneo delle lettere ai morti è infatti compreso tra la fine dell’Antico Regno e la XII dinastia;  i Testi dei Sarcofagi, pur essendo attestati esclusivamente nell’arco di tempo compreso tra la seconda metà della XI e la XII (in rari casi XIII) dinastia, conobbero sicuramente un precedente e complesso processo formativo i cui antecedenti sono già attestati sul finire della VI dinastia. Entrambe le tipologie di documenti, infatti, costituiscono con ogni probabilità le più vistose testimonianze di un certo tipo di idee religiose che dovettero essere particolarmente care alle potenti famiglie nobiliari. Non a caso la fase storica compresa tra la la fine dell’Antico Regno e il Medio Regno risulta caratterizzata da un maggior potere e peso politico acquisito dalle cerchie nobiliari e, soprattutto, dai grandi e potenti governatori locali.

Una lettera ai morti scritta in fondo ad una ciotola

In tal senso, va spiegato anche il ruolo centrale giocato dall’area medio egiziana: una regione in cui il benessere e la ricchezza delle aristocrazie furono più floride che altrove durante il Primo Periodo Intermedio e, soprattutto, una regione in cui i governatori locali manterranno un notevole potere fino alla seconda metà della XII dinastia, se non addirittura fino alla XIII, ovvero ben oltre la riunificazione del paese da parte della casata tebana. Non a caso, l’altro fenomeno religioso tipico di questa fase storica fu la deificazione di alcuni importanti governatori locali, che divennero l’oggetto di veri e propri culti regionali particolarmente sentiti. Si tratta di un fenomeno che mostra molteplici contatti non solo con le lettere ai morti (in entrambi i casi sono fatti religiosi incentrati su un defunto con doti sovrumane), ma soprattutto con i Testi dei Sarcofagi: secondo Willems, infatti, alcuni edifici cultuali – denominati Hw.t-kA e dedicati proprio al culto postumo dei più importanti governatori locali – furono dei veri e propri laboratori nei quali vennero riplasmate diverse idee religiose, dando probabilmente vita alla tradizione dei Testi dei Sarcofagi.

La considerevole presenza di un certo tipo di fonti nell’area medio egiziana non dovrebbe essere interpretata come un’autonoma tradizione locale. Questa costituisce, piuttosto, un dato da interpretare alla luce di una serie di elementi socio-economici, che resero particolarmente “apprezzate” certe idee religiose in un’area dove il potere delle cerchie nobiliari fu più forte e duraturo che altrove. Un certo di tipo di credenze relative ai poteri super-umani dei defunti e all’importanza dei legami familiari al di là della morte, furono infatti, con ogni probabilità, un elemento caratteristico della religione egiziana, sin dalle sue fasi più remote. Solo con la crisi del potere centrale e l’ascesa economica e politica delle grandi famiglie nobiliari, tuttavia, tale nucleo di credenze conoscerà una vero e proprio exploit. È pertanto necessario analizzare i possibili antecedenti di tali credenze e cercare di capire in che modo vadano connesse con altri fenomeni affini ben attestati durante il Nuovo Regno. In altre parole è necessario indagare su quale fu il ruolo effettivo del culto degli antenati all’interno della religione egiziana e in che modo si sia evoluto attraverso le diverse fasi storiche. 

Leggi la seconda parte.



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