Molte persone oggigiorno sono ancora legate all’idea che il Medioevo sia stata l’epoca buia per eccellenza, un periodo in cui le peculiarità più detestabili dell’essere umano sarebbero state scatenate o accentuate (guerre, assenza di leggi, roghi sommari, etc…); a fare da macabro contorno una diffusa e uniforme ignoranza e un’arretratezza tecnologica dettata dall’oscurantismo di malvagie caste dominanti. In un articolo precedente ho trattato, ad esempio, di come sia ancora diffusa la credenza che i “medievali” immaginassero il pianeta su cui viviamo piatto come una tavola. Questa volta analizzeremo l’ “Età di Mezzo” con particolare riferimento allo sviluppo tecnologico.
IL PROGRESSO STORICO
Tutti riconosciamo il fatto che la scienza e la tecnologia sono correlate a scoperte effettuate in maniera pressoché graduale, anche se non costante, nella storia dell’umanità: l’uomo delle caverne che si è trovato a scoprire il fuoco o a inventare la ruota può essere, in qualche modo, paragonato ad un Leonardo da Vinci del tempo in cui viveva. Riconosciamo dunque che ogni civiltà e ogni epoca ha avuto il suo grado di conoscenza scientifica e tecnologica ed un complementare grado di “arretratezza”. Quando si parla di Medioevo invece, ogni ragionevole argomentazione sul livello di progresso sembra essere immotivatamente sospesa, e rimpiazzata da un granitico giudizio negativo. Una delle affermazioni che più mi hanno lasciato deluso in questo senso è stata “se non ci fossero stati la Chiesa e il Medioevo saremmo già arrivati su Marte”. Non mi pare proprio che nella “gloriosa” epoca romana vi sia stata una tecnologia anche solo lontanamente paragonabile al razzo che ha portato l’uomo sulla Luna, dunque quale legittimazione dovrebbe avere questa totale mancanza del concetto di “progresso storico” quando si parla di Medioevo? Sarebbe un po’ come rimproverare l’uomo di Neanderthal per non aver inventato il termosifone.
LA CULTURA MEDIEVALE
Abbinare i termini “cultura” e “Medioevo” suona ancora bizzarro alle orecchie di molte persone. Tempo fa scrissi un articolo riguardante l’idea che nel Medioevo credessero nella Terra piatta: ciò, in sintesi costituisce un falso storico, poiché già i Padri della Chiesa della tarda età romana, tra cui S. Agostino, affermavano con sicurezza che la Terra è tonda. Ciò costituisce un importante indizio che mostra come non ci sia stato un vero e proprio stacco culturale tra Età Antica e Medioevo: se avessimo potuto chiedere a Dante di elencarci gli imperatori romani, molto probabilmente sarebbe partito da Augusto fino a comprendere Carlo magno e i suoi successori. Questo articolo, che tratterà soprattutto della componente tecnologica dell’epoca medievale, va letto con riguardo ad un più ampio contesto, esaminato più nel dettaglio in altri futuri articoli, in cui vedono la luce molti istituti inesistenti nella Roma Antica: gli ospedali, le università, le corporazioni commerciali. Anche sul piano giuridico l’età di mezzo originò concetti nuovi, alcuni di essi ritenuti validi ancor oggi; ciò avvenne in totale assenza di un esplicito rigetto dei concetti e schemi propri del diritto romano.
