«Sanctius est facinus impunitum relinquere, quam innocentem condempnare (“È più santo lasciare impunito un crimine che condannare un innocente” n.d.r.)» (De Officio Inquisitionis, manuale trecentesco)
«La tortura è un fragile e rischioso strumento, e spesso incapace di condurre alla verità. Infatti molti, grazie alla loro forza d’animo e fisica riescono a sopportare i tormenti, così che in nessun modo si può estorcere loro la verità; altri temono la sofferenza al tal punto da essere pronti a mentire pur di evitarla.» (Nicolas Eymeric, inquisitore).
«…et come l’esperienza cotidiana mostra assai maggiori nell’apprensione degli huomini che nella realtà de’ successi, riducendosi troppo facilmente a maleficio ogni malattia della quale non sia conosciuta subito la causa, o trovato efficace il rimedio […] la voce levata, che in Fiorena et nel contado sieno molte streghe non ha fondamento reale.» (Manoscritto della Biblioteca Apostolica Vaticana)
«Il Sant’Uffizio non fu una caricatura di tribunale, un tunnel degli orrori, un labirinto giudiziario dal quale era impossibile uscire. Decisioni capricciose e arbitrarie, abusi di potere e flagranti violazioni dei diritti umani non erano tollerati. […] Non è un’esagerazione affermare che il Sant’Uffizio fu in certi casi un pioniere della riforma giudiziaria.» (John Tedeschi, storico).
«Secondo un principio consolidato e di diuturna applicazione, per l’estrema gravità del delitto di eresia la dottrina inquisitoriale affermava in termini pressoché concordi che le prove atte a comminare una condanna dovessero presentarsi luce meridiana clariores, facendo seguire tale affermazione con la precisazione secondo cui il giudice non dovesse mai pervenire alla comminazione della pena ordinaria sulla base di semplici congetture.» (Francesco Serpico, giurista e professore universitario)
«La descrizione tipica dell’Inquisizione spagnola è essenzialmente un cumulo di menzogne, inventate e
diffuse dai propagandisti inglesi e olandesi nel XVI secolo, durante le guerre con la Spagna (…)» (Rodney Stark, storico)
«Era stata l’Inquisizione Spagnola, ben prima di quella Romana, a imporre delle direttive volte alla verifica delle imputazioni per stregoneria. Notando come le accuse si intensificavano in occasione dei processi, gli inquisitori spagnoli introdussero una “politica del silenzio”, limitando in questo modo sia le denunce che la paura.» (Mariangela Rapetti, autrice e ricercatrice storica)
«La presenza di un’autorità centralizzata e in grado di incidere sulle realtà locali sembra essere stata spesso, come si è detto, il deterrente al proliferare di persecuzioni antistregoniche. Tribunali e comunità locali chiedevano sovente a gran voce la messa a morte di streghe e stregoni, e quando l’autorità si mostrava tenera, succedeva che provvedessero da soli.» (Marina Montesano, autrice e ricercatrice storica)
«Il Sant’Uffizio introdusse anche alcune procedure che limitavano l’arbitrio tipico in questi casi; il processo inquisitoriale romano prevedeva il diritto degli imputati di avere un avvocato e di ricorrere in appello; una sola testimonianza non era considerata una prova; i testimoni avevano l’obbligo del giuramento; il ricorso alla tortura era regolamentato. Non mancarono i conflitti di giurisdizione, e in certi casi l’intervento del Sant’Uffizio poté impedire che un processo per stregoneria svolto dalle autorità locali degenerasse in esecuzioni a catena. » (Elena Iorio, storica)
« Non si tratta, invece, come abbiamo detto, di potere arbitrario. Non dobbiamo dimenticare che il processo romano-canonico viene modellato sulla base delle fonti romane e canoniche, cioè sulla base di due diritti scritti, evoluti e raffinatissimi, che certo non si limitavano a lasciare una “delega in bianco” all’inquisitore, né avrebbero tollerato che tutto venisse lasciato al caso o agli umori degli inquisitori.» (Paolo Alvazzi del Frate, professore di Storia del diritto)
