Il 1921 si rivelò un anno particolare anche per la Gioventù Femminile Cattolica Italiana.[1] Furono diversi gli avvenimenti sul piano politico e sul versante ecclesiale. In ambito politico si possono ricordare alcuni fatti. Il 21 gennaio, a Livorno, si realizzò una scissione all’interno del Partito Socialista Italiano. Da un gruppo di fuoriusciti fu costituito il Partito Comunista d’Italia. Ebbe sede a Milano nella palazzina di Porta Venezia. Il suo organo di stampa fu il quotidiano “Il Comunista” fino al 1922 (e dal 1924 “l’Unità”). Il 29 luglio 1921, in Germania, Adolf Hitler[2] diventò il presidente del Partito Nazionalista Socialista Tedesco dei Lavoratori. Il 30 gennaio 1933 presterà giuramento come Cancelliere nella Camera del Reichstag. Il 7 novembre 1921, durante i lavori del congresso fascista, venne fondato il Partito Nazionale Fascista.
Sul piano ecclesiale: il 7 novembre si inaugurò a Milano l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il fondatore di questa nuova Istituzione fu il francescano p. Agostino Gemelli (1878-1959), supportato da altre notevoli figure di cattolici impegnati nella Chiesa. Tra queste, la Barelli (cit.), fondatrice della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. In tale contesto, in presenza di correnti di pensiero che si scostavano nettamente dall’orientamento cattolico del tempo, si pose negli ambienti ecclesiali il problema delle scelte da operare. Si colloca qui, tra diversi avvenimenti, anche un comunicato stampa pubblicato (15 maggio 1921) sul Bollettino dell’Unione Femminile Cattolica Italiana. A pagina 4, dopo un titolo a caratteri grandi (“Le pagine per le dirigenti della Gioventù F.C.I.”), si trova un sottotitolo: “G.F.C.I. e fascismo”.
Il testo integrale del comunicato stampa
Per il suo significato storico si ritiene utile riportare qui di seguito il testo integrale del comunicato stampa. Si ricorda, in merito, che l’autrice della risposta (priva di firma), per l’ufficialità di quest’ultima, fu quasi certamente la stessa Armida Barelli.
“Qualcuna delle nostre dirigenti, ci scrive preoccupata per lo stato d’animo che il fenomeno fascista va creando in una parte delle socie e dice testualmente:
«Abbiamo insistito sull’incompatibilità del distintivo fascista col nostro e abbiamo avuto discussioni, accuse di antipatriottismo[3] e dimissioni. Dateci direttive».
A voi dunque, dirigenti della nostra cara associazione, ecco la parola chiara, l’indirizzo sicuro.
Anzitutto riconosciamo la possibilità di un diverso stato d’animo nelle nostre socie, di fronte al fascismo.
Per esempio: le nostre sorelle milanesi che conoscono il duce dei fasci[4] e ricordano la sua fobia anticlericale[5], tanto che il compianto venerato Card. Ferrari ha dovuto scomunicare il blasfemo giornale di Mussolini[6]; le sorelle milanesi che hanno iniziato la G.F.C.I. per la ricristianizzazione d’Italia e che affermando la necessità dell’organizzazione cattolica femminile negli attuali tristissimi tempi dimostravano i tempi tristi anche col famoso manifesto ove gli arditi di Mussolini[7] in una blasfema vignetta chiamavano a giudizio il dolce Cristo in terra[8] con l’appello: Stramaledetto XV, avanti!; le sorelle milanesi che hanno letto appeso ai canti[9] delle vie il programma di Mussolini sull’incameramento dei beni della Chiesa e sullo svaticaneggiamento d’Italia[10] e che all’epoca triste e pericolosa delle violenze contro le chiese o dell’occupazione delle fabbriche non hanno affatto visto i fascisti intervenire a difesa della libertà religiosa, del diritto conculcato e della Patria minacciata, ma hanno invece visto i fascisti aggredire il corteo dei giovani cattolici, sentito per le strade il loro grido di «Abbasso il Papa!» e che hanno visto il fascismo svilupparsi solo dopo che la crisi era già avvenuta nel socialismo, il quale non avendo potuto dare la promessa rivoluzione, andava verso il naturale disfacimento — le sorelle milanesi non credettero mai dovere ai Fasci la salvezza d’Italia e, per la loro origine anticlericale, non sentirono mai, in nessun modo, il desiderio di aderire.
