Elisa Fiore Marochetti ha frequentato un master in Egittologia presso l’Università di Oxford ed il dottorato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. È stata docente di Egittologia presso le facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università degli Studi di Torino e di Lettere dell’Università degli Studi di Roma 2 “Tor Vergata”. Attualmente è funzionario alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Torino.
Di particolare importanza per una piena comprensione del volume La Sicurezza dello Stato nell’antico Egitto (pubblicato nel mese di novembre del 2017) è sia la prefazione di Alessandro La Ciura che l’introduzione dello stesso da parte dell’autrice. Nella prefazione Alessandro La Ciura afferma che: «Il tema della sicurezza è così intimo nella vita di uno stato da costituirne una sorta di scatola nera, sintesi di valori e di prassi che, analizzati anche dopo millenni, testimoniano il progressivo divenire di una società, dei suoi sogni e delle sue contraddizioni. Elisa Fiore Marochetti, con questa opera dedicata alla sicurezza nell’Antico Egitto, in un viaggio narrativo attraverso i millenni ci instrada in labirinti usurati dal tempo, nei codici etnografici studiati, verificati e decodificati con pazienza ma ancora incompleti e non sempre facilmente contestualizzabili. Abbiamo dimestichezza con l’Antico Egitto, l’abbiamo studiato con interesse, ne siamo stati affascinati e, per certi versi, abbiamo voluto essere epigoni di quella grande civiltà mai completamente scomparsa. Ha rappresentato la prima sostanziale esperienza di imperialismo, capace di occupare ampi spazi militari, culturali e scientifici, di anticipare quella grandezza che solo millenni dopo avrebbero colmato i greci e i romani. È un processo non lineare, quello della civiltà egizia, che sconta arretramenti, evoluzioni, criticità irrisolte, fasi alternate di successi e decadenze, così come a sussulti procedono le scoperte archeologiche e antropologiche; solo con la tecnologia moderna si svelano misteri e si suffragano ipotesi di un tempo troppo lontano per poter essere trattenuto nel pugno. È una civiltà tesa alla conservazione e alla testimonianza, attenta a lasciare orme di un cammino quale antidoto alla fragilità e alla vanità dell’esistenza e alla vocazione naturale all’infinito. Se ne coglie il portato nella sensibilità sapienziale che arricchisce la lettura e la filosofia dell’epoca ma, anche, nella vocazione all’autorappresentazione che rende i reperti funerari vere e proprie biblioteche e tessere narrative che compongono il grande disegno della storia di quel popolo. La messe di segni e di reperti subisce, tuttavia, l’onta del tempo e dell’umanità predona che di quelle ricchezze hanno fatto scempio, soprattutto nelle molteplici crisi economiche e politiche che hanno liberato energie criminali irredimibili, sin dall’antichità.
La situazione arrivò al punto che lo stato fu non più in grado di pagare regolarmente il salario ai suoi operai … e avvenne, tra i lavoratori della necropoli regale tebana, una catena di scioperi … Frattanto bande di ladroni, in collusione con sacerdoti e alti funzionari tebani, depredavano le ricchissime tombe dei faraoni nella Valle dei Re … la crisi aveva assunto carattere drammatico, tanto che si parla per questo periodo dell’anno delle iene[1].
Sin qui l’Egitto noto, agiografico, che l’archeologia ha eletto come matrice primigenia ed elitaria. L’autrice segue sentieri e tracce con combinazioni inusuali, rimescola le conoscenze per illuminare i segreti ànditi della sicurezza dell’epoca, mettendo in rilievo le prime ombre dell’intelligence nel suo embrione mai compiutamente manifesto. Sembra adottare le tecniche di controspionaggio, investiga tra i documenti e gli eventi, analista tra fonti controverse e frammenti di dati da ricostruire; si fa spia e riesce a cogliere dalle situazioni più critiche indizi, anche deboli, di un’attività informativa che tale tecnicamente possa essere definita. Prima di tutto, con l’amore per l’egittologia, l’autrice rassicura che le rotte segnate dalla sua narrazione sono levigate e isolate con cura e, del fitto paesaggio storico dell’Antico Egitto, afferra le cifre più significative perché il lettore possa salire in cima evitando le ardite pareti manualistiche. Restituisce i racconti con la leggerezza di un ricordo e ci fa familiarizzare con il tempo dell’Antico, Medio e Nuovo Regno attraverso le faglie di quei periodi intermedi che offrono spunti euristici sulle correnti indomabili della trasformazione.
