Continua l’approfondimento a cura del Prof. Guiducci sull’orientamento pedagogico in alcuni canti mariani popolari. Nel precedente articolo è stata analizzata la catechesi in alcuni canti dedicati alla Vergine composti tra Settecento e Ottocento. Andiamo ora a proseguire con il XX secolo.
NOVECENTO
Contemplare con il Magnificat. “Lieta armonia” (1909)
Nel 1909 un sacerdote, don Raffaele Casimiri[1] (1880-1943), volle “tradurre” il canto biblico del Magnificat in una composizione mariana popolare. Questo presbitero fu un notevole musicologo e ricercatore. Tra i principali esponenti del Movimento Ceciliano[2], era amico di don Lorenzo Perosi.[3] Svolse ricerche negli archivi di molte istituzioni italiane (religiose e laiche), riscoprendo importanti documenti storico-musicali. Fondò il periodico Psalterium, e la casa editrice Psalterium.
Nel 1924 promosse la nascita della rivista Note d’archivio per la storia musicale. Con la sua direzione ebbe inizio la pubblicazione de Le opere complete di Giovanni Pierluigi da Palestrina. Casimiri lavorò per la riforma e la restaurazione del canto gregoriano e della musica religiosa, secondo la tradizione dei grandi polifonisti del Cinquecento (in particolare Palestrina).
“1. Lieta armonia nel gaudio del mio spirito si espande; / l’anima mia magnifica il Signor:
Lui solo è grande (due volte). /
- Umile ancella degnò di riguardarmi dal suo trono; / e grande e bella mi fece il Creator: /
Lui solo è buono (2 volte).
- E me beata dirà in eterno delle genti il canto. / Mi ha esaltata per l’umile mio cuor: /
Lui solo è santo (2 volte). /”
Quello che qui interessa evidenziare è la sensibilità che don Casimiri manifestò verso i fedeli delle diverse Chiese locali. Egli comprese che per le persone meno preparate in musica sacra era utile un canto semplice ma corretto nell’impostazione biblica. Con ‘Lieta armonia’ riuscì nel suo intento. Questa composizione venne utilizzata anche nell’omiletica e nella catechesi per ricordare un insegnamento: come Maria, anche il cristiano deve rivolgere il suo grazie al Signore per i doni che ha ricevuto. A volte, infatti, non si ha la capacità di “leggere” nel tempo trascorso. E si dimentica l’aiuto divino ricevuto.
Nel Nome di Maria, incontro tra Cielo e terra. “Nome dolcissimo” (1920)
Nel 1513 il Papa Giulio II[4] volle istituire (12 settembre) la festa liturgica del ‘Santo Nome di Maria’. Lo fece per la diocesi di Cuenca (Spagna). Nel 1681, proprio il 12 settembre, il re di Polonia Giovanni Sobieski[5] sconfisse l’esercito turco che assediava Vienna. E liberò la città. A questo punto, Innocenzo XI[6], per esprimere gratitudine alla Madonna, estese la solennità del Nome di Maria a tutta la Chiesa. Come data scelse l’8 settembre. In seguito, Pio X[7] ristabilì la celebrazione al 12 settembre.
Nel cammino della Chiesa il nome di Maria non rimane una semplice indicazione per identificare la Madre di Gesù. Esso vuol significare anche una realtà dinamica, un progetto di vita nella Vita, una Persona chiamata a partecipare a un Disegno Salvifico. Per questo motivo, diversi musicisti hanno ideato dei canti centrati proprio sul Nome della Madonna.
Alfonso Maria de Liguori (cit.), ad esempio, scrisse un motivo dal titolo: Maria che dolce nome. Le otto brevi quartine rimate che lo compongono esprimono un atto di affidamento. Unitamente a ciò, occorre ricordare anche un canto che proviene dai Padri Redentoristi (seguaci di sant’Alfonso): O dolce nome, Maria, Maria. L’autore non è noto. La composizione dovrebbe risalire agli inizi dell’Ottocento. In otto quartine a rima baciata il fedele assume un atteggiamento simile a quello del precedente motivo: fiducia nell’azione di Maria.
Nel contesto delineato, la composizione che ricevette il consenso più esteso (a tutt’oggi confermato) fu “Nome dolcissimo” (1920). Musica del bergamasco don Castelli, parole del bresciano don Rigosa.
Don Andrea Angelo Castelli (1876-1970)[8] nacque alla Colombera di Sotto di Villasola di Cisano Bergamasco. Nel 1892 ebbe il primo incontro a Celana con mons. Angelo Giuseppe Roncalli[9], di cui divenne amico. Ordinato sacerdote nel 1901. Don Castelli in gioventù aveva studiato pianoforte con il M° Airoldi e il M° Previtali. Si diplomò in seguito[10] in organo e composizione organistica. Cappellano militare (1915-1918) durante il primo conflitto mondiale. Curato a Martinengo. Organista titolare e Maestro di cappella della chiesa prepositurale di Chiari (Brescia). Delegato vescovile a Bergamo nel rione di Santa Lucia (1922-1938). Trascorse gli ultimi anni presso la chiesa di San Tommaso.
Don Pietro Rigosa (1889-1968) nacque a Collebeato. Nella stessa località avvenne il suo decesso. Ordinato sacerdote nel 1911, quindi laureato in lettere a Milano, insegnò nel Liceo «Arici» dal 1923 al 1949. Fu anche giornalista. Molto attivo nel mondo culturale cattolico. Tra i fondatori con Andrea Trebeschi e Giovan Battista Montini del periodico ‘La fionda’. Morì a 79 anni.[11]
In tale contesto è utile ricordare il fatto che don Castelli offrì alla Chiesa, in un esteso arco di tempo,
delle composizioni particolarmente significative. Questo sacerdote ebbe anche il merito di individuare un percorso musicale nel quale confermare il magistero ecclesiale sull’Ausiliatrice, e realizzare tra gli stessi fedeli un esempio concreto di “incontro” tra il Cielo e la terra.[12] Tale didattica la si individua nel ritornello: “ (…) dai cori angelici, dall’alma mia, ave Maria (2)”.
