Pino Aprile, autore pugliese di opere di denuncia, per professione scrive sui giornali ed abita ai Castelli Romani. In passato vicedirettore di Oggi e direttore di Gente. Per il piccolo schermo ha collaborato con Sergio Zavoli all’inchiesta Viaggio nel Sud e al settimanale del Tg1, Tv7. Ha pubblicato diversi testi che hanno riscosso un notevole successo e sono stati tradotti in numerose lingue, tra i quali è opportuno menzionare Terroni (edito nel 2010), Giù al Sud, Mai più terroni, Il Sud puzza, Terroni ‘ndernescional e Carnefici. Ha ottenuto nel 2010 il Premio Carlo Levi, il Rhegium Julii nel medesimo anno e nel 2012 il Premio Caccuri. A New York è stato nominato Uomo dell’anno dall’Italian Language Inter-Cultural Alliance.
Di particolare importanza per una piena comprensione del volume L’Italia è finita e forse è meglio così (dato alle stampe nel mese di ottobre del 2018) è sia l’introduzione dell’autore che la presentazione dello stesso da parte dell’editore. Nell’introduzione Pino Aprile afferma che: «Da un secolo e mezzo i meridionalisti muoiono senza veder la fine della Questione meridionale, nata in Italia con l’annessione violenta del Regno delle Due Sicilie al regno sabaudo. L’Italia unita mi piace, ma alla pari; e la Questione meridionale mi dispiace più di quanto mi piaccia l’Italia unita. Non voglio morire senza averne vista la fine. Ho sessantotto anni e siamo longevi in famiglia, fatevene una ragione. Per cui: o finisce la Questione meridionale o finisce l’Italia unita. E io ci voglio essere. P.S. Il mio lavoro è quello del divulgatore e, come altri, ha le sue tecniche. Per questo libro ho ritenuto che la narrazione orale fosse più efficace di quella scritta: gli argomenti non si esauriscono in un capitolo, ma si ripropongono, dopo apparenti deviazioni sul tema, con frequente ricorso al riresoconto; ricompaiono più volte alcuni dati significativi e persino delle espressioni per aiutare la memoria a legarli ai fatti cardine di questo lavoro. Ogni volta mi rivolgo a chi non sa quanto ho sviluppato più compiutamente in altri libri. E riassumo, riepilogo: se una menzogna sempre ripetuta diventa vera, una infamia sempre ripetuta diventa giusta. E sul Sud ci sono centocinquant’anni di menzogne e infamie da correggere. Ho immaginato di parlarvene e ho preceduto così, parando i fogli sotto la bocca perché le parole non cadessero per terra».
Invece nella presentazione del saggio da parte dell’editore il medesimo dichiara che: «Tra una manciata di anni l’Italia, e forse l’Europa, non esisteranno più. Almeno come le conosciamo ora. Si spezzeranno per il fallimento della loro economia. E l’attuale governo giallo-verde potrebbe persino essere l’ultimo di una Italia unita. Lo dicono autorevoli studi e indagini ben noti agli addetti ai lavori. Né l’una, l’Italia, né l’altra, l’Europa, reggeranno alla spinta disgregatrice: divide et impera è una massima che i mercati finanziari conoscono bene. D’altronde, già oggi l’Italia non è più la stessa, così come non lo sono gli italiani: grandi aziende, grattacieli, interi quartieri, fertili terreni, squadre di calcio appartengono ad arabi, cinesi, capitali stranieri. A noi guardano con preoccupazione – o con speranza – le altre nazioni, perché sin dai tempi della conquista romana o della diffusione del cattolicesimo siamo il laboratorio per innovazioni che si sono propagate in tutto il continente, e oltre. A volte anche nefaste. Steve Bannon, ex consulente alla Casa Bianca di Donald Trump e osannato campione dei razzisti e dei neonazisti made in Usa, lo ha detto chiaro e tondo: “Roma è al centro della politica mondiale. L’Italia fa paura”. Lui è di quelli che lo sperano. Unita, in realtà, l’Italia non lo è mai stata. Piuttosto è il risultato di una operazione scellerata di saccheggio e conquista, che ha distrutto un Sud proiettato nel futuro industriale e attuato un vero e proprio genocidio per convincere i riluttanti meridionali. È questa la crepa, mai sanata, che si allargherà fino a inghiottire tutto l’edificio dell’Italia unita? Mentre collanti storici come la Chiesa perdono terreno, ovunque rinascono comunità non statuali che trovano altrove la propria identità. Ma forse, come insegna il Rinascimento, proprio nelle tensioni e nelle divisioni gli italiani danno il meglio. Lo smembramento sarà la nostra salvezza?».
Si ritiene che quanto detto nell’introduzione da Pino Aprile e nella presentazione dell’opera da parte dell’editore abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del libro preso in esame. Il linguaggio è semplice, scorrevole e comprensibile non solo da persone ferrate sull’argomento proposto. Un testo meritevole di notevole attenzione che si consiglia di leggere o regalare a coloro che sono interessati a conoscere a fondo la Questione meridionale.
Titolo: L’Italia è finita. E forse è meglio così
Autore: Pino Aprile
Editore: Piemme
Pagg. 342