Il ruolo della donna nella società dell’Impero Mongolo


Sono stati spesi fiumi di parole sulla storia di Gengis Khan (Genghis Khan o Chinggis Khan) e sulle sue conquiste, molto meno esplorato, invece, è stato il ruolo fondamentale giocato dalle donne nella costituzione del suo impero. Le donne mongole, infatti, non erano solo spettatrici nella società, ma partecipavano attivamente agli affari politici, economici e religiosi. In particolar modo le khātūns[1] erano figure di potere che contribuivano alla società riuscendo perfino a plasmare il corso degli eventi nei diversi domini dell’impero. La stessa moglie principale di Gengis Khan, Börte, non solo fu una compagna leale, ma anche una consigliera brillate e un’abile amministratrice. La sua influenza andò ben oltre il ruolo tradizionale di moglie, essendo attiva partecipe alle decisioni strategiche, e la sua capacità di mediazione fu fondamentale per mantenere l’unità tra le varie tribù mongole, spesso in conflitto tra loro.

 

Börte Ujin (1161 – 1230), fu la prima e principale moglie di Gengis Khan

 

Struttura Familiare e Autorità Femminile

Nella società mongola, la famiglia era l’unità sociale fondamentale. Questa non includeva solo i membri immediati ma anche i parenti più lontani. Al suo interno, le donne godevano di una posizione relativamente elevata e assumevano il pieno ruolo di guardiane dell’autorità domestica in assenza degli uomini. Il che, diciamolo, accadeva piuttosto spesso in quanto i mariti/padri/figli erano in quasi perenne stato di guerra/conquista. Le donne si trovavano quindi non solo nella naturale condizione di custodi della famiglia, ma prendevano anche decisioni cruciali riguardanti la proprietà e l’economia, come l’allevamento del bestiame e la produzione agricola. Siamo in presenza di donne con un livello di autonomia decisionale decisamente superiore a quello delle contemporanee in alti contesti sociali e culture.

Per nulla secondario o sottovalutato era inoltre il ruolo significativo che avevano nell’educazione dei figli. Spettava a loro il prezioso compito di trasmettere le tradizioni religiose e culturali ai bambini, preparandoli per il futuro ruolo all’interno dell’impero. Le madri erano anche responsabili della formazione dei figli maschi destinati a ricoprire ruoli di comando, assicurando che avessero una solida preparazione e comprensione della cultura mongola.

 

Ruolo pubblico e politico

Nella società mongola le donne di altro grado sociale ricoprivano ruoli pubblici e politici di notevole rilevanza. In assenza dei loro mariti o in presenza di eredi maschi ancora bambini, le khātūns potevano reggere il governo. Esempi di reggenti donne sono documentati sia in Mongolia che nelle regioni conquistate, come l’Iran. Queste reggenti non erano semplici figure “fantoccio” di transizione, bensì vere e proprie detentrici del potere decisionale.

Le khātūns agivano come consigliere fidate, influenzando le decisioni politiche dei sovrani. Spesso erano coinvolte in trattative diplomatiche con altre nazioni o tribù, sfruttando abilità negoziali per stabilizzare o espandere l’influenza del khanato. Potevano possedere e disporre di proprietà e risorse economiche significative la cui gestione accorta rafforzava la posizione della loro famiglia o del loro clan nella gerarchia mongola. Importante quindi il ruolo dei matrimoni: quelli di alto rango erano spesso strumenti politici volti a consolidare alleanze tra clan e nazioni. Attraverso questi matrimoni, le donne esercitavano un’influenza indiretta ma potente sugli affari interni ed esterni: la donna giusta posizionata strategicamente poteva spostare l’ago di alleanze e guerre.

 

Khan e Khatun a colloquio. Illustrazione del Gami’ at-tawarih di Rashid-ad-Din. Tabriz (?), primo quarto del XIV secolo.

 

Donne e Guerra

Non erano numerose, ma ci sono riferimenti a donne che partecipavano attivamente alle operazioni militari, come nel caso delle leggende sulla figlia di Gengis Khan che partecipò alla conquista di Nishapur, una città persiana. Anche Qutulun, figlia di Qaidu dell’Ögödei, è nota per aver sfidato gli uomini in combattimenti, sottolineando il suo ruolo attivo e il rispetto guadagnato in campo.

