Mondo scrittura: Show, don’t tell! 2


 

 

Proseguiamo per la rubrica Mondo scrittura con la seconda parte dell’articolo dedicato allo Show, don’t tell! a cura di Federica Leva.

 

 
La volta precedente abbiamo visto alcuni esempi di eccesso descrittivo, che sono sfociati in un appiattimento dell’impatto emotivo sul lettore. Per amare un romanzo, il lettore ha bisogno d’essere coinvolto, d’interagire con la storia, con le sue dinamiche, con i pensieri dei personaggi, le loro aspirazioni, le loro delusioni ecc… Limitarsi a dire che Tizio è coraggioso senza mostrare come salva il bambino dall’assalto del leone ne svilisce notevolmente la temerarietà. Se il lettore deve sapere che Tizio è un eroe, è preferibile mostrarglielo. Se invece l’audacia non è una virtù indispensabile a qualificare il personaggio e a conferirgli uno spessore narrativo, evitiamo di parlarne. Non abbiate paura, non state facendo un torto al povero Tizio e anche il lettore vi ringrazierà.

Questo significa che un romanzo debba essere scritto esclusivamente attraverso il montaggio di molte scene, come accade nei film? Naturalmente no. Anche nei film vengono introdotte scene di stacco, indispensabili per imprimere il giusto ritmo alla narrazione visiva. Quindi, perché non approfittare della possibilità di poter svelare qualcosa al lettore, quando serve? La descrizione può essere utile quando un’informazione è secondaria e perfino indispensabile, qualora consentisse di accorciare i tempi narrativi, evitando la creazione di scene che, a lungo andare, sarebbero indigeste quanto interi capitoli descrittivi.

Sempre in Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen troviamo descrizioni che non avrebbe senso trasformare in scene o in riflessioni da parte dei personaggi:

La fortuna di Mr Bennet consisteva quasi unicamente di una rendita di duemila sterline l’anno che, per disgrazia delle sue figliole, in mancanza di eredi maschi era vincolata ad un lontano parente; e le sostanze della madre, pur cospicue per la sua condizione sociale, sopperivano malamente alla mancanza di beni paterni. Suo padre era stato avvocato a Meryton, e le aveva lasciato 4000 sterline.

Anche se il lettore non dovesse memorizzare l’ammontare della rendita, rammenterebbe comunque che non è cospicua e le successive scene del romanzo confermerebbero il suo ricordo. La parte descrittiva, in questo caso, ha lo scopo di introdurre una conflittualità che verrà poi sviscerata nelle pagine a venire.

In un romanzo storico o in un fantasy, le parti descrittive hanno la praticità di avvisare il lettore di alcuni fatti senza rubare spazio ai conflitti che creano l’intreccio narrativo vero e proprio. Se mostriamo troppo, otteniamo l’effetto di spostare il focus su parti secondarie, a rischio che non si capisca più qual è il filo conduttore della storia. È invece indispensabile porre in rilievo solo le scene essenziali, mentre le altre resteranno sullo sfondo, a completamento di un quadro perfettamente pennellato con le giuste sezioni narrative.

Per rendere giustizia alla maltrattata Jane Austen, vi propongo ora un brano drammatizzato, sempre tratto da Orgoglio e pregiudizio. In questo estratto, i caratteri emergono senza bisogno di descrizioni, puntualizzazioni o interventi inopportuni da parte dell’autrice. Nonostante la scena sia piuttosto spoglia, sono i dialoghi a far emergere, senza alcun rischio di confusione, il carattere dei personaggi coinvolti.

Keira Knightley in “Orgoglio e pregiudizio” del 2005

Terminato che ebbero di pranzare, Elizabeth tornò subito da Jane; e non fece in tempo ad uscire dalla stanza che Miss Bingley cominciò a parlarle alle spalle. Risultò che i modi della ragazza erano decisamente sconvenienti: un misto di boria e di impertinenza; che non sapeva conversare, non aveva classe, era priva di gusto, e tutt’altro che bella. Mrs Hurst si dichiarò della stessa opinione, e soggiunse:

«A farla breve, non ha altri meriti all’infuori di un’eccellente disposizione a camminare. Non potrò mai dimenticare la sua apparizione di questa mattina. Sembrava una selvaggia.»

«Proprio così, Louisa. Non so come ho fatto a trattenermi di fronte ad una assurdità simile. Se sua sorella ha il raffreddore, che motivo c’è che lei si metta in marcia per i campi? E i suoi capelli? Che disordine, che devastazione!»

«Già, e la gonna? L’avrai notata, spero: sei dita di fango, te lo assicuro; e il soprabito che doveva nasconderla non è servito a nulla.»