L’ “UOVO DI COLOMBO”
Per spiegare bene il tema di questo articolo, ho deciso di utilizzare il concetto di uovo di Colombo: tale espressione si usa per indicare generalmente una soluzione semplice ad un problema apparentemente complesso. Personalmente, ho sempre attribuito a detta espressione un significato più profondo: è “uovo di Colombo” una soluzione ad un problema che è semplice ma al contempo impensata. Per capire meglio narrerò l’origine di tale modo di dire. La storia, quasi certamente inventata, suona più o meno così: Cristoforo Colombo, anni dopo aver scoperto l’America, era ospite ad un banchetto. Uno dei nobili commensali, per schernire il navigatore Genovese, disse “la tua impresa non era proprio così difficile; ci sarebbe riuscito chiunque.” A quel punto Colombo, senza perdere la calma ribatté: “Certo, ma ora vi propongo un’impresa assai più facile.” Preso un uovo da un vassoio lo depose sulla tavola. “Fate in modo che quest’uovo stia dritto.” Il nobile uomo che aveva parlato e gli altri commensali si cimentarono nell’intento, ma l’uovo continuava a scivolare, e dopo un quarto d’ora buono tutti si arresero: l’impresa proposta dal Genovese sembrava impossibile. Al che Colombo con disinvoltura prese l’uovo e senza imprimere troppa forza ne schiacciò il lato inferiore sulla superficie del tavolo in modo che stesse diritto sulla tavola. “Compiere quest’impresa sarebbe stato nelle facoltà di chiunque tra voi…” Declamò Colombo. “…se ci avesse pensato prima!”
L’UOVO DI COLOMBO NELLA STORIA UMANA
Uovo di Colombo è dunque un’idea estremamente a portata di mano che però, finché non entra nella mente di qualcuno, rimane incompiuta. Possiamo azzardarci pensare che l’intera storia umana sia letteralmente costellata di uova di Colombo, ossia di idee semplicissime realizzate solo in determinati momenti. Una delle prime “uova” della storia è forse l’invenzione della ruota. Se ci pensiamo, la ruota è un’idea in sé semplicissima: talmente semplice che basterebbe vedere qualcosa che rotola, un sasso, o un legnetto, per poterne applicare il concetto e trarne vantaggio. Eppure sapete quando, secondo gli studiosi, è stata inventata la ruota? Non prima del 4.000 a.C.. Dunque l’uomo avrebbe vissuto per oltre due milioni di anni senza inventare la ruota! Non è finita; molte popolazioni del mondo, prima dei contatti con altri gruppi umani tecnologicamente più sviluppati, non conoscevano l’uso della ruota: pensiamo ai popoli del centro America prima dell’arrivo dei conquistatori spagnoli.
LA STAFFA
Il primo “uovo di Colombo” legato al Medioevo che mi sento in dovere di menzionare è la staffa. Tutti sappiamo che cos’è: un banale aggeggio in metallo, di forma grossomodo semicircolare, che serve per infilarvi il piede ed essere così più stabile a cavallo. Ebbene: in più di mille anni di storia i Romani non conobbero mai la staffa! Tale arnese fu inventato probabilmente dai Parti o dai Persiani, ma fu poi sviluppato indipendentemente dai Franchi. Grazie all’uso delle staffe e di una sella più elaborata il cavaliere è molto più stabile, soprattutto nelle galoppate. Se tale invenzione, dal punto di vista della tecnologia civile, è “poca roba”, come si suol dire, non si può certo affermare lo stesso nell’ottica della tecnica militare: la staffa, sotto questo profilo, vuol dire “cavalleria pesante”. Quest’ultima, per fare un paragone storico, può essere assimilata all’invenzione del carrarmato nell’era contemporanea. Le armate romane fecero sempre un uso assai limitato della cavalleria, affidandosi soprattutto a truppe ausiliarie. Un cavaliere privo delle staffe e di una sella idonea può spostarsi rapidamente da una parte all’altra del campo di battaglia, ma non può caricare. Rischierebbe di essere disarcionato. L’introduzione della staffa risolse questo problema. Immaginate di essere un soldato appiedato nel campo di battaglia abituato, fino al giorno prima, ad affrontare il solito cavaliere montato, armato alla leggera, che può spostarsi a cavallo ma non può caricare. Immaginate di trovarvi stavolta di fronte ad un cavaliere munito di alta sella provvista di staffe, e coperto da un’armatura in ferro dalla testa fino alla punta dei piedi (il carrarmato che dicevamo prima). Il cavalleggero, se vuole colpire deve avvicinarsi, fermare il cavallo e, se armato di un arco o di una lancia, deve prendere la mira; in questo lasso di tempo il fante avversario ha tutto il tempo di colpire a sua volta. Il cavaliere pesante invece non può essere fermato in maniera altrettanto semplice: quello carica, e se la sua lancia incontra qualcosa o qualcuno trasmette una forza d’impatto pari al peso del cavaliere, del cavallo e della rispettiva armatura.