«Se si naviga anche solo per breve tempo nel web, ma anche se si guarda ai numerosi libri dai titoli sensazionalistici che continuano ad apparire, gli argomenti più frequentati a proposito dell’Inquisizione sono, come già in passato, il rogo di Giordano Bruno, l’abiura di Galilei e la caccia alle streghe. (…) Sulla caccia alle streghe i sostenitori della leggenda nera continuano a proporre cifre assurde, fino a nove milioni di vittime (come è noto, la cifra attendibile più recente, non sulla sola Inquisizione ma in generale, è di cinquanta-sessantamila vittime in tre secoli).» (Anna Foa, storica)
«Per fare una stima della dimensione della grande caccia alle streghe in Europa possiamo usare due tipi di dati. Il primo considera il numero delle persone processate, cioè che furono accusate formalmente davanti a un tribunale: non tutti coloro che vennero arrestati e accusati furono effettivamente portati in giudizio. Il secondo tipo considera il numero di coloro che furono giustiziati. (…) il numero totale di europei processati per stregoneria probabilmente non supera le 90.000 unità. (…) Pochissimi di questi processi, inoltre, si conclusero con la condanna a morte degli accusati.» (Brian P. Levack, storico)
«Quando ho cominciato a lavorare sulle vittime mi sono trovato davanti ad un paradosso: potevo farlo solo attraverso gli archivi della repressione. Dovevo imparare a leggere quei documenti contro le intenzioni di chi li aveva prodotti. Ma poi mi resi conto che in molti casi c’era, da parte degli inquisitori, una straordinaria attenzione nei confronti delle testimonianze degli imputati proprio come fa uno storico.» (Carlo Ginzburg, storico)
«Davanti al tribunale dell’Inquisizione, questi imputati avrebbero dovuto abiurare l’eresia e si sarebbero visti infliggere penitenze che avrebbero dovuto non avere nulla di pubblico e non comportare né umiliazione, né perdita di diritti né di beni.» (Leo Moulin, storico)
«Ma con lo studio ho scoperto che l’Inquisizione di cui si parla ancora tanto e tanto si continuerà a parlare è piuttosto un mito che un oggetto storico. È il mito di un potere crudele e arbitrario, assetato di sangue e di sofferenze delle vittime, adatto a profetizzare e a incarnare la realtà dei regimi totalitari del XX secolo. (…) È un esempio di come il processo inquisitorio – grazie alla cultura giuridica del personale, alla registrazione scritta delle testimonianze, al riconoscimento del diritto alla difesa da parte degli imputati – poté per certi aspetti anticipare qualche carattere di quella che Lei definisce un più evoluto diritto laico.» (Adriano Prosperi, storico)
«Dopo tutto ciò, cosa dobbiamo pensare di quegli storici dell’Inquisizione che pretendono che davanti a quel terribile tribunale ogni accusato fosse condannato in anticipo? (…)Ma, al di là della battuta lanciata da Bernard Délicieux ai suoi giudici, se consultiamo le numerose sentenze dell’Inquisizione che ci sono pervenute riportiamo un’impressione del tutto diversa. E vediamo che è falso asserire, come fanno Lea e Tanon, che davanti agli inquisitori ogni accusato era un condannato. Infatti nel suo Directorium Eymeric prevede il caso in cui l’imputato non è vinto con alcun mezzo di diritto, e quello in cui, dopo averlo esaminato, si riconosce di non aver niente contro di lui. Egli viene prosciolto sia dall’inquisitore che dal vescovo, che possono agire separatamente; infatti non si può fare attendere l’innocente, che beneficia senza ritardo della decisione favorevole dell’uno o dell’altro dei suoi giudici.» (Jean-Baptiste Guiraud, storico)
«La ricchezza dei dati forniti da tale Convegno organizzato in Vaticano, consente di rivedere alcuni luoghi comuni assai diffusi tra i non specialisti: il ricorso alla tortura e la condanna alla pena di morte non furono così frequenti come si è per molto tempo creduto.» (Agostino Borromeo, storico)
«Davanti a quel tribunale, più che dei colpevoli di reati di opinione, dei paladini della libertà di pensiero, comparvero delinquenti comuni, persone colpevoli di atti che anche il diritto moderno considererebbe reati… Gli Ucciardone e le Rebibbia di oggi sono vere bolge infernali rispetto alle troppo diffamate celle dell’Inquisizione.» (Luigi Firpo, storico)
«Esistono musei della tortura in varie parti d’Italia (…). Ho spesso inoltrato denunzie e segnalazioni ai competenti assessorati cittadini, perché li considero autentici baracconi che spesso espongono falsi o che manipolano gravemente la storia.» (Franco Cardini, storico)
«Non si tratta di una storia così macabra come le leggende e i pregiudizi possono suggerire, né assomiglia alle immagini distorte che Francisco Goya ha dedicato alle ultime fasi dell’Inquisizione spagnola. (…) Il numero di documenti che può essere consultato sull’argomento (nonostante le gravi perdite avvenute nel XIX secolo) è davvero considerevole.» (Christopher E. Black, storico)
«La congregazione cardinalizia che sarebbe diventata famosa con il nome di Sant’Ufficio dell’Inquisizione, o, più semplicemente, come Inquisizione Romana, fu istituita il 21 luglio del 1542 da Paolo III. (…) A capire quello che stava succedendo furono forse solo coloro che avevano ragionevoli motivi per temere per la propria persona. (…) Nell’immediato, invece, al di fuori di coloro che sapevano di essere nel mirino degli inquisitori generali, la consapevolezza della svolta impressa da Paolo III fu meno diffusa.» (Giovanni Romeo, storico)
«Sono dei falsi (le cinture di castità n.d.r.). Come gli strumenti di tortura che riempiono, anche loro, musei e castelli. È tutta roba fabbricata nell’Ottocento. Allora il Medioevo era di moda, e piaceva immaginarlo come un’epoca truce, sinistra, barbarica. I collezionisti pagavano bene, e i falsari si sono messi al lavoro.» (Alessandro Barbero, storico)
In numerose pagine web sembra divenuto di moda postare saltuariamente parole di cordoglio e di indignazione per le vittime dell’inquisizione o della caccia alle streghe (correntemente considerati sinonimi): questo dimostra oltre ogni dubbio che è ancora viva nell’immaginario popolare la leggenda di un medioevo oscurantista, illuminato dai fuochi dei roghi.
C’è da chiedersi se non sia necessario promulgare “giorni della memoria” anche per le crocifissioni di massa attuate al tempo dei romani, o per le vittime sacrificali (tra cui anche bambini) immolate alle divinità azteche o, ancora, per le numerose vittime innocenti della Rivoluzione Francese (di cui faremo più ampio cenno in seguito). Forse l’errore risiede nel presupposto erroneo che le vittime dell’inquisizione siano state necessariamente di più, senza tenere conto delle numerose propagande (protestante, illuminista, comunista, etc) che avevano tutto il vantaggio a gonfiare i numeri.
Con questo articolo cercherò di sfatare, o comunque di ricondurre al dato storico, la lunga serie di miti relativi ai famigerati tribunali ecclesiastici.
ANALISI STORICA E PENSARE COMUNE
Una delle repliche più diffuse al tentativo di analizzare i fatti in maniera obiettiva, fa leva sull’assunto che, se anche le vittime fossero state appena cento, o addirittura solo una, anziché cento milioni, nulla
cambierebbe nel giudizio storico.
Tale asserzione presta il fianco a facili critiche. Innanzitutto, se ci fosse stato insegnato che le vittime del nazismo furono soltanto un centinaio, penseremmo ancora di trovarci di fronte a uno dei regimi più sanguinari della storia? Partendo dal presupposto che ogni modello di società ha fatto le sue vittime, sarebbe quindi sensato portare ciascuno di essi al banco degli imputati? In altre parole, se dovessimo accogliere tali istanze, ci troveremmo a dare ragione agli anarchici, concordando che il miglior governo sarebbe “nessun governo” (ma poi dovremmo chiederci: quante vittime potrebbe fare questo “nessun governo”?).
Per contro, se cercare di ricostruire il dato storico viene sommariamente etichettato come “revisionismo”, inventarsi delle cifre assurde (9 milioni, 30 milioni, 56 milioni, etc.) sembra essere considerato non solo eticamente lecito, ma anche metodologicamente accettabile.
