Giacomo Cavillier, studioso di egittologia, insegna all’Università del Cairo e dirige la missione Archeologica Italiana a Luxor (Egitto). È direttore del Progetto Shardana in Sardegna e in Corsica oltreché del Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta J.F. Champollion con sedi a Genova e a Luxor. Ha pubblicato parecchi testi sull’Antico Egitto.
Di particolare importanza, per una piena comprensione del volume Shardana. Navigatori e guerrieri nell’Egitto Ramesside. Fonti, Storia e Mito (dato alle stampe nel mese di dicembre del 2019), risulta la prefazione dell’autore. Nella stessa Giacomo Cavillier afferma che: «Nel 2000 avviai uno studio sulle fonti afferenti agli Shardana, guerrieri al servizio dei faraoni ramessidi e spesso annoverati fra le etnie (o gruppi) dei cosiddetti Popoli del Mare[1] come i Tursha, Lukka, Aqaywasha, Wheshesh, Shekelesh e Peleset che agirono nel Mediterraneo tra il XIII e l’XI secolo a.C. La scelta dello Shardana quale soggetto d’indagine parve piuttosto ovvia: è un turbolento pirata agli esordi del regno di Ramesse II ed è elemento straniero di spicco dell’organizzazione militare egiziana che gode di uno status “privilegiato” nella piramide sociale del paese. I risultati di tale analisi furono pubblicati nel volume scientifico della British Archaeological Reports n. 1438 intitolato “Gli Shardana e l’Egitto Ramesside” edito da Archaeopress di Oxford nel 2005. Da allora, alle indagini filologiche, è parso utile affiancare l’indagine sul terreno in diversi contesti archeologici in Egitto e in Mediterraneo in un più organico progetto di ricerca definito appunto “Shardana”.
L’intento forse più rilevante del progetto è quello di contribuire a gettar maggior luce sulla identità culturale degli Shardana, sulle loro origini e sul loro ruolo e funzione all’interno della società ramesside. In un ventennio è stato dunque possibile inquadrare il fenomeno in sé e formulare talune ipotesi plausibili sulla funzione e ruolo di questi guerrieri durante la loro permanenza in Egitto. Occorre però andare oltre tale “singolarità” culturale e proseguire le ricerche per inquadrare il fenomeno in un più ampio orizzonte degli eventi che includa i Popoli del Mare nella sua complessa definizione. Benché qualcuno abbia suggerito che tale vicenda possa essere svincolata dal suo contesto culturale di riferimento – il mosaico politico e il sistema commerciale vicinorientale della Tarda Età del Bronzo – io non vedo alcuna ragione per abbandonare tale impostazione per favorire una visione di genti guerriere che da “isole” e terre “occidentali” avrebbero imperversato nel Mediterraneo orientale depredando e distruggendo imperi e regni di ben altra statura. Troppo facile, troppo semplice e troppo conveniente continuare ad avvalersi di teorie di egittologi dell’800 come Champollion, De Rougé, Lauth, Chabas, Mueller, Brugsch, Maspero per rimarcare in ogni dibattito scientifico l’identità tra gli Aqaywasha e gli Achei, tra i Deyen e i Danai omerici, tra gli Shardana e i Sardi, tra gli Shekelesh e i Siculi, tra i Tursha e i Tirreni. Quei geniali fondatori dell’egittologia, basandosi solo sulle fonti bibliche e classiche, erano così convinti di aver trovato una soluzione immediata al problema sull’origine dei Popoli del Mare che non si preoccuparono del fatto che essa non aveva alcun valore fattuale e storico e che non avrebbe retto ad una successiva e ben più ponderata analisi scientifica. Può darsi che alcuni elementi culturali presenti nei contesti italici, mediterranei e nilotici possano sì suggerire contatti con queste genti guerriere, ma la ricerca archeologica a parer mio è l’unica via da percorrere per giungere ad una idonea definizione del fenomeno storico. È ormai evidente che nessuna delle varie ipotesi formulate in questi ultimi due secoli sul crollo della civiltà della Tarda Età del Bronzo (catastrofi climatiche, terremoti, carestie, guerre e invasioni) e sui Popoli del Mare può da sola spiegare un evento di così ampia portata ed importanza per la storia umana e, in particolare, per le civiltà del Vicino Oriente. Sulla base di questa attuale indeterminazione si svolgono poi dibattiti e si formulano diverse teorie. Sono in gioco problemi concettuali e modelli analitici di diverse scuole di pensiero, ma il vero problema che spesso soggiace alle discussioni scientifiche sui Popoli del Mare e, in particolare sugli Shardana, è la corretta interpretazione delle fonti. Ciò perché proprio il confluire di varie esperienze scientifiche e di dati di diversa provenienza in contributi, volumi e riflessioni a cura di specialisti di altre discipline e di appassionati rischia spesso di far dire alle fonti ciò che non possono dire o di limitarne l’importanza, escludendo informazioni di fatto essenziali.
Proprio nel caso degli Shardana, da decenni si assiste a discussioni aspre sulle origini di questi guerrieri, con formulazione di teorie bizzarre e storie “parallele” a causa di una errata lettura delle fonti disponibili. È mia convinzione che se le fonti – siano esse di provenienza egizia, siriana o egea – sono presentate in modo corretto e accurato e considerate nel loro giusto valore documentale, contestuale e temporale, la discussione può garantire uno scambio significativo di idee e di soluzioni per una più idonea rilettura del fenomeno. È parso quindi utile raccogliere e sintetizzare in questo agile e sintetico volumetto le fonti testuali ed iconografiche disponibili sugli Shardana; un utile compendio per coloro che intendano avviare o perfezionare la loro conoscenza sulle vicende di queste genti guerriere nell’Egitto ramesside. Il volume si compone di una breve introduzione storica e metodologica, segue l’analisi delle fonti, le conclusioni e la bibliografia per ulteriori approfondimenti. Il mio ringraziamento va innanzitutto all’editrice Kemet per la disponibilità a pubblicare il presente lavoro, ai colleghi e ai miei collaboratori per il prezioso contributo e scambio di idee nel corso di conferenze, seminari e corsi dedicati agli Shardana e Popoli del Mare in varie sedi universitarie e museali in Italia e in Egitto. Ai miei studenti universitari italiani ed egiziani, ai corsisti dell’Accademia Egizia e del Centro Champollion va il mio apprezzamento per l’impegno e la dedizione nell’approfondimento dello studio delle Civiltà dell’Antico Egitto e del Mediterraneo Antico».
Si ritiene che quanto detto dall’autore nella prefazione abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del saggio preso in esame. Di grande utilità sono le numerose illustrazioni, una mappa e la corposa bibliografia. Un’opera meritevole di attenzione che si consiglia di leggere e/o regalare a coloro che sono interessati a conoscere gli Shardana e a comprendere quali rapporti ebbero con l’Egitto ramesside.
[1] Per avere informazioni dettagliate sui Popoli del Mare è possibile consultare l’articolo pubblicato sul blog Storie di Storia: LOVELLI, G. I Popoli del Mare; https://storiedistoria.com/2016/10/i-popoli-del-mare/ [11 ottobre 2016].
Titolo: Shardana. Navigatori e guerrieri nell’Egitto Ramesside. Fonti, Storia e Mito
Autore: Giacomo Cavillier
Editore: Kemet
Pagg. 120