In questo passaggio don Castelli, con don Rigosa, volle individuare la possibilità di una “doppia voce”. Mentre un cantore intonava le prime parole del ritornello, un altro le ripeteva subito dopo. In tal modo si poteva creare quasi una sinergia, diciamo così, tra “i cori angelici” (Paradiso) e “l’alma” (l’anima) del fedele. In pratica: tutti lodano la Vergine Maria. Ricordo a Palermo un sacerdote che durante la celebrazione della messa era molto bravo a intonare ‘Nome dolcissimo’ riuscendo da solo a fare “la doppia voce”.
Testo e spartito di ‘Nome dolcissimo’ vennero pubblicati per la prima volta nel 1920 con il titolo: Canzoncina alla Vergine. La composizione era inserita nella raccolta monografica: Canti sacri facili e melodici ad una e due voci in onore di Gesù in Sacramento e della Beata Vergine, Fascicolo 1.[13] Tale libro ebbe anche due edizioni successive (nel 1924, e nel 1952).[14]
Contemplare Maria con il Cantico dei Cantici. “Dell’aurora” (dopo il 1920)
Mentre le comunità cristiane già cantavano i motivi cit. in precedenza, un sacerdote dall’animo molto sensibile, don Luigi Guida (1883-1951)[15], musicò il testo mariano di un gesuita, il p. Francesco Saverio Maria D’Aria sj (1889-1976).[16] Dall’incontro tra questi autori derivò la composizione ‘Aurora’.
Don Luigi Guida nacque a Massaquano, frazione di Vico Equense (NA). Fu consacrato sacerdote nel 1908. Presso il Conservatorio di Napoli si diplomò in pianoforte, canto, violino, arpa, organo e composizione. Insegnò presso il Seminario Regionale di Posillipo, e al Convitto ‘Pontano’ di Napoli (Padri Gesuiti). Diresse opere al ‘San Carlo’ di Napoli e al Conservatorio dell’Aquila. Rifiutò la nomina a Maestro della Cappella Musicale della cattedrale di New York. Nel 1922 la casa editrice Fratelli de Martino di Napoli pubblicò il suo primo volume di Canzoni intitolato Mystica – Canzoni alla Vergine e Inni al Sacro Cuore, più volte ristampato (1929, 1940, 1953) e nel 1932 diede alle stampe Mystica – Parte seconda – Mottetti. Negli ultimi anni della sua vita il sacerdote si ritirò a Massaquano, dove la morte lo colse il 15 dicembre 1951. È sepolto nell’antica cattedrale della Santissima Annunziata di Vico Equense.
Padre Francesco Saverio Maria D’Aria nacque a Sant’Agnello di Sorrento (Na). Ebbe come primo insegnante suo padre, maestro del paese. Entrò 15enne nel noviziato della Compagnia di Gesù (1904). Nel 1915 fu ordinato sacerdote. Dal 1919, per circa trenta anni, si dedicò alle congregazioni mariane e alla direzione spirituale dei giovani.[17] Insegnò nei due Istituti dei Padri Gesuiti a Napoli: l’Istituto Pontano a Palazzo Cariati (esternato), e il Convitto Pontano alla Conocchia (internato). Pubblicò varie biografie (san Luigi Gonzaga, san Francesco de Geronimo). Partecipò alle “Missioni mariane” (1948), che ebbero un momento centrale nella “Peregrinatio Mariae” (con il quadro della Madonna di Pompei).
Con altri gesuiti e con volontari laici, organizzò l’assistenza spirituale e materiale a favore di molti sinistrati (colpiti dagli eventi della seconda guerra mondiale), accampati nei padiglioni superstiti dell’antica Caserma dei “Granili”[18], nella diroccata Caserma Bianchini (essa pure per tre quarti distrutta), e nella Scuola ‘Alessandro Volta’.
Intervenne, ancora, per sostenere le colonie estive dei bambini, la domenica del fanciullo. Progettò e realizzò un centro di protezione e di promozione a favore dell’infanzia e della gioventù a Sant’Agata sui Due Golfi (NA), chiamato “Casa della Madonna” La struttura fu agibile nel 1957.
I collaboratori laici erano organizzati in un vasto movimento chiamato la “Crociata Mariana”. Questa iniziativa, promossa per soccorrere materialmente, moralmente e spiritualmente le fasce più deboli della società, aveva un proprio periodico: “L’Ora della Madonna”. Insistendo sulle autorità civili, i membri della “Crociata” riuscirono anche a far edificare abitazioni per i senzatetto, e a far abbattere gli edifici fatiscenti dei “Granili” (1952-1954).
Nel 1959 il p. D’Aria fondò a Sant’Agata sui due Golfi l’Istituto “Ausiliarie della Madonna”. Gli obiettivi di questa Famiglia Religiosa rimangono: la diffusione del messaggio di Fatima, l’educazione dell’infanzia e della gioventù, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’attività catechetica, l’apostolato parrocchiale e gli esercizi spirituali. Il 23 aprile del 1976 il p. D’Aria poté vedere in Cielo Colei che aveva cantato sulla terra. Riposa nel cimitero di Sant’Agata sui due Golfi, in località Santa Maria della Neve.[19]
Contemplazione e Libro dell’Apocalisse
L’interazione tra don Guida e il p. D’Aria avvenne negli Istituti dei Gesuiti ove entrambi insegnavano. Il loro lavoro musicale, “Aurora”, noto con il titolo: “Dell’aurora”. Dietro questa iniziativa esisteva una pedagogia precisa. L’intento di don Guida e di p. D’Aria è stato quello di accompagnare i fedeli in un percorso di contemplazione della Persona di Maria seguendo un iter biblico.
Per raggiungere tale obiettivo, vollero mantenere come riferimento il Libro dell’Apocalisse (Antico Testamento). Si tratta di un testo canonico ove la Donna che genera il Vincitore del conflitto con il male (Ap 12), è inserita in un Disegno grandioso (Ap 12). È un quadro biblico che rappresenta l’Opera di Salvezza compiuta da Dio, la fedeltà della Chiesa resa fino allo spargimento del sangue (i martiri; Ap 7), e la luce che proviene da chi è in comunione con Dio (Ap 19). In tale contesto, la Madre di Dio partecipa alle vicende della Redenzione, è protetta dagli assalti del maligno, ed assiste al trionfo del Bene (Ap 21-22)..
