La leggenda della prima crociata e il suo riflesso storico


Thomas F. Madden

“Il crociato era uno che progettava di andare là e fare ritorno. Ci fu anche chi si stabilì là. Erano perfettamente tolleranti nei confronti dei singoli musulmani, ma tenuto conto di uno stato musulmano che consideravano una minaccia per la Terra Santa, tutte le crociate furono indette come reazione a conquiste musulmane.”

(Thomas F. Madden, storico e professore universitario)

“Combattere una crociata era costoso, e i costi erano sostenuti interamente dai crociati stessi, dalle loro famiglie, dai loro signori e, sempre di più a partire dal XII secolo, dalle tasse imposte alla Chiesa in Occidente. (…) Grandi quantità di denaro occidentale affluivano negli stati crociati.”

(Peter Edbury, storico e professore universitario)

“Se ci fosse stata una pressione finanziaria sulla classe dei cavalieri, l’ultima cosa che avrebbero fatto sarebbe stato partire per una crociata in Terra Santa. (…) Persino i numerosi castelli e presidi crociati, con i quali per duecento anni i cristiani controllarono parti di Terra Santa, non furono costruiti o finanziati con tributi locali, ma con i fondi inviati dall’Europa.”

(Rodney Stark, storico)

Alessandro Barbero

“Dunque la Crociata è un pellegrinaggio, però di un tipo molto particolare e che comincia in un momento storico specifico. È un pellegrinaggio che ha lo scopo di andare a Gerusalemme a pregare sul Santo Sepolcro, ma ha come caratteristica fondamentale quella di andarci armati, perché si teme che chi comanda a Gerusalemme non ci lascerà arrivare fin là o comunque ci darà dei fastidi. (…)”

(Alessandro Barbero, storico)

 

“DEUS VULT” ALIAS “LA LEGGENDA DELLA PRIMA CROCIATA E IL SUO RIFLESSO STORICO”

 

Tra gli avvenimenti del medioevo che hanno lasciato un certo segno nell’immaginario collettivo, pochi hanno sollevato un pregiudizio ampio quanto le grandi guerre di religione che infuriarono tra l’XI e il XIII secolo: si è infatti soliti pensare alle crociate come ad un insieme di spedizioni militari mosse da intenti colonialistici degli stati europei, spesso senza essere ben consci degli avvenimenti che portarono al loro scatenarsi.
Secondo il sentimento popolare, infatti, Papa Urbano II si sarebbe semplicemente svegliato un mattino, avrebbe gridato a gran voce “Deus vult” e da lì sarebbe scaturita la grande guerra nei confronti di un Islam pacifico e tollerante.
In questo articolo cercheremo di allontanarci da tale diceria popolare e di fornire un’interpretazione genuina delle crociate e del concetto di “guerra santa”.

Con il termine “crociate” si usa indicare un insieme di spedizioni belliche indette dalla Chiesa contro i nemici della fede: dapprima islamici, poi altri cristiani macchiatisi di eresia (pensiamo alla crociata contro gli Albigesi) oppure altri pagani. Dunque l’indagine storica non dovrebbe ricoprire solo la parentesi delle guerre per la riconquista del Santo Sepolcro; quest’oggi, tuttavia ci concentreremo soprattutto sulle crociate contro l’Islam, e in particolare esamineremo le cause della prima crociata, toccando abbastanza di sfuggita gli avvenimenti che portarono alla presa di Gerusalemme.

 

Papa Urbano II

 

L’OCCIDENTE CRISTIANO E LA “GUERRA SANTA”

 

Il concetto di “guerra santa”, nei secoli che precedono le crociate, fu del tutto assente nel mondo cristiano.
L’Europa dell’anno mille è cosparsa di guerre e lotte per il potere. Tale spargimento di sangue era mal visto dalla Chiesa: già il primo cristianesimo ripudiava ogni forma di violenza, anche quando questa violenza era legittimata dallo Stato; ricordiamo le vicende dei “martiri militari”, perseguitati e uccisi per il fatto di voler abbandonare le armi.
Chiaro che in un contesto in cui la stragrande maggioranza della popolazione era cristiana era praticamente impossibile che qualcuno non impugnasse le armi, eppure possiamo dire che nei primi secoli del medioevo la concezione che le autorità religiose avevano della guerra non cambiò: uccidere una persona, anche in guerra, era considerato un peccato.
Papa Urbano II, poco prima di indire la crociata, aveva cercato di frenare gli scontri tra feudatari promulgando a gran voce una “pax Dei”, ossia un invito rivolto a tutti i cristiani a deporre le armi in modo definitivo.