L’Egitto diventa una potenza ultraregionale perseguendo le direttrici strategiche che si rinvengono anche nella storia recente: espansionismo commerciale sostenuto da campagne militari (secondo quell’aggressività politico-economica di una Compagnia delle Indie ante litteram) e forte controllo del territorio interno. Nel primo caso, si rinvengono indubbie qualità diplomatiche; nel secondo, si rileva la progressiva sedimentazione burocratica del potere necessaria a evitare spinte sociali antagoniste, coup d’État diffusi anche all’epoca da parte delle lobby gregarie e di infiltrazioni straniere, economiche oltre che militari, comunque capaci di destrutturare e ibridare. Lo spazio di speculazione artistica e filosofica nonché la progressiva sofisticazione delle discipline scientifiche, politiche e militari favoriscono un progressivo affinamento dell’organizzazione statale che, ramificandosi in un territorio sempre più ampio e a rischio, necessita di una continua e affidabile alimentazione informativa. In sintesi, la complessità della situazione nazionale e internazionale avrebbe imposto una sicurezza più sistemica in cui l’intelligence, sebbene non ancora strutturata come specialità, non poteva esimersi dal fornire il suo silenzioso e segreto contributo. Nel testo se ne colgono lucide manifestazioni nella rappresentazione del quotidiano militare, economico, burocratico ma anche letterario, se nell’Insegnamento di Ptahhotep emerge la cura dedicata anche alla prudenza e all’equilibrio nelle intermediazioni relazionali e comunicazionali:
Se sarai un uomo di confidenza, che un grande invia a un grande, sii del tutto scrupoloso, quando ti manda: fagli l’ambasciata come l’ha detta, evita di causare il male con discorso che possa ferire un grande nei riguardi di un grande[2].
Davanti alla parabola dell’Egitto, dal caos originario alle vette di una civiltà fondante sino all’eclissi, sgomenta la fallacia della grandezza umana e la fallibilità della sicurezza, che è la prima a cedere nel sisma annichilente. Ritorna l’eco del poemetto del 1922 di Thomas Stearns Eliot, La terra desolata:
Quali sono le radici che s’afferrano, quali i rami che crescono da queste rovine di pietra? Figlio dell’uomo Tu non lo puoi dire, né immaginare perché conosci soltanto un cumulo di immagini infrante, là dove batte il sole».
Invece nell’introduzione dell’opera da parte di Elisa Fiore Marochetti la medesima dichiara che: «Una civiltà che ha sempre incuriosito la cultura occidentale per i suoi aspetti legati ai costumi, alla religione, all’architettura e alla magia – come è evidente sin dai resoconti degli storici antichi e dei viaggiatori greci – ha o meno creato un sistema di conoscenza e controllo per la sicurezza dello Stato ovvero, come oggi viene definito, un sistema di intelligence? Attraverso la documentazione pervenuta si vedrà come un’organizzazione statale, già formata nel IV millennio a.C. e la cui ossatura colloca al vertice un re-dio, abbia saputo – a discapito di crisi periodiche di unione del Paese, ogniqualvolta il potere centrale si indeboliva – perpetuarsi per 3.000 anni, ponendo in essere apparati di tutela della sicurezza interna ed esterna. La meticolosa organizzazione della burocrazia dello Stato, istituzione che coincideva con la persona del sovrano, comprendeva funzionari formati e specializzati, distribuiti in livelli gerarchici costituitivi di una struttura che faceva capo al visir e che, al vertice, poneva il re. Oltre all’indispensabile ciclo di istruzione, da cui derivano alcuni dei documenti pervenuti – materiali utili a comprendere l’articolazione del sistema burocratico – è la puntuale registrazione di tutte le conoscenze e le informazioni acquisite a documentare gli aspetti della vita politica, civile, militare e religiosa. Tuttavia, poco sappiamo della figura dell’agente segreto come la si conosce nell’età moderna, cioè di un individuo appartenente a un Servizio di informazione».
Si ritiene che quanto detto nella prefazione da Alessandro La Ciura e nell’introduzione dall’autrice abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del saggio preso in esame. Di grande utilità sono le numerose illustrazioni e fotografie, le note a piè di pagina e la corposa bibliografia. Un testo meritevole di attenzione che si consiglia di leggere e/o regalare a coloro che sono interessati alla storia e civiltà dell’Antico Egitto.
[1] E. Bresciani, L’Egitto dell’epoca tarda. Il I millennio a.C., in La Storia, Imperi e Stati nazionali nell’Età del Ferro, vol. 4, collana diretta da Alessandro Barbero, «Corriere della Sera».
[2] E. Bresciani, Lingua e letteratura dell’antico Egitto, Einaudi, Torino 1969.
Titolo: La Sicurezza dello Stato nell’antico Egitto
Autore: Elisa Fiore Marochetti
Editore: Nuova Argos
Pagg. 144