Alessandra Randazzo è laureanda in Lettere Classiche presso il DICAM dell’Università di Messina. Attualmente ricopre il ruolo di redattrice e social media manager per www.mediterraneoantico.it ed il mensile Made in Pompei.
Ha partecipato a diverse campagne di scavo e ricognizione, come l’indagine condotta presso il sito dell’antica Finziade, Licata (AG), nel febbraio-maggio 2012, presso Cetraro (Cs) nel luglio 2013, presso il sito di Blanda Julia con scavi nel Foro, Tortora (Cs), nel mese di giugno 2016. Nel marzo 2014 ha, inoltre, preso parte al Progetto Lavaggio materiali locresi presso il cantiere Astaldi – loc. Moschetta, Locri (RC).
Tempio Persefone – Locri |
Oltre a ciò collabora occasionalmente con Archeopros snc con cui ha partecipato alle seguenti campagne di scavo:
a) La struttura fortificata di Serro di Tavola – Sant’Eufemia D’Aspromonte (dal 1° al 19 ottobre 2012);
b) Tempio di Persefone – Località Mannella – Locri (RC) – nel mese di ottobre 2014.
Infine ha preso parte, con conseguente rilascio di attestato, ai corsi di:
1) Tecnica Laser scanning applicata all’archeologia, in collaborazione con il CNR-IPCF di Messina (gennaio 2012);
2) Rilievo Archeologico manuale e strumentale presso l’area archeologica delle Mura di Rheghion – Tratto Via Marina (aprile-maggio 2013);
3) Analisi e studio dei reperti archeologici – Dallo spot dating all’edizione (maggio 2014).
mediterraneoantico.it Magazine |
D1. Quando e perché è nato il suo interesse per l’antichità e l’archeologia?
Non c’è esattamente un momento specifico in cui nasce la mia passione per l’antico e l’archeologia. Credo sia una cosa innata. A 5 anni ho visitato il mio primo museo archeologico con la stessa curiosità e ricerca che ho ora, dopo anni di studio ed esperienza. Sono sempre stata curiosa, una caratteristica che mi ha saputo trasmettere la mia famiglia e che mi ha sempre accompagnata in ogni viaggio di studio o di piacere. Anche la scelta degli studi classici è stata naturale, proprio perché non mi sarei immaginata in altri settori.
D2. Perché ancora oggi le civiltà dei popoli antichi ed il loro studio suscitano un notevole fascino anche fra i non addetti a i lavori?
La conoscenza del passato e la scoperta delle proprie origini è qualcosa che ha sempre affascinato l’uomo. Certo, bisogna distinguere chi cerca il mistero o chissà quale verità da chi si appassiona in maniera genuina al passato. Leitmotiv è sicuramente la meraviglia davanti ad opere come le Piramidi o il Colosseo, oppure altre meraviglie architettoniche così stupefacenti da chiedersi come sia stato possibile costruirle con le tecniche di allora. Siamo tutti curiosi e nessuno può rimanere indifferente. Oggi chi non è del settore ha la possibilità di avvicinarsi maggiormente all’antico rispetto a prima perché esistono vari livelli di divulgazione alla portata di tutti e non ha bisogno di leggere per forza un libro specialistico. Dobbiamo tanto ai programmi di cultura che hanno portato la storia e l’archeologia alla conoscenza di tutti, così da appassionare chi ancora non aveva avuto l’occasione di conoscere una civiltà antica.
Made in Pompei |
D3. Quando e come è nata la sua collaborazione al sito e magazine di archeologia www.mediterraneoantico.it ed al mensile Made in Pompei?