L’idea della “guerra santa”, come avremo modo di vedere, più che un pretesto per fare la crociata fu quasi una conseguenza della stessa.

Mentre l’impero Romano, in tutta la sua lunga storia, fu costantemente in guerra per allargare i propri confini, non è possibile per i motivi analizzati sopra attribuire all’epoca medievale una qualsivoglia  forma di “imperialismo cristiano”: gli stati cristiani erano divisi, spesso in guerra tra loro e altrettanto di frequente gli scontri per la contesa del territorio avvenivano al loro interno.

 

L’ORIENTE ISLAMICO E LO “JIHAD”

 

Ciò che abbiamo detto poc’anzi in relazione agli stati europei non vale per l’oriente islamico. Se vogliamo farci un’idea più netta della questione, possiamo porre a confronto una mappa dei domini crociati d’oltremare con una mappa che rappresenti l’espansione islamica: ci si renderà conto della relativa esiguità dei primi contro la sbalorditiva ampiezza di quest’ultima.
Poco dopo la morte del Profeta, i servi di Allah portarono la guerra in tre continenti: il Nordafrica fu completamente conquistato dagli eserciti dei califfi, la conquista ad est procedette verso l’India, mentre in Europa le armate islamiche tentarono l’ingresso da due punti: l’Impero Romano d’Oriente e la Spagna.
La Penisola Iberica fu anch’essa quasi del tutto assoggettata, e nel 732 un esercito guidato dal governatore arabo Abd al-Rahman compì razzie nel regno dei Franchi, ma la sua avanzata fu frenata dal Condottiero Carlo Martello, nonno di Carlo Magno, che lo sconfisse in battaglia nei pressi di Poitiers.

Le orde musulmane non si muovevano soltanto via terra, ma anche via mare: flotte saracene compivano scorrerie in tutto il Mediterraneo: nell’831 la Sicilia fu conquistata. Appena una quindicina di anni dopo una violenta incursione saracena fu mossa contro Roma, e i dintorni della città furono saccheggiati.
L’espansione islamica divorò parecchi domini dell’Impero Romano d’Oriente, il quale però resistette a lungo.
A questo punto vogliamo ancora credere che un’Europa guidata da principi con mire espansionistiche abbia messo a ferro e fuoco e depredato un pacifico ed indifeso impero Islamico?
Ma quale fu il “movente politico” della guerra nell’impero islamico? Possiamo ravvisarlo nel concetto di “Jihad”, sostantivo maschile che letteralmente significa “sforzo”.
Il concetto in esame è contenuto negli insegnamenti coranici: esso non è di immediata esplicazione, ma sarebbe riduttivo tradurre il relativo termine come “guerra santa”; assume bensì una vasta gamma di significati, tra cui quello di sforzo compiuto nella difesa della fede. Talvolta i dotti dell’Islam però interpretarono il concetto di Jihad in termini di guerra preventiva: dunque in quest’ottica era lecito attaccare i reami in cui la fede in Allah non si era ancora consolidata.

 

LA GUERRA NEL MEDIOEVO

 

Mi sembrava abbastanza approssimativo parlare delle crociate senza fornire un quadro generale di che cosa significasse fare la guerra in epoca medievale. Teniamo la mente ben focalizzata sulla tesi che le crociate fossero guerre di conquista.
Fare una guerra nel medioevo significava radunare gli uomini, addestrarli, equipaggiarli, pagarli e ovviamente nutrirli. Questo ci basta a capire che si trattava di un investimento non da poco. Per sostenere lo sforzo bellico era spesso necessario imporre nuovi tributi, con l’ovvio risultato di accrescere il malcontento della popolazione. E se questo non fosse bastato, le risorse le avrebbe dovute mettere il nobile, di tasca sua.

Cavaliere medioevale

 

Il costo delle armi non era da sottovalutare: bisogna considerare che il ferro nel medioevo aveva un costo altissimo: dotare ciascun uomo di armi e armature voleva dire spendere un capitale.
Siamo troppo abituati a vedere film ambientati nel medioevo in cui l’esercito, spesso composto da soli cavalieri, si avviava senza alcun seguito verso il luogo della battaglia. In realtà gli eserciti erano sempre seguiti da una marea di carri colmi di vivande, armi, materiali da costruzione e altri beni utili per condurre efficacemente la guerra. Possiamo anche immaginare che a sorveglianza di queste salmerie fossero posti dei soldati semplici, non certamente dei cavalieri.
Le crociate richiesero anche lo sforzo di recarsi in una terra lontana, in cui l’approvvigionamento di cibo, armi, vettovaglie e rinforzi non poteva giungere dalla madrepatria se non con enorme difficoltà e pericolo.
La prima crociata, da questo punto di vista doveva essere stata estremamente dura, perché non esistevano porti in mano ai crociati: costoro fecero l’intero viaggio via terra, attraversando spesso l’intera Europa prima di giungere nell’Impero Bizantino e da lì procedendo verso la Terrasanta.

 

LA SITUAZIONE ANTECEDENTE AL CONFLITTO

 

Veniamo ora alle cause che scatenarono il conflitto. Nonostante la poderosa minaccia da parte delle armate islamiche, per parecchi secoli nessun papa promosse mai una crociata. Questo come lo spieghiamo?
Ci tocca fare un passo indietro e rivalutare un po’ ciò che abbiamo detto sull’Islam: nonostante si trattasse di un impero fortemente bellicoso, non mancarono affatto contatti tra il mondo islamico e il mondo occidentale.
I commerci con l’Oriente in età altomedievale-carolingia non furono certamente così intensi come lo sarebbero stati nel ‘200. Tuttavia possiamo dire con certezza che vi furono delle relazioni quantomeno diplomatiche: Carlo Magno, ricordiamo, riceveva regolarmente gli ambasciatori del califfo di Baghdad, e addirittura scambiava doni con quest’ultimo.
Non solo: gli arabi, probabilmente anche per una questione di carattere economico, permettevano ai pellegrini cristiani di attraversare le proprie terre e di recarsi a Gerusalemme in visita dei luoghi della passione. La situazione cambiò quando una popolazione al tempo relativamente sconosciuta, i Turchi, da poco convertita all’Islam, conquistò buona parte dei domini arabi tra cui anche la Terrasanta. Costoro non accettarono che genti di religione diversa praticassero i loro culti nei loro domini: molte chiese, ancora operative al tempo degli arabi, furono rase al suolo o convertite in moschee e un alto numero di pellegrini furono uccisi: coloro che riuscirono a salvarsi e a tornare in occidente riferirono di massacri raccapriccianti.
Come se tutto ciò non bastasse, nel 1091 le massicce incursioni portarono i Turchi a distanza di un soffio da Costantinopoli: gli invasori furono respinti solo con grande fatica. Fu a questo punto che l’Imperatore bizantino Alessio Comneno chiese aiuto al papa perché intercedesse per lui presso i capi cristiani.

 

IL DISCORSO DI CLERMONT

 

Papa Urbano II, scosso dalla notizia, convocò un concilio in Francia per rivolgere un disperato appello: egli sapeva infatti che se Costantinopoli fosse capitolata, i Turchi sarebbero penetrati in Europa.
A Clermont, luogo scelto per il raduno, il pontefice tenne un discorso pubblico in presenza dei nobili Franchi, del clero e del popolo.

 

Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima crociata

 

Vediamo alcuni stralci dell’orazione:

“Popolo dei Franchi, popolo d’oltre i monti, popolo come riluce in molte delle vostre azioni eletto ed amato da Dio (…). Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci abbia condotto nelle vostre terre; quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci abbia qui, attratti.
Da Gerusalemme e da Costantinopoli è pervenuta e più d’una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i
Persiani (i Turchi n.d.r.) gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, stirpe dal cuore incostante e il cui spirito non fu fedele al Signore, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della propria religione. (…)
Che dire della nefanda violenza recata alle donne, della quale peggio è parlare che tacere? Il regno dei Greci (i Bizantini) è stato da loro già tanto gravemente colpito e alienato dalle sue consuetudini, che non può essere attraversato con un viaggio di due mesi. (…)
A chi dunque incombe l’onere di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi cui più che a tutte le altre genti Dio concesse insigne gloria nelle armi (…)? Vi muovano e incitino ali animi vostri ad azioni le gesta dei vostri antenati. (…)
Cessino dunque i vostri odi intestini, tacciano le contese, si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. (…)
Quando andrete all’assalto dei bellicosi nemici, sia questo l’unanime grido di tutti i soldati di Dio: “Dio lo vuole! Dio lo vuole!” (…)
I ricchi sovvengano i poveri e conducano a proprie spese con loro uomini pronti a combattere. (…)
Sarà così adempiuto il precetto che il Signore dà nel Vangelo: “Chi non porta la sua croce e non viene dietro di me non è degno di me”.