Le sorelle bolognesi invece, che vivevano sotto il monopolio della violenza intimidatrice dei social-bolscevichi e per le quali il movimento fascista si è presentato come legittima difesa, come superba e spontanea insurrezione di popolo, come «crociata per la libertà» come lo giudicava autorevolmente sui nostri giornali il sen. Grosoli[11], come espressione dell’anima di tutto il popolo, senza alcun spunto anticlericale, le sorelle bolognesi che, come tutta la G.F.C.I. amano la Patria diletta e la vogliono libera e forte, grande e cristiana, ebbero naturalmente un moto di simpatia verso i coraggiosi assertori della libertà e dell’amor di patria.
Altre sorelle, di altre regioni, che non hanno avuto la possibilità di valutare dappresso[12] e nella sua intima essenza il fascismo, sono rimaste perplesse, incerte. E chiedono luce.
E noi crediamo bene risponder loro con la parola di quella Gioventù Cattolica maschile bolognese che, invitata ufficialmente ad aderire ai Fasci, là dove i Fasci sono nella luce più simpatica, risponde a mezzo del Consiglio regionale e diocesano:
«Noi nell’opera dei Fasci distinguiamo la parte negativa[13] del loro programma ossia l’opera di liberazione dalla prepotenza ed oppressione bolscevica[14] per la quale riconosciamo lealmente le benemerenze dei fascisti, tanto più che noi cattolici fummo i soli a sostenere dapprima l’urto socialista.
E distinguiamo la parte positiva[15], costituita da quei capisaldi programmatici che l’organizzazione dei Fasci aveva posto da tempo, ossia la Costituente[16], la decimazione[17] della ricchezza, l’incameramento dei benefizi ecclesiastici, delle mense vescovili e dei beni delle Congregazioni religiose. Com’è possibile dirsi cattolici ed accettare tali capisaldi!».
Noi poi, G.F.C.I., noi lo sentiamo come non con la violenza, l’odio, la guerra fratricida si possano condurre gli animi alla pacificazione sociale; noi sentiamo come non vi può essere assetto duraturo se non fondato sula pietra angolare che è la fede di Cristo; e aggiungiamo ancora che vogliamo, ove noi siamo, aperto, schietto, dichiarato, vissuto un programma di pace e di carità cristiana.
Aggiungiamo che vana sarebbe la liberazione dalla violenza e dittatura bolscevica se dovesse esser sostituita da un’altra violenza e un’altra dittatura. Basta con gli odi, con le oppressioni generatrici di nuove lotte, di nuove stragi. Per l’Italia nostra così dilaniata e torturata, la G.F.C.I. vuole la gioia serena dell’affratellamento sincero, la vita gioconda del lavoro nell’armonia delle classi sociali, il vivo splendore della luce cristiana irradiata dalla cattedra di Pietro.
Non può la G.F.C.I. schierarsi con nessuno che, dimentico o negatore della legge d’amore predicata dal Vangelo, getta il seme di rinnovate discordie; non può. Ma deve, per la sua missione, nel nome onnipotente di Cristo, sopire le ire, smorzare gli odi, sedar le vendette e affrettare, comne ha promesso, come ha giurato, l’avvento del regno di Dio nella Patria nostro (sic) diletta.
Ecco perché la G.F.C.I. non può e non deve entrare nei Fasci.”[18]
Alcune considerazioni.
1. La fase di disorientamento
Il documento riportato in precedente è significativo sul piano storico perché attesta delle situazioni sulle quali può essere utile annotare qualche considerazione. Proprio all’inizio del comunicato stampa si fa riferimento a un clima segnato da disorientamento con riferimento alla realtà nascente del fascismo.