La mia collaborazione con Mediterraneoantico.it è iniziata quasi due anni fa grazie ai social. Sono stata contattata personalmente dal direttore Paolo Bondielli che mi ha dato fiducia e possibilità di scrivere di archeologia classica per il suo magazine e successivamente per il sito internet. Nel corso del tempo, quando la fiducia è cresciuta sempre più, sono entrata a far parte anche dello staff dove, oltre al mio lavoro di redattrice, mi occupo anche della gestione dei social media. Con Marco Pirollo, direttore di Made in Pompei, invece ci siamo conosciuti ad un’anteprima stampa a Pompei a cui MediterraneoAntico.it era stato invitato, nello specifico si trattava della mostra L’Egitto a Pompei. Dopo un po’ di mesi, anche qui i social sono stati complici, ci siamo ritrovati a parlare del nostro lavoro e sapendo della mia passione per l’archeologia pompeiana Marco mi ha chiesto se ero disposta a collaborare per il suo giornale. Nasce così la mia collaborazione con Made in Pompei, dove agli articoli che parlano prettamente di archeologia, che escono sul mensile, affianco un lavoro di divulgazione su Facebook fatto di foto e curiosità sulla città vesuviana.
D4. In quale stato si presentano i resti delle città romane di Pompei ed Ercolano? Si può parlare di rinnovato interesse da parte dello Stato italiano e dell’opinione pubblica dopo un lungo periodo di torpore e di immobilismo?
Rispetto ad anni di immobilismo le cose sono notevolmente cambiate, anche se tra Pompei ed Ercolano c’è ancora un dislivello molto importante. La fortuna/sfortuna di Pompei si lega purtroppo ad un episodio accaduto il 6 novembre del 2010, quando nella mattinata di quel giorno venne giù la Schola armaturarum, un edificio destinato alla lotta e alle arti gladiatorie per i giovani pompeiani, costruito negli ultimi anni di vita della città. Stranamente l’opinione pubblica rimase scandalizzata da quel crollo che portò Pompei alla ribalta, in negativo purtroppo. Si decise quindi, all’epoca del governo Berlusconi e in seguito nel governo Monti, di avviare un progetto straordinario di messa in sicurezza e di manutenzione per gli scavi. Prende vita il Grande Progetto Pompei da 105 milioni di euro approvato in definitiva nel febbraio 2012 con i primi bandi pubblicati ad aprile. Pompei deve tanto a questo crollo e deve tanto anche ad una persona eccezionale che sta facendo tanto per il sito, il Soprintendente Massimo Osanna. Grazie a MediterraneoAntico.it ho avuto la possibilità di intervistarlo a Palermo e sono rimasta davvero affascinata dal suo amore genuino per questa città. Non ho mai visto una città vecchia così attiva e viva, si sta facendo tanto per riportarla all’antico splendore e seppur con qualche scetticismo iniziale ora tantissime persone sono curiose di vedere le nuove aperture e le mostre in atto a Pompei.
Per quanto riguarda Ercolano aspettiamo a breve la nomina del direttore del nuovo parco archeologico. Anche questa città ha bisogno di attenzioni come per la vicina e più famosa Pompei; speriamo quindi che arrivi qualcuno lungimirante e seriamente motivato.
Casa di Obellio Firmo – Pompei |
D5. Quando si reca a vedere le rovine dell’antico centro abitato di Pompei, cosa preferisce visitare in primis (ville, case, edifici pubblici e ludici, templi, necropoli)? E per quali ragioni?