 

PELLEGRINAGGIO E PENITENZA

 

Ho dato ampio spazio ad un discorso di per sé assai più lungo in cui viene sempre sottolineata la situazione d’impellente urgenza in cui si trova l’occidente cristiano: giunti a tale antecedente, affermare che il vescovo di Roma abbia fatto tutto per brama di conquista sembra un po’ voler fare un processo alle intenzioni. Siamo dunque entrati nel cuore del discorso: l’orazione tenuta a Clermont trovò terreno fertile nell’animo degli uomini di ogni estrazione, dando il primo energico impulso alle spedizioni degli europei in Terrasanta.

 

Pellegrini nel Medioevo

Nell’insieme delle cose non bisogna mai scordare che ogni individuo in una moltitudine coesa può anche essere mosso da molteplici finalità: anche nella lunga storia delle crociate vi fu chi si mosse per ambizione o per pura prospettiva di guadagno o per altri interessi personali. Un nobile ambizioso di conquistare terre e ricchezze poteva anche vedere nella spedizione ad oriente un’occasione anche sé, come già abbiamo mostrato nei precedenti paragrafi, tale impulso va ridimensionato dall’ottica dei pericoli e delle effettive difficoltà economiche nel fare una guerra ai Turchi: più che ambizioni di conquiste si videro guerrieri desiderosi di dar battaglia e di dare prova della propria abilità e del proprio coraggio sul campo. Tra le fila dei poveri si poteva trovare invece il disoccupato che colse al volo l’occasione dell’arruolamento.
Tutte queste situazioni particolari però non devono farci perdere la prospettiva fornitaci dal quadro storico d’insieme: la reazione contro lo jihad degli infedeli era stata rimandata troppo a lungo.
Inoltre si tende ad ignorare del tutto quel proposito particolare che, già secondo cronache del tempo, giocò invece un ruolo che è tutto fuorché trascurabile nella vicenda. Per spiegare tale proposito, cominciamo a dire che, ancora negli anni successivi al discorso di papa Urbano, non si affermò né il termine “guerra santa” né il termine “crociata”. La guerra in Terrasanta, per i fedeli, era semplicemente un pellegrinaggio, anche se un po’ diverso dal solito.
È proprio la lente moderna con cui esaminiamo le crociate e, più in genere l’intera epoca medievale ad impedirci di percepire la grande importanza di quei viaggi lunghissimi e faticosi compiuti non per profitto, ma per devozione e per penitenza. Migliaia di pellegrini all’epoca si incamminavano per visitare luoghi di un certo interesse per la fede: già al tempo era famoso il santuario di Santiago in Spagna, ma più importanti ancora erano i luoghi dove Cristo visse la passione.
Quella che noi chiamiamo “crociata” era dunque un pellegrinaggio, anche se molto particolare: stavolta a Gerusalemme ci si va armati, il papa nell’occasione sancì che chi fosse deceduto nel corso del pellegrinaggio avrebbe visto rimessi i propri peccati; si trattava, diciamo, di una sorta di “assoluzione preventiva” fatta in vista dei pericoli della guerra. Da questa concessione di carattere spirituale prese via però il disguido che portò a formarsi al concetto di “guerra santa” di cui abbiamo parlato: la remissione dei peccati implica che il peccato vi sia (come abbiamo detto, uccidere un altro essere umano in guerra era ancora considerato peccato grave), ma nel pensare popolare essa si trasformò quasi per automatismo in un indice della bontà dell’impresa; dunque ad un certo punto si affermò pienamente l‘idea che non vi fosse peccato in quella guerra, ma che addirittura la stessa guerra cancellasse il peccato.

 

LA CROCIATA “DEI CADETTI”

 

Una teoria alquanto bizzarra vuole che le crociate siano state guidate dai “figli di troppo” di cavalieri e feudatari che volevano assicurarsi un’eredità tramite la conquista. Bisogna chiedersi innanzitutto con quali coperture finanziarie un figlio cadetto, ossia non primogenito, avrebbe potuto sostenere gli enormi costi per partecipare ad una spedizione in Terrasanta.

