La Grande Storia dell’Anatolia


 

L’Anatolia (o Asia Minore) da sempre è una perfetta anticamera della culla della civiltà umana (locata un poco più a sud) e con i suoi maestosi altopiani ha rappresentato certamente nel corso della storia una regione importante sia dal punto di vista militare che economico.

Tavoletta scrittura ittita – Museo di Ankara

L’Anatolia era un punto strategico irrinunciabile per chi voleva dominare il vecchio ecumene medio-orientale e così conosciamo molto delle guerre combattute per la sua conquista: da quelle di Alessandro il Grande a quelle tra romani e persiani, tra bizantini e persiani ed infine tra bizantini ed arabi, conosciamo meno invece il popolo che sicuramente diede vita alla prima grande civiltà nella regione sviluppandola concretamente, cioè gli Ittiti.
Gli Ittiti, al pari d’altre civiltà precedenti e di quelle successive, indubbiamente s’installarono in questa regione perché la trovarono ricca e con diverse possibilità di sfruttamento, soprattutto agricolo e d’allevamento, del resto gli stessi romani, successivamente, consideravano questo territorio come uno dei più ricchi di materie prime (tra al’altro anche d’un pregiato, abbondante e rinomato legname).
Dobbiamo anche tener conto che l’attraversamento dell’Anatolia rappresentava in sé un deciso accorciamento del cammino per affacciarsi alla zona europea e all’Egeo provenendo da oriente, a quell’epoca certamente un logico fattore decisivo visto i tempi normali di percorrenza medi.

Statua del leone presso il tempio siro-ittita Ain Dara

Questo è uno dei motivi per cui la regione divenne ben presto un centro gravitazionale politico molto importante e lo era senz’altro anche al tempo degli Ittiti che si erano introdotti in questa regione intorno al 2800-2600 aC, dapprima gravitando lungo la parte di nord-ovest per poi spingersi più all’interno.
Ora, molti degli scritti che ci sono stati tramandati ci fanno spesso immaginare il popolo ittita come una civiltà bellicosa, intenta a muovere guerra in maniera continua, nulla di più sbagliato, nel senso che questo popolo muoveva battaglia né più né meno rispetto a chi gli stava intorno, ma per converso era dedito alle coltivazioni in maniera molto particolare e ricercata, quasi maniacale, segno che poteva contare su un numero d’abitanti numeroso per questo tipo d’occupazione ed i risultati si vedevano eccome: produzioni che rendevano indipendenti per il fabbisogno primario questa civiltà rispetto alle altre.

Successivamente il territorio conobbe una multi etnicità che resterà sempre tipica nel contesto socio-politico e nel suo sviluppo ellenico-latino, infatti la colonizzazione dei territori d’oltremare Mediterraneo e Nero da parte greca (e che Omero narra così efficacemente) diedero senz’altro impulso ad insediamenti di tipo urbano molto diversi da quelli dei predecessori di altre civiltà o dei cretesi stessi, infatti essi miravano a terre che potessero garantire fertilità in tempi brevi, per questo intorno vi costruirono delle città destinate poi a divenire famose nei secoli.
Le nuove città erano spesso fondate da quella che potremmo definire la borghesia o il terzo stato delle comunità greche, soffocate in patria da una nobiltà aristocratica che pensava solamente all’arricchimento famigliare più che a far crescere una società più corretta.
Le felici posizioni geografiche che gli esperti navigatori greci riuscivano sempre a trovare per scaricare le maree umane generalmente si trovavano o sulle rotte o sulle vie di comunicazione commerciali, questo favorì anche l’utilizzo di alcune monete riconosciute universalmente che ovviamente aiutarono ancor più il successo dell’operazione che sostanzialmente si rispecchiava in pochi metodi d’intenti: avere uomini abbastanza avventurosi e scaltri, togliere potere all’aristocrazia tramite il continuo stato di guerra che costringeva all’utilizzo della falange oplitica , cioè l’esercito regolare e non più quello personale di un nobile.

Non stiamo a narrare le peripezie del grande Alessandro Magno in Anatolia, perché sono universalmente conosciute, ma possiamo precisare che egli percorse questo territorio in ogni suo angolo, anche il più remoto, costruendo strade e fondando varie città soprattutto costruite per ragioni economiche.

Resti acquedotto romano a Cesarea

Roma impiegò un paio di secoli per integrarsi completamente con la gente di questa regione, concentrandosi dapprima sulla parte occidentale e mediterranea (ovviamente) costituendola in provincia (e sarà una delle più rinomate e famose della storia bi-millenaria dell’Urbe) e completando l’opera con la sua parte centrale ed orientale nel periodo augusteo coincidente con al creazione dell’istituzione imperiale.

Le imperiose costruzioni urbanistiche romane comprendevano oltre agli edifici destinati all’uso pubblico, grandi acquedotti che scendevano dalle montagne centrali per rifornire d’acqua il territorio coltivabile e grandi ponti per superare gli impetuosi e numerosi fiumi di cui la regione è sempre stata ricca e rafforzamento delle vie di comunicazione per fare transitare commercianti ed ovviamente le legioni destinate a combattere contro i persiani.

