Una delle aree maggiormente indagate dagli egittologi su Akhenaton è quella relativa alla nuova città creata nella zona di Amarna.
Cimmino ricorda come al sesto anno del regno di Akhenaton risale la decisione di abbandonare per sempre la gigantesca Tebe[1], corrispondente al suo venticinquesimo anno di età[2]. La scelta della località dove gettare le fondamenta della nuova capitale fu il risultato di una scelta accurata. Si tratta di un’area desertica, molto ampia, che si estende a oriente del Nilo per circa cinque chilometri, bloccata sullo stesso lato da una catena rocciosa distesa longitudinalmente ad anfiteatro per quindici chilometri. L’area situata sul lato opposto era abbastanza spaziosa per essere destinata a coltura. Su questo vasto territorio pianeggiante, in corrispondenza dell’attuale Tell el-Amarna, sorse la nuova capitale, cui fu dato il nome di Akhet-Aton (= Orizzonte di Aton), essendo considerata il centro irradiatore della nuova fede.
La città, come osserva Aldred, fu costruita su un terreno vergine d’idolatria, non appartenente ad alcun dio né ad alcuna dea e non contaminato da alcuna religione[3]. L’iscrizione che figura su una stele di confine afferma: In verità fu l’Aton, mio padre, che mi condusse qui per erigere la città come Orizzonte dell’Aton. Ecco, il faraone trovò che la località non apparteneva a un dio, non apparteneva a una dea, non apparteneva a un principe, non apparteneva a una principessa […] Se la regina mi dicesse che esiste altrove un posto migliore per Akhet-Aton, io non l’ascolterò […] io non dirò mai che lascerò Akhet-Aton e che andrò a costruire un’altra Akhet-Aton in quel luogo più favorevole […] perché è lui (Aton) che lo ha scelto, per poterne gioire per sempre, eternamente[4].
Complessivamente vennero infisse nel terreno di confine quattordici stele[5], tre a occidente del Nilo, undici sulla parte orientale. Le tre stele più antiche sono datate al quinto anno di regno, le altre sono dell’anno successivo. La città, così delimitata, sorse rapidamente, in due o tre anni, sotto la direzione del faraone. Nel sesto anno di regno il palazzo residenziale, che occupava un’area di circa 150 metri di lato, era già in grado di ospitare Akhenaton e la sua corte. Questo palazzo era finemente decorato, molto più di quello di a Tebe, con pavimenti, soffitti e le stesse pareti dipinti a colori vivi.
Al dio Aton fu dedicato un grande tempio, sul modello dell’antico tempio solare di Heliopolis[6]. Le costruzioni che coprivano il quartiere sacro sono oggi in rovina, in quanto erette in mattoni crudi. La loro ricostruzione è resa possibile, però, dalle rappresentazioni esistenti nelle tombe di el-Armana. Il tempio presentava un grande cortile circondato da portici decorati di statue regali. Al suo centro si elevava l’altare, accessibile da una scalinata unica. Nelle immediate vicinanze del tempio sorgevano le stanze di approvvigionamento e la tesoreria del santuario. Un ampio spazio era riservato ai magazzini, separati da un cortile a forma di croce e decorato da piante verdi.
Il grande tempio dell’Aton si elevava al centro di un’immensa superficie rettangolare di 800×275 metri. I criteri edilizi e architettonici che hanno presieduto a una costruzione così vasta erano innovativi. Il rapporto teologico con l’antica concezione dei templi solari è stato mantenuto, ma lo schema architettonico è cambiato, secondo le direttive della nuova dottrina. Tutto l’edificio si contrappone all’antico modello a penetrale, dove l’immagine statuaria del dio, rinchiuso in un tabernacolo sotterraneo, era raggiungibile dai soli sacerdoti attraverso un sistema di accesso, passando progressivamente dalla luce esterna a una penombra sempre più fitta, prima di raggiungere il sancta sanctorum, grazie anche al graduale abbassamento del soffitto e al restringimento delle pareti. La piccola cappella di questi templi, contenente il tabernacolo di granito o di pietra dura nel quale era conservata l’immagine del dio, era quasi immersa nelle tenebre. Il grande tempio di Aton, al contrario, era immerso nella luce solare.
