Matanza: Storia dell’indicibile massacro di Torreón – Giampaolo Galli


Matanza è un romanzo crudo e avvincente, che riporta alla luce una pagina dimenticata della storia messicana e suggerisce al lettore una riflessione profonda su temi ancora attuali, quali la condizione femminile nel sud del mondo, il razzismo nei confronti delle minoranze etniche, gli orrori della guerra civile, e non ultimo il machiavellismo politico di chi detiene il potere e ha la responsabilità di guidare le masse.

Tra bivacchi notturni, lunghe cavalcate nel deserto e battaglie all’ultimo sangue, Matanza traccia l’affresco di un’epoca violenta e romantica, l’ultimo vagito della grande frontiera americana oltre il Rio Grande ai primi del ‘900.

Juana, la protagonista del romanzo, attraverso il suo riscatto riesce a dar voce agli ultimi della sua terra, quei popoli nativi, che pur costituendo l’anima più antica della nazione messicana, lottano ancora oggi per avere diritto a un futuro.

La mattanza di Torreòn fu uno dei crimini più efferati della storia dell’America Latina, e come tante altre stragi d’innocenti, rimase impunita e coperta d’oblio.

 

SINOSSI

Messico settentrionale 1910.

Juana – una giovane indigena – viene affidata come domestica a Don Felipe Duarte, ricco latifondista di Monterrey, che ne abusa ripetutamente per poi rivenderla a Osvaldo Ramirez, uno sfruttatore cinico e violento, gestore di un bordello.

Allo scoppio della rivoluzione, Osvaldo abbandona la città e si trasferisce a Torreón con le sue ragazze, continuando a gestire l’attività postribolare nei pressi degli accampamenti militari. Tra gli incontri con i vari clienti, Juana conosce Florencio Machado, un tenente dei rurales, che s’invaghisce di lei e tenta di sottrarla al suo protettore.

Nel maggio del 1911, le milizie rivoluzionarie sono alle porte di Torreón, e al termine di due giorni di strenui combattimenti, i rivoluzionari entrano in città abbandonandosi a un’orgia di saccheggi e violenze senza precedenti.

Approfittando della confusione generale, il giovane ufficiale riesce a liberare Juana, che nel frattempo era caduta nelle mani dei ribelli, e fugge con lei verso il confine texano, in cerca di una nuova vita oltre il Rio Grande.

La violenza di una guerra senza fine però, li raggiungerà ancora prima di varcare la frontiera.

 

Maderistas che festeggiano dopo il massacro di Torreón

 

ESTRATTO

Bussò tre volte alla porta, fece un passo indietro e aspettò. Sulla soglia apparve una donna dai capelli lunghi e scarmigliati che lo squadrò con aria stanca; quindi abbassò lo sguardo e lo invitò a entrare.
L’uomo dovette chinare il capo per valicare l’ingresso. Una volta dentro, si tolse il cappello e attese che la vista si abituasse a quel buio improvviso; poi fece scorrere lo sguardo tutto intorno, alla ricerca di quello per cui era andato fin lì. Sulla panca di legno vicino al tavolo scorzato, sedeva una giovane ragazza di diciassette anni dall’aria tesa e impaurita. Aveva lunghi capelli neri, lisci e setosi, che incorniciavano un volto dai lineamenti aggraziati. Quando alzò lo sguardo verso di lui, dischiuse le labbra piene e ben disegnate in un’espressione di sbigottimento. Tutto in lei emanava una forte sensualità, e l’uomo avvertì un brivido di piacere salirgli dall’inguine. Accanto aveva un sacco di iuta con le sue povere cose già impacchettate, e cinque fratellini che sgranavano gli occhi scuri su quell’individuo dalla faccia così austera.
«È lei?»
«Sì», rispose la donna.
L’uomo squadrò la ragazza, poi prese dalla tasca della giacca un piccolo rotolo di banconote sgualcite legate con lo spago e lo diede alla madre. Con un leggero movimento del capo fece cenno alla ragazza di uscire e si avviò verso il calesse. La donna, con gli occhi lucidi, strinse a sé la figlia per l’ultima volta e le sussurrò qualcosa baciandola sulla fronte, mentre l’uomo voltava il cavallo.
La giovane montò sul cocchio accanto a lui e si sedette con il sacco imprigionato fra le gambe e il capo reclinato come una condannata avviata al patibolo. Appoggiata alla soglia d’entrata, la madre rimase a osservarli, mentre rimpicciolivano sempre di più nel viola del crepuscolo.

