I grandi assedi che hanno cambiato la storia – Alberto Peruffo


Alberto Peruffo è venuto alla luce a Seregno nel 1968 ed ha conseguito la laurea presso l’Università di Milano. Ha collaborato con la Sovrintendenza archeologica di Milano. Scrive su diverse pubblicazioni periodiche di storia ed è docente. Ha dato alle stampe i seguenti volumi: I corsari del Kaiser, La battaglia di Carcano, La supremazia di Roma: battaglie dei Cimbri e dei Teutoni, Le guerre dei popoli del mare, La guerra civile longobarda e la battaglia di Cornate, L’età dell’oro dei cacciatori, Le battaglie più sanguinose della storia e I grandi eserciti della storia.

 

 

Alberto Peruffo

 

 

Di particolare importanza per una piena comprensione del testo I Grandi Assedi che hanno cambiato la storia (pubblicato nel mese di novembre del 2020) è sia l’introduzione dell’autore che la presentazione dello stesso da parte dell’editore nella seconda di copertina. Nell’introduzione Alberto Peruffo afferma che: «Agli albori della civiltà, quando l’uomo sentì per la prima volta la necessità di difendere qualcosa d’importante da cui dipendeva la sua sopravvivenza e quella della comunità, come il cibo, si cominciarono a realizzare le prime opere difensive contro eventuali minacce provenienti da altri gruppi umani, troppo interessati al prodotto della fatica altrui. Questa necessità di difendere beni e persone iniziò a sentirsi già a partire dal Neolitico nelle regioni dove, per la prima volta nella storia dell’umanità, il problema dell’approvvigionamento di cibo era stato risolto con lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento, cosa che aveva comportato un marcato incremento demografico. La fine dell’era glaciale wurmiana, che vedeva i cacciatori raccoglitori particolarmente favoriti nelle regioni settentrionali, tra Europa e Siberia, ricche di selvaggina, costrinse gli uomini ad affrontare nuove sfide per poter sopravvivere in un clima del tutto nuovo. Proprio per questo verrà ad affermarsi l’agricoltura, addomesticando anche certi tipi di animali che evitavano all’uomo la fatica e le incertezze della caccia in un periodo dove molti erbivori si erano ormai estinti. Le regioni dell’Anatolia e della Mesopotamia saranno le prime a essere interessate dalla rivoluzione neolitica legata all’agricoltura e alla formazione dei primi agglomerati urbani di ampie dimensioni.

 

Rovine di Çatalhöyük, Anatolia meridionale

 

Tra questi l’abitato di Çatalhöyük, in Anatolia meridionale, considerato la prima città al mondo, risalente a un periodo che va dal 7400 al 5700 a.C. Qui le case furono realizzate in mattoni d’argilla cotti al sole ammassati tra loro; ogni abitazione era attaccata all’altra in modo da realizzare un muro continuo verso l’esterno, mentre, gli ingressi alle case, erano accessibili solo dal terrazzo tramite scale rimovibili, così da impedire qualsiasi tentativo di ingresso nel centro abitato da bande di predoni. Tra i siti dotati di cinte murarie, risalenti al Neolitico, si distingue quello di Sesklo, in Tessaglia, risalente al 4400 a.C. In esso si sviluppò una società pelasgica di agricoltori e pastori, assoggettata al dominio di una aristocrazia guerriera che possedeva asce e pugnali di rame e ampi scudi rettangolari, in un periodo dove le punte delle lance e delle frecce erano in tagliente ossidiana. Qui le mura erano di mattoni di fango mentre nel vicino e coevo centro fortificato di Dimini, sempre nella regione greca della Tessaglia, le mura erano in pietra, e circondavano con tre cinte difensive, la sommità di una collina, probabilmente il centro del potere locale.

 

Sesklo

 

Gli ingressi e le circonvoluzioni delle mura creavano una sorta di labirinto che un eventuale aggressore doveva superare per raggiungere l’ultimo cerchio difensivo. In questo caso la funzione delle mura non è solo quella di proteggere i beni materiali e alimentari di una comunità da eventuali predoni ma, anche e forse principalmente, quello di difendere l’autorità costituita della comunità. L’urbanizzazione porterà a realizzare strutture difensive sempre più complesse, così come sempre più complessa era la stratificazione in classi di una società civilizzata. Con la nascita delle fortificazioni si ebbe parimenti lo sviluppo delle tecniche d’assedio impiegate dalle civiltà più evolute, sebbene, nell’Età del Bronzo, le opere difensive del mondo mediterraneo e del vicino Oriente erano spesso realizzate con imponenti blocchi ciclopici che rendevano tali fortificazioni imprendibili. La capitale degli ittiti, Hattuša, possedeva imponenti mura a casamatta tra i cui corridoi interni poteva passare un carro da guerra. Gli archeologi ritengono che questa città non venne mai espugnata dai nemici, venendo semplicemente abbandonata dai loro abitanti alla fine dell’impero ittita. Lo stesso discorso vale per la città achea di Micene, nel Peloponneso, le cui mura ciclopiche non vennero mai neppure attaccate dagli invasori dori alla fine dell’Età del Bronzo. In quel periodo si sperimentavano anche sistemi di difesa regionali come il vallo creato sull’istmo di Corinto per impedire ai dori di sciamare nel Peloponneso, dimostrando, però, tutta la sua inutilità quando i dori sbarcheranno alle spalle del vallo con una operazione anfibia effettuata dalla loro flotta navale. Maggior successo avranno i valli romani realizzati più per controllare le frontiere che per contenere i popoli barbari ben decisi a invadere il territorio di Roma. Proprio l’invasione dell’impero romano da parte di popolazioni con scarse conoscenze nell’arte poliorcetica portò a una supremazia della difesa rispetto all’attacco, tanto che, il Medioevo, fu il periodo di massimo rendimento delle fortificazioni rispetto all’offesa degli eserciti nemici, mentre gli assediati apparvero di massima favoriti rispetto agli assedianti.