L’edificio templare di el-Amarna era ipetrale, cioè a cielo aperto. Nessuna copertura artificiale doveva ostacolare la penetrazione della luce divina. Al visitatore doveva apparire come un lungo recinto rettangolare, caratterizzato da una successione continua di cortili a cielo aperto con numerose tavole d’offerta, che dovevano consistere per lo più in fiori e frutta. La differenza principale, rispetto alle offerte dei templi tradizionali, consisteva nel fatto che esse non erano più destinate a nessuna immagine, ma presentate al sole[7].
Il grande tempio di Aton fu interamente demolito durante la XIX dinastia per ricavarne pietre da costruzione. Il grande complesso edilizio e urbanistico di el-Amarna comprendeva, oltre all’immenso Palazzo Reale (e al grande tempio all’Aton), due altri templi minori, quartieri residenziali, edifici governativi, case per impiegati e, più a est, un villaggio operaio con ampie strutture abitative, destinato a sostituire quello di Deir el-Medineh vicino a Tebe.
La città di Akhetaton era stata costruita su progetto e vantava una rete stradale molto ampia. L’arteria principale, che attraversava da sud a nord il centro ufficiale, era larga 40 metri ed era intersecata da numerose strade secondarie che collegavano la città al costone roccioso dove erano state scavate tombe a ipogeo. Questa strada, conosciuta come la Via Reale, serviva soprattutto per gli spostamenti giornalieri del sovrano, che percorreva da nord a sud, per alcuni chilometri, la sua città, alla guida del suo grande carro, simile all’Aton quando sorge all’Orizzonte, trainato da una pariglia di cavalli[8].
Una stima approssimativa della situazione demografica del nuovo insediamento urbano calcola la sua popolazione tra le 50.000 e le 100.000 persone. Si è stimato, inoltre, che le dimensioni di una normale abitazione si aggirassero intorno ai 116 metri quadrati. Molti complessi abitativi possedevano bagni e servizi igienici, una cappella cultuale, dove si venerava un’immagine del Signore, con il re e la sua famiglia inondati da un sole raggiante.
I funzionari dell’amministrazione abitavano in un quartiere residenziale, vicino al Nilo. Il nucleo abitativo aveva quasi sempre una pianta quadrata, con un numero variabile di stanze distribuito attorno a una sala ipostila centrale. I dignitari di corte erano alloggiati in ambienti domestici più agiati, dotati anche di venti stanze, senza contare il cortile e gli ampi vani di disimpegno, come le stalle, i magazzini, le officine. A queste sontuose dimore si aggiungeva, a volte, anche un giardino.
La residenza abituale del sovrano era situata nella zona settentrionale, in un palazzo totalmente immerso nella natura. Nel quartiere centrale, di fronte alla residenza privata dei sovrani, sorgeva la casa dell’epistolografo, vale a dire l’Archivio di Stato. Qui, dopo il 1887, furono portate alla luce 350 tavolette d’argilla, tra esemplari interi e alcuni frammenti, oggi note come le Tavolette di Tell el-Amarna[9]. Si tratta di una vera e propria corrispondenza diplomatica, scritta in caratteri cuneiformi, intercorsa tra i re asiatici e i vassalli siriaci e palestinesi con Amenophis III[10] e Amenophis IV, comprendente tutto il periodo eretico. Grazie a questa documentazione è stato possibile precisare la complessa situazione politica internazionale contemporanea.
La costruzione più grandiosa, anche superiore per dimensioni spaziali al tempio grande di Aton, era il Palazzo reale, che si estendeva sul lato occidentale della Via Reale per oltre 700 metri. La sua funzione era limitata, peraltro, alle esigenze cerimoniali e di rappresentanza. Il suo cortile d’accesso, di struttura monumentale, accoglieva statue colossali del re e della regina, sia in granito, sia in arenaria: era la corte nobile, che mediante un ponte coperto sovrastante la Via Reale collegava il palazzo alla residenza privata. Il ponte era dotato di un chiosco, ricordato dagli archeologi per la sua finestra delle apparizioni, dove la famiglia reale era solita affacciarsi per elargire ricompense e doni ai dignitari più meritevoli.