Le donne mongole delle élite, più che guerriere, erano invece parte integrante della pianificazione e della strategia militare. Come consigliere e strateghe, contribuivano alle decisioni che avrebbero potuto cambiare le sorti di una campagna. Avevano inoltre il compito cruciale di organizzare il supporto alle operazioni belliche mediante la gestione delle risorse e la logistica, garantendo la coordinazione delle linee di rifornimento e l’approvvigionamento di viveri, per non menzionare il fatto che, se nel frattempo il loro accampamento sguarnito di uomini fosse stato attaccato, dovevano essere in grado di organizzare autonomamente le difese. Le culture nomadi, come quella mongola, davano molto valore alla capacità di resistenza delle donne. In tempi di crisi, come durante le invasioni o le guerre, la resilienza delle donne garantiva spesso la sopravvivenza dell’intera comunità.

Le fonti storiche come “The Secret History of the Mongols” e le narrazioni europee forniscono esempi di coinvolgimento attivo delle donne nei conflitti bellici, anche se è necessario fare le dovute interpretazioni per distinguere i fatti storici dalle leggende. Tra gli esempi più importanti è senza dubbio la figura di Alan Qo’a, ricordata come un’antenata leggendaria che personificava la connessione tra divino e umano, simboleggiando l’importanza femminile nei miti di origine dei Mongoli.

 

Una copia de “La storia segreta dei Mongoli” nel palazzo del governo di Ulaanbaatar

 

Alan Qo’a e il mito della fondazione

Alan Qo’a è considerata l’antenata mistica di Gengis Khan e della sua stirpe, i Borjigin.

Secondo la leggenda, era la moglie di Dobun Mergen (un abile cacciatore, un tratto altamente valorizzato nella cultura nomade mongola che associava queste abilità a destrezza, coraggio e sopravvivenza) che, dopo la morte di questi, avrebbe avuto altri tre figli, misteriosamente concepiti. I racconti narrano che un essere divino, spesso descritto come un raggio di luce, entrò nella sua tenda e la lasciò incinta, sottolineando in questo modo il legame divino nella genealogia dei leader mongoli.

La storia di Alan Qo’a simbolizza l’unità e la legittimità della discendenza reale mongola, suggerendo che la supremazia di Gengis Khan fosse voluta e benedetta dalle forze divine. Questo mito ha aiutato a consolidare la coesione sociale e politica tra le varie tribù mongole sotto il comando di un unico leader. Ma Alan Qo’a non è solo un punto focale di legittimazione politica, rappresenta anche l’archetipo femminile che incarna le virtù della saggezza e della forza d’animo, essendo capace di superare le difficoltà e di mantenere la famiglia unita e potente.

Anche se non è possibile confermare da un punto di vista storico tutti gli aspetti della sua vita, l’influenza di Alan Qo’a è concreta nella storia della dinastia mongola e nel modo in cui i Mongoli concepivano il loro potere e la loro identità.

 

Il monumento a Hö’elün, madre di Gengis Khan

 

 

Religione e Spiritualità

La società mongola, in origine caratterizzata dal nomadismo, attribuiva un ruolo fondamentale allo sciamanesimo, un sistema di credenze centrato sulla connessione tra mondo umano e spirituale. All’interno di questo contesto le donne potevano rivestire importanti ruoli spirituali come sciamane o detentrici di antichi rituali, cosa che conferiva loro un prestigio significativo tanto da poter diventare i consiglieri spirituali del khan e di altre figure di potere.

Le sciamane, mediatrici tra il mondo fisico e quello spirituale, grazie alle loro pratiche guidavano la comunità attraverso cerimonie destinate a influenzare fattori naturali e soprannaturali, come il tempo atmosferico e la salute del bestiame. In qualità di detentrici di conoscenze ancestrali, custodivano e tramandavano l’antica saggezza del loro popolo, inclusi i miti di creazione e le leggende sacre. Le donne in questi ruoli erano spesso guaritrici e usavano erbe medicinali e rituali per curare malattie. L’incontro tra la moglie di Möngke Khan, Qutay Khatun, e i leader religiosi per eseguire rituali a scopo di guarigione, come menzionato nei racconti di Guglielmo di Rubruck, evidenzia l’importanza del ruolo cerimoniale che potevano ricoprire.

