La battaglia delle Isole Lipari (260 a.C.)


 
Lo scontro armato delle Isole Lipari (260 a.C.) fu il primo combattimento marittimo a cui prese parte il complesso delle navi militari romane, di recente costruzione, contro la flotta cartaginese possente e temibile[1] nel corso della prima guerra punica (264 – 241 a.C.)[2].

PRESUPPOSTI

Mappa Eolie
Con lo scontro armato di Agrigento[3] (261 a.C.)[4] Roma, con l’appoggio di Siracusa[5], controllava la Sicilia orientale e sud-orientale, cioè da Messina fino ad Agrigento, mentre Cartagine aveva la signoria sulla Sicilia occidentale, sul litorale tirrenico e sulle aree dell’isola prive di sbocchi sul mare. Nessuno dei due avversari desiderava arrestarsi per rafforzare la propria posizione. Per l’occupazione della Sicilia Cartagine aveva lottato, per un periodo di tempo ragguardevole, contro Siracusa ed alcune città-stato della Magna Grecia[6]. Non avrebbe sicuramente rinunciato a centri urbani e scambi commerciali a vantaggio dei Romani senza opporsi in ogni modo. Questi ultimi, invece, avevano da poco cominciato ad allargarsi territorialmente sull’isola e volevano farlo ancora di più. Ma ben sapendo che i Punici avevano piena egemonia sui mari, con tutte le ripercussioni che si possono desumere, Roma stabilì che non era ulteriormente differibile la costruzione di sue imbarcazioni militari e non si contentò più di utilizzare scafi greci ed etruschi per trasferire i suoi reparti militari terrestri.
Bassorilievo nave romana
Stando a Polibio[7] i romani, impadronendosi di una imbarcazione cartaginese nel 264 a.C.[8], nel corso del trasferimento dell’esercito in Sicilia anteriormente al combattimento di Messina (Messana in latino), appresero il know how necessario. Infatti narra che: «…una loro (dei Punici) nave coperta, nello slancio si spinse avanti fino a incagliarsi e cadere nelle mani dei Romani. Essi allora, usando questa come modello, sulla base di essa costruirono tutta la flotta»[9]. Vennero fabbricate 100 quinquiremi e 20 triremi. E, stando sempre a Polibio, coloro che erano destinati a lavorare abitualmente e in varia forma sulle navi si esercitarono a manovrare i remi per fare avanzare uno scafo, costruendo a terra i banchi dei vogatori e facendo delle simulazioni per navigare sull’acqua con natanti. Non si conosce quanto tempo fosse destinato alla formazione di tipo pratico per navigare sull’acqua con imbarcazioni. Polibio dichiara solamente che fu per un lasso di tempo molto breve.

SVOLGIMENTO DELLO SCONTRO ARMATO

Gaio Duilio
Quindi nel 260 a.C. il complesso delle navi militari romane venne consegnato al console Gneo Cornelio Scipione Asina[10] (310 a.C. pressappoco – 245 a.C.), per contro a Gaio Duilio[11], l’altro console, venne concessa l’autorità di dirigere le forze armate terrestri. Cornelio Scipione, avendo richiesto ai comandanti degli scafi di raggiungere Messina in modo sollecito, era intanto salpato prima del previsto con 17 imbarcazioni muovendosi verso lo Stretto. Nel viaggio transitò nei pressi dell’isola di Lipari, assoggettata a Cartagine, nella quale si trovava un numero esiguo di fanti. Cornelio Scipione si propose fermamente di impossessarsi delle isole Lipari, verosimilmente sicuro di un agevole successo. Difatti Cornelio Scipione conquistò il centro abitato e il suo specchio d’acqua riparato e attrezzato per l’attracco, la sosta, la riparazione delle navi, l’imbarco e lo sbarco delle merci.
Lipari con, sullo sfondo, Vulcano
Il generale cartaginese Annibale di Giscone[12] (300 o 290 a.C. pressappoco – 258 a.C., andato via frettolosamente da Agrigento dopo il blocco militare organizzato intorno alla sopramenzionata località fortificata e l’entrata in azione di Annone), di stanza a Palermo, venuto a sapere rapidamente di quanto accaduto mandò Boode, un componente del Senato cartaginese con 20 scafi. Polibio racconta che: «questi, compiuta la navigazione di notte, bloccò nel porto Gneo Cornelio Scipione e i suoi. Quando sopraggiunse il giorno, gli equipaggi si dettero alla fuga nella terraferma e Gneo Cornelio Scipione, che era terrorizzato e non poteva fare nulla, alla fine si arrese ai nemici»[13]. Le imbarcazioni puniche, essendosi impadronite del complesso delle navi militari della Repubblica romana ed avendo imprigionato il suo capitano[14], che era pure console, tornarono di nuovo a Palermo.


