Sara Prossomariti è venuta alla luce nel 1984 a Caserta ed in questo momento risiede e lavora a Napoli. Ha conseguito la laurea in Storia e Archeologia e successivamente ha editato diversi articoli sulla pubblicazione periodica Civiltà Aurunca. Membro del Gruppo Archeologico Napoletano da lungo tempo (dieci anni), si occupa del blog culturale Athina (www.athina.altervista.org). Ha preso parte ad alcune asportazioni di terreno per riportare alla luce monumenti od oggetti antichi in Italia ed in Grecia.

Di particolare importanza per una piena comprensione dell’opera I Personaggi più malvagi dell’antica Roma (data alle stampe nel mese di maggio del 2014) risulta l’introduzione dell’autrice. Nella stessa Sara Prossomariti afferma che: «Il titolo del libro sembra abbastanza chiaro ma in realtà è alquanto difficile definire il concetto e i limiti della malvagità. Il dizionario italiano definisce malvagio colui che ha pessime qualità morali ma questa enunciazione non ci aiuta a risolvere la questione; infatti, a questo punto bisognerebbe chiarire il concetto di moralità e dunque, onde evitare di perderci in discorsi filosofici, potremmo semplicemente dire che in questo libro sono stati inseriti tutti quei personaggi dell’antica Roma il cui comportamento appare, o viene fatto apparire, in maniera oggettivamente negativa.
La scelta di dividere i personaggi per categorie è nata dalla volontà di evidenziare come l’appartenenza a un dato gruppo sociale o a un dato sesso possa aver influito sul comportamento di alcune persone. Desiderare di diventare imperatore o tentare di mantenere saldo il proprio potere ha spinto molti a compiere atti di estrema crudeltà; così come l’essere femmina ha creato diversi problemi a molte donne, le quali volevano provare a fare irruzione in un mondo tutto al maschile. L’essere parte di una categoria, volenti o nolenti, condiziona la nostra esistenza, a volte anche fino a renderci quasi dei mostri. Per esempio, se Nerone fosse stato un semplice artista, probabilmente non sarebbe diventato l’incendiario e il matricida che la storia ha tramandato; si sarebbe dedicato molto semplicemente alla sua attività e non avendo il potere imperiale non avrebbe potuto permettersi certi eccessi. Lo stesso discorso vale per sua madre, la quale, se non fosse nata donna, non avrebbe dovuto governare per mezzo dei suoi uomini e chissà che non sarebbe stata un buon imperatore.

Nella trattazione degli eventi che hanno caratterizzato la vita di uomini e donne protagonisti di questo volume, ho fatto riferimento per lo più alle fonti antiche. I nomi di alcuni personaggi sono noti a tutti, come nel caso di Verre e Catilina; chi non ricorda ad esempio il famoso incipit della prima catilinaria Quousque tandem abutere Catilina patientia nostra? Eppure pochi conoscono realmente i reati di cui si sono macchiati questi personaggi, pur essendo essi chiaramente riportati da Cicerone e Sallustio. Questo succede perché i più sono restii a leggere i classici, nella convinzione che essi debbano essere pesanti per il semplice fatto che risalgono a centinaia, in alcuni casi, migliaia di anni fa. In realtà si tratta di veri e propri romanzi storici con tanto d’intrighi, amori leciti e illeciti, congiure e quant’altro. Perciò se Maometto non va alla montagna, sarà la montagna ad andare da Maometto.

