PRESUPPOSTI
Dominio Roma e dominio Cartagine |
La prima guerra punica iniziava a prospettarsi come un conflitto dalla lunghezza considerevole. D’altronde era piuttosto ovvio. Per l’occupazione della Sicilia Cartagine aveva lottato, per un periodo di tempo ragguardevole, contro Siracusa ed alcune città-stato della Magna Grecia[3]. Non avrebbe sicuramente rinunciato a centri urbani e scambi commerciali a vantaggio dei Romani senza opporsi in ogni modo. Roma, dopo il combattimento di Messina (Messana in latino) ed una guerra conclusasi vittoriosamente ed in poco tempo contro Siracusa, diretta ed amministrata da Gerone II[4], aveva ritenuto opportuno stringere alleanze con le colonie greche della Sicilia per poter essere supportata nell’ approvvigionamento delle truppe. Con lo scontro armato di Agrigento[5] Roma aveva raggiunto il litorale meridionale siciliano, riservando alle imbarcazioni cartaginesi la signoria sulla Sicilia occidentale e sul litorale tirrenico. Contemporaneamente otteneva l’appoggio di numerosi centri abitati lontani dal mare, che erano più facilmente aggredibili dalle unità militari romane, giungendo a Segesta, vicina alla città di Trapani (unita a Cartagine da un patto di alleanza).
Rovine di Cartagine |
Cartagine, con le sue navi possenti e temibili, aveva conquistato il dominio sul mar Mediterraneo, mentre Roma, che per quanto riguarda gli scambi commerciali e l’approvvigionamento da sempre si era appoggiata al complesso delle imbarcazioni, delle attrezzature e dei marinai greci ed etruschi, non era in grado di difendere i suoi scafi. Perché tutto ciò non si ripetesse anche nel tempo a venire, la stessa fu obbligata ad intraprendere la costruzione di sue navi militari. Nel 260 a.C. le prime imbarcazioni romane furono pronte e mandate in Sicilia. Ben 17 scafi, guidati dal console Gneo Cornelio Scipione Asina[6] (310 a.C. pressappoco – 245 a.C.), vennero aggrediti da 20 imbarcazioni cartaginesi nello specchio d’acqua riparato ed attrezzato per l’attracco di Lipari. Il combattimento delle Isole Lipari ebbe come conseguenza che il console Scipione fosse imprigionato[7] dai nemici. Il primo conflitto sul mare, in cui si affrontarono Romani e Cartaginesi, evidenziò chiaramente la scarsa conoscenza pratica romana del settore marittimo e al contrario quella notevole dei Punici.
Corvo |
Restando senza un console, i Romani mandarono disperati messaggi all’altro, Gaio Duilio[8], che era alla testa dei reparti militari terrestri. Frattanto iniziò l’approntamento del complesso delle navi militari romane per contrastare l’assalto della flotta cartaginese, che si conosceva essere in azione. I Romani, consapevoli della loro inferiorità negli scontri armati marittimi, crearono in tutta segretezza uno strumento chiamato corvo[9]. Praticamente il corvo consisteva in un ponticello, che fissato allo scafo nemico, dava la possibilità a militi avvezzi a guerreggiare sulla terraferma di spostarsi da una imbarcazione all’altra senza utilizzare nessuna corda e dunque prendere parte ad una battaglia nelle modalità in cui erano soliti combattere[10]. Se gli scafi rimanevano affiancati l’arrembaggio era generale, se al contrario si assaliva l’estremità anteriore di una nave, il corvo consentiva l’assalto dei soldati su due file. I primi assalitori proteggevano se stessi ed i loro commilitoni mantenendo gli scudi davanti a loro, invece coloro che venivano dopo difendevano le parti laterali del corpo umano, comprese tra le costole e l’anca, sempre con gli scudi. È doveroso ricordare che il Sordi dubita che i corvi siano mai esistiti, imputandone l’ideazione al generale cartaginese Annibale di Giscone[11] (300 o 290 a.C. pressappoco – 258 a.C.) come motivazione addotta per spiegare la disfatta, dal momento che i Cartaginesi avevano l’usanza di inchiodare i comandanti vinti militarmente alla croce per metterli a morte (sorte, però, a cui non sfuggì in seguito all’insuccesso nel combattimento navale di Sulci).
SVOLGIMENTO DELLO SCONTRO ARMATO
Gaio Duilio decise di porsi al comando delle imbarcazioni militari romane, dando ai tribuni il compito di dirigere l’esercito[12] e le manovre militari terrestri. Mentre le forze armate puniche stavano depredando i territori a poca distanza da Milazzo, Gaio Duilio portò gli scafi romani verso il centro urbano sopramenzionato ed Annibale di Giscone saputo del cambiamento della località della campagna militare, partì da Palermo capeggiando un complesso di 130 imbarcazioni, certo della superiorità cartaginese in mare, soprattutto per quanto accaduto nello scontro armato delle Isole Lipari. Si imbatté nelle navi romane nel golfo di Milazzo ed i Cartaginesi guardando i corvi sui ponti scoperti degli scafi avversari: «…restarono incerti, stupiti dal modo in cui gli attrezzi erano congegnati; tuttavia, avendo una pessima opinione dei nemici, quelli che navigavano davanti a tutti si gettarono audacemente all’attacco»[13]. Il corvo si dimostrò determinante per l’esito del conflitto. Infatti le imbarcazioni bloccate fra di loro dettero la possibilità ai Romani di venire a battaglia sulle tolde degli scafi ed il combattimento da navale diventò quasi uguale ad uno terrestre, tipo di scontro armato che i Romani prediligevano già da diverso tempo. I Cartaginesi, colpiti da grande meraviglia e sbalordimento, vennero in parte uccisi mentre altri si consegnarono al nemico.
Nave romana |
Trenta imbarcazioni, le prime che avevano partecipato al combattimento, vennero catturate e fra queste vi era pure lo scafo di Annibale che tuttavia fu in grado di sottrarsi all’imprigionamento su una lancia. Le navi cartaginesi non catturate fecero di tutto per tenersi lontano dai corvi, cercando di sfruttare le loro caratteristiche distintive e le conoscenze notevoli, acquisite nel tempo, del complesso delle persone addette al governo e al servizio delle imbarcazioni militari, «confidando nella loro velocità speravano di portare gli assalti a colpo sicuro, gli uni dai fianchi, gli altri da poppa»[14]. Ma i corvi, fissati in posizione verticale, avevano la possibilità di essere rivolti pressappoco verso qualunque parte e gli scafi punici terminavano sempre con l’essere costretti all’immobilità, assaliti e catturati. In conclusione i Romani si impossessarono di 50 imbarcazioni cartaginesi e le rimanenti preferirono ritirarsi[15]. Lo scontro armato di Milazzo rappresentò l’entrata solenne di Roma nel Mediterraneo.