 

AUTORE
Giampaolo Galli

Laureato in geologia e appassionato di storia americana, Giampaolo Galli vive a Duino, in provincia di Trieste. Le esperienze di numerosi viaggi in America Latina, Canada e Stati Uniti, e i contatti con le popolazioni indigene, hanno arricchito il suo interesse per i nativi americani e l’amore per i grandi spazi selvaggi.

Along the river – la frontiera spezzata” è la sua opera d’esordio e da questo soggetto è stata tratta una prima versione cinematografica, interpretata da Franco Nero e diretta da Daniele Nicolosi. Lo short movie è stato premiato a Los Angeles e agli American Movie Awards 2016 di Las Vegas come miglior opera straniera. La collaborazione con il regista e il mondo del cinema continua con il soggetto e la firma della seconda sceneggiatura, “In Principio”, cortometraggio di genere post apocalittico interpretato da Giorgio Colangeli, selezionato ai Nastri d’Argento 2019 e vincitore di numerosi riconoscimenti cinematografici.

Nel novembre 2020 pubblica per la Oakmond Publishing il suo secondo romanzo, “Matanza”, ambientato nel Messico rivoluzionario del primo novecento.

Sito web personale: www.giampaologalli.net

 

RECENSIONE

 

Ho intrapreso la lettura di questo romanzo con grande interesse: la storia dell’America Latina è tanto interessante quanto poco nota, qui da noi.

La vicenda della rivoluzione messicana è uno degli episodi che forse conosciamo meglio, grazie anche al cinema: alcuni protagonisti sono diventati iconici, come Pancho Villa e Emiliano Zapata, ma sinceramente io, da tanta cinematografia hollywoodiana e non, ho avuto solo l’impressione di una grande confusione.

A poco a poco, studiando e leggendo, ho dovuto arrendermi all’idea che gran parte di quella confusione che emergeva dai film era drammaticamente reale. Allo scoppio della rivoluzione, nel 1910, il Messico veniva da 35 anni di dittatura quasi ininterrotta di Porfirio Díaz, un ex militare pluridecorato che, pur riuscendo a riportare un certo ordine e un po’ di modernizzazione in un paese completamente abbandonato a se stesso, lasciò in eredità alla sua nazione problemi devastanti; questioni irrisolte che non potevano che suscitare prima o poi conseguenze terribili, come fu la rivoluzione messicana: che si trascinò per almeno 10 anni, se consideriamo solo la fase di conflitto armato.

Quando Porfirio Díaz salí al potere per la prima volta, nel 1876, il Messico era un paese duramente provato, che dopo la conquista dell’indipendenza nel 1821 aveva affrontato l’immane fatica di costruire uno stato da quello che una volta era il vicereame della Nuova Spagna. Il paese era stremato da continui sconvolgimenti: inizialmente costituitosi in repubblica, il paese ebbe due imperatori, affrontò guerre civili e di secessione, l’invasione della Francia… e i brevi periodi di buon governo passarono quasi inavvertiti.

Una volta nominato Presidente della Repubblica Messicana, al termine dell’ennesimo conflitto, una delle prime mosse di Díaz per riportare l’ordine nel paese fu creare un corpo di polizia, i famigerati «Rurales», che per spregio riempì di fuorilegge coscritti, che quindi facevano rispettare la legge con metodi banditeschi. Per arricchire il Tesoro, le terre vennero vendute ai ricchi, gli «hacenderos», comprensive degli indios che ci vivevano sopra e che venivano sfruttati dai padroni, in una forma di schiavitù di fatto. I terreni che avrebbero dovuto essere demaniali vennero accuratamente esplorati in cerca di ricchezze e poi venduti a caro prezzo al miglior offerente; persino i giacimenti di materie prime, prima di proprietà dello Stato sulla base delle leggi ispirate ai principi della legislazione spagnola, vennero venduti agli inglesi, ai francesi, o ai «gringos».

Malgrado la sua origine meticcia, Díaz credeva fermamente che il futuro del Messico dipendesse completamente dall’uomo bianco, e che l’indio fosse utile solo come forza lavoro: basandosi su questa convinzione, vendette letteralmente il paese agli stranieri; tuttavia, i capitali di cui essi erano portatori non vennero usati se non in minima parte per lo sviluppo, ma solo accumulati per finanziare una ristretta élite: “I messicani, non addestrati nelle tecniche moderne – volutamente, ndr – in realtà erano stranieri in patria.[…] Díaz, legato allo straniero e ai suoi capitali, pose le fondamenta della violenta rivolta xenofoba che esplose dopo la sua abdicazione.” Hubert Herring, Storia dell’America Latina, 1968

Questo è il quadro in cui si colloca la «mattanza di Torreón».

La rivoluzione è scoppiata ormai da mesi, la popolazione vive un clima di completa anomia in cui le forze dell’ordine e i ribelli usano metodi molto simili; la gente cerca di capire da che parte stare perché anche tra i ribelli ci sono divisioni drammatiche, e l’esercito leale al governo ha un atteggiamento rinunciatario: incapace di reggere lo scontro per diverse ragioni, tra cui la scarsa coesione interna fomentata dal dittatore, che pagava miseramente i soldati facendone di fatto degli straccioni e coprendo d’oro gli ufficiali, a cui veniva anche impedito di guadagnarsi la fedeltà delle truppe con continui trasferimenti.

Il romanzo ci mostra fin da subito uno dei lati più drammatici della vita degli indios, ovvero la totale dipendenza dai proprietari terrieri, gli «hacenderos»: la protagonista, Juana, dopo essere stata venduta dalla madre, sfruttata biecamente dal padrone e rivenduta al tenutario di un bordello ambulante, si ritrova a Torreón proprio alla vigilia della rivolta. L’autore ci racconta il clima di degrado morale con grande crudezza: il disincanto delle prostitute, la crudeltà degli uomini, fuorilegge o militari poco importa, il loro cinismo… La tragedia è alle porte, nessuno può considerarsi al sicuro e Juana, a cui per un breve periodo sarà concesso di sognare l’amore, dovrà accontentarsi della vendetta.

“Matanza” non è una lettura facile, l’autore non ci risparmia nulla, della miseria umana prima e della crudeltà del massacro poi. La speranza non è prevista, la rassegnazione è dovunque: solo Juana, la cui avvenenza le dà un minimo vantaggio sulle altre donne, riesce a inseguire qualche speranza. Il quadro storico è rappresentato in modo abbastanza completo: la confusione imperante, le divisioni tra i rivoltosi, l’ambiguità degli odiati «Rurales», l’esercito rinunciatario…

Quello che manca un po’ è il quadro generale della rivoluzione, ma anche dell’episodio in sé, che nei paesi di lingua spagnola viene ricordato come “la mattanza dei cinesi”: e non a caso, perchè il numero totale delle vittime accertate fra gli stranieri, fu di 303 cinesi, 5 giapponesi, 12 spagnoli e un tedesco; le altre vittime furono 25 messicani filogovernativi, 26 rivoluzionari maderisti e 21 passanti, ma questi ultimi furono vittime degli scontri, mentre gli stranieri vennero prelevati a forza dalle loro case ed eliminati scientemente, vittime della follia xenofoba dovuta alle ragioni di cui si è detto. (dati cit. da farwest.it). Eppure l’autore dipinge i cinesi come persone miti e dediti al lavoro, ma la rabbia e il bisogno di trovare un colpevole per i messicani oppressi dagli stranieri con la complicità del loro dittatore era tale da accecarli completamente.

Al di là di questo particolare, è un libro che ho letto con piacere: l’autore rappresenta bene lo stato d’animo dei personaggi e il loro atteggiamento nei confroni di una situazione così difficile. Il soldato che ha perso la fiducia nelle istituzioni; il crudele propietario delle prostitute, quello forse più a suo agio; il cinese, trasferitosi in Messico in seguito a un patto tra il governo del suo paese e quello messicano, che non capisce cosa stia succedendo, e ancora ha fiducia nella protezione dell’esercito; le donne, maestre nell’arte di arrangiarsi… Anche la descrizione dei paesaggi e del clima contribuisce a creare quell’atmosfera di desolazione, che prosegue fino al tragico epilogo.

Concludendo, è un romanzo che mi sento di consigliare; la storia è una miniera inesauribile di storie da raccontare ed è bello leggere romanzi storici ambientati in scenari o periodi storici meno frequentati, grazie ai quali conoscere paesi, culture, popoli diversi eppure così simili a noi. Può sembrare vuota retorica, ma il Messico non è poi così lontano.

 

Titolo: Matanza: Storia dell’indicibile massacro di Torreón

Autore: Giampaolo Galli

Casa Editrice: Oakmond Publishing

Pagg. 247

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