Credo che Lee Hervey Oswald sia la persona più famosa del mondo, o al massimo nella… cinquina. Di certo il caso Kennedy è quello più dibattuto nella Storia, quello sul quale si è scritto e indagato di più.
Detto questo, il tosto romanzo di Don DeLillo, un autore versatile e poliedrico che definire geniale è poco, riesce a tracciare una linea solida e verosimile, mostrando la sua visione tramite la costruzione dei personaggi che hanno ruotato intorno allo sfortunato ex-marine.
E così la trama, intesa come complotto, viene fuori sì da una cospirazione ragionata, almeno nelle fasi finali, ma soprattutto dal convergere in un’unica direzione di desideri, aspirazioni, rivalse, indipendenti l’una dall’altro.
A pensarci bene, è l’unico modo in cui si possa riuscire a combinare qualcosa di letale che spesso va oltre le intenzioni iniziali, perché non credo esistano uomini così intelligenti, circondati da fidati che lo siano altrettanto, che riescano a organizzare, agire, corrompere, come la Spectre nei film di James Bond.
Un manipolo di agenti fuoriusciti della CIA, delusi per essere stati abbandonati da JFK dopo il fallito golpe della Baia dei Porci, decide di organizzare un attentato dimostrativo al Presidente John Kennedy per la prossima visita a Miami, affinché questi si renda conto di quanto abbia sbagliato. Individuano così un soggetto che fa al caso loro, un idealista confuso e insoddisfatto, marxista ma non leninista, e lo agganciano. È Lee Harvey Oswald.
Anche la CIA lo conosce e lo segue da un bel po’, e sarebbe stato strano il contrario essendo uno che ha disertato, è emigrato in Unione Sovietica e poi è tornato per di più con una moglie russa, Marina, e ovviamente controlla anche il manipolo, reclutando a sua volta l’indecifrabile ragazzo.
E come non dare per scontato che anche il KGB lo tenesse sotto controllo, forse anche tramite Marina?
Fatto sta che, in piena guerra fredda, Lee diserta, va in URSS, ne chiede la cittadinanza che gli viene negata. Cioè: i sovietici sono increduli ma non possono non avvalersene. Dopo un paio d’anni, Lee rientra, e si mette a diffondere volantini contro l’invasione di Cuba, apparentemente indisturbato, unico membro della filiale di Miami di un’associazione filo-castrista.
Si uniscono al coro patrioti delusi, gente convinta di dover agire per preservare i valori americani, scongiurare il pericolo comunista e dimostrare, una volta di più, al Presidente in carica, che ha proprio toppato.
Tutto ruota, e cresce, intorno a questo giovane incompiuto, padre di due bambine e figlio di una madre sola che si è fatta in quattro per allevarlo. Uno studente solitario, uno a cui piaceva leggere ma che non è riuscito a frequentare nessun college e nessuna università. E un tiratore mediocre, uno che invece fu arrestato per avere colpito tre volte in sette secondi Jack Kennedy in movimento sulla limousine, nel pertugio tra due grossi rami, a più di ottanta di metri di distanza, con un Mannlicher-Carcano fabbricato a Terni e comprato per corrispondenza (al Museo della Armi a Terni ne è visibile la replica sulla quale effettuarono i test).
E lui, Lee? Harvey parla in prima persona, ovviamente nell’immaginario dell’autore, finalmente protagonista, come se avesse finalmente fatto qualcosa di risolutivo nella sua vita. Immagina la sua linea di difesa e quasi si sente a suo agio nell’angusta cella dove staziona per un paio di giorni.
E invece due colpi sparò, sostiene Don DeLillo, e il terzo venne dalla recinzione di fronte all’automobile, un tiro molto più semplice. Su questo ci sono molte testimonianze, ma caliamo un velo pietoso sulle indagini della Polizia di Dallas e sulla custodia dell’arrestato, ucciso davanti a una platea di persone con i loro orgogliosi stetson, mentre veniva trasferito, da Jack Rubinstein detto Ruby. Troppa pochezza per essere un complotto.
Il procuratore Garrison scrisse un libro delle sue indagini, cercando di ricondurre entro i confini giudiziari qualcosa di molto più ampio, intrecciato, complicato. Oliver Stone ne trasse un film memorabile, solo apparentemente confuso ma è la questione ad esserlo. Stephen King ne ha tratto un suggestivo romanzo ucronico, senza addentrarsi nelle responsabilità.
Il caso Kennedy è un groviglio di tutte, o gran parte, delle pulsioni umane.
Di tutte le teorie del complotto delle quali sono venuto a conoscenza, credo che questa di Don Delillo sia la più plausibile, e adattabile a molti misteri grandi e piccoli, e la cosa curiosa è che ultimamente mi imbatta in libri che ne parlano anche quando non li vado a cercare.
Libra
Don DeLillo
- Editore : Einaudi (23 marzo 2016)
- Lingua : Italiano
- Copertina flessibile : 432 pagine
- ISBN-10 : 8806230999
- ISBN-13 : 978-8806230999
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