Akhenaton: il faraone monoteista


Tra le grandi figure regali della storia dell’antico Egitto, quella che ha suscitato maggiore interesse e curiosità tra gli storici e gli archeologi è probabilmente Amenophis IV. La vita di Akhenaton, nome che sostituì quello di Amenophis IV dopo cinque anni di regno, copre i quarant’anni che intercorrono dalla sua nascita a Tebe[1] nel 1375 a.C. e la sua morte ad Akhetaton intorno al 1334 a.C.

Figlio di Amenophis III[2] e della regina Teie, portò alle estreme conseguenze lo spirito di riforma aperto dal regno del padre, del quale fu probabilmente coreggente per una decina d’anni. Il suo primo atto fu quello di cambiare il suo stesso nome da Amenophis (la Pace di Ammone) in Akhenaton, o secondo alcuni testi Eknaton, e cioè (Aton è soddisfatto), o (colui che è gradito ad Aton). Lo strappo più significativo e determinante, alla base del quale vi era la volontà di degradare Tebe al ruolo di città di provincia e togliere, quindi, al dio Ammone il suo carattere nazionale, fu la decisione di fondare una nuova città che fosse insieme la capitale dell’Egitto e il centro del nuovo culto di Aton[3]. Egli volle quindi il trasferimento della capitale in una sede completamente nuova, oggi Tell el-Amarna, occupata dal quinto anno di regno, così da mostrare una rottura con la tradizione[4].

Akhenaton e Nefertiti

Durante il breve regno di Amenophis IV, infatti, molte novità penetrarono nel costume e nella cultura del popolo egizio. Alcune di queste innovazioni lasciarono un segno duraturo, come il gusto artistico e l’uso del neo-egizio, una sorta di lingua volgare che venne adottata nei documenti ufficiali, nelle lettere, nella narrativa. Per la prima volta la lingua parlata si identificò nella lingua scritta, sostituendo il medio – egizio, in uso dalla fine dell’Antico Regno. Il suo regno vide anche la realizzazione di numerose costruzioni religiose in Egitto e in Nubia.

Sposò una principessa forse di origine indoeuropea, Nefertiti[5], ed ebbe un’intensa attività diplomatica con paesi stranieri, documentata dall’archivio di Tell el-Amàrna.

Fu però nella religione che la riforma di Akhenaton determinò una vera e propria rivoluzione. Al trasferimento della capitale, una grave e drammatica svolta della civiltà egiziana, seguì, come conseguenza, la chiusura dei templi dedicati agli altri dei in tutto il Paese e la fine del politeismo, come religione di Stato. Akhenaton si proclamò sacerdote e profeta del nuovo unico dio Aton. Scrisse in suo onore un Inno in cui esaltava la grandezza del Sole, creatore di tutte le cose e uguaglianza fra tutti gli uomini, ribadendo il concetto di un monoteismo universale, che nessuno prima d’allora aveva espresso nell’area del Medio Oriente[6].

La solarizzazione dei principali dei costituiva, peraltro, una tendenza già in atto nel Medio Regno, accompagnata dai motivi ispiratori dei principali libri funerari e delle litanie solari. Amenophis IV scelse di adorare l’aspetto più sensibile del sole: il disco, il cui ruolo, secondo alcuni egittologi, sembra già chiaramente trattato nella teologia più antica.

 

Akhenaton, sotto forma di sfinge, mentre adora Aton

 

Va ricordato come Aton non fosse solo un dio egiziano, ma un dio universale, la cui protezione si estendeva a tutti gli uomini. È evidente, quindi, il carattere universale della nuova religione. Nella nuova capitale il faraone ebbe la possibilità di approfondire il significato ed i simboli del suo ideale religioso. Aton fino ad allora, genericamente conosciuto come il disco solare, venne presentato da Akhenaton, in senso metafisico, come il calore che è in Aton, chiarendo così che il sole non era una divinità in sé, ma semplicemente come la manifestazione, tra le altre infinite, di un dio supremo[7]. Il faraone teorizzò quindi una concezione della divinità molto diversa da quella di tutte le religioni antiche e di quella egiziana in particolare. Il dio Aton non era qualcosa di sensibile e tanto meno poteva assumere la figura umana; era, invece, una forza inafferrabile e inaccessibile dispensatrice di vita. Non si trattava, in sostanza, del Sole nella sua essenza fisica, ma della potenza che ha creato il Sole stesso: il dio creatore e protettore del mondo[8].