Tale collegamento con il Libro dell’Apocalisse ha un fine preciso. I due autori di “Aurora” hanno inteso ricordare ai fedeli che vivere nella Chiesa non significa rimanere immuni dalle vicende terrene, da contrarietà, da prove, da avversità. La natura umana e la libertà concessa a ogni persona si sviluppano secondo disegni che possono essere segnati anche da criticità. Non è Dio colpevole del male, ma sono piuttosto quelle genti che rifiutano la legge dell’amore per accentuare molteplici forme di violenza e di sopraffazione. L’esortazione finale è chiara: è importante rimanere vicini al Signore, e alla Madonna, per ricevere quella grazia divina che consente di respingere tentazioni e lusinghe, in attesa di accogliere la venuta finale del Salvatore.
Maria non abbandona i figli e dona la pace. “Ave Maria di Fatima” (1929)
Nell’agosto del 1929, il portoghese Afonso Lopes Vieira[20] scrisse il testo dell’”Ave di Fatima”. A tutt’oggi non è noto il compositore della musica. Vieira visse tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX secolo. Fu un cattolico noto nel suo ambiente, e molto rispettato. Il suo canto mariano venne pubblicato per la prima volta, in forma anonima (“da un Servito”), nel numero del 13 settembre 1929 del periodico religioso ‘Voz da Fátima’.[21]
Lopes Vieira fu tra coloro che videro il c.d. “miracolo del sole”. Infatti, il 13 ottobre del 1917, dal balcone della sua casa a São Pedro de Moel[22], poté assistere, con moglie e suocera, al movimento rotatorio e improvviso del sole che sembrò dirigersi verso la folla presente nella Cova da Iria.
Nel mese in cui scrisse l’inno (agosto 1929), questo Autore volle far inaugurare nella propria abitazione una cappella dedicata a Nostra Signora di Fatima.
La versione originale dell’Ave de Fátima fu poi inviata al vescovo di Leiria (mons. José Alves Correia da Silva[23]) per la necessaria approvazione canonica. In seguito, venne rivista da Francisco de Lacerda.
Anche in questo canto, molto utilizzato nelle processioni, si individua un insegnamento preciso: nelle ore tragiche per l’umanità Maria, espressione dell’azione di Dio, si fa riconoscere dai piccoli. E attraverso la loro innocenza, e valorizzando la loro fede semplice, spontanea, promette la pace. Per arrivare a tale equilibrio generale è necessaria una conversione a Dio (messaggio cristocentrico).
La “buona notte” a Maria. “Quando nell’ombra”. “Odo suonar” (aa.’40-’50 Novecento)
Nel periodo intercorrente tra gli anni ’40 e ’50 del Novecento il canto mariano popolare trovò diversi autori che cercarono di richiamare l’attenzione dei fedeli agli appuntamenti mariani della giornata. In questo insegnamento venne evidenziata, tra l’altro, l’ora serale della preghiera. In quel periodo, infatti, non veniva celebrata la messa a fine giornata. Si recitava invece il Santo Rosario, al quale seguiva la benedizione eucaristica. Derivò da qui l’esigenza di preparare delle composizioni musicali adatte alla liturgia. Furono così scritte, ad esempio, alcune melodie i cui titoli si riportano qui di seguito.
1] “Quando nell’ombra cade la sera”. Di questo canto non si conosce l’autore del testo e della musica. Tale melodia continua ad essere eseguita in più ambienti ecclesiali. Molto valido, ad esempio, il coro delle Suore dell’Immacolata (Roma, estate 1983, chiesa dell’Immacolata).
2] “Preghiera della sera” (“Odo suonar la squilla della sera”). Con riferimento a questo motivo si possiedono più dati. Fu mons. Giuseppe Gallizioli (1871-1946) a scrivere la musica.[24] Invece, don Nicola Pietrogiovanna, direttore della corale del Villaggio Prealpino, si occupò deller parole. La data di pubblicazione di “Odo suonar” rimane incerta (1940-1950);
Al riguardo, rimane significativa la figura di mons. Giuseppe Gallizioli. Nato a Pilzone di Iseo, fu ordinato sacerdote nel 1893. Ricoprì più ruoli: vicedirettore, maestro di canto nel seminario di Brescia, maestro di coro in cattedrale (1904). Canonico onorario (1931). Fu promosso canonico residenziale nel 1934. Nel 1943 ebbe la nomina a cameriere segreto di Sua Santità. Si adoperò per valorizzare nuovamente il canto gregoriano in diocesi (Brescia), e per diffondere il movimento Ceciliano, combattere le infrazioni alle disposizioni ecclesiastiche, organizzare esecuzioni organistiche, specie in occasione di inaugurazione di organi, promuovere (specie dal 1929) lo studio del solfeggio e canto sacro nel seminario. Fu anche compositore di musica, tra cui, mottetti, litanie, inni, canzoni sacre, graduali, offertori.[25] Tra le sue composizioni: “Oremus pro Pontifice” a 4 v. dispari, (1904), “Tu es sacerdos” (1904), “Tota pulchra” e “Tantum ergo” a 3 v.p. (1904), “Introibo” a 2 v.p. (1904), “Responsori” a 4 v.p. (1904). Su parole di don Pietro Rigosa musicò l’inno della “Fionda”.[26]
Tra le montagne si prega Maria. “Madonna degli alpini”
Negli itinerari di filialità mariana si collocano anche quei canti composti in zone di montagna. Tale fatto ha un suo significato perché esiste una spiritualità che si collega all’esperienza di chi affronta le varie altitudini. Diversi sono i temi ricorrenti: 1] “ascendere verso” (un motivo frequente nella Bibbia); 2] “ampliare gli orizzonti” (uscire dal chiuso del proprio io guerriero); 3] procedere con passo regolare (ogni ascesi ha i suoi tempi); 4] andare avanti in cordata (la fraternità, la corresponsabilità); 5] affrontare la fatica (ogni responsabilità richiede impegno); 6] reagire davanti ai rischi (superamento di paure, criticità); 7] “raggiungere la vetta” (comprensione della bellezza del Creato). Seguendo questa spiritualità sono state poste sulle montagne delle Croci, ma anche delle statue mariane. L’idea centrale di quest’ultima iniziativa è quella dell’accompagnamento. Maria è vicina nell’ora della prova. La Vergine non abbandona i suoi figli. Esiste, ed è evidente, un collegamento con la pedagogia dei secoli precedenti. D’altra parte la filialità mariana non muta il proprio slancio e l’affidamento.