Un aspetto monumentale aveva la Sala dell’Incoronazione, costituita da otto spaziosi ambienti. Nel suo insieme l’immensa sala aveva una superficie pavimentale di 130×120 metri e la sua copertura era sostenuta da 816 pilastri (la sola Sala del Trono, contigua a quella dell’incoronazione, ne contava 544).
Sull’area di El Amarna rimangono fondamentali i primi studi realizzati a cavallo tra l’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
BIBLIOGRAFIA
- ALDRED, Akhenaten, king of Egypt, Thames and Hudson, London 1988;
- BICKEL, Akhénaton et Néfertiti: soleil et ombres des pharaons, Silvana, Genève 2008 ;
- CIMMINO, Akhenaton e Nefertiti: storia dell’eresia amarniana, Bompiani, Milano 2002;
- GALBIATI, Amenophis 4: storia di una grande eresia, Atheneum Firenze 2001;
- J.K. HOFFMEIER, Akhenaten and the origins of monotheism, Oxford University Press, Oxford 2015;
- HORNUNG, Akhenaton, la religione della luce nell’antico Egitto, Salerno, Roma 1998;
- LOVELLI, (1° Dicembre 2014). Amenofi III: il faraone costruttore. Recuperato il 19 Aprile 2019, da Storie di Storia: http://www.storiedistoria.com/2014/12/amenofi-iii-il-faraone-costruttore/;
- LOVELLI, (3 Giugno 2015). Tebe: la città dalle cento porte. Recuperato il 19 Aprile 2019, da Storie di Storia:http://www.storiedistoria.com/2015/06/tebe-la-citta-dalle-cento-porte/;
- LOVELLI, (24 Giugno 2016). Le lettere di Amarna. Recuperato il 20 Aprile 2019, da Storie di Storia:https://storiedistoria.com/2016/06/le-lettere-di-amarna/;
- LOVELLI, (25 Ottobre 2017). Eliopoli: la città del sole. Recuperato il 20 Aprile 2019, da Storie di Storia:https://storiedistoria.com/2017/10/eliopoli-la-citta-del-sole/;
- LOVELLI, El faraón Akhenatón entre la historia y la imaginación, entre la ciencia y la fantasía. La huella digital, Libellula, Tricase 2018;
- PARODI, Akhenaton: la religione del sole, Palumbo, Palermo 1982;
- REEVES, Akhenaten, Egypt’s False Prophet, Thames & Hudson London 2001.
[1] Si menziona l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Tebe: la città dalle cento porte; http://www.storiedistoria.com/2015/06/tebe-la-citta-dalle-cento-porte/ [3 giugno 2015].
[2] F. Cimmino, Akhenaton e Nefertiti: storia dell’eresia amarniana, Milano, Bompiani, 2002, p. 148.
[3] C. Aldred, Akhenaten, king of Egypt, London, Thames and Hudson, 1988, p. 41.
[4] F. Cimmino, Akhenaton e Nefertiti: storia dell’eresia amarniana, cit., p. 151.
[5] E. Hornung, Akhenaton, la religione della luce nell’antico Egitto, Roma, Salerno, 1998, p. 60.
[6] Si rammenta l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Eliopoli: la città del sole; https://storiedistoria.com/2017/10/eliopoli-la-citta-del-sole/ [25 ottobre 2017].
[7] C. Aldred, Akhenaten, king of Egypt, cit., p. 79.
[8] F. Cimmino, Akhenaton e Nefertiti: storia dell’eresia amarniana, cit., p. 154.
[9] Si menziona l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Le lettere di Amarna; https://storiedistoria.com/2016/06/le-lettere-di-amarna/ [24 giugno 2016].
[10] Per avere informazioni dettagliate su Amenophis III è possibile consultare l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Amenofi III: il faraone costruttore; http://www.storiedistoria.com/2014/12/amenofi-iii-il-faraone-costruttore/ [1° dicembre 2014].
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