Alcune prendono le distanze, altre sono propense a un avvicinamento. Queste incertezze si possono comprendere tenendo conto del contesto storico. Il periodo, infatti, è segnato dagli effetti della prima guerra mondiale (questione dei reduci), dalla difficile transizione economica (grande crisi dovuta al dopoguerra; aumento della disoccupazione), dalle rilevanti trasformazioni sociali (es. nell’industria) e culturali ( es. movimento del futurismo).
Mentre la corrente comunista (la cui ideologia era stata condannata dalla Chiesa[19]) assume in Italia un ruolo non debole, la transizione dallo Stato liberale al regime autoritario (quale fu quello fascista) fu graduale. Il primo governo Mussolini (31 ottobre 1922) sorse nel rispetto dello Statuto Albertino (pur con la macchia della “marcia su Roma”) e ottenne la fiducia del Parlamento.
In tale contesto si registrarono in Italia anche delle criticità particolari: nel periodo 1919-1920 una serie di lotte operaie e contadine culmina con l’occupazione delle fabbriche.[20] Il 23 marzo del 1921 un gruppo di anarchici fece scoppiare una bomba a Milano nel circolo Kursaal Diana.[21] Si voleva colpire il questore Giovanni Gasti. L’attentato non riuscì ma si registrarono 21 morti e 80 feriti.
I dati qui riportati possono aiutare a studiare i motivi di chi cercava di individuare delle espressioni politiche capaci di fermare l’iniziativa comunista e di ridare all’Italia una regolarità di servizi pubblici. Il fascismo, nel suo volto iniziale, sembrò a più cittadini una istituzione capace di affrontare oggettive criticità nazionali e locali.
- La conoscenza dei fatti da parte della G.F.C.I.
Leggendo il documento cit. emerge anche una seconda considerazione. I responsabili apicali erano perfettamente a conoscenza delle diverse situazioni, collegate al fascismo, che si andavano riscontrando in diverse località italiane.
In tale contesto, è necessario far riferimento a comportamenti di cattolici non omogenei perché, in più casi, la fase iniziale del fascismo (pur con eccezioni) cercò di presentare una linea rassicurante. Nel comunicato stampa sono citate realtà milanesi, bolognesi e “di altre regioni”. Questo vuol dire che era già operativa una rete di collegamenti tra zone diverse ove le dirigenti della Gioventù Femminile si potevano scambiare a vicenda varie informazioni.
Era una situazione non semplice. Si avvertivano dei cambiamenti in atto, ma nessuno (inclusi i vescovi) era in grado di conoscere con esattezza gli sviluppi successivi.
Per il momento, in definitiva, lo sguardo era rivolto alle massime autorità del Paese: il re (Vittorio Emanuele III di Savoia[22]), il governo (Bonomi I, 4 luglio 1921 – 26 febbraio 1922; Facta, 26 febbraio – 1º agosto 1922), il Parlamento, e lo stesso Partito Popolare Italiano[23].
Malgrado una realtà fluida, ove la co-presenza di più fattori, rendeva l’analisi politica incerta, la risposta delle dirigenti apicali della Gioventù Femminile non fu né attendista, né passiva, né generica: “la G.F.C.I. non può e non deve entrare nei Fasci”.
L’orientamento si basò sui programmi dei fascisti[24], sui comportamenti degli aderenti alla nuova formazione politica, e sui resoconti delle socie che erano arrivati in sede centrale. L’analisi degli elementi posti in esame non fu affrettata. Si cercò di comprendere anche la flessibilità di alcuni circoli verso il fascismo (ad es. si tenne conto di un anti comunismo).
Pur tuttavia le spinte fasciste verso nuovi equilibri statali, e l’uso di atteggiamenti insofferenti e ostili verso interlocutori facenti parte del sistema democratico, unitamente a una linea anti-religiosa, resero risolute le dirigenti della Gioventù Femminile che scrissero il comunicato stampa.