In tale contesto, sono diversi gli autori che hanno voluto scrivere dei canti in onore della Madre di Dio. Sono composizioni che collocano la Vergine negli ambienti di montagna, specie nel dorsale alpino. Qui di seguito si riportano alcuni esempi.
Nel 1958, il compositore vicentino Bepi [Giuseppe] De Marzi (nato nel 1935) volle ricordare con un canto (“Signore delle Cime”) un amico Bepi Bertagnoli, morto a causa di un incidente. Quest’ultimo, era stato travolto da una slavina nel 1951 durante un’ascensione solitaria sul monte Gramolon nell’Alta Valle del Chiampo. Nella sua opera (testo e musica sono di De Marzi) l’A. prega insieme a tutti i conoscenti del defunto Gesù e la Vergine Maria. L’orazione esprime una richiesta: accogliere in Paradiso lo scalatore morto. E lasciarlo andare tra le montagne del Regno di Dio. Con riferimento alla Madonna si trascrive la strofa:
“2. Santa Maria, Signora della Neve, / copri col bianco, (tuo) soffice mantello / il nostro amico, / il nostro fratello. / Su nel paradiso, / su nel paradiso, lascialo andare / per le tue montagne”.
Nel 1991 venne diffuso un canto: “Madonna delle nevi, Sovrana delle valli”. Il testo è di Domenico Seren Gay (alias Serengay; Torino, 1931-2003). Fu un paroliere, uno scrittore, un attore e un pittore. La musica di “Madonna delle nevi” è di Mario Piovano (Cambiano, Torino, 1927-2013). Era un fisarmonicista, un compositore e un cantante. In questa composizione si invitano le persone a guardare a Maria nella cornice del Creato. Mentre, in precedenza, la melodia di “Dell’aurora tu sorgi più bella” favoriva la contemplazione della Madre di Dio seguendo come itinerario espressioni della Sacra Scrittura (“Apocalisse”, “Cantico dei Cantici”), qui si osserva piuttosto un’osservazione delle realtà naturali ancora non rovinate da interventi umani dannosi. In tal modo si arriva a disegnare un “affresco” canoro ove è tutto il Creato che rende omaggio alla Madonna.[27]
“Madonna degli alpini vieni con noi lassù”(1980ca)
Nel 1980, Raffaele Cile e Bruno Baudissone diffusero un loro lavoro: “Madonna degli alpini vieni con noi lassù”. Raffaele Cile (nome d’arte di Raffaele Porcile, 1929-2009) nacque a Genova. Diviene in seguito poeta, scrittore e paroliere. Collaborò a testi teatrali di Carlo Dapporto e di Erminio Macario. Scrisse testi di canti e canzoni per Baudissone.[28] È l’autore del testo di “Madonna degli alpini”.
Bruno Baudissone è nato a Torino il 5 marzo del 1948. Si è laureato nel 1973 presso l’Università di Torino, discutendo con il prof. Giorgio Pestelli una tesi sul melodramma di Verdi. Compositore. Critico musicale. Ha svolto collaborazioni con teatri, case discografiche, enciclopedie, giornali e riviste specializzate. Notevoli le sue pubblicazioni. Nell’arco di quaranta anni ha intervistato 375 cantanti lirici (lavoro inserito poi in una collana di libri). Preside nella Scuola Media Statale ad indirizzo musicale ‘F. Gallo’ di Mondovì. Sua è la musica di “Madonna degli alpini”. È anche autore di vari canti popolari mariani: “Madonna dei monti” (musica di Secondo Gallizio), “Madonna alpina” (musica di Battista Bongiovanni), “Madonna nera” (alla Vergine di Oropa; musica di Mario Piovano). Ha scritto inoltre un’ “Ave Maria” (su testo latino) e un “Padre nostro” (su testo italiano). Furono registrati dal soprano Magda Olivero nel 1994 (sua ultima incisione ufficiale a 84 anni) con il Bottesini Double Bass Quartet.[29]
La diffusione di “Madonna degli alpini” in CD è avvenuta attraverso la Casa Musicale Pentagramma di Torino (2007). Un altro CD è stato pubblicato dalla Smile Records (2007)[30]. Nel medesimo anno, in occasione della 80a Adunata Nazionale degli Alpini di Cuneo, il settimanale ‘La Guida’ di Cuneo ha distribuito il CD “Madonna degli alpini”. Ne sono state vendute circa dodicimila copie.[31]
L’insegnamento di “Madonna degli alpini”
“Madonna degli alpini” è un canto che ha trovato consensi. Probabilmente questo è dovuto a una singolare impostazione. Maria è invitata a salire con gli alpini sui pendii scoscesi (le difficoltà della vita).[32] Mentre nell’ “Ave Maria di Lourdes” e in quella di Fatima è la Madonna che assume l’iniziativa, che affida messaggi, in questo secondo caso è disegnata un’altra dinamica. In pratica: emerge una richiesta che proviene “dal basso”. L’escursionista, il rocciatore, non domanda solo una Presenza “ma va oltre”. Chiede alla Vergine di essere Lei la capocordata (fedeltà alla Madre della Chiesa), di rimanere davanti a tutti nella battaglia (protezione dagli assalti del maligno), di bere con gli alpini (i segni della fraternità), di riposare su un cuscino di penne nere (l’offerta povera dei fedeli).