L’interazione tra sciamanesimo e nomadismo, e il ruolo delle donne come guide spirituali, sottolinea un modello di organizzazione sociale più fluido e aperto rispetto alle statiche strutture patriarcali di altre culture contemporanee. Questo modello permetteva alle donne di esercitare un’influenza significativa non solo nelle questioni spirituali, ma anche in quelle sociali e politiche.

Fattore importante da rilevare è che la religione mongola nel periodo medievale era caratterizzata da un forte sincretismo, ossia accoglieva al suo interno influenze sciamaniche, buddiste, taoiste, nestoriane e islamiche. Le donne, essendo figure di congiunzione tra la sfera umana e quella divina della mitologia mongola, non solo praticavano con libertà la loro fede – spesso navigando abilmente tra più d’una – ma giocavano un ruolo chiave nella promozione delle politiche religiose dell’impero. Alcune khātūns hanno influenzato conversioni e relazioni interreligiose. Ad esempio, si pensa che le mogli dei khan abbiano avuto un ruolo importante nelle decisioni di conversione di alcuni leader mongoli, come nel caso di Berke Khan e il suo abbraccio all’Islam.

Non da ultimo, l’aspetto del patronato culturale e religioso: le khātūns, grazie alla loro autonomia economica, a volte fungevano da mecenati delle arti e delle istituzioni religiose. Questo includeva il sostegno a monasteri, moschee, la costruzione di santuari e l’organizzazione di eventi religiosi. Il tutto conferiva loro un prestigio sociale elevato e permetteva una maggiore diffusione della loro influenza nelle comunità locali.

 

Islamizzazione

Il progressivo prevalere della religione islamica ha avuto un impatto significativo sulle donne mongole, specialmente in contesti come quello dell’Ilkhanato in Iran, dove i Mongoli si stabilirono e incorporarono gradualmente l’Islam nella loro cultura e società.

Il maggiore è senza dubbio il cambio dei ruoli sociali tra uomo e donna. Sebbene alcune donne avessero conservato ruoli di rilievo, le norme islamiche tradizionali spesso tendevano a limitare le libertà precedentemente godute dalle donne in società nomadi, che erano più egalitarie. Tuttavia le donne continuarono a giocare ruoli culturali importanti come patroni delle arti e promotrici di istituzioni religiose, spesso sostenendo moschee, scuole religiose e leader Sufi. Le relazioni matrimoniali continuarono ad essere uno strumento per alleanze politiche e religiose e i matrimoni con musulmani facilitarono l’integrazione sociale e politica, facendo sì che alcune donne fossero al centro delle strategie di conversione e acculturazione religiosa.

Anche dopo l’islamizzazione, tuttavia, molte tradizioni preesistenti continuarono a esercitare una certa influenza e le donne mantennero un’interazione attiva con l’ambiente spirituale e rituale della loro cultura. Le donne mongole assicurarono così l’evoluzione delle loro comunità senza perdere l’integrità delle pratiche culturali ancestrali.

 

Donne nei loro costumi tradizionali mongoli all’inizio del 1900

 

 

Le donne mongole hanno dimostrato una straordinaria capacità di resilienza, affrontando le avversità e adattandosi ai cambiamenti nel corso della storia, dalle invasioni alle riforme sovietiche, fino alle sfide moderne. Le peculiarità che hanno modellato la cultura mongola, rendendola una delle culture più distintive e influenti nella storia del mondo, incarnano un’eredità che continua ad avere un impatto significativo ancora oggi.

 

[1] Le khātūns erano donne di alto rango nella società mongola, spesso appartenenti all’élite. Il termine “khātūn” deriva da lingue antiche come il turco o forse il sogdiano, e il suo significato è simile a “signora” o “nobile donna”. Questo titolo distingueva le khātūns dalle altre donne presenti a corte, come le concubine, segnalando un’unione riconosciuta con un regnante maschile e un elevato status sociale. Il titolo era ampiamente utilizzato nelle fonti medievali persiane e arabe prima dell’avvento dei Mongoli in Asia centrale nel XIII secolo.

 

Bibliografia

Bruno de Nicola. “Women in Mongol Iran. The Khātūns, 1206–1335.” Edinburgh University Press (2017)


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *