Tutankhamon. Il libro delle ombre – Nick Drake

 
Nick Drake, nato nel 1961, è un poeta, sceneggiatore e commediografo inglese che vive e lavora a Londra.
Con Nefertiti, candidato al Crime Writers’ Association Best Historical Crime Novel Award, ha dato inizio a una trilogia di mystery di ambientazione egizia, di cui Tutankhamon è il secondo episodio.
 
Veniamo alla sinossi del romanzo:

Egitto, 1321 a.C. La vita di Rahotep, capo della polizia di Tebe, sta per diventare molto complicata. Nelle ombre che invadono le strade della città vengono ritrovati i corpi di alcuni giovani mutilati in modo orrendo. Atti violenti ed enigmatici che però rappresentano, come presto diventa evidente, una chiara minaccia al regime, già precario a causa della corruzione dilagante e dell’impoverimento provocato da guerre troppo lontane. E la frattura fra ricchi e poveri si fa sempre più profonda. Tutankhamon ha ereditato un impero che dovrebbe essere al culmine della sua gloriosa storia. Ma il Faraone, che ha solo diciotto anni, e la sua giovane regina devono affrontare cospirazioni politiche e intrighi privati che rendono la Corte un inferno. Un’aspra lotta per la successione sta per cominciare, e Tutankhamon deve impedire che l’Egitto sprofondi nel baratro sul cui orlo lo ha condotto il regno dì suo padre, Akhenaton, e riaffermare l’autorità della sua dinastia.

Nick Drake
Leggere questo libro è come ritrovarsi sulle montagne russe dal momento che il romanzo eccelle in alcuni aspetti ed è carente in altri. Mentre si viene catturati dalle ottime descrizioni dei luoghi e dei costumi, che dimostrano uno studio approfondito da parte dell’autore, si rimane spiazzati di fronte alla modernità dei dialoghi e alla psicologia di alcuni personaggi, totalmente fuori contesto.
Tutankhamon di Nick Drake è un CSI in gonnellino plissettato egizio: abbiamo il serial killer pazzo e sadico, gli indizi e i depistaggi con lo scopo di beffarsi della polizia, la pista del traffico di droga, l’investigatore sagace vessato dal suo capo ufficio e tutti quegli ingredienti ai quali siamo abituati quando leggiamo il genere poliziesco.

Mentre quando vengono trattate figure storiche la vicenda aderisce maggiormente a quanto si sa di esse – o ai luoghi comuni che le affliggono – rendendole così personaggi credibili (come ad esempio il visir Ay o il generale Horemheb), quando invece vengono affrontati personaggi di pura fantasia l’autore indulge in uno stile e mentalità troppo moderne per non stridere con il contesto dell’epoca. Un esempio è il momento in cui una delle figlie adolescenti di Rahotep, l’investigatore protagonista del romanzo, comunica al padre – durante una cena di festa – la propria intenzione di studiare medicina. Sembra di trovarsi innanzi ad una scena familiare in cui il figlio annuncia al genitore l’indirizzo di studi che intende fare dopo il college, liquidando le problematiche come se la rarità delle donne che esercitavano la professione medica nell’antico Egitto fosse stata dovuta ad una pigrizia e disinteresse insito nel genere femminile e non a degli ostacoli oggettivi e sociali difficili da sormontare.

 
La celebre maschera funeraria di Tutankhamon
La mentalità dell’”uomo egizio” è quanto di più distante dalla nostra attuale e, per questo, di difficile comprensione. Basti pensare che l’intera economia di un paese come il Kemet (che nel momento della sua massima espansione governò parecchi territori) fosse quasi totalmente volta alla tesaurizzazione di beni preziosi in vista della vita futura nell’aldilà e alla edificazione di templi in onore agli dei che non al commercio. La religiosità permeava ogni aspetto della vita quotidiana dell’individuo il quale era felice di prestare la propria opera (la schiavitù in Egitto era un fenomeno marginale) per la grandezza del faraone e per preparare il proprio viaggio nel regno di Osiride.
 
Da sempre nei romanzi storici la cosa più difficile, o forse difficile solo se fatta bene, è far pensare e muovere i personaggi creati come uomini e donne del tempo, senza che appaiano ridicoli alla nostra sensibilità moderna. La filosofia di pensiero e l’ateismo di fondo del protagonista Rahotep lo fanno invece sembrare e muovere come un agente investigatore privato di Los Angeles catapultato chissà come nell’Egitto del 1321 a.C.
Ricostruzione del volto di Tutankhamon
Del corpo si sanno molte cose, ma della personalità di Tutankhamon invece nessuno può conoscere nulla, quindi ciascun autore di fiction che vuole parlare del famoso faraone ne dà una propria interpretazione (e ne ho lette numerose quante gli autori stessi che ne hanno scritto). Il Tutankhamon di Drake è un ragazzo debole, psicologicamente ancor prima che fisicamente. Atterrito da tutto, vive in una sorta di bolla legata alla sua infanzia, condizione cui solo la moglie Ankhesenamon sa infondere aneliti di forza. Il giovane faraone diventa così la vittima perfetta per gli oscuri messaggi di morte che vengono fatti ritrovare in ambienti e situazioni fin troppo vicine a lui senza che la polizia di sicurezza, il famoso medjay, riesca a intervenire prima. Nonostante questo, il personaggio di Tutankhamon cresce di spessore con l’avanzare della lettura e l’ultima parte della storia, che riguarda la morte del faraone, è stata trattata al meglio, prendendo come spunto la teoria dell’incidente con il carro.
 
In conclusione mi sento di consigliare questo romanzo, comunque scritto bene e di atmosfera, più agli amanti del “giallo” in sé che agli appassionati di storia egizia, i quali potrebbero forse storcere il naso qualche volta di troppo.
 

Titolo: Tutankhamon. Il libro delle ombre.

Autore: Nick Drake

Editore: Longanesi

Pag. 412

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