In tal modo, nel “quadro” delineato dagli Autori, la Vergine non è solo Colei che protegge “dall’alto”, ma è anche la Sorella che partecipa alle vicende di un’umanità in esodo. Questo “affresco” spirituale non solo è in sintonìa con il Concilio Ecumenico Vaticano II (cf Lumen Gentium, cap. VIII), ma si collega direttamente con i Vangeli.
Questi testi raccontano anche un episodio significativo. Sono offerti a Gesù cinque pani e due pesci (Mt 14,13-21, Mc 6,30-44, Lc 9, 12-17, Gv 6, 1-14). È l’unico apporto che si può dare per sfamare un numero elevato di persone. Con quella “povertà” umana Cristo compie il miracolo. Avviene la moltiplicazione del cibo. E tutti sono sfamati.
A ben guardare, anche nel canto “Madonna degli alpini” si ritrova una dinamica che “profuma” di Vangelo. Gli alpini non possono offrire grandi cose alla Madonna. Non possono garantire sicurezze. Sono segnati dalla stanchezza. Danno quindi quel poco che hanno: un po’ di vino per bere, delle penne nere per fare un cuscino. Anche in questo caso, con la povertà umana la Vergine saprà compiere gesti di misericordia e di luce. Tutto questo diventa possibile perché c’è una convinzione negli alpini: alla Madonna si parla da figli.[33]
Anche nelle più note apparizioni mariane l’interazione dei veggenti verso la “Bella Signora” ha seguito (e segue) una immediatezza di comunicazione (es. apparizioni di Guadalupe, 1531, Messico). Non ha tenuto conto di regole cerimoniali. Il modo di esprimersi rimane umile. Sereno. Privo di molte parole. Davanti alla Madre di Dio prevale la confidenza. Chi ha potuto contemplarla, Le ha parlato anche in dialetto (es. Bernadette Soubirous, Francia), o in lingua azteca (es. Juan Diego, nato Cuauhtlatoatzi, Messico). Durante la sedicesima apparizione della Madonna nella Grotta di Massabielle (Lourdes, 25 marzo 1858), la Vergine Maria si presentò parlando in occitano. Disse: “Que soy era Immaculada Councepciou” (“Io sono l’Immacolata Concezione”). Era un’affermazione significativa. Confermava il dogma proclamato da Pio IX (1854). Eppure non ci fu alcun discorso “di circostanza”. Tutto rimase circoscritto all’essenziale. Quanto ricordato ha valore anche con riferimento ai canti mariani espressi dalla pietà popolare. In questi testi, compresi immediatamente dalla gente, si percepisce la tendenza a “scavalcare” ogni trionfalismo. E a privilegiare la sincerità del cuore. Proprio quello che è gradito dalla Madonna (es. apparizione di Kibeho in Ruanda, 1981-1986.[34]
Alcune vicende attuali
Tale orientamento ha incontrato però anche voci in apparenza meno vicine alla spontaneità di talune composizioni mariane. In questi casi, le sottolineature riguardano le regole per i testi, le caratteristiche musicali, i contenuti dottrinali, gli aspetti liturgici, le direttive di commissioni per la musica sacra. In questi contributi è evidente il desiderio di favorire delle celebrazioni attente al ciclo liturgico, alla Parola di Dio proclamata in assemblea, alla centralità del momento offertoriale, eucaristico, comunionale. Si tratta quindi di un fatto positivo.
Sul piano storico, l’orientamento cit. ha favorito la preparazione di nuovi canti. E ogni espressione di Chiesa, dalle associazioni ai movimenti, dagli Istituti alla Prelatura Personale dell’Opus Dei, hanno oggi le “proprie” composizioni. Se si sfogliano i molti libretti dei canti si avverte una sincera devozione.
In tale contesto, sembra di scorgere anche qualche realtà debole. I fedeli ascoltano le diverse esecuzioni ma non sempre vi partecipano. Alcune melodie sono poco armoniose. L’uso di più tonalità non favorisce il coinvolgimento di tutti i fedeli. C’è poi un fatto: basta spostarsi da una parrocchia a un’altra per avvertire la scelta di canti diversi. Lo stesso si verifica se si passa da un gruppo a un altro. Da un’associazione a un’altra. Da un movimento a un altro. Da una diocesi a un’altra. Sono limitati, inoltre, i canti tradotti in altre lingue. A questo punto, talune impostazioni potrebbero, forse, essere migliorate. E sarebbe utile comprendere la “psicologia della comunicazione” (trasmessa in tempi anche non lontani da sacerdoti musicisti e da compositori laici).
In concreto: un canto mariano deve essere “avvertito” dal popolo (esigenza dell’anima). I fedeli lo devono “identificare” con il proprio stato d’animo (canto dell’anima). La melodia deve facilitare l’orazione, il raccoglimento (preghiera dell’anima). La composizione deve facilitare “un guardare” al proprio cammino di fede, alle scelte vocazionali, alle ore segnate anche da momenti deboli (respiro dell’anima). Deve far sentire un unico anelito assembleare verso l’incontro con la Madre di Dio (sguardo dell’anima).
In tal modo, nella persona che entra in chiesa diventa spontaneo il desiderio di cantare (non importa se particolarmente intonata).
Evidentemente, questi canti mariani devono essere valorizzati in modo opportuno. A tutt’oggi sono inseriti al termine di una celebrazione eucaristica. Vengono eseguiti nelle processioni mariane. Nei pellegrinaggi. Nella Peregrinatio Mariae. Nelle feste degli Istituti religiosi. Nelle scuole. Nei matrimoni. Nei funerali (“Andrò a vederla un di”). Nei seminari. Nelle esecuzioni corali a più livelli. In definitiva, che cosa rimane? Resta quella letizia interiore che, seguendo una melodia mariana, supera le realtà contingenti e rinnova il proprio amore a Colei che è stata Madre fin sotto una Croce.
Un aspetto particolare. Le offese alla Madonna
L’osservazione di un esteso periodo storico legato anche alla diffusione di canti mariani popolari, può essere completata con un aspetto particolare. Si tratta di quelle composizioni musicali che riguardano offese alle effigi mariane. Nel migrare del tempo rimangono diversi i fatti violenti avvenuti in alcune chiese. Viene da pensare subito alla statuina di Gesù Bambino trafugata dalla Basilica dell’Aracoeli (1994). Ma esistono cronache che riguardano anche la Vergine Maria. Rimane noto al riguardo il volto della Vergine di Częstochowa segnato nella guancia destra da due colpi d’ascia (1430). Tra gli episodi avvenuti in Italia: 1. trafugamento della Madonna di Loreto da parte delle truppe francesi (1796); 2. fucilata contro il volto di una Madonna in legno, posta in una edicola a Poggio Tesoro (Consuma, FI; anni ‘60)[35]; 3. colpi sparati contro la Madonnina collocata sulla vetta del monte Cimino (VT; anni ‘50); 4. sassate contro la statua della “Madonna dei tre ponti” che si trova sulla strada che conduce a Sovana, et al..
Nell’ambito di tale contesto si colloca un canto: “Madonnina dai riccioli d’oro” (1990). La composizione è di: Armando Costanzo (in arte Ermanno; nato nel 1927 a Cavoretto, vicino a Torino; paroliere; deceduto), Secondo Gallizio (nato nel 1929 a Montaldo Roero, frazione San Rocco, Cuneo; musicista) e Bruno Garino (“Martin”, musicista).
La composizione cit. racconta di una Madonna scolpita nel legno di abete e poi dipinta.[36] Quest’opera all’improvviso non si trovò più. Qualcuno l’aveva trafugata dall’altare di una cappella posta sopra una valle. Si riporta qui di seguito il testo.
“1.
L’ha scolpita in un tronco d’abete un bel pastorello, / dall’altare di quella cappella lei guarda la valle. /
Poi qualcuno, colori e pennello, l’ha un dì pitturata, /ora è il simbolo d’ogni viandante che passa di là. /
Rit.
Madonnina dai riccioli d’oro,/ stai pregando su dimmi per chi, /
per quell’uomo che suda in un campo, / per la donna che soffre da tempo, /
tu d’estate sei lì sotto il sole / e d’inverno tra il gelo e la neve, /
al tepore della primavera, / circondata di fiori sei tu. /
Filo diretto col paradiso, / dona ai malati un conforto, un sorriso, /
prega tuo figlio, digli che noi / siamo cristiani e siam figli tuoi. /
Son passato un mattino d’autunno sul verde sentiero, / la Madonna dai riccioli d’oro non c’era: mistero. /
Dallla nicchia deserta mancava quel dolce tesoro,/ un viandante che passa davanti pregar più non può. /
Rit.
Pastorello e pittore di un tempo, c’è urgente bisogno di voi, /
la Madonna dai riccioli d’oro / ritornate a rifare per noi. /
Filo diretto col paradiso, / dona ai malati un conforto, un sorriso, /
Prega tuo Figlio, digli che noi / siamo cristiani e siam figli tuoi / (2 volte)”.[37]
Questo, ed altri episodi, “raccontano” di scelte umane avverse a una immagine mariana. Tali comportamenti possono essere motivati da stati di sofferenza. Diventa allora importante tornare a sviluppare una catechesi sul significato delle edicole mariane. Il volto di Maria, infatti, non esprime ostilità verso i fedeli. Al contrario, manifesta una partecipazione al cammino dei figli, anche piangendo (es. apparizioni presso La Salette, 1846).
Qualche considerazione di sintesi
Nell’attuale periodo si osserva la tendenza a relegare come “canti tradizionali” o “canti popolari” delle composizioni musicali mariane. Tale fatto non aiuta a comprendere l’origine di talune composizioni, e soprattutto fa cadere nell’oblio le persone degli autori. In realtà, dietro un dato lavoro, esiste un disegno pastorale. Si desidera insegnare in ogni ambiente sociale uno o più aspetti della mariologia. Maria, prima di tutto, è inserita in un Disegno di Salvezza. Con la Sua funzione materna partecipa all’opera dell’unico Redentore. Ella può aiutare i Suoi figli perché Immacolata. È protetta quindi dagli assalti del demonio. Nell’agire della Madre di Dio si prolunga l’insegnamento di Cana di Galilea (“Fate quello che Lui vi dirà”; Gv 2,5), ma anche la lezione di fedeltà al Figlio (Passio Christi) e di testimonianza (Pentecoste). In tal senso, l’incontro con la Vergine Maria non è fisso all’emotività di un momento, ma diventa itinerario di conversione. In tale cammino verso la Casa del Padre Ella accompagna.
Anche la conoscenza della storia degli autori dei canti mariani rimane significativa. Si tratta di sacerdoti, di religiosi, ma anche di laici, che hanno dedicato la propria vita alle anime a loro affidate. Sono educatori che hanno cercato delle strade semplici per avvicinare il popolo di Dio all’unico Padre che è nei Cieli. Sono animatori di gruppi. Fondatori di Istituti religiosi. Cappellani. Predicatori. Sacerdoti attivi in progetti di promozione sociale. Docenti. Le loro figure rimangono umili. A volte nessuno si ricorda di loro. Eppure, a tutt’oggi, esistono canti mariani che hanno superato ogni confine: l’Ave Maria di Lourdes, l’inno di Fatima, J’irai la voir un jour, au ciel dans la patrie, Mientras recorres la vida (Santa Maria del Cammino), Inno alla Madonna di Czestochowa (“Madonna nera”), et al..
In tale contesto, è possibile individuare dei percorsi di spiritualità mariana. Il canto diventa memento di temi-chiave: i dogmi mariani (es. Vergine, Immacolata, Madre di Dio)[38], i riferimenti biblici (la Redenzione)[39], gli insegnamenti morali (la sequela Christi).[40] Nell’ambito di tali itinerari la partecipazione dei fedeli segue più appuntamenti ecclesiali: una celebrazione liturgica, un pellegrinaggio, una sosta davanti a un’edicola mariana, una processione…
Esiste, poi, un fatto non debole: molti canti mariani, ieri come oggi, sono riusciti a scaldare i cuori (senza utilizzare tenori o soprani), a imprimere vitalità all’apostolato, alle stesse uscite dei reparti scout[41], ai campi scuola, al rinnovo di impegni nella Chiesa[42]… Tutto questo non si può dimenticare. Perché quando un’anima arriva a “comunicare” in modo filiale con la Vergine Maria non si accende solo un cuore. Si illumina tutta una comunità.
Alcune indicazioni bibliografiche
AA.VV., La musica dei semplici. L’altra Controriforma, a cura di S. Nanni, Viella, Roma 2012. S. De Fiores, La Madonna anima della pietà popolare per un autentico incontro con Cristo, in: Id., ‘Maria presenza viva nel popolo di Dio’, Edizioni Monfortane, Roma 1980, pp. 178-183. B. Ferragamo, Canzoniere mariano, Edizioni Monfortane, Roma 1989. G. Gambassi, La Madre di Dio, “stella” della musica, in: ‘Avvenire’, mercoledì 14 agosto 2019. P.L. Guiducci, Andrò a vederLa un di’, in: ‘Maria Ausiliatrice’, n. 9, Torino, novembre 1988. Id., Canto per Cristo…, canti per la messa dei bambini, Tip. Città Nuova, Roma 1979 (parole e musica di Pier Luigi Guiducci). Id., Maria dei poveri. Un canto, in: ‘Maria Ausiliatrice’, n. 10, Torino, novembre 1990. Id., Preti che cantano Maria, in: ‘Maria Ausiliatrice’, n. 4, Torino, aprile 1994. Id., Questo bel titolo conviene a Te, in: ‘Maria Ausiliatrice’, n. 10, Torino, novembre 1989. Id., Salve Regina, Madre di Misericordia, in: ‘Maria Ausiliatrice’, n. 1, Torino, gennaio 1990. A. Lacchini, Canzoniere mariano, MIMEP-Docete, Pessano Con Bornago (MI) 2021. L.M. Lombardi Satriani, Il canto religioso specialmente mariano nel contesto della cultura popolare, in: ‘La Madonna’, n. 26, 1978, 1-2, 21-31. F. Molfetta, (a cura), Pregare cantando, Edizioni musicali C. Casimiri, Roma 1944, I. ‘Canti popolari’. M.E. Patrizi, Cantiamo a Maria, madre di Dio. Storia e commento di sei canti mariani, Tau Editrice, Todi (PG) 2019. P. Poupard, I Cantori di Maria. L’ispirazione mariana nella musica, Città Nuova, Roma, 2002. B. Scharf, Culto mariano e tendenze di popolarizzazione, Collana editoriale ‘Analecta musicologica’. Pubblicazioni del dipartimento di storia della musica dell’Istituto Storico Germanico di Roma. Volume 47 (2011). A cura dell’Istituto Storico Germanico di Roma, pp. 338-339. Id., La canzone religiosa europea dal IV al XIX secolo, a cura di R. Aglio e M. Ruggeri, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2019. E. Toniolo, La figura di Maria nei canti popolari, in: ‘La Madonna’, n. 26, 1978, 1-2, 32-60.
Ringraziamenti
Dott. Marco Daniel Duarte, Direttore del Dipartimento Studi del Santuario di Fatima (Fatima). Prof. Mons. Tarcisio Cola, Presidente Associazione Italiana Santa Cecilia (Roma). P. Carlo Maria Schianchi s,, Archivista Generale Padri Maristi. Don Filippo Iappelli sj (+), Storico, Residenza dei Padri Gesuiti (Napoli). M° Prof. Bruno Baudissone, Autore di “Madonna degli alpini”. Dott. Francesco Foglia, Membro del Direttivo della Sezione Associazione Nazionale Alpini Valsusa (Valsusa). Dott.ssa Laura Miceli, Responsabile Biblioteca Seminario di Vicenza (Vicenza). Dott.ssa Anna Rita Pappalardo (Roma), Comitato Nazionale Italiano Musica, redazione – sito web e comunicazione Banca Dati Musicale Italiana), Banca Dati Compositori Italiani, Archivio Etnomusicale del Mediterraneo. Dott. Stefano Aluisini e Ricercatore Ruggero Dal Molin, Coordinatori Archivio Storico ‘Dal Molin’ (Bassano del Grappa, VI). Dott. Fabio Chiocchetti, Istituto Ladino di Vigo di Fassa (Moena). Dott. Daniel Ponziani, Direttore Archivio Congregazione Dottrina della Fede (Città del Vaticano). Dott.ssa Mariolina Cattaneo, Centro Studi Associazione Nazionale Alpini (Milano). Dott.ssa Maria Bramardi, Santuario di San Maurizio e Madonna degli Alpini (Vignolo, Cuneo). Presidenza Edizioni Carrara (Bergamo). Mons. Piuero Panzetti, Direttore del Coro del Duomo di Lodi.
[1] Don Raffaele Casimiri (1880-1943). Nacque a Gualdo Tadino. Fu consacrato sacerdote nel 1903.
[2] Così denominato in onore di santa Cecilia, patrona dei musicisti. Questo movimento individuava un carattere troppo profano nella musica sacra dei sec. XVIII e XIX. Per tale motivo sosteneva la necessità di abolire gli strumenti dalla chiesa e di ritornare allo stile a cappella, e alla musica di Giovanni Pierluigi da Palestrina. In tale contesto vennero promossi significativi studi sulla polifonia rinascimentale (posta in quel periodo ai margini).
[3] Don Lorenzo Perosi (1872-1956). Era allora direttore della Cappella Musicale Pontificia Sistina.
[4] Giulio II, nato Giuliano della Rovere (1443-1513), fu Pontefice dal 1503 alla sua morte.
[5] Giovanni III di Polonia, in polacco Jan Sobieski (1629-1696), fu re di Polonia.
[6] Innocenzo XI, nato Benedetto Odescalchi (1611-1689; Beato), fu Pontefice dal 1676 alla sua morte.
[7] Pio X (nato Giuseppe Melchiorre Sarto; 1835-1914; Santo) fu Pontefice dal 1903 alla sua morte.
[8] G. Medolago, Andrea Angelo Castelli. Sacerdote musicista 1876-1970, Edizioni Iniziative Culturali, Gorle (Bergamo) 2006.
[9] Angelo Giuseppe Roncalli (1881-1963; Santo). Pontefice (Giovanni XXIII) dal 1958 alla sua morte.
[10] Dopo l’ordinazione sacerdotale (21 dicembre 1901) ottenne di frequentare per quattro anni il Conservatorio di Milano. Si diplomò in organo e composizione avendo come guida il M° Luigi Mapelli (insegnante nel Conservatorio ‘G. Verdi’ di Milano).
[11] Cf anche: ‘Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1968’. Anno Accademico CLXVII. Pagg. 337-338.
[12] Cf anche V. Donella, Dal pruno al melarancio. Musica in Chiesa dal 1903 al 1963, Carrara, Bergamo 1999.
[13] http://www.biblioteche.regione.lombardia.it/vufind/OpacrlRecord/LO11585610.
[14] Il brano citato lo si trova in diverse antologie incominciando dai primi anni Cinquanta. La Cantica Sion delle Edizioni Carrara lo riporta in modo scrupoloso con testo e accompagnamento originali (accompagnati dall’indicazione “Per gentile concessione dell’Autore”). Le pubblicazioni dell’Editrice Elledici, al contrario, ne danno un accompagnamento organistico pur pregevole ma totalmente alterato – anche nella melodia – rispetto alla prima pubblicazione.
[15] A. Guida, Don Luigi Guida. Il cantore di Maria, Arti Grafiche Ragosta, Pomigliano 2002. N. Infante, Reminiscenze. Luigi Guida: un sacerdote musicista, in: ‘Societas’, Rivista dei Gesuiti dell’Italia Meridionale, n. 1-2, gennaio-aprile 1998, pp. 47-48.
[16] Cf anche: C. Romano, Padre Francesco Saverio Maria D’Aria sj. Fondatore delle Ausiliarie della Madonna, Editrice Velar, Gorle (BG) 2019.
[17] Alunni dei convitti Sozi Carafa di Vico Equense e Pontano alla Conocchia di Napoli, dei seminari regionali di Catanzaro e Posillipo.
[18] Nella parte orientale della città, all’inizio della fascia vesuviana, non lontana dal porto di Napoli.
[19] P.G. Germier sj, Un gesuita coraggioso. P. Francesco Sav. D’Aria, Fondatore delle Ausiliarie della Madonna, Torre del Greco 1979. Cf anche: P. Puca sj, P. Francesco Saverio Maria D’Aria. Nel 25° della morte di un apostolo appassionato, in: ‘Societas’, Rivista dei Gesuiti dell’Italia Meridionale, anno XLIX, maggio-agosto 2001, n. 3-4, pp.117-122.
[20] Afonso Lopes Vieira (1878-1946). Nato a Leiria, morì a Lisbona. Si occupò di raccolte poetiche e scrisse qualche romanzo. Pubblicò anche alcuni saggi e traduzioni di opere spagnole.
[21] Avé de Fátima, in: ‘Voz da Fátima’ (in portoghese), n. 84, Leiria, Seminario di Leiria, 13 settembre 1929, p. 3.
[22] A circa 50 km da Fatima.
[23] Mons. José Alves Correia da Silva (1872-1957).
[24] “Gallizioli, Giuseppe <sacerdote e musicista 1871-1946>” (regione.lombardia.it).
[25] Materiale conservato nell’archivio musicale del seminario di Brescia.
[26] Fonte: GALLIZIOLI Giuseppe – Enciclopedia Bresciana.
[27] https://www.librari.beniculturali.it/export/sites/dgbid/it/documenti/Servizio_III/Bollettino_1991.pdf.
[28] “Canti partigiani” (incisi da Arturo Testa); “Vegia Lanterna” (canzoni genovesi incise per la RCA da Carlo Dapporto).
[29] CD pubblicato da Bongiovanni, Bologna. Tranne questo CD, gli altri – con i canti mariani – sono esauriti.
[30] Etichetta di Bruno Baudissone.
[31] “Madonna degli alpini”, fu registrata negli anni Ottanta (XX sec.) dal basso don Gino Viziano su musicassetta della Duck Record intitolata: ‘La montanara’, mentre testo e musica vennero inseriti nell’antologia di canti per le scuole ‘Cantinsieme’ di Bruno Baudissone e Raf Cristiano, edita dalla SEI, Torino 1987. Raf Cristiano, nome d’arte di Raffaele Cirulli, è un concertista ed è stato docente di pianoforte principale al Conservatorio di Torino.
[32] P.L. Guiducci, Madonna degli alpini, vieni con noi lassù…, in: ‘Maria Ausiliatrice’, n. 3, Torino, marzo 1996, pp. 12-15.
[33] Cf ad esempio gli insegnamenti del religioso p. Louis-Marie Grignion de Montfort (1673-1716; Santo ).
[34] Le veggenti furono Alphonsine Mumereke, Nathalie Ukamazimpaka e Marie-Claire Mukangango.
[35] La nuova Madonnina fu acquistata e collocata a Poggio Tesoro da chi scrive. Fu benedetta dal parroco, don Erasmo Magnaneschi.
[36] Il riferimento ai riccioli d’oro serve a indicare una giovane bellezza, tipica in più zone alpine.
[37] Discografia: 1997, ‘I Girasoli’, nel LP Madonnina dai riccioli d’oro. 1999, Enrico Musiani, nel CD album Madonnina dai riccioli d’oro. 16 Grandi Successi di Enrico Musiani, V.1, Duck Records. 2002, Franco Bagutti, con l’Orchestra Italiana Bagutti, nella raccolta Bongi. 2020, Sabrina Salvestrin e la sua fisarmonica.
[38] “Ti salutiamo o Vergine”, “Immacolata, Vergine bella” et al..
[39] “Giovane donna”, et al..
[40] “Maria, tu che hai atteso nel silenzio”, et al..
[41] “Madonna della strada” et al..
[42] “Maria dei poveri” (Pier Luigi Guiducci). Canto della promessa.
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