Che ognuno possa essere vittima e carnefice è cosa risaputa e ognuno di noi conosce le atrocità commesse durante la Seconda Guerra Mondiale. Impossibile non esserne informati, che sia a livello scolastico o mediatico.
C’è però una storia più nascosta, quella che passa inosservata perchè non appare sui libri scolastici e non fa notizia, cancellata dai colpevoli ma mai dimenticata da chi ha dovuto subire.
La storia dell’Unità 731 e degli esperimenti segreti giapponesi è una di queste.
Su questo argomento è molto interessante il saggio di Daniel Barenblatt, intitolato I medici del Sol Levante. I
Il dottor Barenblatt è attento a fornire un’analisi lucida dell’Unità 731 con una ricerca completa e una ricchissima bibliografia, utile per approfondire ulteriormente l’argomento.
L’unità 731

Attore principale delle attività dell’Unità 731 è Ishii Shiro. Di famiglia aristocratica, Ishii è un brillante medico e ricercatore giapponese. Divenuto medico militare dopo la laurea, già dal 1927 cerca di convincere il governo giapponese della necessità della ricerca sulle armi biologiche. Entra, quindi, in contatto con un gruppo di dirigenti particolarmente aggressivi, che fanno in modo che le sue proposte trovino campo favorevole.
Nel 1931, dopo l’incidente di Mukden, il Giappone invade la Manciuria e Ishii inizia a lavorare presso l’Istituto di medicina dell’esercito di Tokyo. Insieme a lui c’è Koizumi Chikachiro, colonnello dell’esercito, più che convinto che quel giovane e brillante medico debba avere il campo libero per provare le sue teorie.
Ishii è bravo ad affascinare chiunque, è il tipico genio che dentro di sé nasconde un enorme ego e l’assoluta certezza che in nome della scienza si possa passare sopra qualsiasi cosa. La sua lucida analisi lo porta a considerare l’ipotesi di usare quelle che chiama “razze inferiori” nelle sue ricerche. In questo è aiutato dal diffuso razzismo della società giapponese nei confronti dei popoli sottomessi.
L’occupazione della Manciuria gli da la possibilità di espandere i suoi laboratori e di coronare il suo più grande desiderio: la sperimentazione delle sue ricerche su esseri umani.

La base di Ishii si trova ad Harbin, in una vecchia distilleria abbandonata. Tuttavia il luogo si rivela non essere abbastanza grande per i suoi progetti e viene fatto erigere un nuovo centro a Beinynhe, a 100 km da Harbin. E’ qui che viene costruita una sorta di fortezza con mura, filo spinato e recensioni elettrificate.
La prigione ospita sia criminali comuni che prigionieri di guerra e politici. E’ su di loro che iniziano gli esperimenti.
I prigionieri subiscono ogni tipo di esperimento. Dissanguati per vedere sino a che punto si può prelevare sangue, sezionati per studiarne gli organi, usati in esperimenti sull’elettrocuzione. Gli organi vengono spediti a Tokyo e presto si iniziano a realizzare anche filmati delle dissezioni.
Nel 1934, dopo la fuga di alcuni prigionieri giapponesi, si decide di costruire un campo in un luogo ancora più lontano, dove condurre finalmente gli studi in maniera più estesa e dal quale nessun progioniero possa fuggire.

L’orrore di Pingfan
Pingfan è una località a 26 km da Harbin ed è qui che viene costruito il nuovo complesso di laboratori. Nel 1941 esso viene battezzato Unità 731, sebbene il campo sia attivo già dal 1936.
Ishii inizia a lavorare sul suo progetto primario: la guerra batteriologica. Per lavorare correttamente, egli afferma, i soggetti devono essere vivi.
Le cavie umane vengono sezionate ancora in vita dopo essere state infettate con le più svariate malattie. Uno degli studi più importanti riguarda la sifilide. Le donne sono infettate e poi costrette ad avere rapporti sessuali forzati con altri prigionieri. Successivamente si osserva il decorso della malattia nel soggetto sano.

Esperimenti senza nessuna logica vengono compiuti solo per soddisfare curiosità scientifiche, come l’amputazione di mani che vengono poi attaccate al contrario. Non mancano neppure esperimenti sul congelamento o, al contrario, sull’esposizione a fonti di calore molto alte.
Gli esperimenti riguardano anche la popolazione esterna. Torte di riso e dolciumi infetti sono distribuiti agli abitanti dei villaggi e si allevavano pulci da infettare col tifo. Pozzi vengono avvelenati e si diffondono epidemie di peste.
I risultati sono soddisfacenti, tanto che si inizia ad usare la guerra batteriologica in più territori della Manciuria, persino dopo la resa del Giappone, il 15 agosto 1915. Gli ultimi tecnici aprono le stalle del centro e fanno uscire sessanta cavalli malati di morva e liberano migliaia di ratti infettati di peste.
La guerra è finita e il numero delle vittime è di più di 540.000 unità.

I superstiti e i parenti non hanno mai avuto il giusto riconoscimento, perchè da dopo la fine della guerra si è cercato di far sparire ogni traccia dell’Unità 731. Gli americani conoscono già da diverso tempo la sua esistenza, sicuramente sin dal 1944. I sovietici istituiscono un processo per condannare i colpevoli e, si appropriano della documentazione relativa agli esperimenti, per usarne le informazioni.
I diretti responsabili finiscono la propria carriera come stimati medici e professionisti, senza che la giustizia degli uomini possa in nessun modo punirli.
Numerose cause sono state intentate ma il Giappone ha ignorato ogni voce per decenni, per cancellare per sempre questa infamante parte della sua storia .