Non solo, i preconcetti sulla crudeltà dell’inquisizione o sulla caccia alle streghe paiono aver assunto il rango di verità di fede: spesso nei dialoghi conviviali sul tema spunta fuori il “siamo abituati a pensare così, ciò che sostieni è contrario a ciò che ci è stato insegnato, quindi è falso”: tale verità di fede spacciata per premessa scientifica sarebbe idonea ad invertire in maniera così netta e drastica l’onere della prova? Il tentativo di individuare nella Chiesa o nell’intera società feudale quell’”impero del male” che ancora oggi pare tormentare i nostri sogni, trova il proprio limite nella ricostruzione o nella stima prudente avanzata dagli storici: nonostante le cifre ammontino ad alcune decine di migliaia, non è più possibile raffigurare il fenomeno come una Shoah “ante litteram”, e nemmeno, secondo certi punti di vista, come una vera e propria strage.
MEDIOEVO E SUPERSTIZIONE
Sebbene le inquisizioni ecclesiastiche abbiano operato principalmente dal primo Rinascimento, lungo tutto il periodo della Controriforma, l’immaginario collettivo ricollega a tutt’oggi le stesse all’idea del Medioevo.
Come vedremo, l’inquisizione nacque effettivamente nel Basso Medioevo come strumento per combattere eresie spesso tutt’altro che pacifiche. Nel tardo periodo medievale assistiamo ai primi, isolati, roghi di streghe. Tutto ciò si inserisce in una più ampia concezione di Medioevo inteso come periodo buio che separa la storia moderna dal “glorioso” passato della Roma imperiale.
Al Medioevo viene immeritatamente disconosciuto qualsivoglia progresso in ambito tecnologico, culturale o giuridico: l’invenzione degli occhiali, della staffa, del cannocchiale, della stampa, la nascita delle università, delle scuole di giuristi, degli ospedali e delle corporazioni commerciali paiono essere messi nel dimenticatoio.
Parimenti, viene trascurato il fatto che l’antichità Romana fosse un’epoca di schiavi, di continue guerre espansionistiche, di negazione di diritti umani (pensiamo ai neonati abbandonati dai patres familias o ai
gladiatori costretti ad uccidersi nell’arena). La condizione della donna in questo periodo storico fu tutt’altro che migliore rispetto a quella dell’epoca che seguì: la donna, nonostante godesse di alcune libertà, era tutt’altro che emancipata.
LE STREGHE “ROMANE”
Anche a livello di superstizioni, la Roma dei Cesari non fu da meno rispetto all’occidente cristiano. La credenza nelle streghe che, certamente caratterizzò il Medioevo, ma vide intensificarsi le persecuzioni nel corso dell’epoca c.d. moderna, attinse da precedenti e ben più antiche leggende. Le streghe della Roma antica, anch’esse in prevalenza donne, erano accusate di portare disgrazie, e di compiere gravi misfatti, quali l’infanticidio. La Chiesa dunque non inventò nemmeno la figura della strega, dipinta come donna o come essere disumano mosso da intenti malvagi: quando lo fece, si limitò a recuperare o a rielaborare dati o informazioni riguardanti creature leggendarie o semi-leggendarie già presenti da secoli nel folklore popolare.
Il “maleficium” (che nell’era cristiana divenne il crimine di stregoneria), spesso abbinato al “veneficium” (inteso come avvelenamento, ma anche come preparazione di intrugli), era punibile con la morte: pena comminata pare fosse lo strangolamento.
Lo storico Tito Livio narra nei suoi “Ab Urbe Condita” che nel 164 e nel 180 a.C. siano state scatenate almeno due cacce alle streghe, che portarono alla condanna capitale di alcune migliaia di persone, in prevalenza di sesso femminile.
LE PRATICHE INQUISITORIE
Per Inquisizione si fa solitamente riferimento a tribunali ecclesiastici istituiti, in particolar modo, per il perseguimento dell’eresia.
“Inquisizione” non è in realtà un concetto creato dalla Chiesa: ancora oggi si definisce “inquisitorio” un modello di procedimento giudiziario ideologicamente opposto ad un “processo accusatorio”, più garantista.
Forme di rito inquisitorio si hanno già nella tarda Roma Imperiale, implicando meno garanzie per la persona dell’imputato, soprattutto a livello di armi processuali.
Nei tribunali del medioevo si assiste ad una coesistenza dei due modelli; tra essi il modello inquisitorio veniva per lo più usato per il perseguimento dei crimini più gravi, in quanto lo si riteneva più idoneo allo scopo soprattutto per il fatto di sottrarre al solo dominio del privato la facoltà di denunciare.