La fortezza templare Krak des Chevaliers – Siria

L’Anatolia era anche, ovviamente, una regione densa di fortificazioni militari lungo tutte le vie che la percorrevano, le logiche che obbligavano le civiltà che si susseguivano nel controllo del territorio a mantenere distretti con truppe che potessero all’occasione contrastare efficacemente il nemico, generalmente proveniente da oriente, risultavano imperative e spesso insostenibili finanziariamente, sia romani, sia bizantini, sia persiani che arabi dovettero fare i conti spesso con i bilanci statali per mantenere delle truppe in perfetto stato e pronte alla reazione o alla salvaguardia.
Non dimentichiamo che le fortificazioni erano necessariamente legate alle zone di confine, ai margini estremi dei possedimenti, non facciamoci deviare nello studio dagli insediamenti in questo territorio posti sulle rive del Mar Nero o del Mediterraneo orientale, essi avevano un supporto continuo grazie alle navi o anche via terra senza incidere molto a livello di costo manutentivo, guardiamo invece ai ridotti sugli altopiani centrali o iraniano-caspici, lontani giorni di cammino dai rifornimenti e alle difficoltà indubbie che portavano via ingenti risorse umane e finanziarie.

S. Paolo di Tarso

Sappiamo bene che questa regione ha visto il proselitismo del cristianesimo, il quale fu eccezionalmente rapido nell’espansione grazie all’alacre lavoro di Paolo di Tarso e degli altri adepti della nuova religione.
Questo non fu per caso, il pellegrinaggio portava a girare lungo le grandi arterie di comunicazioni trans-regionali e durante il cammino con mercanti e contadini si parlava molto e ciò contribuì alla diffusione delle idee cristiane, in due grandi città come Nicea e Calcedonia furono organizzate delle sedi permanenti e delle congregazioni e successivamente diversi concili.

In Cappadocia, a sudest di Ankara, esiste un perimetro di circa 80 kmq formatosi in seguito ad eruzioni vulcaniche che hanno compattato una roccia molto soffice come il tufo, su cui successivamente ad altre eruzioni s’è adagiato il basalto, notoriamente resistente e agente protettivo.
Su queste rocce soffici, ma al tempo stesso molto resistenti, si sono costruite delle meraviglie architettoniche risalenti soprattutto al IV secolo AD, edificate sotto l’arcivescovato di Basilio il Grande: i siti si trovano racchiusi nel perimetro formato dalle città di Goreme, Urgup, Nevsehir e Avanos.
Inizialmente concepiti come supporti per l’urbanistica religiosa tipica della cristianità orientale, si sono via via evoluti formando intorno all’eremo originario delle vere e proprie piccole cittadine, dall’aspetto incredibile, immerse nella roccia viva, a cui è stata data una immagine tipicamente bizantina nella costruzione, tanto che all’interno delle varie chiese si trova una ricca varietà di pitture della romanità orientale.

Interno chiesa rupestre del Melo (Elmah Kilise)

In questo senso gli esempi più mirabili sono la Chiesa del Melo (Elmah Kilise) che resiste alle dure erosioni del tempo con i suoi splendidi monocromatismi rossastri e la Chiesa Buia o Scura (Karanlik Kilise), perché costruita all’interno della roccia e non esposta alla luce, dalle decorazioni murali davvero incredibili.
 Anche con l’arrivo degli arabi nelle cittadine s’è continuato a costruire (minareti per esempio) sulla falsariga della civiltà precedente e ora tutto l’insieme architettonico dei siti è considerato un “museo aperto” a disposizione dell’umanità e come tale preservato accuratamente, nonostante il tufo ovviamente risenta delle problematiche ambientali. 

Chiesa Buia (Karanlik Kilise)

Parlare dell’Anatolia è un po’ come parlare dunque della storia dell’uomo, è un territorio che ha visto “correre” e “progredire” la civiltà dalla più remota antichità fino agli albori del mondo contemporaneo, punto d’intersezione tra culture diverse, tra due mondi così lontani (oriente e occidente) eppure considerati un unico continente storicamente parlando.
Un territorio dove commerci, guerre, avventure, mitologie hanno posseduto una casa comune per millenni, un territorio sociale e “umano” che probabilmente ha determinato esperienze difficilmente cancellabili tra civiltà diverse, tutte egualmente importanti, come scordare Mileto, Alicarnasso, centri del sapere e della cultura dove il confronto avveniva quotidianamente e dava sempre frutti pregiati. 



3 commenti

  1. Grazie ….conosco questa terra ed e' uno dei piu' belli al mondo …storico , archeologico e naturalistico ….anche nei luoghi di confine ..periferici …non negli abituali tour…Buona giornata.
    Ultimo Sole

  2. Grazie Ultimo Sole, condivido le tue parole. È un vero peccato che oggigiorno, nella relatà dei fatti sia un luogo poco conosciuto da noi europei.

  3. Lieto di conoscerti Isabel …..amo la storia antica e archeologia ..se puo' interessarti osservare il mio canale yt …raccolgo video tematici e altro ….a presto e buona serata …Guido Alex )))
    Ultimo Sole

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