In ogni componimento narrativo storico in prosa si alternano l’insieme di ciò che è esistito realmente e concretamente con la fantasia, ed è quanto ha fatto magistralmente l’autore inglese in questo suo romanzo. Il testo è frazionato in due parti nella cui prima lo scrittore, prendendo quasi per mano il lettore, illustra in maniera dettagliata le forze armate romane, spiegando con una serie di note chi fosse il «primipilo», il «signifero», l’«optio», il «decurione», il «capsarius», il «cornicen», cosa fosse la «torma», la «honesta missio», la «balista», il «corno», il «gladio», la «forca», l’«onagro», la «via decumana», la «decimazione», il «pilo», la «caliga», il «subarmalis», il «vexillum», l’«aquilifero», il «carnaio», la «coorte pretoriana», il «tabulario», il «valetudinarium», cosa fossero gli «immuni», gli «pterigi», le «falere» ed in che cosa consistesse il «cursus honorum», cioè una serie di incarichi civili e militari che un nobile si augurava di ottenere nel corso della sua vita. S.J.A. Turney è veramente bravo nel descrivere la vita militare di tutti i giorni e nel mostrare come i soldati romani dovessero fronteggiare difficoltà di varia natura con decisione e coraggio, ma allo stesso tempo dovessero scontrarsi con l’ambizione smisurata di Gaio Giulio Cesare.
Lo scrittore S.J.A. Turney |
È evidente come il romanziere abbia letto con molta attenzione il «De bello Gallico» (Sulla guerra gallica), considerata l’opera letteraria più celebre di Gaio Giulio Cesare, nel quale il generale romano racconta in maniera analitica le sue operazioni militari in Gallia. In essa vengono descritte anche le consuetudini e le usanze dei raggruppamenti sociali autonomi con proprio ordinamento e proprio capo, formati da più famiglie e uniti da identità di lingua e costumi della Gallia, della Britannia e della Germania vicina al fiume Reno con i quali le truppe romane ebbero relazioni amichevoli e di avversione. Nel testo l’autore fa precisi riferimenti agli Elvezi, agli Edui, alla città di Bibracte resa più sicura con opere di fortificazione, ai Sequani e al loro centro abitato di Vesonzione (sede degli organismi legislativi e amministrativi centrali di quel popolo), e ad Ariovisto. Quest’ultimo fu un comandante suebo che dilagò in Gallia nel I secolo a.C. con un forte e potente esercito, chiamato dalle popolazioni galliche degli Arverni e dei Sequani, che avversavano gli Edui. Gli stessi, tuttavia, erano uniti da un patto d’alleanza con il Senato romano. Ariovisto venne battuto da Gaio Giulio Cesare nel 58 a.C. nelle vicinanze dei monti Vosgi.
S.J.A. Turney ha la capacità di raccontare le manovre militari romane in Gallia con grande precisione storica, ma anche con coinvolgente forza sotto l’aspetto della narrazione. Sa ben descrivere, attraverso immagini vivide, cosa agita e si cela nel cuore di ogni uomo nonché i duelli fra i soldati di opposte fazioni, anche se in alcune occasioni si lascia andare a rappresentazioni eccessivamente truculente.
Il personaggio principale è Marco Valerio Frontone, militare con lunga attività di servizio, il quale ha preso parte a numerosi scontri armati nelle truppe di Cesare, ma non ne apprezza la smisurata brama di potere e di successo. Significativo è quanto dice Frontone al generale romano in un colloquio riservato: «Tu sei più ambizioso di me e forse di qualunque altro cittadino romano, incluso il grande Pompeo. La tua ambizione è quella di espandere i territori di Roma sino ai confini del mondo, e dicendo questo non ho alcuna intenzione d’insultarti. Mi limito a descrivere i fatti nel modo in cui li vedo. Ritengo che escogiteresti un motivo per muovere guerra agli Elvezi anche se rientrassero pacificamente nel loro territorio. Penso che tu ne abbia bisogno per motivi personali, per ottenere a Roma il favore di coloro che attualmente sostengono altri, e per creare ulteriori opportunità……….i Galli, proconsole. Gli Elvezi non sono abbastanza importanti per te. Di sicuro non lo sono abbastanza per mantenere impegnate le quattro legioni che hai in quelle province. No, tu desideri una grande conquista, vero? Tu vuoi i Galli, e non t’importa che si tratti di una impresa ardua e immane. I Galli sono famosi, noti a tutti i Romani, temuti da molti e odiati dalla maggioranza. Annientarli significherebbe, per te, conquistare un posto nella storia. O forse sono lontano dal bersaglio?»
Il protagonista è una persona di assoluta onestà e probità, che predilige la sobrietà e la spontaneità della vita militare e non ama per nulla le macchinazioni e gli inganni della scienza del governo e dell’amministrazione dello Stato. Gaio Giulio Cesare riesce a trovare delle giustificazioni lecite per dilagare in Gallia e costringere l’esercito romano a una campagna di occupazione. Marco Valerio Frontone capirà con grande disappunto che i contrasti fra le personalità politiche romane sono molto più rischiosi degli scontri armati tra formazioni militari nemiche, che uomini con cui si ha un rapporto di affetto e stima riescono a dimostrarsi più subdoli degli avversari palesi e che vivendo vicino ad una figura straordinaria come Cesare non si può non essere condizionati dai suoi interessi e dalle sue manie di dominio.
Il giudizio è quindi positivo in quanto il romanzo sa avvincere i lettori sin dalle prime righe. Da leggere più di una volta e non solo per una migliore comprensione della vita politica, della composizione delle forze armate, delle tecniche di assedio e combattimento ai tempi degli antichi Romani, ma perché fa comprendere come la malvagità umana, l’ingordigia, l’avidità, la superbia e la lussuria non hanno età né epoca e come il Male, sotto diverse forme, possa stravolgere la vita degli uomini. Ci si sente realmente catapultati nel passato. Il linguaggio è semplice, scorrevole e comprensibile. Il rigore storico dell’autore non viene mai meno e non può essere messo in discussione. Un romanzo meritevole di una discreta attenzione che consiglio di regalare a coloro che sono interessati alle civiltà antiche, in particolare a quella romana.
Titolo. Cesare, il Console di Roma
Autore: S.J.A. Turney
Editore: Tre60
Pag.: 446
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