Evelina Romanelli nasce a Martina Franca(TA) nel 1977 e si laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Bari con una tesi sul comparto manifatturiero della di lei città natale. Il suo lavoro accademico, rimaneggiato, viene pubblicato nel mese di aprile del 2014 con il titolo: Il Made in Italy in Valle d’Itria, tra storia e cronaca. È presentato a Martina Franca e, nella seconda edizione del 2015, a Milano. La capitale della moda la onorerà del Premio Ignazio Ciaia da parte della Fondazione Nuove Proposte. La passione per la scrittura l’avvicina nel 2013 all’editoria, anno in cui comincia la sua collaborazione con il gruppo PugliaPress, dai siti online (Martinasera, PugliaPress, Invalleditria, ) ai cartacei (Pugliapress e Voce del Popolo) e non ultima la trasmissione televisiva Piazza Pulita. Sua la cura degli speciali dedicati al Festival della Valle d’Itria e la redazione di una recente storia sul dancing La Rotonda. Concretizza il suo lavoro con il conseguimento del tesserino da giornalista pubblicista nel giugno del 2015. Attiva collaboratrice della Fondazione Nuove Proposte Culturali, per cui segue i comunicati stampa per le manifestazioni organizzate, è addetta stampa del Comitato Centro Storico di Martina Franca. Definisce il suo rapporto con la scrittura: «un’intima relazione d’amore in cui le mani hanno il potere di scrivere l’emozioni del cuore».
Evelina Romanelli |
Di particolare importanza per una piena comprensione del volume Il Made in Italy in Valle d’Itria tra storia e cronaca sono le avvertenze ed il preambolo dell’autrice oltre che l’introduzione del Prof. Federico Pirro, docente di Storia dell’Industria presso l’Università degli Studi di Bari. Nelle avvertenze la Romanelli afferma che: «il testo si presenta come un primo prudente studio sulle tematiche del tessile nel territorio di Martina Franca ed è opportuno dunque evidenziarne i limiti. … L’analisi si compone di due parti: una prima storico-descrittiva con un linguaggio più tecnico, nella quale viene tracciato un profilo del settore, completato con i dati istat dell’ultimo decennio. Fotografia questa sicuramente utile, ma parziale poiché una conoscenza più strutturata del comparto avrebbe richiesto l’apporto conoscitivo, come solitamente accade, di enti e istituzioni locali. La seconda parte, più vicina alla vita quotidiana degli opifici e ai loro addetti, è caratterizzata da un linguaggio più discorsivo e raccoglie un faticoso lavoro on the road di conoscenza di alcune grandi imprese sul territorio. Le testimonianze orali riportate con stile colloquiale non sminuiscono, a nostro avviso, l’importanza della ricerca, ma ne esaltano semplicemente la genuinità conoscitiva. Si invita pertanto il lettore ad una valutazione indulgente nei riguardi di un testo che si è proposto di stimolare, con un pizzico di ambizione, una maggiore curiosità nei riguardi del settore tessile in Valle d’Itria, nato dalle abili mani dei sarti, cresciuto nelle fiere dei cappottari ed evolutosi sul mercato internazionale».