- L’acuirsi delle criticità
L’incertezza presente nel mondo cattolico nel 1921, ricevette dei nuovi impulsi che spinsero a gestire con il necessario realismo i mutamenti in corso. In particolare, il 28 ottobre del 1922, migliaia di aderenti (debolmente armati) al movimento fascista raggiunsero Roma per affermare con una manifestazione corale l’esigenza di nuovi indirizzi politici per il Paese.
L’iniziativa, non fermata dai pubblici poteri, si concluse il 30 ottobre quando il re Vittorio Emanuele III incaricò Mussolini di formare un nuovo governo.[25] Da questo momento in poi il fascismo italiano si rafforzò fino a eliminare le opposizioni, a riconoscere la figura del Duce, a stabilire una nuova amministrazione centrale, e a interagire all’estero, specie con la Germania nazista.
Il problema che emerse per le giovani di Azione Cattolica (ma anche per le altre espressioni associative) non fu tanto la co-esistenza di un doppio distintivo e di una doppia tessera, ma fu la co-presenza di contenuti tra loro non in sintonìa.
Il movimento fascista, infatti, mostrò gradualmente il volto di un regime autoritario. In tal modo, la stampa, unitamente alle istituzioni preposte alla formazione delle nuove generazioni, spinse per mettere al centro la parola dell’unica “Guida” del Paese (Mussolini), la politica imperialista, mentre erano accantonati valori che restano alla base di ogni democrazia (libertà di pensiero, di riunione, di manifestazione politica pubblica, di partecipazione critica alla vita del Paese, et al.).
L’elemento religioso, al di là di frasi d’occasione, non doveva costituire – per il vertice statale del tempo – un’ossatura capace di influire sulle coscienze e sulle scelte essenziali. Il ripetersi, poi, di episodi legati a forme coercitive di imperio mise in allarme quanti intendevano, al contrario, insegnare nelle Chiese locali i valori della fede, della pace e della fraternità con ogni interlocutore.
La situazione sembrò attenuarsi con i Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929, ma la non intesa tra Stato e Chiesa – presente a livello di radici – riemerse con il decreto di scioglimento dell’Azione Cattolica promulgato da Mussolini il 29 maggio 1931, e con le operazioni di sequestro delle sedi dei circoli di A.C.. Si tratta di una vicenda che arrivò a trovare un compromesso dopo la Lettera Enciclica di Pio XI[26] “Non abbiamo bisogno”.[27]
Rimase comunque una realtà socio-religiosa ove sempre più si andò registrando uno scollamento della Chiesa da un accentuato decisionismo del Duce. Tale aspetto divisorio si acuì con la stretta intesa del regime con Hitler e con le leggi razziali.
Nel documento cit. il Papa affrontò anche una questione delicata: quella della tessera fascista e del giuramento politico. Scrisse al riguardo: “(…) Ed eccoci alle Nostre preoccupazioni, gravissime preoccupazioni, che, lo sentiamo, sono anche le vostre, Venerabili Fratelli, di voi specialmente, Vescovi d’Italia.
Ci preoccupiamo subito innanzi tutto dei tanti e tanti figli Nostri, anche giovanetti e giovanette, iscritti e tesserati con quel giuramento. Commiseriamo profondamente le tante coscienze tormentate da dubbi (tormenti e dubbi di cui arrivano a Noi certissime testimonianze) appunto in grazia di quel giuramento, com’è concepito, specialmente dopo i fatti avvenuti.
Conoscendo le difficoltà molteplici dell’ora presente e sapendo come tessera e giuramento sono per moltissimi condizione per la carriera, per il pane, per la vita, abbiamo cercato mezzo che ridoni tranquillità alle coscienze riducendo al minimo possibile le difficoltà esteriori.
