Continua l’avventura nell’antico Egitto, ai tempi del crepuscolo della XVIII dinastia, con il romanzo Il sigillo di Anubis.
Quest’opera è la terza parte della grande storia dedicata al faraone Tutankhamon composta da quattro avvincenti episodi:
0.1 Il marchio di Sekhmet
0.2 La Città dei Morti
0.3 Il sigillo di Anubis
0.4 La tomba del canarino (nuova edizione)
La storia narrata ne Il sigillo di Anubis prosegue l’avventura di Nimaat e prende lo spunto da una vicenda storica molto interessante.
Come già accennato nel romanzo precedente – La Città dei Morti – la morte senza eredi dell’ultimo maschio della XVIII dinastia aveva creato un pericoloso vuoto di potere che rischiava di gettare il Paese delle Due Terre in una situazione di instabilità politica nonché di debolezza anche nei confronti dei regni confinanti, con tutte le conseguenze del caso.
In questo clima d’incertezza deve essere ricercata la ragione che spinse la Grande Sposa Reale Ankhesenamon a cercare aiuto in un re straniero.
Ad Ḫattuša, infatti, antica capitale hittita, è stato rinvenuto un documento risalente al periodo amarniano: le Gesta di Šuppiluliuma I narrate dal figlio Mursili (Annali di Mursili II, tav. VII – KB02003), nel quale si racconta che il sovrano hittita ricevette una lettera da parte della regina d’Egitto che lo pregava di inviarle un figlio da prendere come marito per farne il nuovo faraone.
L’identità di questa regina, in realtà, è incerta in quanto negli annali hittiti è chiamata Dakhamunzu, che probabilmente è la lettura hittita del titolo egizio Tehemetnesu (“Sposa del re”). Tuttavia gli stessi annali si riferiscono anche alla “regina di Misra” (come gli Hittiti chiamavano l’Egitto), “vedova del re Bibhuria” (nome hittita di Tutankhamon), per cui si può ipotizzare si trattasse proprio di Ankhesenamon.
Di certo si sa che Šuppiluliuma inviò nel Paese delle Due Terre il principe Zannanzaš per prendere in moglie la regina vedova.
È dunque questo il periodo movimentato che mi sono accinta a raccontare, cercandone con entusiasmo i retroscena e creandone una versione suggestiva come è compito e caratteristica della fiction storica.
Come di consueto, anche in questo romanzo abbiamo personaggi storici con i quali i nostri protagonisti intrecciano le vicende.
Da piccoli camei a presenze più importanti, troverete:
– il faraone Tutankhamon,
– il Grande Scultore Reale Thutmose
– il visir Ay (futuro suo successore alla Doppia Corona),
– il generale Horemheb (che diventerà anch’egli faraone, alla morte di Ay),
– il Sovrintendente ai Lavori nel Luogo della Verità, Maya,
– il comandante e poi generale Nakhtmin (figlio di Ay),
– il capitano della Guardia Cimiteriale Thutmosis,
– il capitano Paramesse (qui ancora nel suo ruolo di ufficiale braccio destro del generale Horemheb, ma suo futuro successore al trono con il nome di Ramesse – o Ramses – primo della famosa XIX dinastia),
– l’Inviato Reale Hani
– il principe hittita Zannanzaš
ESTRATTO
«Stai bene?» mi chiese Thutmosis, saltando sul ponte dell’imbarcazione.
Annuii, non riuscendo a staccare gli occhi dai corpi coperti di sangue. Io stessa ne avevo la tunica imbrattata. I quattro soldati incaricati di prelevare le armi erano appena stati uccisi: la nostra fermata nella roccaforte di Horemheb non sarebbe potuta andare peggio.
«Merda! Merda! Merda!» stava strillando Sekani camminando avanti e indietro per la banchina con le mani nei capelli, evidentemente della mia stessa opinione.
Ormai si era fatto buio e nei moli più distanti diverse lampade cominciavano a venire accese. Alcune luci si stavano anche avvicinando, segno che qualcuno stava venendo a controllare la causa del trambusto.
«Dobbiamo andarcene, capitano» esortò uno dei marinai, afferrando l’uomo per un braccio e fermandolo.
Sekani lo guardò disorientato, sbattendo le palpebre più volte, poi sembrò riaversi.
«Sì. Via di qui» ordinò, richiamando a sé l’equipaggio. «Muoviamoci più in fretta che se avessimo il pepe nel culo.»
Saltò a bordo seguito dai suoi uomini e, come un meccanismo ben rodato, tutti si mossero all’unisono per far rapidamente prendere il largo all’imbarcazione.
«Ci fermeremo a Per-Bast e poi ci divideremo: il nostro contratto finisce qui» continuò il capitano, mentre trascinava sul ponte il corpo del soldato ucciso, dopo averlo preso sotto le ascelle. Una scia di sangue si allungava sotto di lui, macchiando l’assito.
«Un momento,» protestò Thutmosis seguendolo, «eravamo d’accordo che ci avreste portati fino a Uaset: abbiamo pagato per questo!»
Sekani lo guardò come se fosse completamente pazzo, poi finì di gettare in acqua il cadavere.
«È colpa vostra se mi trovo in questa situazione schifosa!» ringhiò, girandosi ad additarci entrambi. «Me ne sbatto di quali fossero gli accordi: qui si tratta di salvare la pelle!»
Titolo: Il sigillo di Anubis
Autore: Isabel Giustiniani
Editore: Isabel Giustiniani Storie di Storia
Pagg. 298