 

Prima crociata

Ci si scorda che già la prima crociata, sebbene salvo eccezioni non fosse guidata da re, vedeva tra i suoi maggiori leader illustri principi e signori feudali che non avevano vantaggio ad abbandonare la propria terra e ad investire le proprie ricchezze in un’impresa in cui avrebbero rischiato la vita.
Risulta pure difficile pensare che i capi crociati abbiano considerato la spedizione in Terrasanta alla stregua di una passeggiata: costoro di certo conoscevano la ferocia dei guerrieri turchi. Basti pensare a proposito che il solo pellegrinaggio non armato poteva durare anche un anno. La prima crociata, come sappiamo, ne durò tre, e si trattò di una lenta conquista, piuttosto che di una rapida invasione: si trattava di avanzare in territorio nemico ed espugnarne una per una le roccaforti. Se i crociati avessero puntato direttamente su Gerusalemme, avrebbero rischiato di trovarsi un esercito avversario alle spalle.
Successivamente, nella seconda crociata, persino re e imperatori partirono per coordinare le imprese belliche in Terrasanta. Il rischio non era solo quello di perdere la vita nel corso delle imprese belliche; mentre si era lontani da casa si rischiava di perdere i propri possedimenti o il proprio regno: ricordiamo tutti la vicenda di Riccardo Cuordileone, il cui trono fu usurpato dal fratello. Ancora una volta la tesi dei “figli di troppo” subisce uno smacco, perché sappiamo per certo che fu Riccardo, il primogenito, e non suo fratello ad andare in guerra.

 

LE OPERAZIONI BELLICHE IN ORIENTE E LA PRESA DI GERUSALEMME

 

Per questioni di sintesi mi sono visto costretto a tralasciare l’inconcludente episodio della “crociata dei poveri”, essendo strettamente necessario, ai fini del nostro discorso che si indugi di più su quella “dei nobili”, e in particolare sul modo in cui essa si concluse.
Obiettivo strategico dell’alleanza crociata pare semplice da comprendere: istituire degli Stati cuscinetto proprio in mezzo al dominio musulmano; con il nemico in casa, i Turchi avrebbero desistito dal cercare di espandersi ad occidente.
Sin dall’inizio la campagna fu segnata da aspre battaglie e lunghi assedi alle città sotto il dominio Turco: evento forse più significativo in questa fase del conflitto fu forse la presa di Antiochia nel maggio del 1098.
Solo all’inizio del 1099, dopo varie vicissitudini, la marcia verso la Città Santa riprese: l’esercito crociato preferì stavolta, per evitare ulteriori lungaggini, contrattare con le autorità musulmane locali affinché l’avanzata proseguisse senza intoppi.

 

Miniatura del XIV secolo raffigurante l’assedio di Gerusalemme. Goffredo di Buglione utilizza una torre d’assedio per assaltare le mura.

 