Ed ancora, nel basso Medioevo, prima ancora dell’istituzione dell’Inquisizione ecclesiastica, tanto l’eresia quanto la stregoneria venivano punite dai tribunali secolari, spesso ben più crudeli nei metodi e sbrigativi nelle tempistiche.
Dunque possiamo vedere come la S. Sede inventò ben poco, ma si limitò a trarre ispirazione ad istituti già lungamente presenti nel panorama giuridico dell’epoca, non senza dotarsi di un proprio apparato procedurale e persino di una propria gamma di garanzie.
I TRIBUNALI
Spesso si usa parlare sommariamente di “crimini dell’Inquisizione” senza indicare di quale inquisizione si stia parlando.
Se consideriamo i tribunali ecclesiastici noti con il nome di inquisizione, il tribunale più antico (XIII secolo) è la c.d. Inquisizione medievale, creata allo scopo di combattere l’eresia.
Più tardo (XVI secolo) è il Santo Uffizio, erede dell’inquisizione medievale, la cui azione rispetto a quest’ultima fu però assai limitata territorialmente (in somme, essa operò prevalentemente in Italia).
Nel XV secolo assistiamo per impulso dei sovrani iberici alla nascita di una nuova autorità inquisitoria a guida prevalentemente ecclesiastica, ma quasi del tutto dipendente dal potere politico: si tratta della c.d.
Inquisizione Spagnola, incaricata di perseguire i “moriscos” e i “marrani”: convertiti al cristianesimo che però continuavano a professare in segreto la religione ebraica o musulmana.
GLI ERETICI
Come sappiamo, la caccia alle streghe fu un fenomeno quasi del tutto estraneo al medioevo e, in ogni caso, fu meno violenta rispetto alle persecuzioni avvenute in territorio protestante. In generale, guardando il quadro statistico riguardante le esecuzioni sia di streghe che di eretici, si nota che nei territori in cui la Chiesa era più forte vi fu un numero minore di condanne a morte: esattamente il contrario a quanto sarebbe auspicabile se si volesse giocare la carta del fanatismo estremo. Da considerare il fatto che, sin dal medioevo e, a più riprese, nel periodo dell’umanesimo-rinascimento, le autorità ecclesiastiche considerarono la stregoneria come mera superstizione, o comunque, ne sottovalutarono notevolmente la portata.
Come già indicato, l’Inquisizione c.d. Medievale aveva come scopo quella di combattere l’eresia. Non si obietta sul fatto che in tutta la storia medievale e moderna fino al 1700 la storia delle istituzioni ecclesiastiche, in particolare dei tribunali inquisitori potesse esservi un velo di fanatismo oppure anche una certa dose di corruzione morale, di arrivismo o di altri interessi personali che portarono al compimento di abusi. Ciò nonostante bisogna guardare la contropartita: che cosa rappresentava l’eresia per l’epoca? Nei primi secoli del cristianesimo l’eresia non era perseguita dalla Chiesa: semplicemente le istituzioni ecclesiastiche si limitavano a riconoscere le dottrine eretiche come discordanti dalle proprie. Ma nell’epoca tardo-medievale si assiste a qualcosa di nuovo: la nascita di movimenti ereticali violenti e ribelli.
I catari spesso vengono descritti come eretici pacifici, tuttavia siamo certi che almeno una parte consistente di essi non fosse tale: in diverse zone della Francia e del Nord Italia proliferano gruppi eretici ribelli che incendiano chiese e attaccano in particolare il clero (si ricordano tra le ribellioni più accese e violente quella di Tanchelmo di Brabante nei Paesi Bassi, quella di Pietro di Bruis ed Enrico di Losanna in Francia).
Per le loro dottrine sociali, predicanti un comunismo utopistico e il rifiuto di ogni giuramento (cardine della società feudale) e persino il suicidio rituale (la cosiddetta “endura”) furono combattuti prima ancora dai poteri secolari, in particolare dalla Corona di Francia.
In una situazione di tali tumulti la Chiesa reagì dapprima intensificando la pacifica predicazione nei territori più colpiti dall’eresia: si ricordano a proposito gli interventi di Domenico di Guzman, fondatore dei Domenicani (istituiti proprio per quel fine) e di S. Bernardo da Chiaravalle. Parallelamente, visto il continuo dilagare delle rivolte fu istituita la prima forma embrionale dell’inquisizione. Solo a seguito dell’assassinio di un legato pontificio si ebbe nel 1209 la promulgazione di una Crociata contro gli Albigesi, e solo una quarantina di anni più tardi (1252) fu autorizzato l’uso della tortura.
LA TORTURA
La parola “inquisizione” richiama in modo automatico alla mente l’immagini di atroci supplizi. Abbiamo già visto che l’Inquisizione Medievale, per molti anni dopo la sua fondazione, non fece uso di pratiche coercitive. Possiamo anche supporre che anche le condanne a morte furono poche. Il Concilio Laterano III, avvenuto nel 1179 stabilì che “sebbene la disciplina della Chiesa potrebbe essere soddisfatta dal giudizio del sacerdote e non dovrebbe causare lo spargimento di sangue, tuttavia essa è aiutata dalle leggi dei principi cattolici”.
La tortura giudiziaria era un espediente utilizzato fin dai tempi della Roma repubblicana verso i cittadini liberi. Il potere temporale nel medioevo non rinunciò all’uso della tortura.
Dunque anche in questo caso la Chiesa non inventò, ma si limitò ad imitare pratiche già utilizzate da altre istituzioni. La tortura giudiziaria usata nei processi penali era però molto cruenta e spesso veniva utilizzata in modo arbitrario. Al contrario la Chiesa sancì l’utilizzo moderato della tortura, e stabilì che soggetti più deboli (bambini, donne incinte, anziani, malati, etc) non fossero ad essa sottoposti.
Tale pratica poteva essere utilizzata sia contro l’inquisito che contro i testimoni, qualora vi fosse il sospetto che mentissero. Tuttavia, tale pratica non veniva sempre utilizzata: basti pensare che nei tre grandi processi riguardanti personaggi famosi – quello a Giovanna d’Arco, quello a Giordano Bruno e quello a Galileo – la tortura non venne utilizzata (solo nel primo caso fu minacciato di farne uso).
Vigeva, tra le altre cose, il divieto di attribuire valore sacrale alla tortura tramite la benedizione. Inoltre dalle dichiarazioni rese dinnanzi al supplizio non poteva essere tratta alcuna confessione piena.
La confessione andava resa liberamente dall’inquisito in pubblico, proprio per evitare che le dichiarazioni fossero state rese proprio per evitare le sofferenze.
GLI STRUMENTI
La procedura inquisitoria ecclesiastica vietava anche l‘utilizzo di strumenti arroventati e tizzoni ardenti, nonché qualsivoglia spargimento di sangue. Era altresì proibito causare al torturato qualsiasi lesione permanente.
Forma di tortura più in uso era quella dei c.d. tratti di corda: il soggetto, legato con le mani dietro la schiena veniva sollevato per brevi periodi; ciò causava dolorose slogature, ma teneva indenni da danni permanenti.
È ormai ritenuta falsa la quasi totalità degli strumenti e delle pratiche mostrate nei musei e nelle esposizioni di tutto il mondo; possiamo elencare tra queste la vergine di Norimberga, la pera, la sedia chiodata, la forcella dell’eretico, il cavallo di Giuda e la tortura del topo: chiunque fosse stato sottoposto a simili strumenti non avrebbe avuto la possibilità di vivere a lungo, ciò sarebbe quindi andato contro il senso stesso della tortura, ossia ricavare dichiarazioni contra reum.
Il motivo per cui vediamo così tanti strumenti falsi nei musei è da ricercare in un intenso collezionismo che ebbe luogo in tutta Europa nel 1700 – 1800.
Una delle immagini che più spesso vediamo assurte ad emblema della crudeltà dell’inquisizione e dell’oppressione dei “secoli bui” rappresenta, nelle sue varie versioni, un uomo segato in due a partire dall’inguine o dalla testa; tale immagine, che possiamo attribuire senza troppe esitazioni al periodo medievale dovrebbe invero divenire icona di quanto la superficialità o la malafede possano offrire una distorta immagine storica: l’immagine infatti altro non è che una rievocazione del supplizio di Elia, che secondo le tradizioni apocrife avrebbe subito proprio quel destino.
CONTINUA NELLA SECONDA PARTE
Molto interessante
Grazie, Paolo.
A breve arriverà anche la seconda parte.