IL MULINO
La forza del vento o dell’acqua e i suoi impieghi tecnologici erano probabilmente noti già ai Romani; ciò nonostante gli stessi preferivano fare affidamento alla forza lavoro di centinaia di schiavi. Nel Medioevo, in cui di schiavi non ce n’erano, e il lavoro era svolto da contadini, che potevano essere tanto servi della gleba quanto proprietari di quelle stesse terre, si rese necessario sostituire la forza lavoro dell’uomo con quello della macchina. Se potessimo tornare indietro nel tempo fino al Medioevo, vedremmo decine o centinaia di mulini ad acqua disposti in aree fluviali che in età romana ne erano completamente prive. Nella medesima epoca, e più precisamente in quell’Alto Medioevo definito “buio”, si svilupparono anche le tecniche agricole come la “messa a maggese”, e si affermò l’uso di strumenti come l’aratro pesante trainato da buoi o da cavalli, che risparmiava ai contadini un’enorme fatica.
I “MONACI INVENTORI”
Lo scenario medievale tipico che spesso abbiamo in mente è quello de “Il Nome della Rosa”, nella sua versione cartacea o nelle sue trasposizioni cinematografiche: uno scenario tetro e buio, in cui risaltava l’ignoranza e la prepotenza dei monaci, i quali opprimevano il villaggio con pesanti decime, riducendone gli abitanti alla miseria. In realtà i monasteri erano luoghi di cultura, e la presenza di un monastero non impoveriva, bensì arricchiva i villaggi circostanti. I monaci, si ricorda, non solo erano molto istruiti, ma svolgevano essi stessi molti lavori manuali, quali la coltivazione dei campi o l’allevamento del bestiame. In ambito monastico nasce anche l’odierna birra: la bevanda, nota sin dal tempo degli Egizi, fu una bevanda relativamente poco apprezzata dai Romani. I monaci introdussero l’ingrediente del luppolo, il quale consente una maggior conservazione della bevanda.
I monaci amanuensi, dediti alla ricopiatura dei volumi, dopo anni passati a copiare sviluppavano spesso problemi di vista; occorreva perciò sviluppare un arnese che consentisse loro di vedere meglio le lettere: nasce la lente da cui si svilupperanno, forse in ambiente laico, gli occhiali. Ai monaci vanno attribuite numerose altre invenzioni, tra cui la silvicoltura, le note musicali e molti prodotti alimentari che consumiamo ancora oggi, come il Parmigiano Reggiano e lo Champagne.
INGEGNERIA ARCHITETTONICA
Purtroppo, il declino dell’Impero Romano d’Occidente trascinò con sé buona parte del sapere architettonico del tempo. Con il tempo si persero le maestranze in possesso delle nozioni indispensabili per costruire ponti e acquedotti. Non c’è dubbio che tale perdita inficiò non poco la società medievale: ciò nonostante, i muratori medievali seppero arrangiarsi, realizzando capolavori dell’ingegneria architettonica. In particolare, nel Medioevo si implementarono alcuni sistemi idrici o di riscaldamento già noti ai romani. Nelle case inoltre, compare il camino dotato di cappa fumaria. Come non dimenticare, inoltre, che il medioevo fu l’età dei castelli? I castra romani, ossia gli accampamenti, avevano una struttura molto elementare. Le strutture difensive medievali erano in genere piccole ma funzionali: gli spazi erano progettati in modo minuzioso per non presentare falle che potessero essere sfruttate da eventuali assedianti.