Paragonato alle concezioni anteriori, Aton non viene mai raffigurato sotto forma di uomo o di animale, ma semplicemente attraverso la manifestazione universale del disco solare. Aton è, quindi, il portatore di alcuni simboli vitali fra i quali quelli con un forte contenuto di sacralità, come i raggi che promanano dal disco solare e che scendono verso la terra come fossero tante mani che, diffondono il benefico emblema della vita, che l’egiziano conosceva fin dai tempi antichi sotto la forma di croce ansata.

 

Aton rappresentato dal disco solare con un ureo

 

La raffigurazione più comunicativa di questa nuova dottrina è messa meglio in evidenza in un bassorilievo scolpito in epoca amarniana. In esso Aton è rappresentato dal disco solare con un ureo, serpente attorcigliato simbolo del potere, dal quale si dipartono tante linee verticali, che raffigurano i raggi del Sole che si riverberano su tutti gli esseri viventi i quali terminano in tante mani disposte in modo da comporre il sacro segno di Anj, che per gli egiziani è il simbolo della vita stessa. In altri termini il disco solare ha la capacità di dare la vita all’universo per opera di un unico creatore e dispensatore della forza vitale[9].

In questo clima di esaltazione religiosa Akhenaton si proclamò profeta del dio, superando, così, in spiritualità anche i sacerdoti di Ammone di Tebe che si presentavano ai fedeli come figli di dio. Le due dottrine, confrontate tra loro, erano profondamente diverse:

  1. a) monoteista quella del faraone, che si presentava come profeta e sacerdote di Aton, dio unico universale, ma che non fu ben compresa dalla generalità del popolo, ancora molto legato al culto dei numerosi dei da invocare in relazione alle diverse circostanze della vita;
  2. b) politeista quella dei sacerdoti del dio Ammone, più vicina all’indole popolare della gente, perché ammetteva l’esistenza di dei minori chiamati in causa nelle vicende della vita,

Gli avvenimenti successivi segnarono il trionfo della seconda concezione e la drammatica fine del primo tentativo di monoteismo nella civiltà egiziana[10]. I tempi evidentemente non erano maturi in un’epoca in cui le conquiste e la sottomissione di altri popoli rappresentavano la prassi usuale in un mondo in cui non vi era spazio per l’affermazione dello spirito di pace e di fratellanza universale, all’insegna di un solo Dio creatore.

Sul piano politico, questa visione trovò espressione in nuovi rapporti con il potere, spogliato dall’alone di mistero che l’aveva caratterizzato da sempre. Si instaurò, infatti, tra il faraone ed il popolo un rapporto non più di sudditanza ma di rispetto della persona del sovrano vista non solo nella sua fisicità ma come portatore di energie spirituali care ad Aton[11]. La nuova dottrina, infatti, esaltava la luce e la gioia in un ideale terreno di godimento del presente, trascurando, senza però negarla, l’esistenza dell’aldilà.

 

Akhenaton con la famiglia sotto i raggi di Aton

 

La fede in Aton esprimeva la credenza che l’anima del defunto fosse legata alla tomba, da cui usciva quando sorgeva il disco solare per rivedere i luoghi cari all’esistenza terrena. Il culto di Aton escludeva quindi i tribunali dei morti o i defunti giustificati, non esistendo nell’aldilà un castigo o un premio per la vita condotta sulla terra[12]. Con Akhenaton, infatti, come è rivoluzionata l’idea di adorare un solo dio, raffigurato dal disco solare che dona la vita agli esseri viventi, altrettanto eversiva era la dottrina della morte, che, pur non negando il rito della tomba con i suoi corredi funebri, si ricollegava all’esistenza dell’anima, che si inondava di luce quando sorgeva il “disco solare”, abbandonando, temporaneamente immersa in quella “beatitudine”, il tumulo[13].

