Maurizio Bettini (Bressanone, 24 luglio 1947) è uno dei più importanti classicisti dell’età odierna. Docente di Filologia Greca e Latina presso l’Università di Siena, dal 1992 provvede con regolarità alla realizzazione di seminari al Department of Classics dell’Università della California a Berkeley. Ha creato nel 1986 il Centro di Antropologia del Mondo Antico (AMA), che da impulso a parecchi progetti didattici per gli istituti scolastici. Per la casa editrice Einaudi si occupa della collana Mythologica e collabora alla pagina letteraria del giornale “la Repubblica”.
Di particolare importanza per una piena comprensione del testo A che servono i Greci e i Romani? (dato alle stampe nel 2017) risulta essere il prologo dell’autore. Nello stesso Maurizio Bettini afferma che: «Una volta Beniamino Placido[1] mi ha raccontato questo aneddoto: “Nei primi anni Sessanta del Novecento uno scienziato americano si presentò di fronte a un’importante commissione federale per discutere la richiesta di finanziamento che aveva presentato al Governo. La commissione era presieduta da John Pastore, severo e temuto senatore repubblicano del Rhode Island. Dunque lo scienziato cominciò a esporre il proprio progetto, che riguardava una ricerca di fisica teorica, ma nel bel mezzo della spiegazione Pastore lo interruppe con questa domanda: «Professore, il suo progetto serve a difendere la nostra patria?». Lo scienziato rimase interdetto per qualche secondo, poi disse: «No. Ma serve a rendere la nostra patria più degna di essere difesa”. Questa replica dello scienziato al potente senatore meriterebbe di comparire in una fra le tante raccolte di detti celebri così amate dagli antichi. Per certo non sfigurerebbe accanto alla risposta che quella vecchia dette a Filippo di Macedonia quando questi le disse che non aveva tempo per giudicare il suo caso: “Be’, allora non fare il re!” aveva detto la vecchia[2]. Il fatto poi che a raccontare la storia del fisico e di John Pastore fosse proprio Beniamino Placido – impossibile dimenticare l’intelligenza con cui affrontava i problemi suscitati quotidianamente dalla nostra società – ne accresce ulteriormente il valore di exemplum. Non c’è dubbio infatti che, se la si guarda con gli occhi di un senatore americano ossessionato dalla Guerra fredda, non solo la fisica teorica, ma anche la maggior parte della creazione intellettuale non serve a gran che; così come serve ugualmente a poco nella prospettiva di un economista che misura il valore o il significato di una civiltà basandosi esclusivamente sul metro del PIL. Se però la cultura la si osserva dal punto di vista delle donne e degli uomini che – oltre ad accrescere il PIL – sono interessati a vivere una vita degna di essere vissuta, il discorso cambia radicalmente. A quel punto servono improvvisamente a qualcosa, anzi a molto, non solo la fisica teorica, ma anche la letteratura, l’arte, la filosofia e perfino la conoscenza del teorema di Pitagora (che difficilmente sarà servito a qualcuno dopo averlo imparato a scuola). “La coltura”, scriveva Gaetano Salvemini, “è la somma di tutte quelle cognizioni che non rispondono a nessuno scopo pratico, ma che si debbono possedere se si vuole essere degli esseri umani e non delle macchine specializzate. La coltura è il superfluo indispensabile”»[3].
Si ritiene che quanto detto nel prologo dall’autore abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità dell’opera presa in esame. Di grande utilità sono le note a piè di pagina. Un libretto meritevole di notevole attenzione che si consiglia di leggere e/o regalare a coloro che sono interessati a comprendere quale possa essere il ruolo e la funzione delle discipline umanistiche nel mondo contemporaneo.
[1] Rionero in Vulture, 1º febbraio 1929 – Cambridge, 6 gennaio 2010. Presentatore italiano di programmi televisivi e radiofonici.
[2] Plutarco, Regum et imperatorum apophthegmata, 22.
[3] Salvemini, G. Che cosa è la coltura?, Parma: Guanda, 1954, p. 11.
Titolo: A che servono i Greci e i Romani?
Autore: Maurizio Bettini
Editore: Einaudi
Pagg. 147