RIPERCUSSIONI

Gneo Cornelio Scipione a partire da questo combattimento fu denominato Asina. Si credeva, difatti, che le asine fossero affette da aquarum tedium (timore dell’acqua). Comunque il suo cursus honorum non ne risentì affatto. Tornato di nuovo a Roma, con una certa probabilità per uno scambio di prigionieri o meno verosimilmente per il versamento di una somma di denaro, lo stesso diventò ancora una volta console nel 254 a.C. insieme ad Aulo Atilio Calatino[15].
Polibio
Annibale di Giscone fu sul punto di compiere uno sbaglio analogo alcuni giorni dopo lo scontro armato delle Isole Lipari. Essendo stato informato che ciò che rimaneva del complesso degli scafi militari romani si muoveva alla volta della Sicilia, con 20 imbarcazioni andò in ricognizione per valutare consistenza e dislocazione delle forze nemiche. Polibio riferisce che: «doppiando la punta estrema dell’Italia si gettò sui nemici … perse la maggior parte delle navi, mentre egli scampò con quelle rimaste in modo insperato ed inatteso»[16]. Cosa si intenda per punta estrema dell’Italia è dibattuto. Walbank[17] propende per individuarla con Capo Vaticano in Calabria, altri, tra i quali il De Sanctis[18] (1870-1957), pensano che quest’ultimo evento sia una breve narrazione di Filino di Agrigento[19] del combattimento di Milazzo, che venne subito dopo lo scontro armato preso in esame.
 
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., Atlante Storico, Rizzoli Larousse, Milano 2004;
C. BADEL – H. INGLEBERT, L’Impero Romano in 200 mappe, Leg, Gorizia 2015;
G. CLEMENTE, Guida alla storia romana, Arnoldo Mondadori, Milano 1985;
A. FREDIANI, A. Le grandi battaglie di Roma antica, Newton & Compton, Roma 2002;
S.J. KOVALIOV, Storia di Roma, Pgreco, Roma 2011;
J. MICHELET, Storia di Roma, RL Gruppo Editoriale, Santarcangelo di Romagna 2009;
I. MONTANELLI, Storia di Roma, RCS Libri, Milano 1997;
T. MOMMSEN, Storia di Roma antica, Sansoni, Milano 2001;
M. PANI – E. TODISCO, Storia romana, Carocci, Roma 2008;
A. SPINOSA, La grande storia di Roma, Arnoldo Mondadori, Milano 1998;
A. ZIOLKOWSKI, Storia di Roma, Bruno Mondadori, Milano 2006.
[1] Montanelli, I. Storia di Roma. Milano: RCS Libri, 1997, p. 114.
[2] Badel, C.; Inglebert, H. L’Impero Romano in 200 mappe. Gorizia: Leg, 2015, p. 31.
[3] Aa.Vv. Atlante Storico. Milano: Rizzoli Larousse, 2004, p. 79.
[4] Spinosa, A. La grande storia di Roma. Milano: Arnoldo Mondadori, 1998, p. 120.
[5] Michelet, J. Storia di Roma. Santarcangelo di Romagna: RL Gruppo Editoriale, 2009, p. 220.
[6] Pani, M.; Todisco, E. Storia romana. Roma: Carocci, 2008, p. 104.
[7] Autore di trattati storici dell’antica Grecia.
[8] Frediani, A. Le grandi battaglie di Roma antica. Roma: Newton & Compton, 2002, p. 53.
[9] Polibio, Storie. I, 20.
[10] Politico dell’antica Roma appartenente alla gens Cornelia.
[11] Politico e soldato romano.
[12] Capitano delle milizie cartaginesi in Sicilia, nel corso della prima guerra punica si scontrò più di una volta, con alterna fortuna, con la flotta romana.
[13] Polibio, op. cit., I, 21.
[14] Clemente, G. Guida alla storia romana. Milano: Arnoldo Mondadori, 1985, pp. 144-145.
[15] Politico e soldato romano.
[16] Polibio, op. cit., I, 21.
[17] Autore inglese di trattati storici dei secoli precedenti il Medioevo.
[18] Docente universitario. Insegnò Storia antica dapprima all’Università di Torino ed in seguito a quella di Roma.
[19] Autore di trattati storici dell’antica Grecia.

 


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