Nel 1495, dopo sei mesi di viaggio, Carlo VIII, sovrano di Francia, entrò a Napoli in trionfo per impossessarsi della Corona partenopea. Tuttavia il Ducato di Milano, alleatosi con la Serenissima e lo Stato pontificio, costituì una lega militare, sostenuta anche dagli Asburgo e dai Trastamara, per scacciare lo straniero dal suolo italiano.
Questo clamoroso insuccesso non distolse tuttavia la Corona francese dall’idea romantica di prendere il controllo del lontano Regno napoletano e Luigi XII Valois organizzò un’altra campagna militare in Italia per portare a compimento il progetto del suo predecessore. Essendo imparentato con i Visconti, il sovrano aggiunse alle rivendicazioni sul trono partenopeo, appena tornato sotto il controllo degli aragonesi, anche quelle sul Ducato milanese.
Fu così che nel settembre del 1499 l’armata francese, guidata da un valoroso esule lombardo, mise sotto assedio Milano per poi occuparla e scacciare gli Sforza dalla regione. Intanto il Valois si era messo in contatto con la Serenissima e lo Stato pontificio per trovare un valido accordo che fornisse una solida base diplomatica alla sua dispendiosa spedizione in terra straniera. In cambio del loro appoggio, Luigi XII avrebbe ceduto il cremonese al governo veneziano e sostenuto il figlio di Alessandro VI, Cesare Borgia, nella sottomissione della Romagna. La classe dirigente veneziana e il pontefice accettarono le allettanti proposte approvando la cattura di Ludovico il Moro e l’avvento della dinastia francese in Lombardia.
Le difficili trattative con la Corona aragonese ebbero invece un esito del tutto differente. Dopo un fugace momento di equilibrio, in cui si arrivò ad un’equa spartizione del Meridione (trattato di Granada del 1500), i rapporti precari tra gli aragonesi ed i francesi si ruppero in maniera irreversibile, trascinando le due parti sul campo di battaglia. Sulle verdi rive del fiume Garigliano le milizie di Consalvo di Cordova, braccio destro del re aragonese e futuro viceré di Napoli, sconfissero gli invasori. I francesi si ritirarono verso Gaeta, ma alla fine furono costretti ad abbandonare una volta per tutte il napoletano (trattato di Lione del 1503).
Nel frattempo la morte di Alessandro VI, la conseguente caduta dei Borgia e la salita al potere di Giulio II, il papa guerriero, complicarono ulteriormente la situazione politica della penisola: molte città dell’Italia centrale, come Rimini ed Urbino, si staccarono da Roma e tornarono indipendenti, mentre Venezia si scontrò con il pontefice per il controllo di alcune zone strategiche della Romagna. Dal canto suo Giulio II si alleò con Ferdinando d’Aragona, Luigi XII e Massimiliano d’Austria per porre fine alla preoccupante avanzata delle truppe della Serenissima, le quali avevano appena soggiogato gran parte dei territori contesi.
Il primo ad agire fu l’imperatore austriaco, ma le sue forze furono respinte con vigore in Friuli. Durante il loro inseguimento, i veneziani riuscirono momentaneamente ad occupare Trieste e il resto della regione. Questa inaspettata sconfitta comportò il pronto intervento di Luigi XII, che invase la Lombardia orientale mettendola a ferro e fuoco. Lo Stato veneziano contrattaccò allestendo e inviando contro i francesi un imponente esercito, composto da reggimenti balcanici, greci e veneti.
Nel maggio del 1509 nei pressi di Agnadello, tra Bergamo e Cremona, le due fazioni rivali si affrontarono apertamente in un cruento scontro campale. Inizialmente la fanteria veneziana attaccò l’artiglieria francese, la quale fu costretta a retrocedere. Le continue cariche di cavalleria e l’incessante bombardamento da parte dei francesi misero tuttavia in difficoltà le truppe della Serenissima che alla fine vennero circondate. In seguito a un’estenuante resistenza, i soldati veneziani ruppero le loro formazioni e si diedero alla fuga, lasciando sul posto una gran quantità di morti.
La disfatta fu totale: le armate straniere invasero il Veneto, mentre l’esercito veneziano continuava a retrocedere in maniera caotica fin sotto le mura di Mestre. La caduta della Repubblica sembrava ormai prossima e inevitabile, ma l’improvvisa sollevazione della popolazione locale cambiò l’esito degli avvenimenti. Gli abitanti dei sobborghi cittadini e le masse contadine presero le armi ed attaccarono senza sosta gli austriaci e i francesi i quali alla fine furono costretti ad abbandonare le terre della Serenissima.
Venezia e i suoi vasti possedimenti erano salvi e parzialmente integri. Tuttavia per lo Stato veneziano fu l’inizio del suo lento declino economico e politico. Da quel momento in poi sarebbe infatti rimasto inerme e paralizzato tra le grandi potenze europee e il gigante turco, che nel corso dei secoli successivi lo avrebbe ulteriormente indebolito fino a portarlo sull’orlo del collasso definivo. Infine fu proprio un altro invasore straniero, Napoleone Bonaparte, ad infliggere alla Serenissima il colpo di grazia (1797). Oltre a derubarla ed a mutilarla, il condottiero francese cedette vergognosamente le sue vecchie spoglie agli Asburgo con il trattato di Campoformio.