TRAMA
Settembre 1918. Un telegramma improvviso annuncia a Luisa la scomparsa del suo amato Giuseppe in una battaglia estrema a quattromila metri di quota, nel cuore dell’Alta Valtellina.
Disperso.
Una disperata speranza la porta a trascorrere, accompagnata dal fraterno commilitone Gervasio, una vita incorniciata dalle alte cime intrise di guerra, dove la tormentata ricerca di lui diventa lentamente introspezione, e infine pace.
Il diario di Luisa si intreccia con le intense lettere del giovane alpino in un dialogo che trascende lo spazio e il tempo: insieme raccontano il dolore e l’amore, la montagna e i suoi silenzi, affrontando se stessi con calma determinazione e riscoprendo l’essenza della vita nel ritmo della natura.
RECENSIONE
“Schizzi d’inchiostro su un foglio malamente piegato e un po’ sgualcito. Lo apro e un soffio di vento ghiacciato mi appanna gli occhi”
Luisa ha appena saputo che il suo adorato Giuseppe, il suo compagno, l’amore della sua vita, il padre di sua figlia risulta disperso in un’operazione di guerra. Da quel momento il “soffio di vento ghiacciato” che attraversa il primo verso del romanzo accompagnerà tutta la sua esistenza. Non solo perché gela in un attimo ogni suo sentimento, non solo perché “congela” per sempre la sua esistenza in quell’istante che non permetterà alla vita di ricominciare a scorrere, ma anche perché è lì, in mezzo alla neve, al freddo, al gelo, che Giuseppe si trova, lì che la aspetta, bloccato in mezzo a lastre di ghiaccio, intento a chiamarla continuamente, a chiedere che lei lo trovi, che si ricongiungano.
Giuseppe è un alpino, un personaggio di fantasia che fedelmente e sentitamente incarna lo spirito e la volontà dei soldati che si sono trovati ad affrontare situazioni di guerra in condizioni estreme.
Eppure, nella trama del romanzo, che si sviluppa tra un passato (quello del periodo bellico) scandito dalle epistole del soldato, e un presente narrato dalle pagine del diario di Luisa che intraprende la ricerca del suo amato, il peso della guerra si solleva piano piano, forse perché narrato con uno stile poetico, evocativo, sospeso come un fiocco di neve che danza nel vento.
Ed è invece l’amore che la fa da padrone, un amore che non è soltanto quello ricordato, tenero tra Giuseppe e Luisa, un amore breve ma intenso, consumato tra una licenza e l’altra, ma un amore che travalica i confini dell’umano e si sposta sulla bellezza della natura, delle montagne, quelle montagne tanto infide, nemiche eppure tanto amate, struggenti nel loro candore, poetiche e selvagge allo stesso tempo.
Nelle lettere che Giuseppe invia a Luisa dal fronte, nell’area alpina del gruppo Ortles-Cevedale da giugno 2015 a settembre 2018, ritroviamo interessantissime cronache di guerra, spedizioni e azioni portate avanti dagli alpini, con le loro difficoltà, i loro dubbi, le loro angosce e le esperienze traumatiche. Ma non sono solo i pericoli della guerra che Giuseppe e i suoi commilitoni devono attraversare:
“Qui, in confronto, non abbiamo avuto grandi battaglie e mai ne avremo. Qui ci sono i pericoli della natura, dobbiamo vedercela con fulmini, sassi che rotolano al disgelo, nebbia che tradisce, freddo pungente delle notti invernali che raggiunge le decine di gradi sotto lo zero, neve che cala come un mantello ghiacciato e immobilizza tutto, ma è solo apparentemente, a sua volta, immobile. È viva, si trasforma con il passare del tempo […] Quando si muove lo fa con fragore, con spavento e si chiama valanga”.
E non solo. Anche l’influenza austro-asburgica che impera in quei luoghi mette gli italiani di confine gli uni contro gli altri, creando un conflitto latente sotto le braci della guerra.
La stessa diffidenza che affronterà Luisa, una volta finita la guerra, quando si trasferirà nelle zone in cui è stato di stanza il marito per cercarlo. È lì che conoscerà i commilitoni sopravvissuti tra cui Gervasio, il compagno più affezionato a Giuseppe, che accompagnerà Luisa nella sua ricerca, con una intensità e devozione che la accompagneranno per tutta la sua esistenza dopo la scomparsa del marito. E che, nonostante tutto, aiuterà la donna a non arrendersi mai nella sua ricerca, una ricerca vissuta affrontando le condizioni più difficili, lande ghiacciate, cime innevate, camminate in condizioni impervie, con la consapevolezza di non potersi permettere di sparire anche lei, avendo una figlia da crescere da sola, la piccola Caterina.
In questo la aiuterà integrarsi con le persone del luogo, dapprima diffidenti e sconcertate dal suo atteggiamento tenace ma incosciente, ma poi sempre più accoglienti, avvolgenti come un caldo abbraccio che riscalderà se non il cuore almeno l’anima di Luisa, aiutandola ad affrontare con meno pena possibile il profondo baratro che si è aperto nel suo futuro e che la donna affronta non senza incertezze, angosce e un caleidoscopio di emozioni che vanno dalla ostinazione allo scoraggiamento, dalla risolutezza al timore della resa, dal dolore al conforto.
La vita di Luisa è a sua volta scandita dalle lettere dal passato che si intrecciano al presente, uno spaccato della vita al fronte, con tutte le sue difficoltà, i suoi aneddoti tragici, i racconti delle giovani vite spezzate ma anche le storie di altruismo e coraggio, il conforto della vicinanza dei commilitoni quando il ricordo della casa che hanno lasciato diventa troppo straziante.
Il tutto corredato da una bellissima galleria fotografica di autentiche foto dal fronte in cui, scrutando, possiamo sorprendentemente quasi percepire le sensazioni narrate.
Il linguaggio delle lettere è pulito, forbito, quasi aulico, potrebbe sorprendere considerando il grado di scolarizzazione dell’epoca, ma è anche la motivazione che ha portato il soldato dove si trova al momento, un piccolo-grande equivoco che ha forzato la mano al suo destino: “quando mi hanno chiesto che mestiere facessi, io gli ho risposto che facevo la guida. Per me era implicito, essendo di Milano […] che guida volesse dire guida turistica”.
La sua scrittura (ossia quella del Peretti) è una carezza, un’altalena di sensazioni, un gemito dell’anima che si rivela, l’espressione più alta della devozione e dei sentimenti, che lo rende vivo più che mai quando sappiamo, invece, che non ci sarà più la sua presenza fisica dal primo rigo in avanti. E, d’altra parte, il ricordo che ne riporta Luisa nelle sue cronache di ricerca (e di esistenza) lo rende a sua volta vivo e presente.
Questa vitalità, questa presenza costante del marito nell’esistenza spingerà Luisa a non arrendersi, a comprendere a poco a poco il vero insegnamento che è l’eredità di Giuseppe: vivere intensamente, vivere ogni istante, farsene una ragione e perdonare.
“E primavera sarà nel cuore”.
Titolo: Cuore nella neve
Autore: Giovanni Peretti
Editore: Alpinia
Pagg. 336