La scintilla incendiaria di Rosa Parks


 

Gli storici de “Les Annales”, raccolti attorno a questa rivista francese a partire dagli anni ’30 del ‘900, ci hanno insegnato a considerare la Storia dell’uomo come una matassa che si dispiega seguendo tempistiche differenti: 1. il tempo degli eventi, che ha dato luogo per secoli all’interpretazione storica dell’histoire evenementielle, la storia “evenemenziale”, legata alla dimensione unica del singolo evento, sia esso una battaglia, una proclamazione, un gesto simbolico…; 2. il tempo delle congiunture, una dimensione più lunga che pertiene a manifestazioni come una congiuntura economica; 3. ed infine il tempo delle strutture, che serve ad esprimere movimenti lenti di lunghissima durata, come il sorgere e morire di una mentalità, di una credenza, che possono attraversare secoli senza subire quasi alcun cambiamento. Ma è innegabile ritenere che esistano ancora eventi capaci di portare su di sé una dimensione altamente simbolica, connessa sia al gesto in sé, ma anche a ciò a cui hanno dato seguito.

L’1 dicembre 1955 a Montgomery, in Alabama, Rosa Parks, attivista per i diritti civili dei neri americani, segretaria dal 1943 della sezione di Montgomery della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), salita su un autobus per tornare a casa, si rifiutò di obbedire all’ingiunzione del conducente che voleva imporle di cedere il suo posto ad un bianco, in ottemperanza alle leggi in vigore. Era prevista infatti una ferrea separazione fra bianchi e neri, a favore ovviamente dei primi, come accaduto in tutte le società umane in cui i bianchi si sono rapportati con etnie differenti. [*]

M.L.King acclamato dalla folla

Gli anni ’50, pur nei progrediti Usa, vedevano infatti ancora fortissime resistenze, specie nei più tradizionalisti stati del Sud, all’integrazione dei neri americani, nonostante questi fossero ormai inseriti nel tessuto produttivo, anche se potevano ambire solo ai gradini occupazionali più bassi della scala sociale. La paura dei bianchi di perdere il potere connesso al proprio ruolo sociale, o almeno la parte di esso legata ai diritti rivendicati in base al colore della pelle, si fondeva con vecchie interpretazioni religiose di stampo veterocattolico, andando a costituire, appunto, una mentalità ferrea che permeava tutta la società ed era ostile a qualunque cambiamento e rivendicazione. Ma i tempi erano ormai maturi perché la coscienza civile dei neri si sollevasse e iniziasse a chiedere concretamente l’attribuzione ed il rispetto dei propri sacrosanti diritti civili. Questa operazione venne realizzata secondo modalità differenti, che ricalcano un po’ l’iter classico dei vari movimenti di liberazione novecenteschi: la scelta di una politica “pacifista”, che facesse leva sul rispetto e sulla volontà di costruire un’ integrazione reale nella società, “convincendo gli oppositori” (M. L. King); e altre strade più battagliere, sollecitate anche dalle difficoltà tipiche incontrate dai movimenti “pacifisti”, che sollecitarono ad esempio Malcolm X a portare avanti quasi una guerra civile per ottenere, senza se e senza ma, quanto voluto, la parità e quasi una sorta di compensazione per i torti subiti nei secoli precedenti, che diede luogo a violenze e soprusi anche da parte nera.

Questo articolo intende rendere omaggio a Rosa ed al suo coraggio, quasi 60 anni dopo: alla pacata fermezza del suo gesto, alla sua dignità. Per quanto possa apparire minimo, in seguito a quel diniego, sentito come un diritto di fronte ad un’ingiustizia, che le costò l’arresto, Rosa fu chiamata dai suoi “seguaci” e da coloro che si ispiravano a lei “mother of civil rights movement” appunto per la riconosciuta forza evocativa del suo rifiuto di sottostare a leggi ritenute ingiuste e discriminanti, compiuto con estrema calma, ma con fermezza e determinazione. Dopo il suo arresto, dalla stessa notte diversi capi della comunità afroamericana (fra cui M. L. King, che sarebbe emerso poco dopo come uno dei leader più forti della contestazione), ormai maturi per prendere coscienza della gravità della situazione, che strideva con l’acquisita consapevolezza della giustizia sociale e la volontà di avere un’eguaglianza vera con gli altri cittadini, si riunirono e stabilirono il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, fino a quando mesi dopo non venne abrogata la legge che permetteva la segregazione.

L’autobus dove Rosa Parks iniziò la sua protesta

Ma le conseguenze, le ruote dentate messe in moto da questo piccolo meccanismo, non si fermarono qui: nel 1956 la causa della Parks arrivò di fronte alla Corte Suprema Usa, che la dichiarò decaduta per incostituzionalità della legge sulla segregazione negli autobus dell’Alabama.

Rosa Parks, nel prosieguo degli eventi, sembra quasi scomparire dalla nostra storia, occupando un ruolo da comprimaria nelle associazioni menzionate e tornando a fare la sarta, il suo mestiere originario. Ma è innegabile che la sua azione vada considerata giustamente come una sorta di scintilla incendiaria che fu, tra gli altri, alla base degli eventi che seguirono, pur diretti da altri ed tristemente più imbevuti di violenze e rivendicazioni sanguinose, che avrebbero portato comunque negli anni ’60 alla fine ufficiale della segregazione negli Usa, concretamente raggiunta solo un decennio dopo.

[*] N.B. la segregazione razziale, come la piaga dello schiavismo, non è una questione di culture specifiche, né di religione o colore della pelle (basti pensare alla ferrea divisione in caste praticata in India). È una caratteristica antropologica specie-specifica che accompagna da sempre la storia dell’Uomo e permane purtroppo tuttora in compresenza di diversità etniche a discapito di quelle a minore rappresentazione. I.G.

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