Alcuni personaggi hanno ottenuto il titolo di malvagio per tutta una serie di atti da loro compiuti o, per meglio dire, per il loro stile di vita generale; altri, invece, hanno guadagnato la palma d’oro per via di singole azioni, che gli autori antichi hanno ricordato e che molto spesso hanno fatto credere che dietro di esse ci fosse una condotta di vita pessima e non un singolo momento di smarrimento. Ovviamente per soggetti come gli imperatori è impossibile tracciare tutta la biografia. L’età imperiale è stata descritta dettagliatamente da diversi autori e per ogni imperatore possediamo una mole d’informazioni immensa: scelte politiche, economiche, militari e perfino sessuali; il tutto condito da aneddoti, reali o inventati, e da prodigi. Nel caso di questi personaggi mi sono dunque limitata a evidenziare il loro lato oscuro, a trattare esclusivamente le loro malefatte, presunte o reali che fossero, evitando dispersioni. Non è semplice stabilire, in quell’enorme massa d’informazioni forniteci da storici come Tacito, Dione e Svetonio, quanto ci sia di vero e quanto invece sia frutto di una propaganda avversa. Esistono delle tesi standard sviluppatesi nel corso degli anni, come ad esempio quella che vuole gli autori antichi necessariamente avversi agli imperatori, per il semplice fatto che molti di loro appartenevano alla classe senatoria; oppure quell’altra secondo cui quei pochi autori che scrivono a favore di un imperatore lo fanno solo perché, essendo contemporanei dello stesso, non hanno avuto la possibilità di esprimersi liberamente; o infine quella per cui, quando vengono riportati degli aneddoti eccessivi, devono essere necessariamente ritenuti falsi. In realtà questi sono concetti molto semplicistici, che non rendono merito né agli imperatori né agli storici. Sicuramente la politica, la morale e la paura influenzarono molto le fonti ma non per questo esse vanno giudicate con troppa leggerezza. In alcuni casi i fatti narrati sono evidentemente esagerati, per cui si è portati a credere che siano falsi, eppure ancora oggi assistiamo a cose talmente assurde, che dovrebbero insegnarci a essere più cauti nei nostri giudizi.

Molti studiosi hanno speso gran parte della propria vita ad analizzare le fonti antiche, tenendo ben presente le caratteristiche principali dell’autore, quelle che potrebbero aver influenzato il suo giudizio come ad esempio gli orientamenti politici, i rapporti personali e quant’altro; ma, nonostante ciò, non si è riusciti a definire chiaramente lo stato delle cose. Bisogna molto semplicemente accettare che purtroppo non sapremo mai la verità in senso assoluto; possiamo solo conoscere la verità di Tacito, quella di Dione e quella di Svetonio e, approfondendo le varie tematiche, tentare di definire una nostra verità. Nerone era buono o cattivo? Non lo sapremo mai con certezza assoluta ma ognuno può continuare a dire la sua, a formulare ipotesi adducendo prove e decidendo di assumere il ruolo di accusa o difesa, tenendo sempre presente che questo è un processo che è e resterà sempre indiziario.
Ho anche scelto di dedicare un capitolo a quegli uomini che solitamente sono conosciuti come eroi o benefattori e che, come tutti, hanno un lato oscuro. Questa parte negativa del loro carattere è stata molto spesso diluita, fino quasi a scomparire e così sono andata a recuperarla per renderla nota a chi non la conosce. Augusto, fondatore dell’impero romano, fu anche un ipocrita e un codardo? Costantino il Grande, paladino della cristianità, si convertì per fede o per mero opportunismo? Per non parlare di Gaio Mario, l’eroe del popolo romano, il nobile avversario del prepotente e tirannico Silla, il quale non disdegnò di diventare per ben sette volte console, contravvenendo alle leggi romane e proponendosi, anche se non con la stessa irruenza del suo avversario, come unico dominatore dell’Urbe. Sempre lui si dotò di una guardia armata e al momento opportuno la sguinzagliò contro i suoi nemici, anziché usarla per la propria protezione, per poi avere il coraggio di definire Silla un tiranno.