 

Fortezza di Baba Vida

 

La continua e inarrestabile lotta tra le opere di difesa e i mezzi d’attacco diverrà serrata nel corso del Medioevo raggiungendo apici che neppure l’era ellenistica aveva toccato: le macchine d’assedio divennero sempre più complesse, finché l’avvento delle armi da fuoco portò al rapido decadimento delle fortificazioni medievali. Il passaggio a fortificazioni più basse e massicce, atte a sopportare i bombardamenti delle artiglierie, sarà opera, soprattutto, di abili architetti italiani tra il XVI e XVII secolo, imprimendo a questo tipo di costruzione una specifica impronta architettonica che rimarrà immutata in Occidente per secoli, fino a quando, lo sviluppo di armi sempre più potenti ed eserciti numerosi, renderà superate anche queste complesse mura difensive. Le ultime opere fortificate importanti, utilizzate dagli eserciti moderni, saranno i valli, come la linea Maginot in Francia o la linea Sigfrido in Germania, impiegate con diverso successo durante la seconda guerra mondiale. Ben più rari i fortini in quest’ultimo periodo, avendo lasciato appunto il posto a lunghe linee difensive fortificate ispirate all’esperienza della Grande Guerra. Entrambe le tipologie difensive dimostreranno la loro inefficienza al cospetto della moderna guerra meccanizzata. Bombardamenti aerei effettuati con bombe sempre più potenti furono dunque in grado di penetrare qualsiasi struttura difensiva, rendendo il contributo delle opere fortificate statiche pressoché nullo.

 

Fortificazioni lungo la Linea Maginot

 

La presente ricerca si ripromette di ripercorrere gli assedi più significativi della storia seguendo l’evoluzione delle difese e delle modalità d’assedio in contrapposizione alle aspettative degli assedianti. Questi ultimi, nella maggioranza dei casi, desideravano raccogliere il premio delle loro fatiche militari attraverso il saccheggio; nei casi più estremi, legati a una politica di conquista, si giungeva allo sterminio degli abitanti, in modo da scoraggiare eventuali difensori di altre città che venivano spaventati da una strategia di puro terrorismo. Il coinvolgimento di civili è sicuramente la caratteristica principale di molti assedi, a differenza dei campi di battaglia, riservati, invece, ai soli combattenti. Tra gli assedi di maggior successo sono certamente da annoverare quelli che portavano alla caduta di città e castelli grazie al tradimento, il sistema più sicuro e meno dispendioso per ogni esercito attaccante; tanto che, un’accorta politica poteva persino prescindere dalla mobilitazione delle truppe per sottomettere nazioni governate da capi compiacenti e corrotti. L’archetipo di queste conquiste è il cavallo di Troia ideato dall’astuzia di Ulisse: un mezzo forse sleale, ma certo efficace, tale da divenire il simbolo di ogni tentativo di facile conquista perpetrata a scapito di una nazione nemica all’apparenza invincibile».

 

Rappresentazione del Cavallo di Troia
Rappresentazione del Cavallo di Troia

 

Invece nella presentazione dell’opera da parte dell’editore il medesimo dichiara che: «Espugnare una città o un forte significa molto spesso volgere a proprio favore le sorti di un conflitto, e per questo gli eserciti di ogni epoca hanno posto particolare impegno nel trovare il modo più efficace di attaccare (o difendere) luoghi del genere. Questo libro esplora la storia delle tecniche di assedio attraverso l’analisi di più di settanta assedi divenuti celebri per la loro importanza o per l’asprezza delle battaglie che li coinvolsero. Da eventi mitici come l’assedio di Troia ai sanguinosi combattimenti per Gerusalemme durante le Crociate, fino ai terribili scontri della Seconda guerra mondiale, Alberto Peruffo illustra l’evoluzione degli strumenti e delle tattiche volti alla conquista di postazioni e insediamenti fortificati. Un excursus dettagliato e affascinante all’interno della storia militare».

Si ritiene che quanto detto sia nell’introduzione dall’autore sia nella presentazione del saggio da parte dell’editore abbia spiegato a sufficienza scopi e finalità del libro preso in esame. Di grande utilità risultano l’indice dei nomi principali, la corposa bibliografia, le diverse cartine e l’appendice. Un volume meritevole di notevole attenzione che si consiglia di leggere e/o regalare a coloro che sono interessati alla Storia militare ed in particolare alla poliorcetica.

Titolo: I grandi assedi che hanno cambiato la storia

Autore: Alberto Peruffo

Editore: Newton Compton Editori

Pagg. 576

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