Nel medioevo ma costruirono strutture religiose assai più imponenti dei templi dell’Età Antica. I luoghi di culto greci e romani erano basati su concetti ingegneristici tutto sommati semplici: una fila di colonne in grado di sostenere un architrave; anche nei templi romani non si affermò l’uso dell’arco che invece caratterizzava gli edifici civili come il teatro, l’anfiteatro o il circo. I medievali invece fecero un ampio uso delle arcate nella loro architettura religiosa, e introdussero persino un nuovo tipo di arco: l’arco “a sesto acuto” che possiamo notare nelle strutture gotiche. L’introduzione di tale tipo di arcata non fu semplicemente un fattore estetico, ma permetteva una più efficace distribuzione del peso, e consentiva di creare strutture (gli “archi rampanti”) in grado di reggere decine di tonnellate di dura roccia. Altro pregiudizio diffuso è che non vi fossero fognature nella città medievale: al contrario, le principali città svilupparono impianti del tutto analoghi alle cloache romane; nei villaggi e negli spazi urbani privi di tali impianti era invece uso bruciare i rifiuti.
INGEGNERIA BELLICA
Come abbiamo già accennato, l’introduzione della staffa e la nascita della cavalleria pesante costituirono uno dei più determinanti progressi bellici del periodo medievale: a seguito di questo, cambiò letteralmente il modio di fare la guerra. Se prima avevamo eserciti composti essenzialmente da fanti, le armate del Medioevo videro un decisivo aumento dell’importanza della cavalleria, le cui forze potevano costituire fino ad un quinto delle forze totali. Non per niente il Medioevo è anche definito “l’epoca d’oro della cavalleria”, ma essa non fu l’unica grande conquista in ambito bellico. In epoca romana si utilizzavano macchine sia per gli assedi che per le battaglie campali. Nel Medioevo invece l’utilizzo di congegni fu in genere limitato agli assedi.
Gli ingegneri militari del medioevo progettarono una variante ben più complessa degli onagri e mangani già noti ai legionari di Roma: si trattava del trabocco, un’arma a contrappeso in grado di sollevare e scagliare proiettili di roccia del peso di oltre una tonnellata, con una gittata di circa 300 metri. Intorno al 1300, tramite l‘intensificarsi dei traffici commerciali con l’Oriente, divenne nota in Occidente la polvere da sparo: già nella Guerra dei Cent’Anni vediamo all’opera i primi cannoni, anche se bisognerà aspettare ancora almeno un secolo prima che diventino armi da guerra efficaci. Venne reintrodotto, poco oltre l’anno mille, l’uso di miscele incendiarie inventate secoli prima dai Bizantini: si ricorda ad esempio di alcune battaglie in cui i Veneziani e i Pisani fecero uso di “fuoco greco”.
LA METALLURGIA MEDIEVALE
L’esigenza di proteggere i cavalieri portò allo sviluppo nel 1300 dell’armatura a piastre in ferro completa, sconosciuta in epoca romana. I legionari vestivano di solito una corta cotta di maglia ad anelli (lorica hamata), variante più corta degli usberghi utilizzati dai fanti nel Medioevo, oppure corazza fatte di bande di ferro unite da lacce di cuoio (lorica segmentata). La cavalleria romana non faceva eccezione. Per forza di cose i mastri armaioli dovettero sviluppare delle tecniche siderurgiche ben più complesse rispetto a quelle necessarie a forgiare una semplice corazza ad anelli: serviva creare corazze che fossero al tempo stesso robuste e resistenti, facendo uso combinato di ferro e “acciaio dolce” (una lega con bassa percentuale di carbonio).
