Vita quotidiana degli Egizi – Franco Cimmino

Franco Cimmino è venuto alla luce nella città di Cosenza. Laureatosi all’Università degli studi di Napoli, ha frequentato diversi corsi di specializzazione in Egittologia a Cambridge ed a Parigi. È socio della Société Francaise d’Egyptologie di Parigi, della Egypt Exploration Society di Londra, della Fondation Egyptologique Reine Elisabeth di Bruxelles e della Société d’Egyptologie di Ginevra. Ha dato alle stampe: Ramesses II il Grande, Akhenaton e Nefertiti: storia dell’eresia amarniana, Pahor l’egiziano, Hašepsowe e Tuthmosis III.

Di particolare importanza per una piena comprensione del volume Vita quotidiana degli Egizi[1] (pubblicato nel mese di marzo del 2003) risulta la prefazione. Nella stessa Franco Cimmino dichiara che: «quando ci si appresta a trattare un aspetto qualsiasi della civiltà dell’antico Egitto, ci si trova di fronte al problema di non poter assolutamente prescindere da alcuni argomenti che sono consueti e scontati per lo studioso, ma non lo sono per la gran parte dei lettori non specializzati. Il faraone, autocrate per discendenza divina; gli dei dal corpo umano con testa animale; le piramidi, tanto straordinarie da far pensare ad alcuni che fossero molto più di quello che in effetti sono; le mummie, il cui fascino macabro è stato sfruttato a sproposito in mille modi; i templi grandiosi; le tombe piene di tesori incalcolabili, anche se di intatte ne sono state ritrovate molto poche; i papiri, dai quali alcuni aspettano miracolose rivelazioni: tutto questo per molti è l’Egitto. Spesso si tratta di nozioni disordinate che, mescolate confusamente, non possono gettare la minima luce su una grande civiltà del passato alla quale, per peggiorare lo stato delle cose, si sono in epoche diverse richiamati scienze esoteriche, studi di magia e di astrologia – eppure l’Egitto non considerò affatto l’astrologia come noi la intendiamo oggi e solo in epoca tolemaica conobbe lo zodiaco – aumentando spesso lo sconcerto e l’errore o, nel migliore dei casi, generando una informazione distorta e incompleta. La civiltà dell’antico Egitto, che si sviluppò ininterrottamente per circa tremila anni, fu il frutto di favorevoli coincidenze: un clima caldo e arido, ma la mancanza quasi assoluta di pioggia nella Valle era compensata dalla benefica piena annuale del Nilo; una popolazione relativamente scarsa e accentrata nelle regioni del Delta e nella lunga e stretta fascia coltivabile della Valle; risorse più che sufficienti ai bisogni della popolazione; un quasi isolamento che lasciava però aperti sbocchi ai contatti con altri popoli. La civiltà egiziana dell’epoca storica fu possibile soprattutto grazie a un fattore del quale non è facile afferrare completamente l’importanza: un sistema burocratico e amministrativo, capillare e onnipresente, che seppe sfruttare ed esaltare i doni naturali del Paese e le doti dei suoi abitanti. La prosperità dell’Egitto fu merito della sua capacità di organizzazione del lavoro, dell’unità della direzione politica, dell’utilizzazione di ogni risorsa ed energia da parte di un potere assoluto ma non tirannico. Quando si verificarono cedimenti da parte dell’autorità, con conseguente indebolimento dell’amministrazione centralizzata, si ebbero, infatti, fenomeni diffusi di anarchia e disgregamento, e insorsero tentativi di autonomia, sempre con risultati negativi per il Paese.

Agricoltuta nell’antico Egitto

Per questo una Vita quotidiana degli Egizi non può prescindere da alcune indicazioni di base la cui utilità sarà sempre più chiara man mano che si procederà nella lettura dei capitoli più particolarmente dedicati alla società egiziana, all’uomo comune egiziano, alla sua vita, ai suoi problemi, ai suoi rapporti con l’autorità e con gli dei. Si dovrà parlare quindi della storia dell’Egitto, del faraone, dei funzionari dello stato, si dovrà parlare degli dei d’Egitto; ma di questi argomenti si farà cenno quel tanto che basta perché il lettore possa più facilmente collegare una notizia a una certa epoca storica e perché possa comprendere meglio alcuni atteggiamenti che non parrebbero logici se non avessero la giustificazione di profonde credenze religiose. In questo libro … si parlerà delle piramidi solo per chiarire alcuni concetti sul perché furono costruite e per sfatare molte errate affermazioni ancora correnti, non per descriverle. In tal modo sarà più agevole affrontare il problema dell’uomo e quello delle scienze, delle tecnologie, del diritto, della letteratura che l’uomo produsse. Si è tentato di farlo sempre tenendo presente lo scopo di questo libro che è quello di far conoscere, per quanto possibile, la vita quotidiana degli abitanti dell’Egitto antico sotto un aspetto particolare, che è quello del rapporto diretto dell’uomo con le istituzioni del Paese.