Dopo la morte di Akhenaton, a cominciare dal successore Tutankhamon, fu imposto l’abbandono di molte riforme e vi fu una deliberata restaurazione del passato[14], dovuta in parte a motivi di sicurezza interna ed esterna, ma senza poter impedire l’azione di numerosi fermenti introdotti.

BIBLIOGRAFIA

  1. BICKEL, Akhénaton et Néfertiti: soleil et ombres des pharaons, Silvana, Genève 2008 ;
  2. CIMMINO, Akhenaton e Nefertiti: storia dell’eresia amarniana, Bompiani, Milano 2002;
  3. GALBIATI, Amenophis 4: storia di una grande eresia, Atheneum Firenze 2001;
  4. J.K. HOFFMEIER, Akhenaten and the origins of monotheism, Oxford University Press, Oxford 2015;
  5. HORNUNG, Akhenaton, la religione della luce nell’antico Egitto, Salerno, Roma 1998;
  6. LOVELLI, (9 Giugno 2014). Nefertiti: «la bella è arrivata». Recuperato il 19 Aprile 2019, da Storie di Storia: https://storiedistoria.com/2014/06/nefertiti-la-bella-e-arrivata/;
  7. LOVELLI, (1° Dicembre 2014). Amenofi III: il faraone costruttore. Recuperato il 19 Aprile 2019, da Storie di Storia: http://www.storiedistoria.com/2014/12/amenofi-iii-il-faraone-costruttore/;
  8. LOVELLI, (3 Giugno 2015). Tebe: la città dalle cento porte. Recuperato il 19 Aprile 2019, da Storie di Storia: http://www.storiedistoria.com/2015/06/tebe-la-citta-dalle-cento-porte/;
  9. LOVELLI, El faraón Akhenatón entre la historia y la imaginación, entre la ciencia y la fantasía. La huella digital, Libellula, Tricase 2018;
  10. OCKINGA, The Non-Royal Concept of the Afterlife in Amarna, in Ancient History: resources for teachers, 2008, 1;
  11. PARODI, Akhenaton: la religione del sole, Palumbo, Palermo 1982;
  12. REEVES, Akhenaten, Egypt’s False Prophet, Thames & Hudson London 2001;

[1] Si menziona l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Tebe: la città dalle cento porte; http://www.storiedistoria.com/2015/06/tebe-la-citta-dalle-cento-porte/ [3 giugno 2015].

[2] Per avere informazioni dettagliate su Amenophis III è possibile consultare l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Amenofi III: il faraone costruttore; http://www.storiedistoria.com/2014/12/amenofi-iii-il-faraone-costruttore/ [1° dicembre 2014].

[3] F. Cimmino, Akhenaton e Nefertiti: storia dell’eresia amarniana, Milano, Bompiani, 2002, p. 148.

[4] Oggi si dispone di una rappresentazione topografica della conformazione planimetrica della nuova capitale Akhetaton, edificata nella località dell’attuale villaggio di Tell el-Amarna.

[5] Si rammenta l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. Nefertiti: «la bella è arrivata»; https://storiedistoria.com/2014/06/nefertiti-la-bella-e-arrivata/ [9 giugno 2014].

[6] B. Parodi, Akhenaton: la religione del sole, Palermo, Palumbo, 1982, p. 14.

[7] S. Bickel, Akhénaton et Néfertiti: soleil et ombres des pharaons, Genève, Silvana, 2008.

[8] G. Galbiati, Amenophis 4: storia di una grande eresia, Firenze, Atheneum, 2001, p. 40.

[9] S. Bickel, Akhénaton et Néfertiti: soleil et ombres des pharaons, cit., p. 32.

[10] J.K. Hoffmeier, Akhenaten and the origins of monotheism, Oxford, Oxford University Press, 2015, p. 71 ss.

[11] B. Parodi, Akhenaton: la religione del sole, cit., p. 45.

[12] B. Ockinga, The Non-Royal Concept of the Afterlife in Amarna, in Ancient History: resources for teachers, 2008, 1, pp. 16-37.

[13] N. Reeves, Akhenaten, Egypt’s False Prophet, London, Thames & Hudson, 2001, p. 77.

[14] E. Hornung, Akhenaton, la religione della luce nell’antico Egitto, Roma, Salerno, 1998, pp. 110-112.


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