La vita quotidiana nell’antica Roma – Gianluca Cogoni e Daniela Di Luglio


Gianluca Cogoni, docente nella Scuola secondaria, ha conseguito la laurea in lettere (110 e lode). Successivamente ha frequentato e superato l’esame finale di due master di II livello, di un corso di perfezionamento e del corso biennale in Archivistica, Paleografia e Diplomatica. Al presente è iscritto al corso di laurea in Scienze bibliche e teologiche.

Daniela Di Luglio, anche lei insegnante nella Scuola secondaria, si è laureata in Lettere (110 e lode). In seguito ha frequentato e superato l’esame finale di tre master di II livello, di un corso di perfezionamento e di una scuola di specializzazione.

Di particolare importanza per una piena comprensione del testo La vita quotidiana nell’antica Roma (dato alle stampe nel mese di luglio del 2015) è sia l’introduzione degli autori che la presentazione dello stesso da parte dell’editore nella quarta di copertina. Nell’introduzione Gianluca Cogoni e Daniela Di Luglio affermano che: «ormai da parecchi anni la Storia – rigorosamente sempre con la maiuscola! – è assurta potentemente agli onori dei più diffusi mezzi d’informazione: la televisione con cadenza pressoché quotidiana ammannisce documentari e tiene in palinsesto programmi con annosa continuità, i quotidiani dedicano intere pagine, le case editrice, scientifiche o divulgative, promuovono collane, tutti spaziando ampiamente dagli Egizi alle stragi di Stato. Ciononostante, pur in tale eterogeneità di epoche e di argomenti, due costanti paiono emergere; la predilezione per gli aspetti più foschi e misteriosi e il prodigarsi per creare rapporti con il presente. Sulla prima riteniamo che sia superfluo dilungarsi, giacché è manifesta in prodotti che si prefiggono di svelare i segreti dei Maya o di narrare la vera storia dei Templari.

Il raffronto tra passato e odierno nacque invece da intenti principalmente didattici, finalizzati a rendere meno ostica, a un lettore non avvezzo alla saggistica, la comprensione di argomenti complessi; l’uso però divenne presto smisurato e condusse sia a escludere dalle menzionate iniziative editoriali gli argomenti troppo specifici, sia di appiattire ciascun fenomeno in una sorta di atemporalità storica. Ciò che invece ci proponiamo di compiere con il presente testo è rendere noto il passato anche attraverso le divergenze con il presente, affinché usi, istituzioni, cultura, soltanto in parte comprensibili per noi oggi se non edotti circa l’ambiente che li ha originati (il Sitz im Leben degli studiosi biblici), possano venire pienamente fruiti.

 

Giochi nell’antica Roma

 

È noto che l’Italia ha vissuto una continuità storica che ha permesso a città, dialetti[1], feste, antroponimi di giungere fino a noi talvolta pressoché invariati nella forma, sebbene mutati nel contenuto, talché l’esigenza d’indagini che affondino fino a tempi remotissimi diviene stringente per scongiurare fraintendimenti e la perdita di quella complessità identitaria alla quale seguono tristemente prima l’oblio e poi la sostituzione con il noto, l’usuale, rendendo l’ecumene ovunque inquietantemente uguale. La conservazione e la riscoperta dell’antico, peraltro, sia detto cursoriamente, potrebbe rendere meno arduo quel processo di riscoperta delle conoscenze antiche nel quale ci prodighiamo con il fine di trovare soluzione ai mali delle società odierne. In ottemperanza a quanto affermato e al taglio editoriale comune all’intera collana, abbiamo cercato di approntare un’opera che possa fornire un quadro esauriente, ma non tale da richiedere conoscenze specialistiche, di alcuni aspetti della vita dei Romani del periodo definito classico, circoscrivibile al torno di tempo che va dal II secolo a.C. al II d.C., per mezzo di un linguaggio discorsivo ma che ci auguriamo non risultare sciatto.

Come intuibile, gli argomenti avrebbero potuto essere più numerosi o diversi: abbiamo operato la selezione seguendo l’obiettivo di alternare argomenti più leggeri, quali l’abbigliamento, il cibo, gli svaghi, ad altri più impegnativi, come l’ordinamento sociale, l’economia, consci che ognuno potesse essere di completamento dell’altro e che la varietà potesse soddisfare l’interesse di un novero maggiore di lettori. La preferenza accordata alle fonti letterarie su quelle storiche stricto sensu rientra nel tentativo di rendere meno gravosa la lettura del testo, così come la scelta di riportare i passi in traduzioni da noi approntate e di tacere sui loro estremi. La capillare indicazione degli accenti, sia sui vocaboli italiani sia, viepiù, latini, sebbene limitata alla prima occorrenza, persegue ancora una volta lo scopo di agevolare la lettura; al riguardo, si segnala che, di norma, tutti i vocaboli seguono l’accentazione latina, anche quando essi hanno una etimologia greca (per esempio, Cìbele, alla latina, anziché Cibèle, quantunque il suo culto sia giunto ai Romani per tramite greco), conservano invece l’accentazione greca i termini greci che in latino sono stati sostituiti da un altro vocabolo (per esempio, Dioniso reca l’accento sulla prima o, talché Diòniso e non, alla latina, Dionìso, poiché i Romani, per designare il dio del vino, coniarono il nome Bacco). Si rammenta, infine, che per una retta pronunzia dei vocaboli latini è necessario badare a quale tipo di accento cada sulla penultima sillaba: se è breve (cubicŭla), cade sulla terzultima (e pertanto si legge cubìcula), se invece è lungo (postīcum), cade proprio sulla penultima (e quindi si pronunzia postìcum); nelle parole con soltanto due sillabe l’accento cade sempre sulla prima sillaba (domus deve dunque essere letto dòmus). L’asterisco (*) premesso a un vocabolo indica che esso, mancando di attestazioni, è stato ricostruito sulla base della comparazione tra lingue geneticamente affini. …».

 

Senato dell’antica Roma

 

Invece nella presentazione del saggio da parte dell’editore lo stesso dichiara che vi erano: «ville signorili con bagni da seicentomila sesterzi, matrone inclini a fustigare la serva di turno per un’acconciatura mal riuscita, sacerdoti che correvano seminudi nei boschi colpendo le donne che incontravano con fruste di pelli di capra, toghe tanto bianche da rendere i politici che le indossavano candidati, insegnanti pagati miseramente e vessati dai genitori degli alunni, liberti enormemente più ricchi di senatori, Catone che nutriva con le olive cadute a terra i suoi schiavi, spettacoli davanti a decine di migliaia di spettatori, sapone usato per schiarire i capelli ma non per lavarsi … Il mondo dell’antica Roma è estremamente complesso e la vita quotidiana dei suoi abitanti ancor di più. In questo saggio si descrive con informazioni che spaziano dall’economia agli svaghi, dall’alimentazione alla moda, tutto quello che occorre sapere per comprendere come si viveva nei giorni dell’impero».

Si ritiene che quanto detto nell’introduzione dagli autori e nella presentazione dell’opera da parte dell’editore abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del volume preso in esame. Di grande utilità sono la bibliografia essenziale e le note a piè di pagina. Un libro meritevole di attenzione che si consiglia di leggere e regalare a coloro che sono interessati alla civiltà romana.

[1] Che, insegnano i glottologi, altro non sono che idiomi sviluppatisi tutti dal comune alveo latino.

 

Titolo: La vita quotidiana nell’antica Roma

Autore: Gianluca Cogoni e Daniela Di Luglio

Editore: Arkadia

Pagg. 144

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