Scriba

Le fonti originarie sono quanto mai precarie e per questo non deve essere attribuita a disinformazione l’interpretazione a volte contraddittoria che di uno stesso fatto possono dare autori molto qualificati. Gli Egizi scrivevano molto ma ci hanno lasciato solo documenti, non trattati: non hanno scritto un compendio delle loro leggi, ma ci sono pervenuti molti atti di archivio concernenti processi. Gli studiosi hanno dovuto quindi risalire faticosamente, dall’esame dei singoli incartamenti, fino a delineare, sia pure in forma approssimativa, le concezioni del diritto privato, di quello pubblico, di quello internazionale, di quello testamentario, di quello penale, del diritto procedurale. Non abbiamo finora rinvenuto regolamenti catastali che ci aiutino a comprendere e a delineare con precisione il diritto di proprietà, ma ci sono pervenuti molti atti dai quali è possibile dedurlo. …  Lo stesso accade per la medicina: ci sono pervenute ricette, diagnosi, formulari, promemoria, ma non veri trattati. Nel campo della geometria e della matematica conosciamo problemi e soluzioni esatte di questi problemi, ma non ci è pervenuto nessun testo che ci spieghi il processo attraverso il quale si giunse a tali soluzioni. Agli occhi degli studiosi gli Egizi ebbero la grave colpa di descrivere e registrare i fatti a posteriori e di non aver mai pensato di esprimere norme, regole e concetti in precedenza; questa mancanza di fonti precise rende precarie e discutibili molte ricerche su argomenti specifici che non avranno mai il conforto della certezza assoluta. La nostra conoscenza dello sviluppo scientifico nell’antico Egitto è data dai ritrovamenti ed è quindi suscettibile di ampliamento solo a patto di nuove scoperte, sempre possibili. Di volta in volta, quando si parlerà delle singole scienze si chiarirà quali sono le fonti esistenti, quali studi sono dedicati al loro esame e quali risultati sono stati raggiunti. Qualche lettore proverà una delusione nel sapere che il livello raggiunto dagli Egizi nel campo della matematica non era affatto superiore a quello dei vicini popoli mesopotamici nello stesso periodo storico; qualcuno avrà invece la sorpresa di scoprire che nel campo della chirurgia ossea gli Egizi ebbero intuizioni incredibilmente valide.

Cosmesi nell’antico Egitto

Ma dalla lettura di questo libro apparirà in fondo una verità incontestabile: quel popolo che Erodoto definì il più religioso del mondo sviluppò paradossalmente la ricerca scientifica in modo assolutamente pragmatico e utilitaristico, limitando ovunque l’astrazione disinteressata e la ricerca pura dettata dalla curiosità. Le note aggiunte chiariranno alcuni punti, citeranno fonti accessibili a tutti, opere di carattere particolare, documenti; ma il lettore tenga sempre presente che quando si citano scrittori greci, come Erodoto o Diodoro Siculo, si fa riferimento ad autori che erano lontani a volte più di duemilacinquecento anni da alcuni dei fatti riportati; che la loro ricerca era più curiosa che erudita e che nei loro scritti molto era riferito per sentito dire più che per testimonianza diretta. Gli Egizi hanno scritto molto poco della loro vita quotidiana; anche per quanto concerne l’uomo e la società lo studioso ha dovuto risalire dal documento o dal gruppo di documenti fino a delineare uno schema probabile di sistema sociale. Le testimonianze più numerose si trovano nei rilievi e nelle pitture, nelle figurine, nei modellini rinvenuti nelle sepolture; ma la tomba del povero non può dare quasi mai notizie sufficientemente ampie. Sono le tombe degli alti funzionari dello stato faraonico, dei nobili, dei grandi sacerdoti, dei soprintendenti che hanno prodotto la documentazione più stupefacente e viva dell’esistenza quotidiana dell’uomo comune. … L’abitudine di alternare nelle tombe la rappresentazione delle scene a didascalie piene di vivacità e immediatezza ha giovato molto agli studiosi per definire anche il carattere degli abitanti dell’antico Egitto. Naturalmente in un lungo arco storico di quasi tremila anni si trovano epoche per le quali la documentazione è più abbondante e altre per le quali essa è minima, o si da il caso di una maggiore informazione in un campo e di una minore conoscenza di altri. Si è cercato di comporre col materiale disponibile un panorama della vita dell’uomo nell’antico Egitto senza cedere al richiamo allettante ma pericoloso di comparazioni e raffronti col quale lo spirito di intuizione si trova a dover contrastare, spesso con rammarico. La civiltà dell’antico Egitto ebbe una vita molto lunga. Se l’Egitto storico fosse nato nell’anno della fondazione di Roma, oggi saremmo ancora all’epoca tolemaica e dovrebbero trascorrere ancora circa cinquecento anni prima dell’ultima iscrizione geroglifica conosciuta, che risale al regno di Teodosio, datata al 24 agosto del 394 d.C. In un arco di tempo così lungo ogni attività umana subì naturalmente processi di sviluppo e notevoli influenze: l’apparente immobilismo dell’Egitto faraonico è una affermazione da sfatare senza esitazioni. Data la lentezza dei progressi tecnici nel periodo che va dalla fine del IV millennio a.C. all’inizio della nostra era, possono essersi verificate evoluzioni più lente in certi campi e più rapide in altri, ma è giusto che anche il lettore non specialista sappia che questo presunto e spesso conclamato immobilismo è solo apparente.

