Presentazione del libro “Brusacristi – L’eredità del Lupo” di Vincenzo Cortese.
Vincenzo Cortese nasce a Napoli nel 1972 e, fin dall’infanzia, ama fantasticare.
Conseguita la laurea nel 1999, dopo la breve parentesi del servizio di Leva in Aeronautica Militare, si dedica alla professione di Medico Veterinario. In quel periodo inizia ad approfondire l’inclinazione per la scrittura e lavora al primo romanzo, Anuir, un Fantasy. Spaziando dal genere Fantasy a quello storico continua a scrivere riuscendo a pubblicare i primi tre libri.
Ama le sfide e ha sperimentato anche il genere Thriller, con tre romanzi sempre di ambientazione storica.
“Brusacristi – L’eredità del Lupo” è un thriller storico ambientato tra il Medioevo e l’età contemporanea e nasce come esperimento social su un gruppo di lettura a tema Thriller di Facebook: “Thriller storici & dintorni”. Molti membri del gruppo, infatti, hanno accettato con entusiasmo l’invito a che i propri nomi compaiano nel libro in veste di altrettanti protagonisti. Ogni personaggio, quindi, rappresenta una sorta di Avatar letterario.
Altre pubblicazioni dell’autore:
“Anuir il segreto di Halamon” Giraldi editore 2006 (Fantasy); “Lo Specchio di Gerberius” nella Raccolta la “Penna Oltre il Camice Belvedere” editore 2007 (Fantasy), “Corsa a Levante” Edizioni Il Ciliegio 2013 (Storico-Avventuroso), “Euandros e altre Fabulae” (raccolta di racconti Fantasy ispirati alle leggende napoletane); “Xerion – La leggenda del Cavaliere senza Croce” (Thriller multitemporale scritto dietro lo pseudonimo di R. J. Harriman); “1943 – Le Giornate di Napoli” (Romanzo Storico scritto dietro lo pseudonimo di R. J. Harriman); “Caragarthos – La Pietra di Thol Dhruwid” (Romanzo Fantasy); “Castelbrigante e altri racconti” (Raccolta); “I delitti del Filosofo ignorante” (Thriller storico ambientato nella Napoli del 1799).
Contatti dell’autore: corvin.vet@libero.it
SINOSSI
Anno del Signore 1253. Dopo la strage di Montsegùr, la comunità dei catari d’Occitania è costretta a una “diaspora” che conduce molti dei sopravvissuti, condannati dalla Chiesa di Roma come eretici, a lasciare la Francia e cercare rifugio in Italia. In questo romanzo narro in particolare dei catari di Concoretio, le cui vicende trovarono un triste epilogo a Verona sotto l’egemonia di Mastino I della Scala.
A distanza di secoli da questi eventi, Valentina Colombo, una giovane semiologa, riprende la ricerca interrotta dal defunto professor Benjamin Sartre intorno alla bibbia catara di Guillaume de Lavaur, un libro le cui tracce si persero nel XIII secolo. Verranno riportati all’attualità gli echi di un antico patto.
ESTRATTO
Credo
Barlassina – Foresta di Seveso, 6 di aprile dell’Anno del Signore 1252.
Apparvero all’improvviso sullo sfondo di un cielo terso. Due candidi lampi lungo la linea del crinale. Le pieghe delle nivee tuniche ondeggiavano sotto cupe palandrane e riflettevano il sole tenace dei primi di aprile.
Non erano semplici frati e avanzavano con passi lenti, cadenzati sul limitare del sentiero che attraversava l’aperta brughiera, l’avanguardia di una fitta selva che occupava il pendio volto a settentrione.
Camminavano in silenzio e la curva di quel tratto di sterro li aveva celati ai due uomini appostati all’ombra di una faggeta.
Pietro Porro da Balsamo, detto Carino, e suo fratello Albertino, detto il Magnifico attendevano il loro arrivo sin dalle prime luci dell’alba. Nello scorgerli, i due giovani sicari si levarono in piedi di colpo chiedendosi che fine avessero fatto gli altri tre domenicani del seguito.
Sapevano che gli uomini della sacra Militia, l’orda di mercenari che si era radunata attorno all’inquisitore veronese, non avrebbero fatto parte della sua scorta, ma apparve a entrambi strano che la sorte avesse loro arriso al punto che Pietro Rosini fosse in compagnia di uno solo dei suoi sodali.
Carino sfiorò nervosamente il muso umido di uno dei due cavalli affidatigli dai nobili di Giussano. Erano stati gli sbruffi delle bestie, disturbate dai passi strascicati dei monaci, a sottrarli al sopore che aveva colto lui e Albertino sul tronco divelto di una decrepita quercia.
Non era solo il nome che accomunava lo scapestrato balsamese all’austero inquisitore del Papa, c’era qualcosa di più profondo e fatale che avrebbe legato i due uomini con un nodo indissolubile.
Carino lo riconobbe, nonostante il Priore di Sant’Eustorgio tenesse il cappuccio calato sul viso pallido e grifagno per proteggersi dal sole.
I denti stridettero, l’occasione era troppo propizia. Nello scostare dagli occhi un ciuffo di biondi riccioli intrisi di sudore, Carino s’imbatté negli occhi verdi del fratello, che aveva preso a squadrarlo, incerto sul da farsi. «Carìn!» sussurrò quest’ultimo, un ragazzotto robusto e dall’aria sveglia. Gesticolava con ansia in direzione dei due frati che avevano appena imboccato il sentiero. Di lì a poco sarebbero arrivati dritti a loro. «E gli altri? Ne mancano ben tre».
Carino confermò con un grugnito aspettandosi, da un momento all’altro, che spuntassero dalla cresta le sagome del resto della combriccola del Priore. Erano in cinque i fratres predicatores che sarebbero dovuti partire dal convento di Como.
Un vento mite faceva ondeggiare le foglie frastagliate delle maestose farnie e sibilava tra le fronde dei roveri che s’innalzavano gagliardi al limite della distesa di eriche.
La mano del balsamese, tremò nel raggiungere l’elsa del lungo pugnale che teneva infilato sotto la cintura. Il pomolo premeva all’altezza delle reni.
Lo sfilò.
Titolo: Brusacristi – L’eredità del Lupo
Autore: Vincenzo Cortese
Casa editrice: self
Pagine 633