Gualchiera: antico macchinario usato negli opifici per battere la lana |
Nel preambolo la giornalista dichiara che: «lo studio ha inizio con cenni sulle origini della tessitura, rintracciandone la prima produzione nel Neolitico, quando l’uomo utilizza fibre vegetali come il lino. … La città (Martina Franca), nell’ultimo secolo, ha fatto del manifatturiero il settore trainante della sua economia, guadagnandosi l’appellativo di città dei sarti. Una storia ricca di tradizione accompagna questa area della Valle d’Itria negli anni del miracolo economico, nel passaggio dalla bottega sartoriale alle prime forme di industria. Un percorso storico, quello del secondo dopoguerra, che vede come protagonista la gente comune: gli infaticabili lavoratori, che con i loro prodotti hanno saputo conquistare un mercato dapprima locale, poi regionale e infine meridionale, grazie anche alle fiere paesane e che oggi vede, invece, i discendenti operare anche sul mercato internazionale. … Gli anni Ottanta e Novanta rappresentano, per la maggior parte di questi opifici, il periodo caratterizzato da un boom economico su scala nazionale e internazionale. Le ditte crescono di anno in anno garantendo una popolazione aziendale di tutto rispetto; a Martina Franca, in quel periodo, tre donne su cinque sono occupate in azienda, fattore nuovo per questa realtà urbana che si estende ai territori circostanti. Ogni strada ha il suo piccolo laboratorio, una popolazione che cresce nella sana consapevolezza di creare un capo bello e di qualità. Ma proprio quando le aziende della città sembrano affermarsi sui mercati esteri, grazie anche a marchi registrati, sopraggiunge la grande crisi del 2008, che dall’America investe l’Italia ed anche Martina Franca, strettamente legata da intensi rapporti commerciali al territorio oltre oceano. … le concause della crisi vanno ricercate anche nell’introduzione di prodotti provenienti dall’Est, soprattutto della Cina, con costi bassissimi. … Dunque si è entrati in una congiuntura di crisi notevole, in quanto le imprese locali perdevano importanti commesse, dirottate verso i Paesi del così detto Far East. I piccoli imprenditori, non preparati a questo cambiamento, hanno reagito con tagli occupazionali ai loro laboratori, o scegliendo, in alcuni casi, di esternalizzare la produzione stessa. Questo studio si propone, attraverso una ricognizione delle aziende, di descrivere, mediante alcuni esempi campione, quella che oggi è la tipologia di produzione locale e le strategie aziendali adottate per realizzarla. … Alla descrizione dell’operosità imprenditoriale è stato aggiunto poi uno studio che si apre su più fronti di analisi, raccogliendo il maggior numero di informazioni possibili. … Dai dati Istat regionali si è passati alle fonti bancarie, a quelle sindacali, per terminare con un monitoraggio degli istituti scolastici adibiti alla formazione professionale per il settore. Nulla è stato trascurato, cercando di amalgamare conoscenze in un percorso analitico che ha voluto evidenziare quanto il settore tessile sia stato, e sia tuttora, importante per la città di Martina Franca. La nostra analisi ha dato vita a temi di lavoro e ipotesi interpretative sulle dinamiche del comparto, interrogandosi su quali possono essere le scelte da operare per risollevare dalla crisi questo settore dell’economia martinese, e quali possano essere gli investimenti più idonei per favorire la collaborazione fra imprenditori finalizzata al raggiungimento di una qualità di comparto superando così l’ormai anacronistica idea del piccolo è bello».
Palazzo Ducale di Martina Franca (TA) |
Invece nell’introduzione il Prof. Federico Pirro sottolinea come: «lo studio di Evelina Romanelli … ha inteso ricostruire le dinamiche di un comparto dell’industria locale che costituisce tuttora, pur all’indomani di una severa ristrutturazione selettiva che lo ha investito dalla metà dello scorso decennio, uno dei punti di forza dell’economia non solo di Martina Franca, ma dell’intera provincia ionica. Un settore, quello delle confezioni di capospalla, che nel suo decorso storico ha preso origine, com’è noto, dalla antica tradizione dei cappottari martinesi che diedero vita a lungo ad un nucleo apprezzabile, per laboriosità e intraprendenza commerciale, di proto manifatture cittadine, sorte peraltro proprio agli albori della storia industriale regionale. Ricostruendo così le dinamiche del settore alla luce di documentazioni aziendali purtroppo non abbondanti … l’autrice compie una prima ricostruzione storica che … giunge ad alcune valutazioni sulla storia del comparto e di alcuni dei suoi protagonisti che possono, ad avviso di chi scrive, considerarsi condivisibili. La prima di tali conclusioni … ha rilevato come, una volta evolutosi storicamente verso la produzione di capi ben diversi dai primi cappotti destinati ai mercati locali, il comparto sia rimasto poi per così dire imprigionato nei limiti microaziendali e fortemente individualistici in cui era venuto formandosi e crescendo. Decine furono infatti i piccoli laboratori, guidati