La Terra è una Dea (Senofonte, IV a.C.)
La figura della divinità femminile ha rivestito un ruolo fondamentale nelle culture antiche, precedendo spesso il culto delle divinità maschili.

Uno sguardo all’Europa Antica
Gli studi archeologici sulle civiltà neolitiche dell’antica Europa, a partire dal Paleolitico Superiore (circa 40.000 anni fa) fino al loro massimo splendore tra il 7000 a.C. e il 3500 a.C., hanno rivelato l’esistenza di popolazioni pacifiche dedite all’agricoltura e al culto della terra e della natura.
Queste popolazioni si aggregavano in luoghi ricchi di risorse naturali senza la pressione della necessità di costruire fortificazioni e/o della ricerca di posizioni strategiche che favorivano la difesa. Per millenni, infatti, hanno potuto crescere e prosperare, questo fino al verificarsi delle invasioni da parte di tribù nomadi provenienti dalle steppe del Caucaso e, successivamente, da tutta l’Europa orientale e Asia Minore. Al contrario delle popolazioni locali che adoravano i cicli della vegetazione e, di conseguenza, lo spirito femmineo e materno che sottende la generazione e la rinascita, gli invasori adoravano dei guerrieri maschili, patroni di guerra e armi, e travolsero senza scampo gli autoctoni.
Solo nell’isola di Creta, grazie appunto alla sua posizione isolata e protetta dal mare, la civiltà Minoica con il suo culto della Madre, degli animali e di numerose divinità femminili, poté prosperare a lungo, fino circa al 1500 a.C.
La divinità femminile nell’antichità
Fin dagli albori della civiltà umana, la figura della divinità femminile ha rappresentato l’essenza della vita, simboleggiando la ciclicità della natura – compreso quindi anche il concetto di morte – la fertilità e la generazione.
Le divinità femminili spesso incarnavano la natura stessa, rappresentando elementi e fenomeni naturali. Questa intersezione tra divino e naturale rifletteva una percezione del mondo dove gli esseri umani non erano che una parte del complesso tessuto della vita.
Esempi di divinità significative sono Ishtar in Mesopotamia (dea dell’amore e della guerra, mostrava come le divinità femminili potessero incarnare qualità diverse e talvolta contrastanti), Nut in Egitto (rappresentando il cielo, e abbracciando proteggendo la terra sotto di lei, simboleggiava il ciclo eterno della vita) ed Era in Grecia (simbolo del matrimonio e della fedeltà, ma anche della gelosia e della vendetta).
Esempi di dee come manifestazioni della Natura sono Artemide in Grecia (dea della caccia e dei boschi che personificava la natura selvaggia e incontaminata) ed Aine tra i Celti (dea del sole e del bestiame, intessuta profondamente con la terra e i suoi ritmi stagionali).

Simbolismo e iconografia della Dea Madre
La Dea Madre, rappresentata in numerosi reperti archeologici, incarna il potere creativo e nutriente. Le sue raffigurazioni spaziano da figure abbondanti e fertili a simboli più astratti di saggezza e protezione.
Le sue raffigurazioni più iconiche sono senza dubbio la Venere di Willendorf e le Ceramiche Cretesi. La piccola statua del periodo Paleolitico superiore è forse uno dei simboli più potenti della femminilità preistorica, con la sua forma abbondante che richiama la fertilità e la capacità generativa della natura. Le figura della Dea Madre viene accostata ad animali e natura nelle Ceramiche Cretesi, sottolineando il legame tra femminilità e il mondo naturale.
Esempi di dee della fertilità sono la greca Afrodite che, oltre all’aspetto dell’amore, rappresentava la fertilità e abbondanza attraverso il suo legame con il mare, e Danu, considerata la madre ancestrale dei Celti, simbolo della terra fertile e della ricchezza del suolo.

Riti e cerimonie incentrati sulle divinità femminili
Le dee venivano celebrate attraverso una varietà di riti e cerimonie che sottolineavano il loro ruolo centrale nelle società antiche. I rituali spesso riflettevano il cambiamento delle stagioni, il ciclo della vita umana e i momenti di passaggio, come i Riti di pubertà, le Feste della luna e il “Matrimonio sacro”, un rito che simboleggiava l’unione tra la dea procreatrice e il principio maschile della vita.
Esempi di festività e riti basati sui cicli naturali e stagionali erano in Grecia i Misteri Eleusini, antichi riti agricoli legati a Demetra e Persefone che celebravano il rinnovo della terra e il mistero della vita e della morte, e la Thesmophoria, una festa esclusivamente femminile in onore di Demetra, incentrata sul raccolto e la fertilità.
Questi eventi non erano solo celebrazioni, ma momenti di solidarietà comunitaria che ribadivano il tessuto sociale e culturale.

La transizione dai culti matriarcali a quelli patriarcali
Nelle primigenie società matriarcali la mascolinità non era disqualificata bensì integrata nella più alta concezione del ciclo della vita e della fertilità. La mascolinità simboleggiava anche l’energia della terra e lo spirito indomito della natura.
Con il passare del tempo, le divinità femminili si adattarono alle mutanti esigenze culturali e sociali, mostrando una transizione da simboli generali di vita a figure più specifiche con ruoli ben definiti, come quelle maschili finirono per rappresentare il potere e la guerra.
Gli dei maschili dominarono in ambiti di controllo e autorità, e furono prediletti da sovrani e guerrieri, al contrario delle divinità femminili che, simboleggiando la protezione della vita, la crescita e le relazioni interpersonali, furono quasi relegate alla sfera personale.
La transizione dai culti matriarcali a quelli patriarcali è uno dei cambiamenti più significativi nell’evoluzione religiosa umana. Questa trasformazione riflette il cambio delle strutture sociali e dei rapporti di potere che vede le donne perdere di importanza e potere decisionale.
Tra le principali cause del cambiamento ci sono senza dubbio le migrazioni e i conflitti tra tribù per l’accaparrarsi delle risorse, cosa che ha portato all’affermazione dei popoli più bellicosi e capaci di imporsi sugli altri. Questi spesso enfatizzavano figure e divinità maschili che hanno infine portato a un’organizzazione sociale più patriarcale.
Non secondario è anche lo sviluppo dell’agricoltura che, portando a una società più strutturata e gerarchica, ha visto infine l’accrescersi del ruolo maschile nei processi produttivi.
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