Veniamo ora all’episodio per cui i crociati sono ad oggi più criticati: il massacro di Gerusalemme.
Va detto che, all’epoca in cui si svolsero i fatti narrati, non esistevano le regole di guerra vigenti al giorno d’oggi, tuttavia esistevano già delle consuetudini affermate un po’ ovunque tanto nel mondo islamico quanto nel mondo cristiano. Secondo una di queste consuetudini, se una città nemica accettava la resa la popolazione andava risparmiata e poteva, al più, essere cacciata dalla città; nell’eventualità contraria, però, era considerato lecito saccheggiare la città. È opportuno ricordare che prendere una città per fame poteva costare molto tempo, eppure era il metodo più sicuro per far capitolare il nemico senza correre il rischio di logorare le proprie forze in estenuanti assalti: perciò la minaccia della rappresaglia contro la popolazione resistente era vista come un ottimo modo per incentivare la resa.
Nel giugno del 1099 i crociati si trovarono di fronte alle mura della Città Santa con un esercito ridotto a meno della metà rispetto a quello con cui erano partiti da Costantinopoli. Si tentarono svariati assalti alle mura, tra cui quello decisivo del 15 luglio.
Le cronache coeve del tempo ci parlano di un massacro inaudito, tuttavia vi è motivo di sospettare che esse siano in parte esagerate e che le vittime fossero in gran prevalenza militari. Non abbiamo indicazioni del numero dei morti, ma è in genere considerata inattendibile la stima di 70.000 vittime fornitaci da Ali Ibn alAthir, storico islamico che scrisse a distanza di almeno un secolo dagli eventi.
Innanzitutto una delle priorità per gli assedianti fu quello di impedire che il nemico si trincerasse nel Monte del Tempio dove avrebbe potuto dare loro ulteriore filo da torcere: inspiegabile sarebbe altrimenti il dettaglio delle “centinaia di soldati nemici” presi come prigionieri e dall’altro lo sforzo di uccidere migliaia di civili. Ci viene anche raccontato che a raccogliere i corpi dei musulmani caduti perché fossero bruciati non furono i soldati cristiani, ma altri musulmani.
Abbiamo pure notizie di superstiti ebrei e islamici; i primi non furono quasi del tutto toccati: si ricorda l’incendio di una sinagoga durante l’assedio in cui persero la vita alcuni di loro, ma la maggior parte di essi fu scortata verso zone sicure. I superstiti islamici invece furono cacciati dalla città, com’era successo ai cristiani qualche tempo prima. L’Emiro che regnava su Gerusalemme e il suo seguito furono condotti in salvo ad Ascalona per ordine dei capi crociati.
Ibn al-Arabi, storico musulmano contemporaneo ai fatti (anche se non testimone oculare degli stessi), fu l’unico al tempo a riferire la cifra di 3.000 vittime.

 

I REGNI CRISTIANI D’OLTREMARE

 

Con la presa di Gerusalemme si costituì una situazione non troppo dissimile a quella che aveva caratterizzato la dominazione araba prima dell’invasione turca, anche se da un punto di vista organizzativo i vincitori optarono per il modello feudale in voga in occidente: nacquero così i cosiddetti “regni cristiani d’oltremare” o “Stati crociati”, tra cui il più importante fu il Regno di Gerusalemme.
La “leggenda” vuole che con la conquista crociata a scapito dell’Islam abbia portato alla formazione di una colonia cristiana in Terrasanta (l’“imperialismo cristiano” cui abbiamo fatto cenno) in cui i non cristiani furono perseguitati.
Innanzitutto qualche storico ha fatto notare che, perché si possa parlare di colonia, deve esserci un dominatore che sfrutta con profitto la terra conquistata: possiamo escludere che sia questo il caso. Sappiamo che vi fu una fioritura dei commerci e certamente ciò portò un certo margine di profitto anche all’occidente.

Regni latini d’Oriente

Tuttavia i neo-Stati erano finanziariamente e militarmente troppo deboli per far fronte alle costanti minacce dei vicini potentati islamici: buona parte di coloro che furono partecipi della prima spedizione tornarono in patria dopo che Gerusalemme fu presa, lasciando i nuovi territori particolarmente indifesi. A più riprese dopo il 1100 armate islamiche tentarono di strappare ai crociati le preziose conquiste: ciò rese necessario per i reami europei continuare a stanziare consistenti finanziamenti.
I seguaci della religione islamica continuarono ad essere parte consistente della popolazione della Terrasanta; ad ognuno fu consentito di mantenere ed esercitare pubblicamente la propria religione e in un tempo relativamente breve si raggiunse una pacifica convivenza tra i fedeli dei vari credi religiosi e si assistette ad un intenso scambio nella cultura e nei costumi: si trattò, a tutti gli effetti, di una realtà multietnica e multireligiosa. Unico limite geografico all’esercizio del culto era la città di Gerusalemme: solo in essa non vigeva la libertà di pratica del culto; ciò parrebbe più che logico nell’ottica religiosa: Gerusalemme era “la Città Santa”, la città dei cristiani per antonomasia.

Se consideriamo infine il bilancio complessivo delle crociate, possiamo accorgerci di quanto i vantaggi acquisiti dall’occidente siano stati in realtà estremamente pochi e assai poco duraturi; se escludiamo il relativo successo della prima crociata, la quale a sua volta costò considerevoli sforzi e perdite di vite umane, le altre spedizioni furono per lo più un fallimento militare che pesò assai più sui regni d’Europa che sulle potenze islamiche del vicino oriente: al termine della seconda crociata, Gerusalemme tornerà in mano musulmana, e i cristiani non riusciranno mai più a riprenderla.

 


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