Naturalmente non ci sono stati solo uomini discutibili nell’antica Roma ma anche molte signore. Le donne hanno in ogni tempo influenzato il comportamento e le scelte dei loro compagni o figli e in alcuni casi le fonti le hanno ritenute responsabili di crimini orrendi. Un intero capitolo è dedicato ai loro delitti e soprattutto al loro rapporto con il veleno. L’avvelenamento è sempre stato considerato un crimine tipicamente femminile; si credeva, infatti, che le donne, essendo dotate di una forza notevolmente inferiore rispetto agli uomini, fossero ricorse abbastanza presto all’uso di sostanze velenose come armi da difesa e offesa e lo stesso avrebbero fatto con il sesso. L’associazione donna, sesso e veleno è quasi scontata, ecco perché non poteva mancare in questo libro.
Nel caso dell’esercito è stato un po’ più difficile reperire informazioni su personaggi specifici; questo perché le fonti antiche, essendo per lo più romane o filoromane, hanno omesso di trattare azioni discutibili attribuibili ai loro comandanti e soldati. Gli unici casi che vengono menzionati sono da prendere con le pinze perché molto spesso lo scopo della loro trattazione non appare subito con chiarezza. Nel caso di Decio Vibellio, ad esempio, le sue malefatte sono descritte al solo scopo di celare le mancanze dei suoi superiori; il povero comandante, insieme ai suoi uomini, viene usato semplicemente come capro espiatorio. La crudeltà faceva sicuramente parte dei metodi dell’esercito, come nel presente, ma non per questo poteva essere applicata in maniera immotivata e indiscriminata. Anche all’epoca esistevano delle leggi di guerra che andavano rispettate. L’uccisione ingiustificata di uomini disarmati non era di certo un atto di cui andare fieri o vantarsi. Il problema, almeno per quanto riguarda il nostro metro di giudizio, riguarda appunto le cosiddette cause giuste, che per i romani erano ben diverse dalle nostre; ad esempio, lo sterminio degli abitanti di un villaggio era perfettamente giustificato se si voleva dare una dimostrazione di forza o se si voleva punire una data tribù o popolazione per il loro atteggiamento ribelle. Detto ciò appare chiaro quanto sia difficile trovare i veri malvagi tra le file dei soldati romani.

Infine ci sono le sette religiose. Nonostante la tolleranza dei romani verso tutte le religioni praticate nei confini dell’impero, sono capitati nella storia casi in cui i fedeli sono andati talmente oltre il limite della decenza, che le istituzioni romane sono dovute intervenire per forza. Il fanatismo e l’eccitazione, provocati da certi rituali, hanno spinto molte persone a comportarsi in maniera assurda, praticamente criminale. Qualsiasi religione poteva essere praticata nell’impero romano, purché i fedeli ricordassero di essere prima di tutto cittadini romani e dunque sottoposti alla legge di Roma prima che alle leggi divine. Le baccanti dovettero interrompere i loro rituali poiché si erano date a rapine e omicidi; invece, i seguaci di Cibele, pur essendo stati altrettanto sanguinari, non avendo mai rivolto le armi verso gli altri, ma solo contro se stessi, non subirono mai alcun veto da parte dei romani.
I personaggi trattati in questo libro vanno dall’età repubblicana a quella tardo-imperiale, addirittura oltre il crollo dell’impero romano d’Occidente; coprono quindi un arco temporale lungo diversi secoli, per cui è necessario anche inquadrarli nel loro contesto sociale e storico per comprenderne le ragioni e il modo di agire. Non tutti i malvagi sono uguali e non tutti hanno agito spinti dalle stesse motivazioni, ma soprattutto non tutti hanno fatto la stessa fine».
Si ritiene che quanto detto nell’introduzione dall’autrice abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del saggio preso in esame. Di grande utilità sono la bibliografia, l’indice dei nomi e le note a piè di pagina. Un volume meritevole di notevole attenzione che si consiglia di leggere e/o regalare a coloro che sono interessati alla storia dell’antica Roma.
Titolo: I Personaggi più malvagi dell’antica Roma
Autore: Sara Prossomariti
Editore: Newton Compton
Pagg. 378