Introduzione: la peste nell’antichità
Le epidemie di peste, o di altre malattie infettive, in maniera discontinua decimarono le popolazioni dell’antichità. Gli uomini erano coscienti di non poter opporsi alle malattie contagiose, considerate un castigo di Dio non solamente dai cristiani. Il vocabolo «peste» (in latino pestis, in greco antico loimós, in ebraico deber) fu molto probabilmente adoperato in epoca antica pure in presenza di vaiolo, tifo, febbre rossa, ecc. Queste calamità costituirono per l’Europa, l’Asia e il Nord Africa un pericolo ininterrotto ed influenzarono la vita e i bisogni di tutti i giorni dell’Egitto, Mesopotamia, Palestina, Grecia e Roma ancor più della penuria di generi alimentari e dei conflitti. Le narrazioni degli scrittori di cronache di quel periodo fanno sì che sia possibile evidenziare come le azioni e gli atteggiamenti degli individui siano stati gli stessi di quelli compiuti durante la memorabile peste nera che flagellò l’Europa fra il 1347 ed il 1351 e di quelli che probabilmente sarebbero posti in essere al giorno d’oggi qualora si diffondesse una malattia contagiosa. Le epidemie non mettevano in una situazione di pericolo solamente la vita fisica delle persone ma anche il loro equilibrio psichico. Ponevano fine ai legami di natura affettiva, morale e sociale, causavano conflitti, facevano cadere casati, determinavano lo spostamento di intere popolazioni, facilitavano la scarsità di cibo e condizionavano la condotta religiosa. Il Bergdolt, però, è convinto che le malattie contagiose nei secoli precedenti il Medioevo non ebbero mai quel carattere pervasivo che caratterizzò invece la peste dell’epoca storica di passaggio tra l’età antica e quella moderna.
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Busto di Ippocrate |
L’ateniese Tucidide, militare ed autore di trattati storici, narra in maniera dettagliata la peste che colpì Atene nel 430-429 a.C. nel corso del conflitto con Sparta, sebbene gli studiosi di storia della medicina attualmente pensino che la città greca sia stata falcidiata dal vaiolo (convinzione valida pure per la peste dalla quale Galeno andò via in fretta da Roma nel II secolo dopo Cristo. Lo stesso ricorda molteplici casi di raccolta di pus localizzato nei polmoni, di macchie sull’epidermide, di aumento della temperatura dei corpi dovuto a cause patologiche insieme a piccoli rigonfiamenti della pelle. Formula una diagnosi della malattia assolutamente errata). È molto probabile che il morbo sia nato in Etiopia, diffondendosi successivamente in Egitto, Libia e Persia per poi arrivare prima al Pireo (zona portuale di Atene) e subito dopo nella parte alta del centro urbano. Tucidide riporta che per alcuni l’origine dell’epidemia dipendesse dall’intossicazione dei fori scavati nel terreno per attingere acqua da sottostanti strati acquiferi causata dagli Spartani, avversari da sempre di Atene. Ovviamente la malattia debilitò e scoraggiò a tal punto gli Ateniesi (perì pressappoco un quarto delle loro forze armate terrestri), che essi non furono in grado di opporsi agli Spartani, i quali vinsero il conflitto. Rufo di Efeso, rifacendosi a quanto detto dallo stesso Tucidide, affermava che il morbo si contraddistinse per il rigonfiamento patologico delle ghiandole linfatiche, per una febbre da cavallo, per un malessere generale, per uno stato allucinatorio e confusionale. Molti medici persero la vita cercando di occuparsi degli infermi.
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Il Trionfo della Morte |
La peste giustinianea
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Diffusione peste giustinianea |
Procopio riferisce con grande diligenza le manifestazioni della pestilenza sul corpo e la psiche delle persone, che attualmente sono riconosciute grazie a molteplici narrazioni seguenti: instabilità mentale, paresi, stordimento, allucinazioni ed aumento della temperatura del corpo. Evagrio (ebbe il viso deturpato dalla pandemia), invece, nella sua esposizione sottolinea la flogosi degli occhi, piccole emorragie cutanee puntiformi sulla epidermide, dissenteria, aumento volumetrico degli organi che secernono sostanze specifiche, dolori dell’articolazione, trasmissione frequente della malattia infettiva per contatto e decesso rapido. Procopio sapeva discernere tra peste bubbonica (la dipartita sarebbe arrivata nel giro di nove giorni) e peste polmonare (il decesso si verificava dopo uno o due giornate).
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Malati di peste bubbonica |
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L’imperatore Giustiniano e la moglie Teodora |
Propagazione e quadro clinico della peste
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Ciclo della peste |
È risaputo che esistono due modi di diffusione di questo flagello: per mezzo dell’epidermide e per mezzo dei polmoni. La malattia contagiosa presa attraverso la pelle (grazie alla punzecchiatura della pulce) conduce abitualmente alla peste bubbonica. Dopo una fase di gestazione che va da uno a sei giorni, dove si è verificata la punzecchiatura si sviluppa una cancrena di colore blu che si avvicina al nero (carbonchio). Trascorsi due o tre giorni, nella zona interessata si nota un ingrossamento dei noduli del tessuto linfatico ed una probabile infiammazione caratterizzata dalla formazione di pus. Passata una settimana caratterizzata da forti giramenti di testa, stordimento, febbroni ed una condizione di estrema debolezza si sta lentamente meglio o i bacilli raggiungono il sangue. A questo punto la malattia infettiva provoca nella maggior parte delle situazioni il decesso. Procopio ha raccontato con dovizia di particolari tutto questo. Invece la peste polmonare, ancora più rischiosa di quella bubbonica, si diffonde, come avviene per l’infiammazione acuta delle vie respiratorie e la malattia respiratoria virale, attraverso la via aerea. Dopo una fase di gestazione che va da uno a due giorni contraddistinti da agitazione interiore, fuoriuscita di sangue dalla bocca dovuta alla rottura dei vasi sanguigni polmonari, respirazione difficoltosa a cui tiene dietro il soffocamento, i batteri arrivano nel sangue per mezzo della struttura polmonare in cui avviene lo scambio aria-sangue. Può portare alla cessazione irreversibile delle funzioni vitali in alcune ore. Lo stesso Boccaccio riporta di giovanetti che la mattina erano in perfetta salute e: «la sera vegnente appresso nell’altro mondo cenaron con li lor passati». Comunque una dipartita così veloce era una anomalia. Di solito arrivava nel giro di uno o due giorni.
Attualmente le modalità con cui l’epidemia si propaga non sono ancora del tutto diventate chiare. Ad esempio almeno apparentemente non ha una motivazione logica la non presenza del morbo nelle regioni fortemente popolate del Terzo Mondo. Successivamente al secondo conflitto mondiale minuscoli focolai di peste negli Stati Uniti furono debellati grazie al notevole uso di farmaci che uccidono i germi patogeni.
BIBLIOGRAFIA
K. BERGDOLT, La Peste nera e la fine del Medioevo, Piemme, Casale Monferrato 2002;
P. CESARETTI, Teodora, Arnoldo Mondadori, Milano 2003;
W. HARDY MCNEILL, La peste nella storia, Res Gestae, Milano 2012;
M. MEIER, Giustiniano, Il Mulino, Bologna 2007;
W. NAPHY – A. SPICER, La peste in Europa, Il Mulino, Bologna 2006;
W. TREADGOLD, Storia di Bisanzio, Il Mulino, Bologna 2005.
Franco Berselli
Ottima presentazione !
Grazie!!