Nonostante sia andata parecchie volte a Pompei c’è sempre qualcosa che non riesco a vedere. È una città così grande che si può visitare solo facendo diverse tappe tematiche, così come suggerisce lo stesso itinerario online della Soprintendenza di Pompei. Siamo di fronte ad una città sigillata nel pieno della sua attività, quindi una città completa in ogni sua parte pubblica e privata. Se dovessi visitare ora la città sicuramente andrei a vedere tutte le nuove aperture di questi mesi. Sarei curiosa di vedere le Terme Suburbane che si trovano a ridosso di Porta Marina, uno degli ingressi al sito, con i loro splendidi quadretti erotici posti nello spogliatoio; il Piccolo Lupanare, la Casa di Obellio Firmo e la splendida domus di Marco Lucrezio Frontone con il suo ricco tablinio; la domus è una delle più sontuose di Pompei perché M. Lucretius Fronto era esponente di una delle famiglie più in vista della città. Interessante anche l’ultima mostra inaugurata, Il Corpo del Reato, in cui sono messi in esposizione reperti provenienti dall’Italia meridionale e dalla stessa Pompei, sequestrati a partire dagli anni ’60 a seguito di furti o appropriazioni illecite e ora finalmente svincolati e visibili al pubblico. Ma la mia attenzione è tutta per la bellissima Casa dei Vettii, riaperta al pubblico dopo 12 anni. Anche qui siamo di fronte ad una domus ricca e sontuosa, i cui proprietari, Aulus Vettius Restitutus e Conviva, fratelli ed ex schiavi arricchiti, non hanno lasciato nulla al caso. Attualmente l’apertura è parziale, ma gli interventi di consolidamento permettono oggi di visitare almeno gli ambienti di ingresso, l’atrio con i cubicola e il triclinio con una serie di affreschi di carattere mitologico. Già dall’ingresso si può notare la ricchezza degli apparati decorativi: Priapo, il dio dal fallo posto su una bilancia, che rappresentava prosperità economica e fortuna, accoglie chi vorrà visitare gli ambienti. Dovremo però aspettare un po’ prima di poter visitare le stanze più ricche dell’edificio che ancora restano chiuse al pubblico.
D6. Quali donne dei secoli precedenti il Medioevo l’hanno impressionata e per quali motivi?
Non sono affascinata dalle grandi personalità femminili, credo sia stato scritto anche troppo su personaggi come Penelope, Elena, Cleopatra e molte altre. Piuttosto, cerco di soffermarmi su alcuni aspetti, legati sempre a Pompei, che ci fanno capire quanto questo centro fosse emancipato rispetto ad altri luoghi dell’antichità, soprattutto in ambito femminile. Non dimentichiamo che principalmente il ruolo della donna era quello di essere sposa fedele e madre di figli sani, ma a Pompei era permesso a molte donne di partecipare ai momenti sociali della città e svolgere alcuni mestieri che oggi noi chiameremmo imprenditoriali! Mamia era una sacerdotessa proveniente da una famiglia di origine sannitica che, disponendo di grosse somme di denaro, aveva donato alla città un tempio al genio dell’imperatore; per non parlare di Eumachia, sacerdotessa di Venere e figlia di Lucio, ricco produttore di vini, trasferitosi a Pompei sotto Augusto. Questa donna aveva fatto costruire a sue spese un edificio nel Foro, il cuore pulsante della vita pubblica di una città romana, destinato probabilmente ad essere mercato della lana. Lo scopo era quello di avviare, tramite questa donazione, la carriera politica del figlio ma anche esaltare la Concordia Augusta. Una sua statua che la raffigurava come sacerdotessa in paramenti sacri venne ritrovata in una nicchia dell’edificio da lei fatto costruire con tanto di dedica; la donna era stata messa anche a capo della corporazione dei fullones, i lavandai. Uno status che, se ci pensiamo bene, poche donne avrebbero conquistato! Altra donna che amministrava personalmente il proprio patrimonio era Giulia Felice e i suoi praedia (proprietà immobiliare) si trovavano vicino all’Anfiteatro. All’ingresso si leggeva un bando di locazione per quelli che noi definiremmo negozi e bar e per uno stabilimento termale; una vera e propria imprenditrice moderna. Credo che conoscere la vita di queste donne in un centro relativamente piccolo come Pompei ci dia un’idea più vicina al vero rispetto all’immaginario collettivo di potere e seduzione che identificano ancora Cleopatra, che resta imprigionata in quest’aura di mistero.
L’archeologia sperimentale è una disciplina che, basandosi su aspetti scientifici, si occupa di ricostruire la cultura materiale e antropologica delle civiltà antiche, mettendo in pratica le tecniche costruttive, di fabbricazione dei materiali che i nostri predecessori avevano.
