TRAMA
Nel Giappone del sedicesimo secolo, l’erede della casata Oda riceve dal padre una missione impossibile: unificare il paese. Nobunaga però continua a vivere da scapestrato, senza curarsene, finché gli intrighi del fratello e la minaccia di nemici esterni lo costringono a difendersi. Diventato famoso grazie all’inaspettata vittoria riportata contro gli Imagawa, Nobunaga poco a poco si immedesima con il compito che gli tocca. Oltre a diventare uno stratega eccezionale deve però costringersi a essere sempre più spietato, estirpando dal proprio animo ogni traccia di umanità.
Nel frattempo, nell’Italia della Controriforma, Alessandro Valignano viene avviato agli studi dal padre, un nobile abruzzese. L’amore per Francesca, un’apprendista cortigiana di Venezia, lo travolge in complicazioni che lo fanno finire in carcere. Carlo Borromeo interviene a liberarlo, ma la condizione è che Alessandro entri in un ordine religioso: la Compagnia di Gesù.
L’uomo del Rinascimento e il samurai s’incamminano verso un incontro che cambierà il destino di entrambi oltre che dei cristiani giapponesi, sempre più numerosi in un paese ancora dilaniato dalla guerra.
RECENSIONE
Era da molto tempo che desideravo leggere questo romanzo: il mio interesse per il Giappone viene da lontano, da quando mia mamma, arrivata a poco a Milano dalla Spagna, diventò cliente di una libreria di Viale Piave. A Madrid l’offerta di libri negli anni ’60 non era certo allettante, a mia mamma non sembrava vero di potersi affidare ai consigli di cotanto libraio e portò a casa, tra gli altri, “Il sole si spegne” di Osamu Dazai, “Tre alberi nani”, una pièce del teatro nô… insomma, è un interesse che esiste nella mia famiglia ormai da tempo.
La vicenda narrata è complessa. Fin da subito ci viene proposto un incontro-scontro tra il protagonista, Nobunaga, e suo padre, quest’ultimo ormai sul letto di morte. Le sue ultime volontà suonano come una maledizione per il giovane: l’uomo esige una promessa che sconvolgerà la vita del figlio, stravolgendo anche l’idea che si era fatto su ciò che il padre pensasse di lui e costringendolo ad abbandonare la vita tranquilla che aveva condotto fino a quel momento per diventare un personaggio di primo piano nella lotta per il potere nel Giappone del XVI secolo. Per onorare la promessa, Nobunaga si metterà contro la sua stessa famiglia e subirà vi a via una metamorfosi: la sua personalità andrà incontro a grandi cambiamenti che lo condurranno a diventare uno spietato guerriero e un raffinato stratega sia in ambito militare che politico, riuscendo a costruire una solidissima rete di alleanze, anche se a caro prezzo.
A questo filo narrativo si intreccia in contemporanea la vicenda di un giovane abruzzese, Alessandro, le cui disavventure lo condurranno a diventare, da studente di legge a Padova dall’animo sognatore, niente di meno che un gesuita, missionario in Giappone. Disavventure forse meno eclatanti rispetto alle turbolente vicende che nel frattempo viviamo con Nobunaga, ma l’amicizia con Nostradamus e lo scontro con la giustizia veneziana ci fanno capire che anche Alessandro sta andando incontro a un destino che lo condurrà molto lontano dalle sue aspirazioni giovanili.
Due cose mi hanno colpito in “Mille Rimpianti”.
Il romanzo è tutto narrato al tempo presente: questo crea un effetto straordinario, come di un lunghissimo piano-sequenza che ti trascina letteralmente fino alla fine del libro. Non ricordo di aver mai letto nulla di simile; solo un tema che feci alle elementari, in cui fingevo di essere una giornalista e salivo su un elicottero per fare un reportage, forse su una corsa automobilistica… ecco, l’effetto è quello di una cronaca in diretta, su un avvenimento che sta accadendo sotto gli occhi del narratore, in tempo reale: solo che in genere si tratta di eventi di breve durata. In effetti qualche volta, quando la narrazione riprende dopo un certo stacco temporale, l’effetto è un po’ straniante. Capita a volte anche a teatro, quando c’è uno scarto temporale tra un atto e l’altro.
La seconda cosa che mi ha colpito, ma non in ordine d’importanza, è la trasformazione di Nobunaga. Personaggio sorprendente, all’inizio si dispera per la promessa fatta al padre morente, ma nemmeno per un attimo pensa di tradirla. Con un’etica e un’integrità tutta sua, secondo la quale il tradimento degli affetti più cari è accettabile in nome di un bene superiore, e una figlia data in sposa a cinque anni per puro calcolo politico, sembra quasi naturale nel capolavoro di equilibrio che sta costruendo, Nobunaga si avvicina inesorabilmente al suo obbiettivo, ma la sua anima diventa sempre più nera, lasciando emergere gli istinti peggiori.
Alessandro attraversa vicissitudini molto diverse; vittima di ingiustizie e tradimenti, si salva dai Piombi grazie alle sue potenti amicizie ma è comunque costretto obtorto collo a lasciare la vita civile e vestire il saio dei Gesuiti: in poche parole, ad accettare un’altra forma di cattività.
Ora non resta che attendere il secondo volume di “Mille Rimpianti”, ma vi confesso che per la prima volta leggendo un romanzo in due volumi non sono rimasta delusa arrivando all’ultima pagina del primo, perché è un romanzo talmente ricco e direi in un certo senso anche compiuto in sé – durante la lettura avevo completamente dimenticato che ci fosse un secondo volume – che forse fare una pausa tra la prima parte e la seconda non è una cattiva idea; ma per dirla tutta, spero in una pausa non lunghissima!
Titolo: Mille Rimpianti
Autore: Grazia Maria Francese
Editore: EEE – Edizioni Tripla E
Pagg. 328