«La tua descrizione sarà anche esattissima Louisa,» osservò Bingley, «eppure per me è sprecata. A mio parere Miss Elizabeth Bennet aveva un ottimo aspetto quando è arrivata questa mattina. Della sua gonna infangata non me n’ero proprio accorto.»

«A voi non sarà sfuggita di certo, Mr Darcy,» fece Miss Bingley, «e ho l’impressione che non vi sarebbe garbato vedere vostra sorella in quello stato.»

«Infatti.»

«Fare tre, o quattro, o cinque miglia che siano, a piedi, nel fango, e da sola! Dico da sola! E a che scopo? A me è sembrata una disdicevole dimostrazione di orgoglio e di indipendenza, con una indifferenza tutta provinciale per il decoro.»

«È stata una bella prova di affetto per sua sorella,» ribatté Bingley.

«Temo proprio, Mr Darcy,» sussurrò Miss Bingley, «che la vostra ammirazione per i suoi begli occhi sia stata al quanto provata da questa avventura.»

«Tutt’altro,» replicò lui; «li ho trovati più che mai luminosi dopo l’esercizio.»

In questa scena si riescono a immaginare le signore discorrere di Lizzy con disprezzo, e si colgono perfettamente anche il tentativo di difesa di Mr. Bingley e la determinazione con cui Mr. Darcy chiarisce la sua posizione in favore della ragazza.

In questo caso, abbiamo assistito alla scena, abbiamo provato emozioni, ci siamo schierati con alcuni personaggi e abbiamo provato antipatia per altri. Parlando in termini di neuroscienze, diremmo che i nostri neuroni mirror si sono attivati e siamo entrati in empatia con i personaggi come se si trattasse di persone reali. Quando accade, l’autore ha firmato un buon pezzo di narrativa. Magari ancora migliorabile, certo, ma sicuramente buono.

Al momento mi fermo qui e vi lascio con le parole di un utente di un workshop di scrittura anglosassone che così ha commentato l’importanza dello Show, don’t tell! in una conversazione sull’argomento:

They never tell us in school, but they taught us only nonfiction compositional techniques. It’s both author-centric and fact-based. You, the narrator, are listing events, explaining their significance. But that approach is inherently dispassionate.

A scuola non ce ne parlano e ci insegnano soltanto le tecniche di saggistica. La descrizione è sia autore-centrica sia basata sui fatti. Il narratore enumera gli eventi, spiegandone il significato e questo approccio è intrinsecamente spassionato.

Fiction for the printed word must be emotion based and character centric. You can present a scene of violence, filled with careful description and explanation, and it will bore the reader, because we, the reader, have no reason to care. Tell me of the terrible things that befall a character and I’ll shrug. But make me feel the sorrow a character feels and I’ll weep.

La narrativa per la carta stampata si basa sull’emozione e sul carattere. È possibile presentare una scena di violenza, riempita con puntigliose descrizioni e spiegazioni, e il lettore si annoierà, perché non gli interesserà. Dimmi delle cose terribili che accadono a un personaggio ed io ne resterò indifferente. Ma fammi sentire il suo dolore ed io piangerò.


To accomplish that takes the compositional skills and knowledge unique. It takes the tricks and techniques the pros take for granted—things we won’t get through reading because the pros make it look so easy we don’t see the smoke and mirrors they use to accomplish the difficult tricks. And it’s those tricks that will make a huge difference in your prose, and its ability to involve the reader.

Realizzare tutto questo richiederà capacità compositive e conoscenze uniche. Si prendono i trucchi e le tecniche professionali, che non si notano durante la lettura, perché i professionisti fanno sembrare tutto così facile che non vediamo il fumo e gli specchi usati per realizzare i trucchi difficili. E sono quei trucchi che faranno una grande differenza nella vostra prosa, e la sua capacità di coinvolgere il lettore.

Alla prossima!


2 commenti

  1. Grazie per questa seconda parte sull'argomento, Federica, e anche per il commento conclusivo sul tuo post n. 1. 🙂

    Le citazioni dell'utente dei worshop parlano da sole: in fondo la bella letteratura equivale a vedere un attore che, sul palcoscenico, recita in maniera "naturale". Sembrerebbe così facile! Eppure quella spontaneità non è frutto solamente di tecnica, ma di ore e ore di lavoro e disciplina e anche di scoraggiamento e frustrazione. Per una persona che ama scrivere, sono ore e ore di lettura di lavori altrui, scrittura e dissezione di quello che si scrive. Poi ci sono anche i trucchi del mestiere, naturalmente, ma se non vai oltre non sarai mai in grado di trasmettere, come dici tu, emozioni.

  2. Come sempre, Cristina, siamo perfettamente d'accordo su tutto. Ore e ore di lavoro per far sembrare semplice quello che semplice non è…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *