É davvero cosa rarissima che un fragile recipiente di vetro soffiato d’età romana contenente profumo, sigillato a fuoco, quindi con l’essenza intatta, si sia potuto conservare fino ai nostri giorni.
È il caso della colombina di Rovasenda (VC), della metà del I secolo dopo Cristo.
Questo elegante contenitore di vetro a forma di colomba, è l’unico ancora sigillato che si conosca, straordinariamente ricolmo di un liquido limpido, con un lieve sedimento rosato depositato sul fondo, forse un balsamo dal delicato profumo di fiori.
Le fragili colombine, in vetro sottile e trasparente dai vivaci colori, erano prodotte con la tecnica della soffiatura libera, scoperta in area siro-palestinese verso la metà del I secolo a.C. e ampiamente diffusa nel corso del secolo seguente in tutto il Mediterraneo.
Una volta riempite, le colombine venivano sigillate a fiamma, conservando così perfettamente, come in una moderna fiala, il prezioso contenuto.
Per consumarlo si doveva, infatti, spezzare la lunga coda oppure il becco.
In Piemonte, erano un prodotto tipico delle fornaci attive lungo il bacino del fiume Ticino e del lago Verbano.
Balsamari a forma di colomba sono presenti, anche in più esemplari, nei corredi funerari femminili e sono spesso associati al balsamario a forma di sfera, anch’esso tipico della regione.
La presenza dei recipienti in vetro, materiale che ha una buona conservazione, permette di seguire la distribuzione di sostanze odorose prodotte nella Cisalpina nordoccidentale e in particolare nell’area compresa tra Verbano, Ticino e Po.
Sia che si tratti di balsamari a sfera, o di quelli a colombina, essi venivano riempiti e poi sigillati a caldo per garantirne la fragranza anche a distanza di tempo.
Al momento dell’uso la parte terminale veniva spezzata e il contenuto versato, forse direttamente sulla pira poiché si tratta di contenitori molto diffusi in ambiente funerario.
È probabile quindi che ci fosse uno stretto legame tra il fabbricante del balsamario e il produttore del contenuto, che a oggi è conservato solo in un balsamario a colombina ancora integro da Rovasenda (VC).
Mentre la distribuzione del balsamario a sfera sembra più circoscritta alle aree vicine ai luoghi di produzione, le ‘colombine’ sono state rinvenute anche nella Cisalpina orientale e in diverse zone del Mediterraneo.
Sarà mai possibile annusare questa preziosa essenza?
Forse sì!
Al fine di determinare la composizione del materiale solido e della fase liquida contenuti nel balsamario sono attualmente in corso indagini chimico-analitiche svolte con tecniche non invasive basate sull’impiego di radiazione elettromagnetica. Le analisi sono coordinate dall’Istituto di Scienze e Tecnologie Molecolari del CNR e condotte con l’apporto del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Milano, con la collaborazione della ditta Bruker Italia.
Fonti:
Ada Gabucci, 2017, Attraverso le Alpi e lungo il Po : importazione e distribuzione di sigillate galliche nella Cisalpina.
Museo di Antichità di Torino.
Informativa che meraviglia e affascina nel vedere come i romani due millenni fa avevano creato forme e oggetti di altissimo pregio e originalità Stupisce poi che tali profumi una volta sigillati siano arrivati sino ai nostri giorni.
Mi pare che simili pregiate fattezze si trovino nell’importante Museo romano-etrusco di Adria in Provincia di Rovigo