E Ci sembra potrebbe essere tal mezzo per i già tesserati fare essi davanti a Dio ed alla propria coscienza la riserva: « salve le leggi di Dio e della Chiesa » oppure « salvi i doveri di buon cristiano », col fermo proposito di dichiarare anche esternamente una tale riserva, quando ne venisse il bisogno”.[28]
- L’opera di preparazione dei nuovi responsabili del Paese
Sul piano storico, il comunicato stampa cit. in premessa rimane significativo anche per alcune affermazioni finali non equivoche. Si pensi ad esempio alla seguente dichiarazione: “(…) vana sarebbe la liberazione dalla violenza e dittatura bolscevica se dovesse esser sostituita da un’altra violenza e un’altra dittatura”. Tale sottolineatura non venne mai sconfessata. Così come nessuno mise in discussione la successiva frase: “Noi poi, G.F.C.I., noi lo sentiamo come non con la violenza, l’odio, la guerra fratricida si possano condurre gli animi alla pacificazione sociale (…)”. Tale orientamento fu recepito non solo dalle altre espressioni dell’Azione Cattolica, ma anche dai vescovi e dallo stesso Pio XII.[29] Si svilupparono così nel mondo cattolico dei modi di procedere che furono caratterizzati da scelte precise.
1] Da una parte fu necessario non strappare un tessuto sociale con azioni facilmente soffocate dagli organismi territoriali del regime. Rimaneva necessario garantire alle popolazioni locali una fonte di reddito per le famiglie, in taluni casi anche numerose. In tal senso si seguì il consiglio di Pio XI ricordato in precedenza.
2] Si accentuarono, poi, quelle azioni di carità attraverso le quali era possibile sostenere chi era in difficoltà a più livelli. Al riguardo, la Gioventù Femminile di Azione Cattolica fu presente nei luoghi di lavoro (sostituendo chi era al fronte), negli ospedali da campo e sulle navi ospedale (volontariato sanitario), nei centri preposti a più forme di assistenza sociale (minori, donne in gravidanza, disabili, anziani, vedove, et al.).
3] Furono operate anche delle scelte a sostegno del Movimento della Resistenza, con conseguenti rischi e sacrifici dolorosi.[30] Tra queste donne si può ricordare la staffetta partigiana Tina Anselmi (1927-2016), divenuta in seguito prima donna ministro della Repubblica italiana.
4] Non ebbe interruzione, inoltre, l’opera di formazione delle coscienze attraverso incontri capillari nelle parrocchie e nelle sedi diocesane, ma anche valorizzando l’Università Cattolica del Sacro Cuore, i Convegni di Camaldoli, e gli insegnamenti di notevoli figure attive nella Chiesa.
In tale contesto, fu merito di p. Agostino Gemelli ofm quello di realizzare un nuovo spazio culturale e scientifico per i cattolici. Non fu un progetto semplice da attuare. Nella stessa Milano, ad esempio, venne fondata nel 1923 una Università degli Studi pubblica inaugurata nel 1924, mentre era già attivo un Ateneo privato (Università Commerciale Bocconi, fondata nel 1902). Nel medesimo capoluogo, inoltre, c’erano le sedi politiche comuniste e fasciste. Sono da aggiungere, poi, le diverse correnti di pensiero anti-cristiane (anarchici, massoni, positivisti anti cattolici) che si aggiungevano alle ideologie del tempo.
La formazione delle coscienze costituì un retroterra necessario per fornire al Paese un nuovo ceto politico e amministrativo subito dopo la caduta del regime di Mussolini. Se non ci fosse stata l’azione discreta di preparazione dei nuovi responsabili della vita pubblica si sarebbe creato nel 1945 un vuoto difficilmente sanabile.
E sarà proprio dal lavoro di figure di donne e di uomini impegnati anche nella Chiesa che l’Italia potrà avere un testo costituzionale di particolare valore.