sempre e soltanto da self made men e spesso dai loro familiari, con produzioni quasi simili e perciò inevitabilmente concorrenti che vennero affacciandosi con i loro capi su mercati ben più ampi di quelli dell’hinterland della Valle d’Itria; e tuttavia tali microaziende mai si sono aggregate in prime strutture consortili, utili non solo per commercializzare i prodotti finali, ma anche per tentare ad esempio acquisti in gruppo di materie prime a prezzi più convenienti per tutti. Insomma, belle individualità microimprenditoriali quelle martinesi, cadute però per un lungo periodo della loro storia … nell’individualismo più ostinato, certamente capaci di organizzare diffuse filiere di produzioni a façon per contenere il costo del lavoro, ma raramente disponibili ad impiegare in azienda professionalità esterne più mature ed esperte, nel design, nel marketing, nel controllo di gestione e nella finanza d’azienda, di quelle reperibili solo nell’artigianato e nelle micro manifatture martinesi: professionalità capaci cioè di far compiere ad esse un salto di qualità verso beni confezionati con maggiore attenzione ai trend mutevoli della moda e all’efficienza gestionale della società. Persistenti limiti organizzativi, nitidamente ravvisati e descritti nell’analisi dell’autrice nelle piccole industrie di confezioni locali, che in realtà hanno riguardato – ed è questa la seconda conclusione cui giunge lo studio della Romanelli – anche le aziende più grandi, emerse come tali dopo la dura ristrutturazione selettiva dell’ultimo decennio, grazie alla migliore qualità dei loro capi e ad una più ampia, ma non ancora ottimale, articolazione interna delle loro strutture. Tali industrie – pur meritando vivo apprezzamento per i riconoscimenti ottenuti su mercati nazionali ed esteri, ben più esigenti di quelli locali – in realtà, almeno sino ad oggi, non hanno innestato, se non in qualche caso limitato, figure manageriali negli organigrammi aziendali che così sono rimasti fondati in larga misura sull’attività peraltro instancabile di figli e parenti di coloro che avevano fondato le varie società. Anche il contesto territoriale, in realtà, non ha saputo contribuire alla crescita culturale e manageriale dell’imprenditoria martinese, se è vero che solo di recente si è voluto tentare il riavvio, peraltro non ancora completato, di un Centro servizi che era stato pensato come struttura di supporto avanzato alle aziende del settore.
Presentazione del libro della Romanelli |
La stessa possibilità di localizzare su Martina Franca il Corso di laurea in Scienze e tecnologie della moda, istituito presso l’Università di Bari, è naufragata non solo per i vincoli posti a tali corsi di nuova istituzione dalle normative nazionali sul riordino degli Atenei, ma anche per i sostanziali ritardi emersi localmente nella soluzione dei problemi logistici legati all’individuazione delle sedi in cui svolgere le varie attività formative. Ora, rilevati alcuni limiti strutturali di tante piccole aziende locali, … sarebbe tuttavia un errore, a nostro avviso, ritenere che il comparto dei capospalla di Martina Franca sia destinato a soccombere sotto l’imperversare del vento gelido della globalizzazione. Induce infatti un sia pur moderato ottimismo la constatazione – evidente anche nell’analisi della Romanelli – che un nucleo di medie industrie del comparto è riuscito in ogni caso a costruirsi una presenza qualificata su alcuni grandi mercati nazionali ed esteri, imponendo marchi e qualità dei propri beni. Allora, se questo è fortunatamente avvenuto e affinché tali risultati che restano un segnale di ragionata speranza – non siano vanificati nei prossimi anni, è necessario che da subito tutti – imprenditori, sindacati, istituzioni elettive, Enti economici, istituti di credito, scuole e Università, per quanto di rispettiva competenza – creino sinergicamente quel sistema flessibile ma resistente di supporti e di best practices aziendali utili per rilanciare il comparto, migliorandone la competitività e difendendone l’occupazione. Se questo accadrà – ed è negli auspici di tutti coloro che hanno veramente a cuore le sorti di tale segmento non irrilevante dell’industria pugliese – allora si potrà affermare che anche la ricerca della Romanelli … avrà contribuito a focalizzare non solo le criticità ma anche i persistenti punti di forza dell’industria martinese dell’abbigliamento».
Si ritiene che quanto detto, sia dalla dr.ssa Romanelli nelle avvertenze e nel preambolo che dal Prof. Federico Pirro nell’introduzione, abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità dell’opera presa in esame. Di grande utilità sono la bibliografia, la sitografia, l’apparato fotografico, le tabelle e l’appendice. Un libro meritevole di attenzione che si consiglia di leggere a coloro che sono interessati alla storia dell’industria italiana ed in particolare a quella pugliese.
Titolo: Il Made in Italy in Valle d’Itria tra storia e cronaca
Autore: Evelina Romanelli
Editore: Edizioni Nuove Proposte
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