Fabbricazione della birra

Per comprendere le civiltà del passato nella loro vera essenza si deve guardarle quasi sempre con disposizione scevra da pregiudizi: bisogna avere l’umiltà di riconoscere che le civiltà classiche della Grecia e di Roma non furono né le più antiche né le più alte, e che la Grecia e Roma molto appresero da popoli che assai prima di loro, e quasi sempre in modo autonomo, riuscirono faticosamente a emergere dal confuso mondo della preistoria. Tra le civiltà più antiche, quella dell’Egitto, forse più di ogni altra, ci permette di seguire alcune fasi del processo evolutivo che fu soprattutto opera dell’uomo, della sua capacità di adattamento all’ambiente, della tenacia che usò per trasformarlo, del suo interesse in ogni campo. Nei graffiti rupestri dell’Alto Egitto è possibile seguire il percorso di questa attività umana dall’epoca preagricola ai primi stanziamenti. Le leggende hanno tramandato in forma mitologica il ricordo di tale processo evolutivo. Al Demiurgo creatore succedette una dinastia divina e gli dei furono i re dell’Egitto, poi vennero i re saggi semidivini e quindi i sovrani terrestri che attuarono l’unificazione del Paese. Questo libro inizia nel momento in cui l’uomo egiziano esce dal clan predinastico per diventare cittadino di uno stato, quello faraonico, che sorse tra la fine del IV e l’inizio del III millennio a.C. e finì praticamente nel 343 a.C. In quell’anno l’ultimo sovrano, Nectanebo II[2], scomparve nell’Alto Egitto senza lasciare traccia, durante la campagna che il re di Persia, Artaserse III Oco, intraprese contro di lui a capo di una armata di oltre 300.000 soldati ai quali il faraone non poteva opporne che 100.000, dei quali 20.000 mercenari greci e 20.000 mercenari libici. Infine, nel 332 a.C., Alessandro Magno conquistò il Paese strappandolo ai Persiani; ma l’Egitto aveva esaurito ogni possibilità di reazione e la prova della sua decadenza è data dalla profonda soddisfazione con cui accolse l’abile Macedone che ne onorò gli dei e che volle farsi riconoscere sovrano dal dio Amūn nell’oasi di Siwa. L’Egitto entrò quindi a far parte di quel mondo orientale che cominciava a subire in forma pressante l’influenza ellenistica; le vecchie idee egiziane divennero oggetto di studio e furono molto spesso interpretate in modo distorto. Anche la dinastia tolemaica dei Lagidi, fondata da Tolomeo I Soter, governatore del paese dopo la morte di Alessandro Magno e proclamatosi poi sovrano, era una stirpe straniera che per calcolo politico si riallacciò alle dinastie faraoniche, ma che in effetti era macedone, e quindi greca. Quando Roma fece dell’Egitto una provincia dell’impero, la civiltà del Paese era ormai l’ombra di se stessa. L’uomo egiziano non aveva più la luce del suo faraone Vita-Forza-Salute, e lentamente dal suo animo scomparvero anche gli dei che lo avevano guidato e nei quali aveva creduto.   

Si ritiene che quanto detto nella prefazione dall’autore abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del saggio preso in esame. Di grande utilità sono le illustrazioni, le numerose note a piè di pagina e la corposa bibliografia. Un’opera meritevole di notevole attenzione che si consiglia di leggere e regalare a coloro che sono interessati alla vita quotidiana degli Egizi, oltre che più in generale alla storia e civiltà dell’Antico Egitto.

[1] Si ricorda l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. La vita di ogni giorno nell’antico Egitto; https://www.storiedistoria.com/2016/12/la-vita-di-ogni-giorno-nellantico-egitto/ [19 dicembre 2016].

[2] Si menziona l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Nectanebo II: l’ultimo faraone della XXX dinastia; https://www.storiedistoria.com/2018/02/nectanebo-ii-lultimo-faraone-della-xxx-dinastia/ [21 febbraio 2018].

Titolo: Vita quotidiana degli Egizi 

Autore: Franco Cimmino

Editore: Bompiani

Pagg. 365

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