Ma la storia non si ferma qui. Sul piano religioso, proprio quelle giovani che provenivano dai circoli dell’Azione Cattolica sapranno essere a loro volta fondatrici di feconde espressioni ecclesiali che a tutt’oggi offrono significativi contributi alla Chiesa e alla società.[31]
Alcune indicazioni bibliografiche
AA.VV., Chiesa, Azione Cattolica e fascismo nel 1931. Atti del’incontro di studio tenuto a Roma il 12 – 13 dicembre 1981, A.V.E., Roma 1983. A. Barelli, La sorella maggiore racconta. Storia della GF dal 1918 al 1948, edizione critica a cura di S. Ferrantin e P. Trionfini, AVE, Roma 2015 [I ediz. Vita e Pensiero 1949]. Cara Sorella Maggiore. La nascita della Gioventù Femminile. Lettere ad Armida Barelli dalle diocesi italiane (1918-1921), a cura di E. Preziosi, Vita e Pensiero, Milano 2022. G. Pignatelli, FERRARI, Andrea, in: AA.VV., Dizionario biografico degli italiani, vol. 46, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1996. G. Sale, Mussolini, ateo devoto, in: ‘La Civiltà Cattolica’, quaderno 4064, pp. 123-135, anno 2019, volume IV. A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L’Italia dall’armistizio alla marcia su Roma, Neri Pozza Editore, Milano 2021. A. Ventura, Italia ribelle: sommosse popolari e rivolte militari nel 1920, Carocci, Roma 2020.
Ringraziamenti
Dott.ssa Simona Ferrantin, Responsabile, ISACEM, Istituto per la storia dell’Azione Cattolica e del Movimento cattolico in Italia Paolo VI (Roma).
[1] La Gioventù femminile cattolica italiana (Gfci) venne fondata a Milano da Armida Barelli (1882-1952; Beata). Quest’ultima, ricevette l’incarico dal card. Andrea Carlo Ferrari (1850-1921; arcivescovo di Milano dal 1894 al 1921). Tale associazione, nel 1917, rimase diocesana. L’anno seguente Benedetto XV dette mandato alla Barelli di ampliare l’organizzazione a tutto il Paese.
[2] Adolf Hitler (1889-1945). Politico tedesco di origine austriaca. Divenne cancelliere del Reich dal 1933, e Führer della Germania nazista dal 1934 al 1945.
[3] Il movimento fascista sosteneva un patriottismo legato alle vicende del primo conflitto mondiale e al nuovo assetto del Paese voluto dal regime.
[4] Il 23 marzo del 1919, per iniziativa di Benito Mussolini (1883-1945), venne promosso a Milano (in pzza San Sepolcro) un Movimento denominato “Fasci Italiani di Combattimento”.
[5] “(…) prima di salire al governo Mussolini manifestò un atteggiamento ferocemente anticlericale: il rivoluzionario aveva dipinto da giovane la Chiesa con diversi epiteti come “grande cadavere”, “lupa cruenta”, “covo di intolleranza” e i sacerdoti come “pipistrelli”, “sanguisughe” o “sudici cani rognosi”. A volte negava l’esistenza storica di Gesù asserendo che i Vangeli non potevano essere considerati documenti degni di fede, mentre altre invece raffigurava Cristo come il primo “socialista ante litteram” accusando i papi di aver tradito il suo messaggio. In Svizzera ebbe un dibattito con il pastore evangelico Alfredo Tagliatella dove, togliendosi platealmente l’orologio, sfidò Dio dicendogli di fulminarlo entro cinque minuti se esisteva. In una serie di articoli pubblicati con lo pseudonimo di “Vero Eretico” accusò la religione d’aver prodotto secoli di guerre e i terrori dell’inquisizione e attacchi virulenti li utilizzò anche nei suo romanzi come “Claudia Particella, l’amante del cardinale” o “Giovanni Hus il veridico” (cit. M. Ferrari, L’opportunismo “religioso” di Benito Mussolini, in: UCCR, Unione Cristiani Cattolici Razionali (sito online), 20 maggio 2014.
[6] Si tratta del “Popolo d’Italia”, fondato da Mussolini nel 1914.
[7] Tra gli ex-combattenti della prima guerra mondiale si distinguevano gli “arditi”: militari che erano stati impiegati in azioni di sfondamento delle trincee avversarie. Mussolini comprese l’importanza di accogliere nel movimento fascista gli ex combattenti e gli arditi.
[8] Espressione di santa Caterina da Siena (1347-1380).
[9] Agli angoli.
[10] Togliere dall’Italia l’influsso vaticano.
[11] Conte Giovanni Grosoli Pironi (1859-1937). Imprenditore. Politico. Laico consacrato nella Famiglia Francescana. Operò a favore della gioventù operaia, dell’Azione Cattolica, dei media cattolici (“La Domenica dell’Operaio”; “L’Avvenire”), del “Credito Romagnolo”, dell’Opera dei Congressi (ne fu presidente).
[12] Da vicino.
[13] Cioè: quello che è da eliminare.
[14] Bolscevichi significa maggioritari. Erano coloro che sostenevano la linea di Lenin (pseudonimo di Vladimir Il’ič Ul’janov; 1870-1924).
[15] Cioè: quello che si vuole raggiungere.
[16] “(…) Indubbiamente la Camera eletta nel 1924 — specie dopo la secessione aventiniana e la successiva epurazione dei secessionisti — aveva servito bene il fascismo, tanto che la XXVII legislatura fu definita dallo stesso Mussolini la « costituente » del fascismo dato il numero e la portata delle leggi approvate, alcune delle quali non per nulla erano state denominate « leggi fascistissime» (cit. I. Scotti, Il fascismo e la Camera dei Deputati: I. – La Costituente fascista (1922-1928), in: ‘Bollettino di informazioni costituzionali e parlamentari’, Camera dei Deputati, Roma 1984, n. 1, p. 152.
[17] Drastica riduzione di beni privati.
[18] “G.F.C.I. e fascismo”, comunicato stampa (non firmato), in: ‘Bollettino dell’Unione Femminile Cattolica Italiana’, Milano 15 maggio 1921, p. 4.
[19] Beato Papa Pio IX (1846-1878), Papa Leone XIII (1878-1903), Papa Benedetto XV (1914-1922), Papa Pio XI (1922-1939) Servo di Dio.
[20] G. Maione, Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920, Il Mulino, Bologna 1975.
[21] V. Mantovani, Mazurka blu. La strage del Diana, Rusconi, Milano 1978.
[22] Vittorio Emanuele III di Savoia (1869-1947). Fu re d’Italia dal 1900 al 1946.
[23] Il Partito Popolare Italiano venne fondato il 18 gennaio del 1919 da don Luigi Sturzo, Giovanni Bertini, Giovanni Longinotti, Achille Grandi, Angelo Mauri, Remo Vigorelli, Giulio Rodinò. Fu ispirato alla dottrina sociale della Chiesa cattolica.
[24] Il 6 giugno del 1910, il “Popolo d’Italia” pubblicò il programma ufficiale dei Fasci Italiani di Combattimento.
[25] G. Albanese, La marcia su Roma, Laterza, Bari-Roma 2006.
[26] Pio XI (1857-1939). Il suo pontificato durò dal 1922 alla morte.
[27] Lettera Enciclica Non abbiamo bisogno del Sommo Pontefice Pio XI sull’Azione Cattolica Italiana. Roma, dal Vaticano, nella Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1931.
[28] Lettera Enciclica Non abbiamo bisogno, cit., IV parte.
[29] Pio XII (1876-1958). Il suo pontificato durò dal 1939 fino alla morte. Tra le numerose pubblicazioni cf anche: G. Brienza, Il Magistero di Pio XII e l’Ordine sociale, Edizioni Fede & Cultura, Verona, 2012.
[30] Tra le molte pubblicazioni cf anche: P.G. Accornero, Le donne cattoliche della Resistenza, in: ‘La voce e il tempo’, settimanale, Torino 6 marzo 2021.
[31] Tra le molte pubblicazioni cf anche: P.L. Guiducci, Armida Barelli. La donna che discuteva con il “magnifico terrore”, EDUCatt, Milano 2021.