Sicuramente dà un apporto molto importante all’archeologia della produzione nello specifico e all’archeologia in generale, visto che i metodi utilizzati seguono il rigore scientifico dell’archeologo, dello storico e del fabbricante. Chi si approccia a questa disciplina, infatti, non può non avere solide basi proprio in queste materie ma anche sugli aspetti archeometrici e materiali, proprio perché deve dare forma non solo ad un prodotto finale ma deve stare dietro a tutti quei processi che ci sono nell’ organizzazione e nella fabbricazione. In Italia si potrebbe sfruttare maggiormente, credo che avrebbe grande approvazione soprattutto dal pubblico di non esperti e dai bambini.
D8. Gli antichi Greci e Romani quanta importanza davano allo studio e alla cultura?
Studio e cultura erano importanti nell’antichità, come oggi, soprattutto per non rimanere fuori dalla vita politica e sociale della città. Ma, secondo me, Grecia e Roma diedero importanze diverse all’istruzione e alla formazione, differenziando molto l’aspetto teorico da quello pratico. Dobbiamo tenere conto poi, che solo le famiglie ricche potevano permettersi di istruire i figli, e solo quelli maschi; donne e schiavi erano tenuti fuori dal sistema scolastico. Le donne normali ricevevano a casa istruzioni su quello che potremmo definire oggi economia domestica, anche se non mancarono scuole femminili per impartire alle giovani fanciulle lezioni di grazia e buona educazione. Il Tiaso di Saffo era proprio un luogo per aristocratiche dove, prima del matrimonio, si iniziavano le ragazze alle arti della poesia, della grazia e della musica, ma una volta sposate queste divenivano pur sempre donne dedite al focolare domestico e ai figli. A Roma, sebbene si desse grande importanza alla cultura, l’istruzione per molti secoli si impartiva a casa. Era il pater familias ad istruire i figli soprattutto con nozioni di carattere morale, ma anche con elementi base di scrittura e lettura. La scuola arrivò tardi, siamo nel II secolo a.C., quando cominciarono ad intensificarsi i rapporti con la Grecia, ritenuta sempre patria di una forte cultura. I bambini appartenenti ai ceti più alti imparavano dagli ex schiavi provenienti dall’Oriente l’aritmetica, la scrittura, la lettura e la storia dei grandi eroi. Questa possiamo chiamarla educazione base, la cultura era pur sempre legata a quello che si voleva fare successivamente. Gli intellettuali non mancavano in nessuna di queste due grandi civiltà, ma arricchire la conoscenza è sempre qualcosa di personale, che non si studiava a scuola.
Istruzione nell’antica Roma |
D9. Negli ultimi anni un buon numero di università statali italiane ha ridotto notevolmente gli insegnamenti riguardanti la storia e le civiltà delle popolazioni antiche. Cosa ne pensa?
Ultimamente credo non sia un problema solo dell’Italia; è notizia recente che l’Inghilterra dal 2018 eliminerà i corsi di perfezionamento in archeologia per gli studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria. Secondo l’ordinamento britannico a sedici anni si sostiene una sorta di maturità e se si ha intenzione di andare al college si seguono altri due anni di corsi incentrati sulle materie che si vorranno studiare all’università. L’Archeologia non è più tra queste perché gli aspiranti archeologi sono pochi e le materie non pratiche non sono ritenute importanti rispetto a quelle di carattere pratico. L’Italia, che detiene uno tra i patrimoni storico-archeologici più ricchi al mondo, a mio avviso non investe abbastanza. Non c’è dialogo tra le istituzioni competenti e il rischio è che tantissimi archeologi pluri-specializzati attualmente restino a casa. Ad un boom di iscrizioni in corsi di laurea in Beni Culturali è subentrato un crollo fisiologico; non è un campo facile che permette subito un’immissione nel mondo del lavoro e se non si farà presto una riforma adeguata sarà un campo abbandonato perché visto poco percorribile per una sistemazione lavorativa.
D10. In questo momento a cosa sta lavorando e quali sono i suoi programmi per il futuro?
Attualmente il mio lavoro prevede vari progetti che stiamo portando avanti con Mediterraneoantico.it per il 2017 e vari articoli di prossima pubblicazione per Made in Pompei. I miei programmi mi vedono impegnata anche in ambito universitario per raggiungere presto diversi obiettivi che mi sono prefissata.
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