La battaglia di Pollenzo (402 d.C.)


Lo scontro armato della pianura di Pollenzo si svolse il 6 aprile del 402[1] d.C. Si deve ritenere come il tentativo dei Romani, capeggiati da Flavio Stilicone[2] (359 pressappoco-Ravenna, 22 agosto 408 d.C.), di espellere dall’Italia i Visigoti[3] di Alarico I[4] (370 più o meno-Cosenza, 410 d.C.) a causa delle razzie[5] compiute ai danni dei centri abitati della pianura padana e del blocco militare[6][7] organizzato intorno alla località[8] di Milano[9][10].

Dittico di Stilicone con la moglie

Dalla Rezia[11] Stilicone giunse con truppe e mezzi militari, riuscendo ad allontanare da Milano Alarico, che si incamminò verso Asti. Le milizie romane affrontarono i Visigoti in prossimità di Pollenzo (Cuneo), ottenendo una strepitosa vittoria.

Stilicone aveva a disposizione fanti romani, guerrieri barbari e cavalieri alani[12], guidati da Saulo, uniti da un patto di alleanza con Roma, mentre Alarico poteva contare su combattenti visigoti e carri usati per trasportare rifornimenti, viveri e armi.

SVOLGIMENTO DELLO SCONTRO ARMATO
Raffigurazione di Alarico I

Stilicone sistemò la cavalleria di Saulo ai lati dei militi romani che andarono a costituire il nucleo centrale delle truppe e si preparò a dar battaglia. I Visigoti, cristiani ariani, credendo che i Romani non avrebbero iniziato un combattimento nel giorno della risurrezione di Gesù Cristo (Pasqua), avevano piantato le tende e stavano partecipando alla messa.

La battaglia fu avviata dallo schieramento laterale delle forze armate romane, cioè dalla cavalleria alana condotta da Saulo. Essa guadò il Tanaro[13] e aggredì i Visigoti, impegnati a festeggiare con solennità la Santa Pasqua (gli Alani invece non erano cristiani e quindi per loro non vi era alcuna difficoltà). I cavalieri alani andarono incontro a una feroce resistenza da parte dei Visigoti, capeggiati da Alarico, i quali riuscirono a uccidere il loro condottiero Saulo e ad avere la meglio: proprio allora entrarono in azione i soldati romani, guidati da Stilicone.

I Romani, con una manovra di accerchiamento, ebbero la capacità di superare i Visigoti e di schiacciarli contro la montagna denominata San Vittore che scende a piombo sul Tanaro. In quel momento i guerrieri di Alarico, non potendo allontanarsi a causa del corso d’acqua, subirono una rovinosa sconfitta e perirono in gran numero.

Sarcofago di Stilicone – Milano

I Romani riuscirono pertanto ad introdursi nel campo goto e a recuperare il bottino dei saccheggi fatti dai barbari dallo scontro armato di Adrianopoli (378 d.C.) fino ad allora. Vennero imprigionati pure alcuni parenti di Alarico[14].

Le truppe romane e quelle visigote si fronteggiarono l’anno seguente nel combattimento di Verona.

BIBLIOGRAFIA

AA.VV., La Grande Storia, RBA ITALIA, Milano 2016;

BADEL – H. INGLEBERT, L’Impero Romano in 200 mappe, Leg, Gorizia 2015;

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PANI – E. TODISCO, Storia romana, Carocci, Roma 2008;

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ZIOLKOWSKI, Storia di Roma, Bruno Mondadori, Milano 2006.

[1] Clemente, G. Guida alla storia romana. Milano: Arnoldo Mondadori, 1985, p. 311.

[2] Magister militum delle forze armate romane.

[3] Popolazione originaria della penisola scandinava, facente parte del raggruppamento sociale autonomo, con proprio ordinamento e proprio capo, dei Goti.

[4] Sovrano dei Visigoti dal 395 d.C. al suo decesso.

[5] Pani, M.; Todisco, E. Storia romana. Roma: Carocci, 2008, p. 372.

[6] Spinosa, A. La grande storia di Roma. Milano: Arnoldo Mondadori, 1998, p. 509.

[7] Frediani, A. Gli ultimi condottieri di Roma. Roma: Newton & Compton, 2001, p. 89.

[8] Badel, C.; Inglebert, H. L’Impero Romano in 200 mappe. Gorizia: Leg, 2015, p. 252.

[9] Centro urbano romano della Regio XI Transpadana.

[10] Aa.Vv. La Grande Storia. vol. XV. Milano: RBA ITALIA, 2016, p. 64.

[11] Provincia dell’impero romano che comprendeva l’attuale Alto Adige, la Baviera meridionale, una porzione della Svizzera e dell’Austria occidentale.

[12] Popolo senza dimora stabile di etnia iranica.

[13] Secondo corso d’acqua per estensione del Piemonte.

[14] De Jaeghere, H. Gli ultimi giorni dell’impero romano. Gorizia: Leg, 2016, p. 276.

 


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