Pare che in Italia, nel territorio del Milanese, vi fossero delle botteghe paragonabili per dimensione a delle vere e proprie industrie, e che le armature in esse forgiate fossero richieste da ogni parte d’Europa. La metallurgia non ebbe solo un ruolo in ambito bellico; i progressi in quel campo coinvolsero anche l’ingegneria e, in particolare, l’arte: si lavoravano i metalli preziosi per trarne decorazioni, oppure per fabbricare statue, gioielli o ornamenti.
LA NAVIGAZIONE
I Romani, è noto, non furono un popolo di grandi navigatori, tuttavia fu loro necessario sin dai primi istanti della conquista dell’egemonia sul Mediterraneo, cimentarsi in questa ardua impresa. Si cercò in particolare, di applicare efficacemente sul mare le tecniche del combattimento via terra. Le galee romane erano mosse sostanzialmente dalla forza dei rematori, che potevano essere uomini liberi o schiavi: una sola vela quadrata fungeva d’ausilio solo con il vento in poppa. In età medievale si svilupparono navi più massicce e mosse dalla sola forza del vento, grazie all’introduzione di vele triangolari che potevano essere inclinate a seconda della provenienza del vento. Anche in ambito navale si diffuse l‘uso di utili strumenti di navigazione come la bussola. Il primato dell’invenzione, come per altri oggetti o strumenti, va ai Cinesi, ma non è escluso che lo sviluppo in occidente sia stato autonomo: alcuni pensano che sia opera degli Amalfitani intorno all’anno 1000, altri addirittura dei Vichinghi in età altomedievale. Non si può non ricordare che nello stesso periodo cominciarono a porsi le basi per la moderna cartografia a partire da concetti già noti agli antichi: si diffuse l’uso di disegnare o dipingere planisferi, che al tempo venivano chiamati “mappae mundi”, e proprio nel 1492, poco prima della scoperta dell’America, il primo mappamondo di forma sferica.
LA SCRITTURA E LA STAMPA
Come abbiamo visto, gli amanuensi nei monasteri salvarono, tramite una poderosa opera di ricopiatura, gran parte del sapere antico. Ciò diede impulso ad un’innovazione di ciò che era la scrittura e ciò che era ad esso correlata. Ad eccezione della virgola, inventata dai Romani per scandire i periodi, gli amanuensi inventarono la nostra punteggiatura. A partire dall’anno 1000 si cominciò a fare uso della carta in sostituzione della costosa pergamena. Prima dell’invenzione della stampa i monaci e successivamente i laici impegnati nei lavori di copiatura fecero svilupparono delle tecniche di scrittura e miniatura dei libri, creando dei veri e propri capolavori. Agli inizi del XIV secolo nasce in Europa la prima forma di stampa, detta xilografia, ossia la stampa a caratteri fissi, la quale tuttavia era piuttosto scomoda: una singola matrice poteva contenere una sola pagina e un errore di scrittura nella pagina significava dover rifabbricare ex novo la matrice. Sul finire del Medioevo Johannes Gutenberg rivoluzionò la stampa inventando i caratteri mobili.
CONCLUSIONI
In questo breve percorso abbiamo visto e analizzato sinteticamente solo alcune delle scoperte tecnologiche che caratterizzarono l’età medievale, vi sarebbero numerose altre scoperte da elencare (i vetri alle finestre, i camini, gli orologi meccanici, etc) ma non basterebbe un libro per contenere tutto ciò.
Giunti a tale punto possiamo escludere la tesi che il Rinascimento abbia colmato una qualche frattura del Medioevo rispetto all’età antica: le scoperte effettuate dopo il 1492 non furono altro che il naturale esito di un’evoluzione tecnologica e culturale iniziata in epoca medievale. Se non ci fosse stata la caduta dell’Impero Romano non si sarebbe passati direttamente al Rinascimento, come ritengono alcuni, non avremmo avuto altro che un altro Medioevo, in qualche modo diverso dal punto di vista prevalentemente politico (è pressoché certo che non l’avrebbero chiamato in quel modo!), ma tuttavia non del tutto alieno all’epoca che conosciamo.